Dolore alla colonna vertebrale: cause, sintomi e rimedi efficaci

Dolore alla colonna vertebrale: cause, sintomi e rimedi efficaci

Indice

Domande e Risposte

Introduzione

Il dolore alla colonna vertebrale è scatenato nella quasi totalità dei casi da uno stato di alterata contrazione muscolare, che può portare allo sviluppo di veri e propri spasmi dei muscoli vertebrali. Si tratta di una delle cause principali di assenza dal posto di lavoro, un fattore di spesa importante sia dal punto di vista farmaceutico che diagnostico. Per queste e per altre ragioni (fra i quali i rischi connessi alla chirurgia vertebrale), la prevenzione risulta essere lo strumento principale per contrastare il dolore alla schiena.

Com’è fatta e come funziona la colonna vertebrale

La colonna vertebrale è una struttura ossea costituita dalla sovrapposizione di circa 30 ossa a forma di anello, dette vertebre (il numero varia da individuo a individuo). Le vertebre sono separate dai dischi intervertebrali, libere di muoversi reciprocamente in un sistema mobile e flessibile e unite da legamenti e strutture muscolari. Un po’ come accade con una pila di anelli sovrapposti mantenuti uniti da corde ma liberi di muoversi reciprocamente.

I dischi intervertebrali sono strutture cartilaginee che funzionano come cuscinetti attivi nell’ammortizzare le sollecitazioni che gravano sulla struttura ossea della colonna vertebrale.
I dischi la proteggono e tutelando le radici dei nervi che emergono dal midollo spinale diretti ai tessuti periferici.
Sono costituiti da una porzione centrale morbida formata per il 90% da acqua (nucleo polposo), circondata da una struttura esterna più dura (anello fibroso).
Le due sostanze agiscono in sinergia, garantendo flessibilità e stabilità, resistenza meccanica.

L’invecchiamento produce una parziale disidratazione del nucleo polposo, rendendo i dischi intervertebrali meno resistenti alle sollecitazioni e più fragili rispetto ad esse (condrosi).
Si stima che intorno ai 70 anni di età la riduzione di acqua nel nucleo polposo dei dischi sia pari a circa il 10%. L’età è uno dei fattori predisponenti allo sviluppo di patologie quali l’ernia discale.

Le vertebre sono classificate a seconda del segmento di colonna cui appartengono in:
  • Cervicali (7);
  • Toraciche (12);
  • Lombari (5);
  • Sacrali (5);
  • Coccigee: sono fuse fra loro in una sinfisi, una tipologia di articolazione che comporta una sorta di saldatura e non permette il movimento reciproco delle ossa. Queste vertebre formano l’osso conosciuto come coccige.
La colonna vertebrale presenta quattro curvature fisiologiche, che ne aumentano la resistenza meccanica:
  • Due lordosi, cervicale e lombare (con convessità rivolta anteriormente);
  • Due cifosi, toracica e sacrococcigea (con convessità rivolta posteriormente).
Gli spazi intervertebrali permettono il passaggio dei nervi spinali, che emergono dal midollo spinale e si dirigono verso i tessuti periferici. Le fibre nervose posso essere:
  • Sensitive: trasportano informazioni sulla sensibilità dal sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) ai singoli distretti anatomici e viceversa
  • Motorie: garantiscono la capacità di movimento al corpo.
A seconda che i disturbi relativi alla colonna vertebrale si ripercuotano sulle une o sulle altre, si manifesta una sintomatologia diversa.

