Indice
Domande e risposte
Cos’è la sincope?
In accordo alla definizione che ne danno le Linee Guida della
European Society of Cardiology (ESC) la sincope è una
perdita improvvisa e temporanea di coscienza caratterizzata da insorgenza rapida, breve durata e recupero completo e spontaneo.
Cosa significa sincope? La parola sincope deriva dal greco συγκοπτω, che significa rompere, spezzare e che rimanda alla rottura di un equilibrio.
Se la causa non è legata a malattie del cuore, circostanza che viene verosimilmente considerata pericolosa, si tratta di un disturbo verosimilmente benigno.
La sincope rappresenta un’evenienza piuttosto frequente e responsabile del 1-3% degli accessi al
Pronto Soccorso.
Cosa succede nella sincope
La perdita temporanea di coscienza (TLOC, dall’acronimo inglese di
Temporary Loss Of Consciousness) è uno stato di reale o apparente perdita di coscienza accompagnata da perdita di consapevolezza e caratterizzata da:
- Amnesia per tutto l’intervallo di tempo nel quale il soggetto è rimasto incosciente;
- Anomalie nel controllo motorio;
- Perdita di responsività agli stimoli;
- Breve durata.
La perdita di coscienza può essere di tipo
traumatico (e quindi dovuta ad un incidente, una caduta…) oppure
non traumatico. Le perdite di coscienza che possono rientrare nella definizione della sincope sono quelle non traumatiche.
Quali tipi di sincope esistono
Sincope neuromediata
La sincope può essere scatenata da un riflesso, ossia una reazione che l’organismo mette in atto a scopo di difesa, un meccanismo automatico e acquisito dall’uomo in tempi molto antichi. Togliere la mano da un oggetto rovente è il risultato di un riflesso: non dobbiamo pensare per farlo.
Il ritorno venoso negli arti inferiori è garantito dall’azione della muscolatura, che si contrae attivando la risalita del sangue, che deve vincere la forza di gravità.
Quando stiamo in piedi, fermi la muscolatura non si contrae e il sangue risale con molta difficoltà. Se la posizione ortostatica dura molto tempo, il rischio è che la circolazione del sangue rallenti così tanto da determinare, come riflesso, una riduzione della perfusione del cervello. Si parla allora di sincope neuromediata ortostatica.
La perdita della coscienza può anche verificarsi per effetto di uno shock emotivo. Alcune persone svengono alla vista del sangue: questo è un caso di sincope neuromediata emozionale.
La sincope neuromediata può presentarsi, in soggetti predisposti, anche a seguito di eventi del tutto fisiologici, come la minzione (sincope da minzione) o l’ingestione di cibo, la tosse (sincope tussigena), una risata. In questi casi la diagnosi è quella di sincope neuromediata situazionale (o sincope vasovagale).
La sincope neuromediata può essere provocata dalla sindrome del seno carotideo. Il seno carotideo è un centro costituito da un gruppo di cellule situate nelle arterie carotidi (destra e sinistra), che ha la funzione di controllare e regolare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca.
In alcune persone l’attivazione del seno carotideo può provocare un rallentamento della frequenza cardiaca e una diminuzione della pressione arteriosa tali da determinare la sincope. L’attivazione può essere prodotta nel corso di normali azioni, come stringersi il nodo della cravatta.
Il test diagnostico per questa condizione consiste nel massaggio del seno carotideo, che riproduce l’evento casuale: se determina la sincope, la diagnosi è confermata.
Sincope da ipotensione ortostatica
Questo tipo di sincope benigna è dovuto alla mancata attivazione dei normali meccanismi che vengono messi in atto per compensare la temporanea riduzione del ritorno venoso che si verifica quando si sta in piedi.
Può essere indotto dall’assunzione di farmaci quali vasodilatatori, diuretici, fenotiazina,
antidepressivi.
Inoltre, la riduzione della volemia (il volume di sangue circolante) a seguito di un’emorragia importante, di episodi frequenti di
vomito o di patologie che comportano
diarrea può ridurre la pressione arteriosa e provocare la sincope.
