Indice
Domande e risposte
Che cosa è l’ictus cerebrale
Le cellule del
cervello, se rimangono per anche solo minuti
senza ossigeno,
muoiono. L’
ictus ischemico è la morte di una parte del tessuto cerebrale (si parla di
infarto cerebrale) provocata da un apporto di
sangue e ossigeno al insufficiente in seguito allo
scoppio o al
blocco di un’arteria che interrompe così il flusso di sangue.
L’ictus cerebrale (o insufficienza cerebrovascolare, Stroke in inglese) è un
evento neurologico con causa vascolare improvviso, che occorre prevalentemente in persone
sopra i 65 anni. Può essere di due tipi:
- Ictus emorragico, quando l’arteria si rompe, o per la rottura di un aneurisma (la dilatazione anomala della parete di un’arteria o di una vena), oppure per un trauma cranico.
- Ictus ischemico (situazione detta anche ischemia), quando l’arteria si ostruisce impedendo l’afflusso di sangue e quindi di ossigeno al cervello. Un’arteria del cervello può ostruirsi per un coagulo di sangue (trombo) o per un deposito di grasso (ateromi, o placche). Il processo può essere improvviso oppure graduale. Si parla in quest’ultimo caso di processo di aterosclerosi.
In realtà i coaguli di sangue nelle arterie
non provocano
sempre un ictus vero e proprio. I coaguli possono
disfarsi spontaneamente entro una mezz’ora, evitando la morte delle cellule cerebrali. Questi eventi prendono il nome di attacchi ischemici transitori (Transient ischemic attack, TIA).
Quali sono le cause che fanno venire un ictus?
La
situazione più
comune è l’ictus ischemico dovuto quindi alla
formazione di qualcosa che
ostruisce l’arteria. Le cause più comuni sono le seguenti:
- Aterosclerosi. Piano piano un ateroma formatosi sulla parete di un’arteria diventa via via più grande fino a ostruirla. Anche prima di ostruirla del tutto, il semplice rallentamento del flusso può creare problemi perché il sangue che si muove lentamente rischia di formare dei coaguli di sangue. Se l’ateroma si rompe, inoltre, il materialedisperso può formare coaguli che potrebbero ostruire l’arteria. I due principali fattori di rischio per l’aterosclerosi sono l’ipertensione arteriosa non sotto controllo che stressa la parete dei vasi sanguigni, il colesterolo alto (ipercolesterolemia), in particolare il colesterolo “cattivo” ossia le LDL che rappresenta la principale componente della placca aterosclerotica.
- Un ateroma che si stacca dalla parete di un’arteria e tramite il flusso sanguigno si deposita in un’altra. In questo caso l’ateroma prende il nome di embolo provocando un’embolia. Se l’arteria dove si deposita un embolo è già in aterosclerosi, ossia è già parzialmente ostruita da depositi di grasso, il rischio di un ictus è maggiore.
- Un ateroma può anche spostarsi dal cuore al cervello. Anche nel cuore possono formarsi ateromi, specie nelle valgole o nel tessuto danneggiato da episodi di endocardite o in persone che soffrono di patologie cardiache, come la fibrillazione atriale. In quest’ultimo caso il cuore, presentando una contrazione anormale può provocare coagulazione o ristagno del sangue che può migrare fino a un’arteria cerebrale. Per questo è bene essere sempre sotto controllo medico se si soffre di una di queste malattie.
- L’assunzione di droghe (ad esempio cocaina e anfetamine), può provocare uno spasmo arterioso, che restingendo le arterie cerebrali per lungo tempuò può portare a un ictus.
- In casi rari, anche infiammazioni dei vasi sanguigni (le vasculiti) o infezioni possono restringere i vasi sanguigni.
Primi segnali di ictus cerebrale: che cosa fare
I sintomi dell’ictus cerebrale si manifestano all’improvviso e includono queste condizioni (possono verificarsi solo alcune di esse):
- debolezza muscolare,
- parestesia, formicolii, insensibilità o “strana sensazione” a una metà del corpo (braccia, gambe) o del volto,
- paralisi,
- veritigini e perdita di equilibrio,
- afasia e disfasia (difficoltà a parlare). Spesso (non sempre) chi sta avendo un ictus non riesce proprio a parlare (afasia) o a elaborare frasi compiute (si parla didisfasia). Molti non comprendono ciò che sta succedendo o ciò che gli viene detto. Il motivo è l’ipo-ossigenazione del cervello, cioè un apporto di ossigeno insufficiente che fa sì che le cellule cerebrali dell’area del cervello deputate al linguaggio muoiano.
- Problemi di vista anche di un solo occhio,
- problemi di coordinazione dei movimenti.
Se la comparsa anche di una sola di queste condizioni è improvvisa e forte è necessario chiamare subito il 118.
Come recuperare l’afasia da ictus?
L'afasia può essere recettiva (sensoriale) ed espressiva (motoria):
Afasia recettiva (afasia di Wernicke). Si ha quando la persona non riesce a comprendere le parole o a riconoscere i simboli attraverso i sensi o a leggere. È dovuta a un danno di un’area del cervello che è detta area di Wernicke.