Le cause del dolore alla colonna vertebrale

Fra le cause del dolore alla colonna vertebrale o, come più frequentemente riferisce il paziente, agli anelli della colonna vertebrale, si riconoscono:
  • Una muscolatura poco allenata, poco tonica e non sufficientemente sviluppata, non solo a carico della colonna (muscoli paravertebrali), ma anche e soprattutto per quanto riguarda la parete addominale. Si ritiene che il 40% della tenuta della colonna vertebrale sia effetto del tono della muscolatura addominale. La sedentarietà e la conseguente debolezza della muscolatura profonda del rachide non permette il corretto impilamento dei corpi vertebrali e dunque provoca problemi nel mantenimento della stazione eretta per periodi prolungati. Le persone che soffrono di questo problema faticano a stare in piedi per intervalli di tempo anche brevi. Quando sono costrette a farlo, sollecitano la muscolatura in maniera incompatibile con il suo grado di allenamento, determinandone l’infiammazione. E’ questa a dare origine a quello che normalmente il paziente definisce come un “dolore agli anelli della colonna vertebrale”. Una muscolatura poco sviluppata scoraggia quindi il paziente dall’esecuzione di attività fisica, aggravando il suo progressivo indebolimento. Questo tipo di dolore può manifestarsi dopo la palestra nei soggetti poco o per nulla allenati;
  • Abitudini scorrette, dannose per la salute della colonna vertebrale, come l’utilizzo di zaini pesanti, il trasporto di carichi non distribuiti correttamente sulla schiena, l’utilizzo di scarpe con tacchi alti per molte ore;
  • Lo stress: in maniera indiretta, lo stress inteso come incapacità di una corretta gestione delle tensioni accumulate durante le attività giornaliere, si scarica sulla colonna vertebrale, minandone la salute. Lo stress porta ad assumere inconsapevolmente posizioni rigide, posture scorrette e quindi alla contrazione permanente dei muscoli;
  • Difetti congeniti della colonna vertebrale: la presenza di deformità congenite o pregresse, se non trattata in maniera corretta, può peggiorare coinvolgendo anche le strutture nervose. In questo caso il dolore diventa più intenso, persistente, bruciante e diffuso e il disturbo più complesso da trattare. L‘iperlordosi, ossia l’accentuazione della curvatura lombare, è una condizione di per sé fisiologica che può tuttavia aumentare il rischio di protrusioni ed ernie. La presenza di una curvatura enfatizzata determina infatti una minore resistenza alle sollecitazioni che si scaricano sul tratto lombare del rachide. In questi casi, l’impostazione di un percorso di fisioterapia e ginnastica posturale può aiutare a contenere il rischio. La presenza di eventuali deformità congenite della colonna o di scivolamenti degli anelli delle vertebre gli uni sugli altri (spondilolistesi) dalla nascita, predispone all’insorgenza di ernie a causa delle alterazioni biomeccaniche che comportano.

Dolore alla colonna vertebrale: quali rimedi

In generale, il primo approccio nei confronti del dolore alla colonna vertebrale è quello farmacologico, il più delle volte supportato dal farmacista, che consiglia al paziente l’antiinfiammatorio da banco più adeguato per il singolo sporadico episodio doloroso. Unitamente alla consulenza sull’utilizzo del medicinale (dosaggio e modalità di assunzione), il farmacista ricorda al paziente che si tratta di un rimedio sintomatico e che sarà necessario rivolgersi al medico per indagare le cause se il dolore non migliora, peggiora o se, una volta passato, si rimanifesta.

I primi esami diagnostici che lo specialista neurologo o ortopedico consiglia in caso di mal di schiena sono la radiografia e la risonanza magnetica, che permettono di studiare la componente ossea e quella nervosa della colonna vertebrale, al fine di individuare la causa della lombalgia.

Dolore alla colonna vertebrale: quali farmaci

I farmaci prescritti hanno l’obiettivo di lenire le manifestazioni dolorose e prevenire il ricorso alla chirurgia. Gli specialisti neurochirurghi si avvalgono nella chirurgia spinale solo quando hanno già provato tutti gli altri trattamenti previsti. L’approccio moderno è dunque conservativo.

Il dolore vertebrale di tipo infiammatorio viene trattato con antinfiammatori e analgesici.
A questo scopo si impiegano paracetamolo o FANS. In casi rari, nei quali il dolore acuto grave risulti non responsivo a questi medicinali, lo specialista può prescrivere farmaci oppioidi.

I casi di dolore lombare grave possono essere trattati con cortisonici per via orale. In alcuni casi, il neurochirurgo opta per l’iniezione epidurale. 
Le contratture muscolari dolorose che si accompagnano ad alterazioni della biomeccanica della colonna possono beneficiare della somministrazione di miorilassanti. Molecole come la ciclobenzapina o le benzodiazepine contribuiscono a sciogliere la contrattura e a lenire il dolore.

