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Si tratta di un intervento chirurgico indicato per il trattamento di casi selezionati di lombalgia (mal di schiena) invalidante dovuta a instabilità della colonna vertebrale, degenerazione dei dischi intervertebrali o fratture, nei quali le terapie conservative non hanno avuto successo.
Lo scopo è quello di unire fra loro le vertebre del tratto lombare o lombosacrale per stabilizzare la colonna e ridurre in tal modo deformità e dolore.
Artrodesi lombare e lombosacrale, con approccio posteriore: come viene eseguita?
Prima della chirurgia il paziente si sottopone ad una serie di esami, prescritti dal neurochirurgo che effettuerà l’intervento.
L’artrodesi lombare o lombosacrale con approccio posteriore può essere realizzata con o senza l’inserimento di viti. Si tratta di dispositivi medici realizzati in metallo (acciaio o titanio) oppure in materiale non metallico (ad esempio polimetilmetacrilato): quando prevede il loro impianto, l’intervento viene definito artrodesi lombare (o lombosacrale) con approccio posteriore con strumentazione (o strumentata).
Per dare solidità alla colonna e ridurre l’instabilità vengono impiantate particelle di osso provenienti dallo stesso paziente, da un donatore oppure di origine sintetica. Questi frammenti vengono prelevati dalla cresta iliaca (un osso che compone il bacino), dalla tibia o da una costa.
Nell’artrodesi con approccio posteriore, il chirurgo accede alle vertebre praticando un’incisione centrale sulla schiena del paziente. Il dibattito su quale sia la procedura migliore (se posteriore o anteriore) è ancora aperto nella comunità scientifica.
Artrodesi lombare e lombosacrale, con approccio posteriore: quali sono i rischi?
L’intervento comporta la somministrazione di un’anestesia generale ed è relativamente lungo (dura dalle 4 alle 6 ore). La sua complessità richiede che sia eseguito presso un centro specializzato da un neurochirurgo esperto.
I risultati presenti in letteratura evidenziano una percentuale di successo pari al 67% per l’artrodesi con strumentazione con approccio posteriore primaria (ossia effettuata come primo intervento) e del 47% per gli interventi di revisione (che vengono eseguiti in caso di fallimento dell’artrodesi primaria).
Le revisioni sono indicate in una percentuale compresa fra il 6 e il 36% dei casi.
Il rischio principale di questo intervento è rappresentato dalla mancata guarigione dell’innesto o dalla sua migrazione rispetto al punto in cui è stato inserito (dislocazione).
Possono inoltre verificarsi lesioni ai vasi sanguigni diretti alle gambe e ai distretti urinario e genitale, agli organi contenuti nella cavità addominale e al muscolo diaframma e, come per tutti gli interventi, emorragie e infezioni. Possono essere danneggiati i dischi intervertebrali, circostanze che portano alla formazione di ernie.
Artrodesi lombare e lombosacrale, con approccio posteriore: cosa succede dopo?
La complessità e la durata dell’intervento comportano una permanenza in ospedale che va dai 2 ai 5 giorni.
Il dolore postoperatorio viene controllato con i comuni antinfiammatori.
Perché si arrivi a guarigione, che deve essere confermata da una radiografia o da TC o risonanza magnetica di controllo, sono necessari almeno 3 mesi. In alcuni casi può essere necessario indossare un busto ortopedico (ortesi) per garantire sostegno alla colonna.
Durante questo periodo il paziente non può praticare attività fisica e il ritorno allo sport deve comunque avvenire gradualmente, in una fase successiva. Dopo la guarigione viene programmata la riabilitazione.