Valvuloplastica: come scegliere la struttura sanitaria?
Per l’intervento chirurgico di valvuloplastica il Ministero della Salute indica il
numero di interventi effettuati in un anno dalla struttura presa in considerazione,
indice di esperienza della struttura, e la
percentuale di mortalità entro un mese dall’intervento,
indice dell’efficacia delle cure prestate. In particolare, è preferibile optare per strutture che abbiano una mortalità a 30 giorni dall’intervento inferiore all’1,5%
dei casi.
Approfondisci gli indicatori relativi a:
Anatomia del cuore
Il cuore è diviso in quattro cavità (2 atri e 2 ventricoli) separate tra loro da quattro valvole (valvola aortica, valvola polmonare, valvola mitrale, valvola tricuspide) che, attraverso i loro lembi che si chiudono e si aprono, scandiscono il flusso di sangue tra una cavità e un’altra durante i battiti cardiaci. Il loro ruolo è determinante affinché il sangue segua una sola direzione verso i polmoni e verso l’aorta e non torni indietro.
Le malattie delle valvole cardiache
Se le valvole cardiache presentano sui loro lembi ispessimenti o calcificazioni, la loro capacità di aprirsi e chiudersi in modo normale viene alterata e il flusso del sangue viene ostacolato nel suo classico flusso. Generalmente le malattie delle valvole, qualsiasi sia l’origine, possono causare tre tipi di problematiche differenti: insufficienza valvolare (quando non riescono a chiudersi bene) o stenosi valvolare (quando non riescono ad aprirsi bene) o entrambe.
Le cause delle malattie valvolari sono diverse, per esempio malattie infettive (endocarditi reumatiche causate da streptococco ad esempio), degenerazione e calcificazione dovuta all’età, infarti che hanno colpito una zona del cuore vicino alle valvole, anomalie valvolari congenite o ereditarie.
Le malattie che colpiscono le valvole mitrale ed aortica sono molto più frequenti rispetto alle malattie delle altre due valvole (che spesso sono congenite e non acquisite nel corso della vita).
Valvulopatia: sintomi
La sintomatologia è fortemente legata al tipo di malattia valvolare in quanto il suo decorso, lento (come nelle calcificazioni) o repentino (in caso di infarto ad esempio), può determinare una fase di totale assenza di segni clinici e graduale peggioramento negli anni oppure una nascita brusca e improvvisa di sintomi toracici nell’arco di pochi giorni.
I sintomi che più spesso segnano la vita delle persone con valvulopatia sono:
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Affaticamento e vertigini;
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Difficoltà respiratori tale da compromettere le normali attività quotidiane. In alcuni casi più gravi più avvenire anche di notte. Inoltre può essere associato a dolore al petto come in un infarto, qualora le coronarie non ricevano il supporto di sangue corretto;
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Sensazioni di palpitazioni al petto, causate da alterazioni del normale ritmo cardiaco;
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Ingrossamento del fegato, quando il flusso di sangue viene ostacolato e ristagna per lungo tempo a monte.
La malattia potrebbe complicarsi ulteriormente qualora si formino dei coaguli sulle valvole danneggiate, per poi finire nel circolo sanguigno e ostruire un’arteria qualsiasi del corpo, come ad esempio le arterie cerebrali causando
ictus.
Valvulopatia: diagnosi
Il sospetto di malfunzionamento delle valvole del cuore, in seguito o meno alla presenza di sintomi, può essere indagato e accertato tramite:
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l’esame del paziente, in particolare l’auscultazione cardiaca permette di ascoltare con il fonendoscopio l'apertura e la chiusura delle valvole e il flusso del sangue attraverso di esse, quindi la presenza di soffi cardiaci;
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l’ecocardiogramma che fornisce un'immagine dettagliata delle valvole cardiache e del flusso di sangue che le attraversa. Si tratta del test più frequentemente utilizzato e il più utile per stabilire la diagnosi;
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la
Risonanza Magnetica in alcuni casi può essere raccomandata qualora ci siano ulteriori dubbi. Non fornisce informazioni sul flusso di sangue come l’ecocardiogramma ma è utile per verificare eventuali anomalie del cuore, dei vasi sanguigni e dei polmoni.
Valvulopatia: terapia
Solitamente le malattie delle valvole cardiache necessitano di intervento chirurgico. L’intervento può essere di tipo riparativo (il danno alle valvole viene riparato) o sostitutivo (quando il danno non è riparabile e bisogna sostituire l’intera valvola).
Riparazione
La riparazione delle valvole cardiache è un intervento chirurgico che corregge il danno della valvola cardiaca non funzionante. Si tratta di un’operazione che cambia di caso in caso, a seconda della malattia di base e del danno ricevuto. Il più delle volte, ove possibile, si tratta di rimuovere un deposito di calcio dalle valvole (decalcificazione), oppure rimodellare l’anello che sta alla base delle valvole per permettere loro una maggiore mobilità (anuloplastica). Altre tipologie di riparazioni sono la ricostruzione di un lembo delle valvole, la commissurotomia (se la valvola presenta un restringimento che il chirurgo allarga con un’incisione) o la valvulotomia con palloncino (allargando l’orifizio della valvola con un palloncino introdotto con un catetere).
Sostituzione
Una valvola cardiaca stenotica o insufficiente, quando non può essere riparata, viene sostituita con una valvola artificiale meccanica o biologica. Le valvole meccaniche sono costruite con materiali resistenti e durevoli come il titanio o il carbonio. Le valvole meccaniche richiedono però l’uso a lungo termine di farmaci anticoagulanti affinché il sangue, venendo in contatto nel cuore con le valvole impiantate, non formi coaguli ostruenti. Generalmente le valvole meccaniche vengono scelte per i pazienti di giovane età perché la loro resistenza alle sollecitazioni costanti a cui sono sottoposte durante i battiti cardiaci fanno da scudo al normale logorio.
Le valvole biologiche sono invece preparate con tessuti organici, di origine umana (da cadaveri) o animale (da maiale o mucca). Le valvole biologiche non richiedono terapia anticoagulante ma la loro durata non è per tutta la vita come le valvole meccaniche, perché nel tempo (circa ogni 10-15 anni) possono lacerarsi e divenire inefficaci.
Le valvole biologiche sono raccomandate nei pazienti anziani, per gli individui che hanno particolari difficoltà nell’assumere farmaci anticoagulanti e per le donne in età fertile con aspettativa di gravidanza in quanto alcuni farmaci anticoagulanti possono attraversare la placenta e determinare quindi dannosi effetti collaterali sul bambino.
Un recupero completo dall’intervento richiede all’incirca dalle 6 alle 12 settimane, dopo le quali la maggior parte dei pazienti torna a una vita normale.