Via Antonio de Ferrariis, 22 - 70124 Bari (BA) Mappa
Via Federico Confalonieri, 4 - 84091 Battipaglia (SA) Mappa
Via Olgettina, 60 - 20132 Milano (MI) Mappa
Via del Franzone, 31 - 25127 Brescia (BS) Mappa
Via Villa della Regina, 19 - 10131 Torino (TO) Mappa
Via B. Gualla, 15 - 25128 Brescia (BS) Mappa
Via Ottorino Respighi, 2 - 20122 Milano (MI) Mappa
Via Forlanini, 15 - 24036 Ponte San Pietro (BG) Mappa
Via Di Roncrio, 25 - 40136 Bologna (BO) Mappa
Le ghiandole di Bartolino sono situate ai lati dell’ingresso vaginale e hanno la funzione di produrre il muco per la lubrificazione dell’epitelio vaginale.
Quando, a causa di malformazioni o ostruzioni di altra origine, il canale da cui questo secreto fuoriesce si ottura, il muco si raccoglie all’interno della ghiandola formando cisti. Generalmente queste cisti sono asintomatiche, ma in alcuni casi possono aumentare di volume, causando fastidio e dolore quando la paziente cammina o sta seduta, o infettarsi, dando luogo ad ascessi dolorosi spesso associati a febbre.
Le cisti delle ghiandole del Bartolino si sviluppano nel 2% circa delle donne, in particolare in età riproduttiva. Dopo la menopausa, la sospensione della produzione di estrogeni porta all’atrofia di queste ghiandole, che diventano meno soggette al rischio di cisti.
Come si diagnosticano le ghiandole di Bartolino?
La diagnosi di ascessi o cisti delle ghiandole del Bartolino avviene nel corso della visita ginecologica. Queste strutture anatomiche non sono palpabili in condizioni fisiologiche, ma lo diventano se è presente una cisti.
In caso di dubbio, viene eseguito un prelievo di un piccolo campione di tessuto della ghiandola (biopsia), per escludere o confermare la diagnosi. La biopsia viene effettuata principalmente per escludere la presenza di un tumore.
Come si curano le cisti delle ghiandole del Bartolino?
La presenza di cisti asintomatiche viene trattata con semicupi in acqua calda (immersioni fino alla vita) che promuovono la disostruzione del canale.
Se le cisti sono sintomatiche, può essere necessario (in base al parere del medico) ricorrere all’assunzione di farmaci: antibiotici se è presente un ascesso e antinfiammatori per alleviare il dolore.
Quando la terapia farmacologica non è efficace viene consigliato l’intervento chirurgico. Il solo svuotamento può, però, rivelarsi inefficace nel lungo periodo, perché le cisti tendono a riformarsi.
Per questa ragione viene praticato con maggiore frequenza l’intervento di marsupializzazione, una procedura attraverso la quale la cisti viene incisa creando un’apertura permanente che consente il drenaggio del muco.
Come si svolge l’intervento?
La procedura viene eseguita quasi sempre in regime ambulatoriale, dopo la somministrazione di un’anestesia locale.
La cisti viene incisa e, se presente un ascesso, questo viene drenato. La cavità residua viene pulita e vengono apposti punti di sutura (solitamente riassorbibili) per fissare la parete della cisti all’epitelio vulvare.
Al termine dell’intervento, relativamente breve e sicuro, la paziente può tornare a casa. I rischi connessi con la procedura sono bassi o rari e riguardano principalmente l’anestesia, la possibilità che la sutura si infetti e che si verifichi un’emorragia o una recidiva (anche in altre sedi).
Una volta ritornate a casa, le pazienti possono riprendere da subito una vita normale. Nei giorni successivi possono subentrare lievi perdite ematiche e dolore locale, che può essere tenuto sotto controllo con l’assunzione di antinfiammatori.
Viene generalmente prescritta la terapia antibiotica profilattica confronti del rischio di infezione postoperatoria.