Novità
Migliori strutture per patologia con valutazione

Mappa

Filtri

Tipologia Struttura Sanitaria

Certificazioni

Comfort alberghieri

Info utili

Parcheggio

Accessibilità

Parto: come scegliere la struttura sanitaria?
La gravidanza e il parto sono un evento fisiologico nella vita della donna e non sono ovviamente da considerarsi una ”patologia”. Il parto solitamente viene assistito nelle strutture ospedaliere al fine di garantire sicurezza per madre e nascituro.
Per il parto il Ministero della Salute ha definito alcuni indicatori attraverso cui misura annualmente la qualità delle cure e dell’assistenza erogate in ospedale:
  • il numero di ricoveri effettuati dalla struttura presa in considerazione, indice di esperienza e sicurezza della struttura;
  • la proporzione di parti con taglio cesareo primario e la proporzione di parti vaginali in donne con pregresso parto cesareo, indici di appropriatezza delle cure;
  • la proporzione di episiotomie nei parti vaginali, indice di appropriatezza e di sicurezza delle cure prestate.
In particolare, è preferibile optare per strutture che effettuino almeno 1.000 interventi l'anno, che eseguano al massimo il 25% dei parti con taglio cesareo primario, che eseguano parti vaginali almeno nel 25% delle donne che hanno avuto un precedente parto cesareo e che effettuino un intervento di episiotomia al massimo nel 10% delle donne che hanno avuto un parto naturale.
 
Approfondisci anche gli altri indicatori relativi a:  
Il travaglio
La nascita di un bambino è un evento molto importante nella vita di una donna e delle famiglie. Nella maggior parte dei casi il parto avviene in modo spontaneo al termine della normale gravidanza (circa 40 settimane). Nel periodo che lo precede la donna accusa le doglie, ovvero le contrazioni dell'utero (oltre a una sensazione di abbassamento dello stesso) che, man mano che passa il tempo aumentano di frequenza e di intensità. A volte si può trattare di falsi allarmi della durata di poche ore o giorni, a volte rappresentano il vero preludio al parto, accompagnato poco prima da segni premonitori ancor più precisi, ovvero la fuoriuscita di perdite vaginali muco-gelatinose o liquide, contrazioni uterine sempre più ritmiche e intense, e sensazioni dolorose al ventre e alla schiena. Questi sono i classici sintomi del travaglio che esortano le persone a raggiungere il punto nascita più vicino nel più breve tempo possibile. In ospedale il ruolo fondamentale di questa fase lo interpreta l’ostetrica che si prende cura della madre e monitora i parametri vitali del bambino, controlla l’andamento delle contrazioni e la misura del collo dell'utero (ovvero il canale del parto). Si può richiedere l’anestesia epidurale ma deve esserci il nulla osta da parte dell’anestesista che si esprime in base alle condizioni cliniche della paziente.
 
Il parto naturale
Generalmente quando il collo dell’utero raggiunge una dilatazione di 10 cm, si invita la madre a spingere. Normalmente il bambino viene alla luce dopo tre-cinque spinte valide. Dopo la nascita il cordone ombelicale viene tagliato e, dopo circa 10-15 minuti di ulteriori contrazioni, viene espulsa la placenta, fenomeno noto come “secondamento”. Il neonato viene intanto visitato, pesato, misurato, lavato e messo poi nelle braccia della madre. I rischi del parto naturale sono minimi e in ogni caso ostetriche e ginecologi sono preparati alle emergenze. Le complicanze più frequenti sono le lacerazioni del piano perineale. Raramente possono esserci perdite di sangue o mancata uscita della placenta. Se il bambino ha difficoltà ad essere espulso, il “parto vaginale” può trasformarsi in “parto operativo”, cioè un parto vaginale che viene effettuato con l’ausilio di strumenti quali il forcipe o la ventosa ostetrica.
La “episiotomia” è un'operazione chirurgica che consiste nell'incisione chirurgica del e della parete posteriore della vagina per allargare l'orifizio vaginale (e dunque indirettamente il canale del parto). Può essere eseguita per la sua (discussa) capacità di ridurre le lacerazioni perineali durante il parto; per la sua capacità di facilitare il parto; per la sua (discussa) capacità di ridurre l'incontinenza fecale e urinaria in seguito al parto. L'incisione può essere effettuata lungo la linea mediana, ovvero dalla estremità inferiore della vulva verso l'ano, oppure con un certo angolo rispetto ad essa. Viene praticata sotto anestesia locale e suturata ben stretta dopo il parto. Dopo circa una settimana, se sono stati apposti punti non riassorbibili, essi verranno rimossi in regime ambulatoriale. In Italia si evidenzia ancora oggi ricorso alle episiotomie, nonostante le evidenze provenienti da studi clinici controllati randomizzati abbiano dimostrato che la loro riduzione si associa a minore incidenza di traumi perineali e complicazioni materne. Vi è tuttavia una tendenza anche nel nostro Paese alla riduzione delle episiotomie che sono passate dal 24% del 2015 al 13.8% del 2020.
 