Afasia espressiva (afasia di Broca). Si ha quando il paziente non riesce a parlare né a scrivere bene ma comprende ciò che gli viene detto e riesce a elaborare i concetti. È causata da un danno all'area frontale o frontoparietale dominante a sinistra, che comprende l'area di Broca.
L’afasia da ictus si
recupera più velocemente con la
logopedia intensiva. Secondo quanto emerge da una recente valutazione della SINP - Società Italiana di Neuropsicologia, in Italia si hanno ogni anno 930.000 persone con disabilità conseguente a ictus. L’ictus è quindi la prima causa di invalidità a livello nazionale. L’Afasia, ovvero l’incapacità di comprendere o di esprimersi verbalmente in modo corretto, ad esempio, è presente nel 33-34% dei pazienti in fase acuta e nel 48% dopo 18 mesi dall’ictus.
Uno
studio pubblicato nel 2017 su The Lancet, la prestigiosa rivista scientifica medica, indica che il 30% dei sopravvissuti a un ictus riporta afasia cronica e la metà ha ancora questo problema un anno dopo l’ictus. Lo studio ha rilevato che la riabilitazione, in particolare la logopedia intensiva, possono fare grandi cose. Sono stati studiati 156 pazienti con meno di 70 anni provenienti da 19 centri di trattamento che erano afasici dopo più di sei mesi dall’ictus. Un primo gruppo è stato sottoposto a logopedia intensiva, per oltre 15 ore settimanali per tre settimane, mentre l’altro ha ricevuto un’ora e mezza di terapia nello stesso periodo. Per quasi la metà dei partecipanti al primo gruppo la capacità di comunicazione è migliorata sensibilmente rispetto agli altri.
Come si cura l’ictus cerebrale. Farmaci e riabilitazione
Prima si interviene a livello farmacologico per sciogliere il coagulo meglio è in termini di prognosi perché si ha maggior probabilità di ridurre il danno cerebrale e di recuperare le funzioni danneggiate. Ogni situazione è a se stante perché dipende dall’entità del danno, dal tipo di ictus e dall’area colpita. I giovani e chi inizia a migliorare rapidamente hanno tendenzialmente un recupero migliore e una probabilità maggiore di ritornare come prima. Per esempio la metà di chi ha paresi a un lato del corpo e quasi tutti i pazienti con sintomi lievi recupera la propria funzionalità una volta dimessa. La maggior parte delle compromissioni che non sono state recuperate a un anno dall’ictus sono tendenzialmente permamenti.
L’intervento dipende dal tipo di ictus:
- Per l’ictus ischemico si procede tramite trombolisi sistemica per riaprire l’arteria occlusa. La procedura deve essere eseguita entro 4-5 ore dalla comparsa del primo sintomo di ictus. Se avviene in questo periodo risulta il trattamento più efficace. In alternativa in casi selezionati si può procedere tramite procedure endovascolari, che prevedono un catetere nell’arteria femorale per somministrare il farmaco direttamente nel trombo o per rimuoverlo meccanicamente.
- Nel caso di ictus emorragico, invece la terapia è farmacologica, tramite anticoagulante orale. Se l’emorragia cerebrale è dovuta alla rottura di un’aneurisma o a malformazioni artero-venose gli specialisti possono optare per una procedura endovascolare.
Accanto al trattamento chirurgico e farmacologico post ictus sono fondamentali la riabilitazione e il controllo dei fattori di rischio, per evitare nuovi coaguli di sangue. Talvolta possono rendersi necessari un intervento chirurgico o l’angioplastica per aprire le arterie bloccate.
Consulta i Centri che ci hanno dichiarato di essere specializzati in Post-ictus:
Le possibili conseguenze dell’ictus cerebrale
Ogni evento è a se stante perché dipende dalla gravità del danno e dall’area colpita.
È importante trattare l’ictus il prima possibile per massimizzare gli effetti della riabilitazione e per evitare le possibili conseguenze, quali:
- Problemi di nutrimento legati alla difficoltà di deglutizione;
- Rischio di polmoniti da aspirazione per inalamento di saliva o vomito nel polmoni;
- Trombosi venosa profonda dovuta alla mancanza di movimento che porta alla formazione di coaguli nelle vene degli arti inferiori e dell’inguine,
- Embolia polmonare dovuta al distacco di trombi da un’arteria che si depositano in una che va ai polmoni,
- Afasia permanente.
Si può prevenire un ictus?
La buona notizia è che il nostro corpo si auto-protegge dagli ictus originando sempre nuove arterie, di modo che qualora dovesse formarsi un’ostruzione molto lentamente (come nell’aterosclerosi), l’area lesa possa contare su nuove arterie per essere irrorata evitando la morte dei tessuti.