L’ipotensione ortostatica può anche essere dovuta a disturbi che direttamente o indirettamente causano alterazioni del sistema nervoso autonomico, come il
morbo di Parkinson, la
demenza con corpi di Lewy, il
diabete, i traumi del midollo spinale, alcune patologie autoimmuni e l’insufficienza renale.
Sincope cardiaca
La
causa principale della sincope di origine cardiaca (a volte definita sincope al cuore) è l’
aritmia (sincope da aritmia cardiaca), che può presentarsi come:
- Tachicardia: è causa di sincope quando la frequenza cardiaca è troppo rapida per consentire ai ventricoli del cuore di riempirsi adeguatamente;
- Bradicardia: è causa di sincope quando la frequenza cardiaca è troppo bassa per fornire una gittata cardiaca adeguata a perfondere correttamente il cervello.
Altri fattori alla base della sincope cardiaca sono alcune patologie cardiache (stenosi aortica, ischemia,
infarto miocardico, tumori cardiaci, disfunzioni valvolari) o cardiopolmonari (embolia polmonare,
ipertensione polmonare).
Da cosa è causata
La causa della sincope è un
calo della pressione arteriosa che causa una riduzione della quantità di sangue che arriva al
cervello.
Ricevendo meno sangue di quanto gli sia necessario per nutrirsi (in particolare per ricevere la corretta quantità di glucosio, l’unico substrato energetico utilizzato da questo organo) e ossigenarsi, il cervello genera un corto circuito che ne blocca l’attività.
Diversi fattori possono provocare la riduzione dell’irrorazione cerebrale. Il caso più pericoloso è quello causato da un
problema cardiaco.
Come si manifesta la sincope
Sincope senza prodromi. In alcuni soggetti, la perdita di coscienza è preceduta da una serie di sintomi cosiddetti prodromici (premonitori). In questi casi si parla di pre-sincope.
Tuttavia, l’esordio della sincope è generalmente improvviso e imprevedibile (sincope senza preavviso).
Sincope senza svenimento. Questa espressione può anche essere usata per definire una condizione che si risolve senza evolvere in sincope vera e propria.
Fra i segni e sintomi della pre-sincope: capogiri, sudorazione, nausea e astenia.
Sincope: come si diagnostica
La
diagnosi della sincope si basa sui criteri stabiliti dalla sua definizione: breve durata, controllo motorio anomalo, perdita di responsività, amnesia per il periodo in cui la perdita di coscienza perdura.
Inoltre, una perdita di coscienza è probabilmente sincope quando:
- Sono presenti segni e sintomi specifici di sincope neuromediata, sincope da ipotensione ortostatica o sincope cardiaca;
- Sono assenti segni e sintomi specifici per altre forme di perdita di coscienza (trauma cranico, crisi epilettica, convulsioni, perdita di coscienza di origine psicogenica, lipotimia di altra causa, TIA, infarto miocardico o ictus).
Ricostruire l’episodio
I medici raccolgono l’anamnesi del paziente, si informano sulle malattie di cui soffre e gli pongono domande su eventuali precedenti attacchi dello stesso tipo.
In primo luogo, accertano l'attività che stava compiendo quando è sopraggiunto l’attacco: se stava facendo
esercizio fisico (che può suggerire una sincope da sforzo), o se era a riposo, se era coinvolto in un litigio o in altre situazioni impattanti dal punto di vista emotivo (fattori che possono indicare una sincope da stress) e se era al lavoro impegnato in attività professionali.
Verificano anche in quale posizione si trovava (essenzialmente se era sdraiato, anche a letto, o in piedi).
È anche importante capire
se ha avuto sintomi particolari subito prima o dopo: se ha percepito un senso di imminente di perdita di coscienza, nausea, sudorazione accentuata, visione offuscata o ridotta, formicolio delle labbra o dei polpastrelli, dolore toracico o tachicardia.
I medici chiedono al paziente se è reduce da un attacco di
vomito o
diarrea (fattore di rischio per disidratazione e squilibri elettrolitici), se (nel caso delle donne) ha avuto mestruazioni particolarmente abbondanti (fattore di rischio per l’anemia), se è stato recentemente sottoposto ad un intervento chirurgico o se ha sofferto di episodi trombotici in passato (fattori di rischio per embolia polmonare), se sono presenti casi di cardiopatia in famiglia (fattore di rischio per sincope cardiaca).