Dolore alla colonna vertebrale: esercizio fisico e postura

La fisioterapia e la ginnastica posturale possono agire stabilizzando la colonna. Gli esercizi consigliati sono quelli che irrobustiscono i muscoli paraspinali. 

Nei pazienti con lievi disturbi, lo yoga e il pilates, così come il nuoto e la ginnastica posturale possono contribuire al miglioramento della sintomatologia (anche se non sono compatibili con la fase acuta della lombalgia) e alla prevenzione di nuovi episodi.

La lombalgia trae vantaggio dal rafforzamento della cosiddetta core stability, ossia la stabilizzazione della muscolatura addominale e lombare. 

Il riposo, in caso di dolore vertebrale acuto, è consigliato, ma solo nell’immediato. Il protrarsi dell’immobilità produce un peggioramento della sintomatologia dolorosa, nel medio termine. La fase di riposo deve durare il tempo necessario a produrre una decontrazione della muscolatura (che consente il miglioramento del dolore) e non protrarsi tanto a lungo da innescare fenomeni di indebolimento della stessa. Questo infatti renderebbe la colonna vertebrale più vulnerabile verso ulteriori patologie.
La postura corretta per prevenire il dolore alla colonna vertebrale comporta la posizione eretta della schiena, con il mento rivolto verso il basso, la porzione cervicale della colonna stirata e la testa prolungata verso l’alto come se fosse legata ad un filo invisibile che mantiene il collo allungato. 

Per le donne che soffrono di lombalgia, è consigliabile indossare scarpe non completamente piatte e con tacchi che non superino i 5 centimetri.
Le persone che trascorrono molte ore davanti al computer, possono efficacemente ricorrere a sistemi di seduta alternativi, come la palla medica. Questo attrezzo consente di esercitare la muscolatura dorsale e addominale durante le attività da scrivania rinforzando lo scudo protettivo contro il dolore alla colonna vertebrale.
Se viene utilizzata la sedia, questa deve essere ergonomica, con i piedi appoggiati su uno sgabello basso.
È anche consigliabile alzarsi di tanto in tanto per eseguire esercizi di stretching.
Sempre valida la raccomandazione a flettere le ginocchia in caso di sollevamento di pesi di una certa entità. In questo modo, la sollecitazione viene scaricata sugli arti inferiori e non sulla schiena.

Il sovrappeso è uno dei fattori di rischio per l’insorgenza di disturbi della colonna vertebrale. Per questa e per numerose altre ragioni, è consigliabile raggiungere o mantenere il peso forma. L’obesità comporta un affaticamento delle strutture tendinee e muscolari, sovraffaticando la colonna e aumentando il rischio di disallineamento delle vertebre. È come se una pila di anelli (le vertebre della colonna) diventasse instabile e tendesse a farli scivolare gli uni sugli altri (spondilolistesi). Il fenomeno è aggravato dalla presenza di una parete addominale quasi sempre debole, incapace di contrastare i cedimenti della schiena.

Coloro che passano molto tempo alla guida, dovrebbero mantenere una distanza dai pedali che consenta di appoggiare completamente il bacino allo schienale. Le braccia devono essere piegate e le mani poste a “ore 10 e 10” sul volante.

Dolore alla colonna vertebrale: la chirurgia

L’intervento chirurgico più frequentemente eseguito sulla colonna vertebrale è l’artrodesi. Si tratta di una procedura che permette di unire le vertebre per stabilizzarla in modo da ridurre il dolore. Per realizzare l’unione vengono impiegati sistemi di fissaggio quali viti o barre, che possono essere costituite di metallo (acciaio o titanio) o di altri materiali. La procedura comprende anche l’inserzione di un innesto osseo prelevato da altre sedi. 
L’intervento viene eseguito in anestesia generale e richiede un’ospedalizzazione di almeno 3-5 giorni.

Si tratta di un intervento che richiede abilità ed esperienza e che viene eseguito solo in centri specialistici. Presenta, infatti, numerosi rischi. Primo fra tutti, quello di dislocazione del frammento osseo inserito. 
Inoltre, è possibile che, nel corso della procedura, venga danneggiato un vaso sanguigno.