Il parto con taglio cesareo primario
In Italia, anche se con differenze tra Regioni, una grande percentuale di nascite avviene con il parto cesareo. Il parto cesareo è un vero e proprio intervento chirurgico finalizzato alla estrazione chirurgica dall’utero del bambino. Esso o viene programmato o effettuato in urgenza/emergenza se emergono particolari esigenze o complicanze (per esempio posizioni anomale del bambino, dimensioni grandi del bambino, placenta previa, pre eclampsia, sofferenza fetale, etc.). Il cesareo dura circa 20 minuti, viene effettuato in anestesia peridurale, in posizione supina attraverso un taglio trasversale di circa 10-15 cm sulla cute che permette l’accesso alla cavità pelvica e all’utero su cui viene effettuato un altro taglio. Entrambi vengono poi suturati con punti riassorbibili. Essendo un intervento chirurgico, i rischi per la mamma sono tipici di un qualsiasi altro intervento, soprattutto quando effettuato in regime di emergenza/urgenza, e sono rappresentati dalle infezioni della ferita chirurgica, dalle emorragie post chirurgiche, dalle lesioni dei vasi sanguigni uterini o lesioni delle vie urinarie, dal dolore post operatorio, dalle ernie interne (note come istmocele) e dalle aderenze cicatriziali. Come per tutti gli interventi chirurgici, la ripresa delle normali attività quotidiane e la degenza in ospedale hanno durata più lunga rispetto al parto naturale. Per quanto riguarda il bambino, potrebbe impiegare più tempo a regolarizzare il respiro ma le complicanze sono rare. Alla dimissione, il taglio cesareo andrà medicato quotidianamente con garze sterili e disinfettante fino alla epitelizzazione che, tendenzialmente, impiega circa 7 – 10 giorni e, contestualmente sarà da evitare ogni sforzo isometrico al fine di non generare pressioni endopelviche che possano sollecitare l’utero su cui è da poco stata effettuata la sutura.
 
Il parto vaginale in donne con pregresso taglio cesareo
Il parto vaginale, dopo pregresso taglio cesareo, è possibile ed è sicuro. Le principali società scientifiche concordano nel definire le linee guida comuni per favorire la scelta di un parto naturale anche a quelle donne che in precedenti esperienze siano state sottoposte a taglio cesareo. I dati dell’Istituto Superiore della Sanità documentano che tre donne su quattro, dopo un taglio cesareo, riescono a partorire per via vaginale. La scelta di promuovere un parto vaginale dopo un precedente taglio cesareo trova fondamenta in diverse motivazioni: esso infatti espone la donna e il bambino a limitati rischi di mortalità; la ripresa della madre e del figlio dopo il parto naturale è più veloce, a tutto vantaggio dell’accudimento del neonato; parti cesarei multipli aumentano il rischio di emorragie; dopo uno o più cesarei è più alto il rischio di isterectomia (asportazione chirurgica dell’utero); dopo un parto vaginale avvenuto in seguito a taglio cesareo aumenta la possibilità di parti vaginali futuri. Le possibilità di successo di un parto vaginale dopo pregresso parto cesareo sono più alte quando: la donna ha già avuto un’esperienza di parto vaginale; il travaglio si innesca spontaneamente; il travaglio proceda gradatamente e regolarmente e la ma madre non sia in sovrappeso. Il rischio più elevato quando si tenta un parto vaginale dopo un cesareo è la rottura o la lacerazione delle pareti uterine. Questo rappresenta anche il motivo per cui, fino a qualche anno fa, in ostetricia si tendeva a programmare da subito un cesareo per le donne gravide che già ne avessero subito uno. Oggi l’Istituto Superiore di Sanità riconosce questo rischio trascurabile, ovvero nella percentuale dello 0,5. Il travaglio spontaneo e il parto vaginale, dopo un taglio cesareo, non sono possibili quando: già in precedenza la partoriente abbia subìto rottura o lacerazione dell’utero; in caso di precedente intervento chirurgico all’utero con incisione longitudinale, fundica (sul fondo dell’utero o nella parte più alta) o a forma di T; in presenza di patologie cardiologiche della madre; se si sono verificate complicanze durante la gravidanza.
 
La fase successiva al parto
Il contatto fisico è il momento della conoscenza fisica tra mamma e bambino. Il bambino, subito dopo la nascita, inizia a percepire l’odore, la pelle e la voce della mamma. La temperatura, il respiro, il battito cardiaco si regolarizzano, dopodiché va alla ricerca del seno, affidandosi al suo istinto, attaccandosi spontaneamente al seno materno per la prima poppata (rooming in). Appena le condizioni cliniche di madre e neonato sono ottimali, entrambi vengono dimessi a domicilio e a cadenza periodica richiamati per i controlli ostetrico-ginecologici e neonatologici ritenuti necessari, oppure affidati al medico di medicina generale e al pediatra di libera scelta territoriali.
Continua a leggere