Deve essere, inoltre, accertata la durata del tempo di recupero e devono essere considerati eventuali farmaci assunti dal soggetto, in particolare antipertensivi, diuretici, vasodilatatori e antiaritmici.
Risalire alle cause: perché viene una sincope
Comprendere le cause ed isolare quelle associate a rischio serio per la salute del paziente rappresenta il primo step nella gestione della sincope.
Questa fase è complessa, perché richiede una differenziazione accurata fra tutte le possibili ragioni, che, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, sono numerose.
Un valido supporto può giungere da eventuali testimoni oculari presenti al momento in cui si è verificata: il loro racconto può aiutare i medici a ricostruire i fatti e a raccogliere le prime informazioni utili per orientare il percorso diagnostico.
Quando preoccuparsi
Alcuni sintomi e segni depongono per una diagnosi non benigna, in particolare di sincope cardiaca.
Questa eventualità è più probabile se il soggetto ha avuto la sincope mentre stava praticando esercizio fisico, o comunque se era sotto sforzo. La sincope a riposo è generalmente meno preoccupante.
Deve destare preoccupazione anche il fatto che si siano verificati numerosi episodi ricorrenti in un breve intervallo di tempo, se sono presenti segni di cardiopatia strutturale e se in famiglia ci sono stati casi di morte improvvisa.
Gli esami per la diagnosi della sincope
Elettrocardiogramma
La persona colpita da sincope viene sottoposta ad una serie di esami, in primis la misurazione della pressione arteriosa (sia in posizione supina che ortostatica) e l’
elettrocardiogramma (ECG).
Questo esame può evidenziare la presenza di aritmie, disturbi di conduzione, ipertrofia ventricolare, ischemia o infarto del miocardio e altre anomalie. Se i sintomi persistono senza che l’ECG metta in luce disturbi del ritmo cardiaco, è presumibilmente da escludere la sincope cardiaca.
Se si sospetta una sincope cardiaca viene eseguito il
monitoraggio Holter dell’attività elettrica del cuore, allo scopo di individuare l’eventuale aritmia scatenante.
L’ECG ad alta risoluzione supporta nell’identificazione della predisposizione ad aritmie ventricolari.
Ecocardiogramma
Se il paziente ha una storia di malattia cardiaca, l’ecocardiogramma contribuisce significativamente a quantificare il livello di rischio a cui il paziente è soggetto.
Nei soggetti con più di 40 anni, più soggetti alla possibilità dell’omonima sindrome, viene eseguito il massaggio del seno carotideo.
Esami di laboratorio
Gli esami del sangue possono essere utili quando clinicamente indicati.
Vengono eseguiti ematocrito e dosaggio dell’emoglobina quando si sospetta un’emorragia o altre cause di anemia. Viene misurata la saturazione di ossigeno dell’emoglobina quando i segni e sintomi suggeriscono la possibilità di ipossia. Vengono dosati il D-dimero quando si sospetta un’embolia polmonare e la troponina quando le condizioni del paziente depongono per un’ischemia. Il dosaggio dei marker cardiaci viene eseguito soprattutto nei pazienti anziani. Una sincope a 20 o 30 anni in un soggetto per il resto sano preoccupa meno dal punto di vista del rischio cardiovascolare.
Pulsossimetria
Viene eseguita durante o immediatamente dopo un episodio per identificare un’eventuale ipossiemia (la riduzione della saturazione di ossigeno del sangue al di sotto della norma), che può indicare embolia polmonare.
La presenza dell’embolia polmonare può essere esclusa o confermata con l’esecuzione di una TC o di una scintigrafia polmonare.
La sincope: come si cura
- Cosa fare in caso di sincope? Il trattamento della sincope dipende dalla causa che ne è responsabile e dal livello di rischio cui è soggetto il paziente. Le osservazioni scaturite dal monitoraggio dei pazienti dimostrano che, ai fini dell’efficacia delle terapie preventive di ulteriori episodi, conta più il meccanismo con cui la sincope si è verificata rispetto alla causa di base.