Anche la convalescenza è impegnativa: richiede almeno tre mesi, durante i quali è necessario che il paziente indossi un busto. Terminata la convalescenza, il soggetto deve sottoporsi alla fisioterapia.
L’eliminazione delle ernie discali viene effettuata anche con tecniche mininvasive, quali la nucleoaspirazione e la chemonucleolisi. La nucleoplastica è un intervento di recente introduzione che prevede l’applicazione di una sorgente di calore che disidrata la porzione di nucleo fuoriuscita dall’anello fibroso. In questo modo, la sintomatologia dolorosa migliora e si può evitare l’intervento chirurgico.

Può essere anche applicata l’ozonoterapia, ossia l’iniezione nell’area del disco di una miscela di ozono e ossigeno, in anestesia locale. L’iniezione porta alla produzione di radicali liberi che riducono il volume del nucleo polposo del disco, limitando la sua azione compressiva sulle strutture circostanti.

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Il dolore alla colonna vertebrale più diffuso: la lombalgia

La lombalgia è la tipologia generica di dolore alla colonna vertebrale più diffusa. Riguarda il segmento lombare della schiena, quello più colpito da disturbi che generano dolore.

Nella lombalgia cronica, che riguarda il 5% di coloro che soffrono di mal di schiena, il dolore si protrae senza interruzioni per almeno 6 mesi. In questi casi, la schiena del paziente appare deviata: si tratta del tentativo di compensazione del corpo, che reagisce al dolore cercando un assetto locomotore che lo minimizzi.
Se ricorrente, la lombalgia deve essere indagata per scoprirne le cause e giungere alla formulazione di una terapia.

In gravidanza la lombalgia è un sintomo ricorrente, legato a:
  • Indebolimento della muscolatura addominale che si instaura fisiologicamente per consentire l’accrescimento del feto;
  • Sbilanciamento posturale dovuto alla presenza del feto.

La cervicalgia

La cervicalgia è il dolore alla regione cervicale della colonna vertebrale, disturbo meglio conosciuto come cervicale. Si tratta di una tipologia di dolore che insorge gradualmente e si intensifica con il trascorrere delle ore. Spesso si accompagna a sintomi quali vertigini, nausea e capogiri.

Questo dolore alla parte alta della colonna vertebrale è un sintomo molto diffuso, che può essere trattato estemporaneamente con antidolorifici e, più a lungo termine, con fisioterapia e ginnastica posturale. L’esecuzione di esercizi specifici di mobilizzazione dei muscoli del collo può contribuire al miglioramento della sintomatologia.

Il torcicollo

Il torcicollo è un particolare tipo di cervicalgia, che insorge improvvisamente e violentemente in un fascio localizzato di fibre muscolari del collo. A seguito dell’infiammazione che si genera, i muscoli vanno incontro ad una brusca contrattura che blocca il collo, generando un dolore intenso e impedendo i movimenti.

Le strutture muscolari coinvolte sono lo sternocleidomastoideo (muscolo verticale posto al lato del collo) e il trapezio (che unisce la nuca e le spalle).
Questa manifestazione, peraltro relativamente comune, si risolve generalmente nel giro di qualche giorno. L’evento scatenante di questo dolore alla parte alta della colonna vertebrale può essere l’esposizione ad un’escursione termica (tipico il caso dell’aria condizionata in estate), un movimento violento del collo rispetto alle spalle o un trauma.

La terapia del torcicollo prevede la prescrizione da parte del medico di antinfiammatori di tipo FANS (da assumere per bocca), analgesici e miorilassanti. L’esecuzione di bagni caldi e l’applicazione di indumenti che mantengano al caldo il collo sono norme comportamentali utili ad accelerare la guarigione.
Quando gli episodi di torcicollo tendono a ripetersi con una certa regolarità o addirittura a cronicizzare, possono essere una spia di una patologia degenerativa della colonna vertebrale.

La sciatalgia

La sciatalgia è il dolore scatenato dall’infiammazione del nervo sciatico, il più lungo del corpo, che origina dalle prime vertebre lombari e attraversa la parte terminale della schiena, passando attraverso il gluteo e scendendo lungo la gamba, per arrivare al piede. Il dolore, pungente o lancinante, compare improvvisamente in seguito a movimenti banali, come alzarsi dalla sedia, o a sollecitazioni comuni, come quelle prodotte da uno starnuto o da un colpo di tosse.