Anche noi possiamo contribuire a prevenire gli ictus, riducendo l’impatto dei fattori di rischio:
- Tenendo sotto controllo il colesterolo;
- Non fumando;
- Tenendo sotto controllo eventuali malattie del cuore (fibrillazione atriale, coronaropatia, ipertensione);
- Con alimentazione sana e controllo del peso, per evitare il diabete di tipo 2 che è considerato un fattore di rischio per l’ictus;
- Evitando di fare uso di sostanze stupefacenti come cocaina e anfetamine;
- Facendo attività fisica;
- Monitorando il nostro stato di salute se facciamo uso di contraccettivi orali o terapie a base di estrogeni.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Che cos'è l'afasia?
L'afasia è un disturbo della comunicazione acquisito che compromette la capacità di una persona di elaborare il linguaggio, ma non influisce sull'intelligenza. L'afasia altera la capacità di parlare e comprendere gli altri e la maggior parte delle persone con afasia ha difficoltà a leggere e scrivere. La diagnosi di afasia non implica che una persona abbia una malattia mentale o una compromissione dell'intelligenza.
Quali sono le cause dell'afasia?
La causa più comune di afasia è l'ictus (circa il 25-40% dei sopravvissuti all'ictus acquisisce afasia). Può anche derivare da trauma cranico, tumore al cervello o altre cause neurologiche.
Quanto tempo ci vuole per recuperare dall'afasia?
Se i sintomi dell'afasia durano più a lungo di due o tre mesi dopo un ictus, è difficile un completo recupero. Tuttavia, è importante notare che alcune persone continuano a migliorare per degli anni e persino decenni. Il miglioramento è un processo lento che di solito implica, nella riabilitazione, il coinvolgimento della famiglia, oltre a dei professionisti e alla musica. Uno studio tedesco dimostra che la logopedia intensiva migliora significativamente, in circa la metà dei pazienti, la capacità di comunicazione e la qualità di vita. (Rif: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28256356)
La musica può aiutare il recupero in pazienti con afasia da ictus?
Oltre che sulle capacità vocali e motorie, la musicoterapia ha dimostrato avere effetti positivi anche sull'attenzione di persone afasiche. Oltre a rendere più facile la sillabazione, perché interessa un’area del cervello diversa da quella del linguaggio, può favorire il buonumore migliorando al contempo il recupero cognitivo. (Rif: https://www.aphasia.org/stories/using-music-to-treat-aphasia)
Quanto tempo dura l'afasia?
Dipende dal tipo di danno, dall’area interessata, dall’età della persona, dalla possibilità di ricevere la logoterapia intensiva.
Perché dopo l'ictus non si riesce a parlare?
Spesso (non sempre) chi sta avendo un ictus non riesce proprio a parlare (afasia) o a elaborare frasi compiute (si parla didisfasia). Molti non comprendono ciò che sta succedendo o ciò che gli viene detto. Il motivo è l’ipo-ossigenazione del cervello, cioè un apporto di ossigeno insufficiente che fa sì che le cellule cerebrali dell’area del cervello deputate al linguaggio muoiano.
Quali sono le conseguenze di un ictus cerebrale?
Mentre è in corso un ictus si possono avere alcuni o tutti questi sintomi:
- Debolezza muscolare,
- parestesia, formicolii, insensibilità o “strana sensazione” a una metà del corpo (braccia, gambe) o del volto,
- paralisi,
- veritigini e perdita di equilibrio,
- afasia e disfasia (difficoltà a parlare). Spesso (non sempre) chi sta avendo un ictus non riesce proprio a parlare (afasia) o a elaborare frasi compiute (si parla didisfasia). Molti non comprendono ciò che sta succedendo o ciò che gli viene detto. Il motivo è l’ipo-ossigenazione del cervello, cioè un apporto di ossigeno insufficiente che fa sì che le cellule cerebrali dell’area del cervello deputate al linguaggio muoiano.
- Problemi di vista anche di un solo occhio,
- problemi di coordinazione dei movimenti.
Come recuperare l'afasia?
La logopedia intensiva migliora incredibilmente la prognosi. Uno studio pubblicato nel 2017 su The Lancet, ha rilevato che la riabilitazione, in particolare la logopedia intensiva, possono fare grandi cose. Sono stati studiati 156 pazienti con meno di 70 anni provenienti da 19 centri di trattamento che erano afasici dopo più di sei mesi dall’ictus. Un primo gruppo è stato sottoposto a logopedia intensiva, per oltre 15 ore settimanali per tre settimane, mentre l’altro ha ricevuto un’ora e mezza di terapia nello stesso periodo. Per quasi la metà dei partecipanti al primo gruppo la capacità di comunicazione è migliorata sensibilmente rispetto agli altri.
In collaborazione con
Cristina Da Rold, giornalista freelance e consulente nell’ambito della comunicazione digitale. Si occupa di giornalismo sanitario data-driven principalmente su Infodata - Il Sole 24 Ore e Le Scienze. Lavora per la maggior parte su temi legati all’epidemiologia, con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 è consulente per la comunicazione social media per l’Ufficio italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Collabora con alcune riviste mediche più specialistiche per Il Pensiero Scientifico Editore, con cui ha pubblicato nel 2015 il libro “Sotto controllo. La salute ai tempi dell’e-health”. Dal 2022 è docente di Social Media e Salute presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
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