- La stratificazione del rischio. Attribuire una categoria di rischio al paziente è importante per due ragioni.
- La prima riguarda la sua dimissione, al momento della quale il soggetto reduce da una sincope deve ricevere adeguate informazioni sulla possibilità che un evento analogo si verifichi nuovamente e sulla gestione delle cause che lo potrebbero scatenare;
- La seconda riguarda tutti coloro che sono stati diagnosticati con sincope cardiaca, che devono essere sottoposti ad ulteriori esami e terapie che potrebbero richiedere il ricovero in ospedale. I pazienti con sincope cardiaca hanno, infatti, un rischio aumentato di morte per eventi cardiovascolari improvvisi.
- La terapia della sincope neuromediata. Questa tipologia di sincope viene trattata prevalentemente con approccio non farmacologico. Il personale sanitario spiega al paziente le caratteristiche del suo disturbo e lo invita a seguire abitudini che contribuiscono a prevenire nuovi episodi. Viene, ad esempio, consigliato di evitare luoghi molto affollati e caldi, di idratarsi a sufficienza. In alcuni casi, viene prescritta un’integrazione di sali minerali. È anche importante che la persona reduce da una sincope neuromediata sia rassicurata sulla natura benigna della sua condizione e che sia educata allo scopo di riconoscere eventuali sintomi prodromici.
- I farmaci per la sincope neuromediata. Il trattamento farmacologico viene prescritto in una ristretta popolazione di pazienti, sui quali la condizione impatta in maniera particolarmente violenta, ad esempio persone con episodi ricorrenti. Ma non esiste un protocollo di terapia valido per tutti i casi di questo tipo: la strategia è personalizzata. Fra le molecole usate, il fludrocortisone (che riduce il riflesso vasovagale responsabile della sincope), alcuni alfa-agonisti (la cui efficacia è però ancora in discussione). Per quanto riguarda i beta-bloccanti, un tempo usati per ridurre il rischio di sincope, non ci sono evidenze sufficienti per determinare che siano appropriati allo scopo. Sono tuttora in studio molecole quali la teofillina, la reboxetina e la sibutramina. È necessario che la terapia dei pazienti che assumono farmaci che possono provocare ipotensione ortostatica sia riconsiderata.
- L’impianto di un pacemaker. In alcuni casi, nei quali la bradicardia ha un ruolo determinante, può essere considerato l’impianto di un pacemaker per ridurre la frequenza degli episodi di sincope neuromediata.
- La sincope da ipotensione ortostatica. Per le persone interessate da questa condizione, l’informazione è strategica. Devono essere messe al corrente della natura del disturbo e dei comportamenti da evitare o da adottare per scongiurare il rischio di nuovi episodi. Misurazioni random e monitoraggio dei valori della pressione arteriosa supportano nella gestione del disturbo. I pazienti devono idratarsi a sufficienza ed assumere, laddove necessario, integratori a base di sali minerali. Se vengono avvertiti sintomi prodromici, l’ingestione di un bicchiere di acqua fredda può contribuire a prevenire l’episodio di sincope. Viene anche consigliato di usare bastoncini da passeggio per camminare, di fare pasti leggeri e frequenti, di praticare esercizio fisico al fine di irrobustire la muscolatura delle gambe. Anche in questo caso, l’assunzione di medicinali che possono causare ipotensione ortostatica deve essere rivalutata. Possono, nei casi per i quali sono indicati, essere prescritti farmaci di uso generale (come alfa-agonisti e fludrocortisone) e molecole più specifiche, come la desmopressina nei pazienti con poliuria notturna (che comporta minzioni frequenti durante la notte), octreotide per l’ipotensione post-prandiale, eritropoietina per i soggetti con anemia. I benefici dell’assunzione di droxidopa per ridurre la frequenza delle sincopi sono ancora oggetto di discussione.
- La sincope cardiaca. Quando la sincope è dovuta ad aritmie, è quasi sempre indicata l’applicazione di un pacemaker. In generale, tuttavia, ogni caso deve essere considerato individualmente. Se la condizione deriva, invece, da malattie strutturali del cuore o cardiopolmonari, il trattamento deve essere diretto alla riduzione del rischio di morte legato alla patologia.