Si tratta di un particolare tipo di lombalgia. Un dolore alla parte bassa della colonna vertebrale associato a indebolimento muscolare, parestesie (formicolio) e sensazione di pizzicore lungo tutto il decorso del nervo.
Le cause possono essere tutte quelle che causano la compressione, l’irritazione della radice di questo nervo, dall’ernia discale alle deformazioni o degenerazioni della colonna vertebrale (che possono produrre la stenosi, ossia il restringimento del canale dove decorre il midollo spinale, comprimendo le strutture nervose), al tumore.

La diagnosi viene ipotizzata nel corso dell’esame obiettivo e confermata da TC o RM e da esami elettrofisiologici come l’elettromiografia, che valuta la capacità di conduzione da parte del nervo.
Generalmente la sciatalgia si risolve spontaneamente. Può essere d’aiuto applicare del ghiaccio nella fase acuta e impacchi caldi successivamente.

La terapia dipende dalla causa che l’ha generata, anche se il dolore può essere comunque controllato con l’assunzione di antinfiammatori (FANS o cortisonici, all’occorrenza e su prescrizione medica). La fisioterapia può contribuire ad alleviare la sintomatologia e a distanziare le crisi di dolore.

infografica che ritrae la colonna vertebrale e l'infiammazione della sciatica

Altre radicolopatie

Oltre a quelle del nervo sciatico, anche altre radici nervose possono essere coinvolte nella genesi del dolore alla colonna vertebrale, con criteri basati su deficit neurologici segmentali: a seconda del tratto colpito, sarà coinvolto uno specifico nervo e si avranno determinate conseguenze.
La radicolopatia può essere il risultato di un’ernia discale, di una stenosi vertebrale, di una deformazione artrosica o di un tumore.
Se il problema riguarda le radici dell’ultimo tratto cervicale (dalla quarta alla settima vertebra cervicale, ossia da C4 a C7), provocherà:
  • Dolore al collo, alla spalla, alla parte alta del dorso, al braccio, alla scapola o al cavo ascellare
  • Parestesie nell’area posteriore del collo, nelle spalle o nel braccio
  • Debolezza muscolare del deltoide, del bicipite o del tricipite
  • Riduzione dei riflessi bicipitale, brachioradiale o tricipitale: questi, in particolare, sono elementi utili in sede di esame obiettivo durante la visita neurologica.
Se il fenomeno colpisce le vertebre toraciche, il paziente può manifestare disestesie (anomalie della sensibilità) localizzate alla zona toracica.
Se, invece, è il tratto lombare ad essere interessato, è possibile avere:
  • Dolore alla coscia e alla gamba, alla natica o al piede;
  • Parestesie nell’arto inferiore; perdita di sensibilità a livello della tibia, sulla superficie dorsale del piede o sulla porzione laterale del polpaccio;
  • Riduzione del riflesso rotuleo o perdita del riflesso achilleo;
  • Debolezza del muscolo quadricipite femorale; piede cadente per debolezza dei muscoli tibiali; debolezza del muscolo gastrocnemio con impossibilità di piegare correttamente il piede.

L’ernia discale

Per effetto della disidratazione del nucleo polposo (dovuta all’invecchiamento o a patologie), i dischi intervertebrali subiscono una progressiva riduzione della capacità di ammortizzare i carichi. Le vertebre si avvicinano quindi le une alle altre, schiacciando il disco, che si gonfia verso l’esterno rispetto allo spazio intervertebrale (protrusione).
Se l’anello fibroso cede, si verifica una lacerazione, che generalmente si verifica improvvisamente, in un momento preciso e provoca dolore intenso. In seguito a questo evento, il nucleo fuoriesce prolassando e determinando l’ernia.
Quando il nucleo polposo erniato raggiunge le radicole dei nervi che emergono dal midollo spinale, ne scatena l’irritazione, portando allo sviluppo di sintomi quali:
  • Dolore: il dolore nasce dalla colonna vertebrale e si propaga lungo tutto il percorso di innervazione del nervo infiammato; il dolore da ernia è tipicamente improvviso e alleviato dal riposo a letto. In caso di ernia cervicale è la flessione del collo a determinare l’insorgenza del dolore. Se, invece, l’ernia è lombo-sacrale, sono i movimenti che stirano le radici lombari (come sollevare la gamba tesa) ad acutizzare il dolore
  • Parestesie: se sono interessate le fibre sensitive del nervo, il paziente avverte formicolio nel territorio di innervazione
  • Indebolimento muscolare.
La diagnosi viene effettuata sulla base della RM o della TC, che possono identificare la causa e il livello preciso della lesione. L’esecuzione di test elettrofisiologici (elettromiografia) può contribuire a identificare la radice coinvolta.

