Infarto miocardico acuto: come scegliere la struttura sanitaria?
Per l’infarto miocardico acuto il Ministero della Salute indica
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il numero di ricoveri effettuati dalla struttura presa in considerazione, indice di esperienza della struttura nel trattare questa patologia
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la percentuale di mortalità entro un mese dal ricovero, indice di efficacia
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la percentuale di pazienti sottoposti ad Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea (PTCA) entro 48 ore dal ricovero, indice di appropriatezza delle cure prestate.
In particolare, è preferibile optare per strutture che effettuino almeno 100 ricoveri l'anno, che abbiano una mortalità a 30 giorni dal ricovero inferiore all’8%.
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Infarto miocardico acuto: che cos'è?
L’infarto miocardico acuto è una necrosi miocardica di una parte del muscolo cardiaco (miocardio) dovuto nella maggior parte dei casi ad una cardiopatia ischemica.
La cardiopatia ischemica è una malattia che coinvolge le arterie che portano ossigeno e nutrimento al cuore, le coronarie. Le coronarie sono due, la destra nutre la parte destra del cuore (atrio e ventricolo destro), la coronaria sinistra nutre l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro. Lungo il loro tragitto, le coronarie danno origine a varie ramificazioni e biforcazioni per raggiungere le porzioni più lontane del cuore. Il diametro delle arterie, a causa della presenza di ostruzioni, tende a diminuire nel tempo fino ad arrivare a una condizione in cui il cuore, o parte di esso, non riceve più il sangue necessario al suo corretto funzionamento (ischemia), determinando a lungo andare la morte delle sue cellule (infarto o necrosi). Questo accade soprattutto quando il cuore ha bisogno di un apporto maggiore di ossigeno e sostanze nutritive, ad esempio durante le attività sportive o condizioni di stress importanti. Avendo un calibro sensibilmente ridotto, le coronarie non riescono a fornire la giusta quantità di sangue e il tessuto cardiaco va incontro a ischemia e necrosi.
Infarto miocardico acuto: cause
La causa principale e più frequente delle placche che ostruiscono le arterie coronarie è l’aterosclerosi, ovvero l’accumulo di
colesterolo. Più raramente le coronarie si restringono per spasmi (restringimenti improvvisi) senza causa apparente (alcune droghe eccitanti come la cocaina facilitano lo spasmo delle coronarie) oppure per embolizzazione, ovvero trombi che si sono staccati da altre parti del corpo ed hanno raggiunto il cuore attraverso la circolazione sanguigna.
I fattori che però contribuiscono più comunemente alla formazione dei depositi di colesterolo nelle coronarie, e che rappresentano i fattori di rischio da combattere per evitare gli infarti, sono:
Infarto miocardico acuto: sintomi
Il sintomo caratteristico è l’angina, caratterizzato da un senso di dolore e oppressione al petto, che può migrare al collo, braccio sinistro, spalle, denti e mandibola, schiena e all’addome all’altezza dello stomaco e del fegato. Il dolore toracico è molto forte e di solito dura più di 20 minuti senza interruzioni. Possono associarsi nausea e vomito, mancanza del respiro, sudorazione profusa. In rari casi può succedere che l’ischemia o l’infarto non producano questa sintomatologia e siano silenti.
In ogni caso i sintomi sopra descritti rappresentano un campanello d’allarme che deve suggerire di raggiungere il pronto soccorso il più velocemente possibile. Le conseguenze dell’infarto, in caso di ritardo nella diagnosi e nella terapia, dipendono dalla grandezza della zona colpita e dalla posizione, ma possono essere drammatiche: gravi alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie come la pericolosa fibrillazione ventricolare), insufficienza o
scompenso cardiaco (il cuore non pompa più il sangue in modo ottimale fino allo shock), rottura di cuore (lacerazioni subite dal tessuto cardiaco),
valvulopatie (problemi alle valvole che separano le 4 camere del cuore). Tutte queste sequele possono portare alla morte.
Infarto miocardico acuto: diagnosi
Per fare diagnosi di coronaropatia è necessaria l’esecuzione di una
coronarografia, ovvero un esame che si esegue attraverso l’introduzione di un tubicino a livello inguinale e in anestesia locale. Il tubicino giungerà nelle coronarie dove inietterà il mezzo di contrasto che consentirà di vedere le eventuali occlusioni e restringimenti.
Infarto miocardico acuto: terapia
Il trattamento, a meno che il medico non riesca a sciogliere la placca attraverso i farmaci endovena, è chirurgico e ovviamente non elimina la malattia di base (l’aterosclerosi e i suoi fattori di rischio) ma corregge l’ostruzione delle coronarie. Si può optare per l’
angioplastica coronarica o il
bypass aortocoronarico. Viene scelta l’una o l’altra opzione a seconda del numero di arterie interessate dal restringimento, dal grado di riduzione del calibro dell’arteria, dalla posizione della placca.
L’angioplastica è una procedura che prevede, attraverso lo stesso tubicino della coronarografia, la dilatazione della coronaria ostruita mediante un palloncino che si gonfia una volta giunto a destinazione e permettendo così di inserire una piccola rete metallica (stent) che manterrà dilatata l’arteria.
L’intervento di bypass aortocoronarico viene eseguito quando l’angioplastica non è possibile. L’approccio è sensibilmente diverso in questo caso. Infatti l’intervento consiste nel trovare una strada alternativa alla coronaria ostruita per raggiungere la parte di cuore che non può più ossigenare. Di solito si utilizza un’altra vena o arteria o una parte di esse per creare un ponte tra il segmento a monte e quello a valle dell’arteria colpita. In questo modo il sangue non passerà più dalla zona ostruita ma fluirà nel nuovo percorso a ponte.