La sincope nella persona anziana e nelle comorbidità
La presenza di più malattie e l’assunzione di più farmaci, spesso caratteristiche delle persone anziane, influenza la frequenza degli episodi di sincope.
In particolare, se il paziente prende medicinali attivi sul cuore o sulla circolazione, sul sistema nervoso centrale (neurolettici e antidepressivi) e dopaminergici (ad esempio per il trattamento del Parkinson) il suo rischio di sincope è aumentato.
Sincope e conseguenze. A differenza di quanto si verifica nella popolazione generale, in una ristretta percentuale di soggetti appartenenti a questa categoria, la sincope può causare lesioni neurologiche irreversibili e sofferenza cerebrale.
Anche se non sono disponibili dati scientifici solidi, la comunità scientifica ritiene che la sospensione dell’assunzione di farmaci associati a ipotensione ortostatica e attivi sul sistema nervoso centrale produca benefici che superano i rischi.
Spesso le sincopi vengono riconosciute nelle persone anziane perché provocano cadute ricorrenti.
La sincope nei bambini
Il percorso diagnostico nella popolazione pediatrica è sostanzialmente simile a quello dell’adulto.
Nei bambini la sincope è prevalentemente dovuta a:
- Un riflesso vagale che produce una risposta anomala: può accadere per uno spavento, che lo induce a trattenere il respiro e che lo fa impallidire in volto; in inglese questa condizione è nota come pallid breath holding spell;
- Uno spasmo che causa un’interruzione della respirazione e che fa diventare il bambino cianotico (cyanotic breath holding spell): può verificarsi durante una crisi di pianto ed essere immediatamente seguito da perdita di coscienza.
È importante che siano immediatamente riconosciute le sincopi causate da aritmie e che tali episodi siano distinti dalle crisi epilettiche.
La terapia della sincope nei bambini è analoga a quella degli adulti.
La sincope anossica
Si tratta di un disturbo che può colpire i sub e, in generale, chi si immerge in
apnea.
Durante l’immersione in apnea il
sub sfrutta l’ossigeno presente nei polmoni e nel sangue. Progressivamente, durante la permanenza subacquea, la saturazione in ossigeno del sangue diminuisce ed aumenta, invece, quella in anidride carbonica.
Valori alti di
saturazione in anidride carbonica nel sangue possono causare la sincope anossica, associata a perdita di coscienza, che può essere fatale.
Domande e risposte
Perché viene la sincope?
La sincope è una perdita di coscienza causata da un calo della pressione arteriosa ed una conseguente riduzione della perfusione sanguigna del cervello. Ricevendo meno sangue di quanto gli sia necessario per nutrirsi e ossigenarsi, il cervello genera un corto circuito che induce la perdita di coscienza. Diversi fattori possono provocare la riduzione dell’irrorazione cerebrale. Il caso più pericoloso è quello causato da un problema cardiaco.
Cosa vuol dire avere una sincope?
Significa subire una perdita improvvisa e temporanea di coscienza caratterizzata da insorgenza rapida, breve durata e recupero completo e spontaneo.
Quali sono i sintomi di una sincope?
In alcuni soggetti, la perdita di coscienza è preceduta da una serie di sintomi cosiddetti prodromici (ossia premonitori): in questi casi si parla di pre-sincope. Tuttavia, l’esordio della sincope è generalmente improvviso e imprevedibile. L’espressione pre-sincope può anche essere usata per definire una condizione che si risolve senza evolvere in sincope vera e propria. Fra i segni e sintomi della pre-sincope, capogiri, sudorazione, nausea e astenia.
Come si cura una sincope?
Il trattamento della sincope dipende dalla causa e dal meccanismo d’azione con cui l’episodio si è verificato. L’approccio farmacologico viene usato solo in alcuni casi, mentre assume importanza quasi generale l’adozione di abitudini preventive di nuovi episodi (corretta idratazione, assunzione di integratori di sali minerali se prescritti dal medico, esercizio fisico moderato).
Quanto dura una sincope?
La durata della sincope è generalmente breve (la breve durata è una delle caratteristiche incluse nella definizione del disturbo). La sincope dura qualche secondo e no supera praticamente mai i 20.