L’approccio medico all’ernia discale è conservativo. I casi lievi vengono trattati con la somministrazione di antinfiammatori (FANS e, nei casi di dolore più intenso, cortisonici) e miorilassanti. Generalmente non viene consigliato riposo assoluto, se non nella fase acuta della sintomatologia. Malgrado la sedentarietà sia un fattore potenzialmente rischioso per il peggioramento della sintomatologia, l’attività fisica pesante o eccessiva deve essere ridotta. Nei casi di ernia discale, il movimento è considerato un vero e proprio farmaco, perché mantiene attivi e tonici i muscoli che proteggono e rinforzano la colonna vertebrale, riducendo il rischio di instabilità. Lo sport consigliato è il nuoto.

La chirurgia è riservata ai casi in cui il paziente manifesta dolore intrattabile e continuo, malgrado la terapia farmacologica, la fisioterapia e la ginnastica posturale.

Il blocco vertebrale acuto

Il blocco vertebrale acuto è uno spasmo doloroso dei muscoli paravertebrali, anche definito colpo della strega, che subentra in occasione di un movimento che sollecita la colonna vertebrale in termini di intensità e di biomeccanica del movimento.

Si tratta di una contrattura violenta della muscolatura vertebrale che colpisce statisticamente soprattutto le persone fra i 30 ed i 40 anni.
Il colpo della strega insorge in particolare quando si eseguono movimenti a freddo. È una forma di protezione del corpo, che produce una vera e propria paralisi dell’apparato locomotore per evitare che una lesione possa estendersi o peggiorare. Il blocco vertebrale acuto può insorgere anche a causa di un colpo di freddo, che causa la contrattura improvvisa e innaturale della muscolatura vertebrale.

Poiché il colpo della strega generalmente provoca la caduta a terra, è naturale che il paziente tenti di risollevarsi. Ma è assolutamente inutile e controproducente tentare di rialzarsi velocemente o acquisire una posizione più comoda. Più utile eseguire movimenti leggeri e lenti e attendere che qualcuno venga in soccorso, respirando profondamente.
Il colpo della strega viene trattato con antinfiammatori, sia di tipo FANS (in compresse o bustine oppure per applicazione locale di cerotti e gel) che steroidei, e con miorilassanti, che favoriscono la decontrazione della muscolatura e la cessazione del dolore.

La terapia si basa sul riposo, che deve coprire tutta la fase acuta del disturbo. La muscolatura deve essere tenuta al caldo, anche con l’applicazione locale di cerotti termoriscaldanti. Naturalmente, in questa fase è vietato ogni tipo di sforzo.
La fisioterapia è consigliata, anche se solo quando la fase acuta iniziale della patologia è trascorsa.

La scoliosi

La scoliosi è un incurvamento laterale della colonna vertebrale, una deformazione secondo tutte e tre le coordinate spaziali che sposta completamente l’assetto di tutta la struttura ossea.
Spesso legata a ragioni posturali, può essere anche causata da differenze nella lunghezza degli arti (che costringono la schiena a restare piegata da un lato), da malattie genetiche o neuromuscolari e può essere presente fin dalla nascita. Tuttavia, l’80% dei casi di scoliosi non riconosce una causa nota.

La diagnosi si avvale dell’imaging radiologico e si basa su RX, TC e RM. E’ importante che l’identificazione della malattia avvenga in fase precoce, per procedere alla correzione ed evitare pesanti deformazioni. Il trattamento prevede la prescrizione di esercizi di ginnastica e, nei casi di una certa gravità, anche dell’utilizzo di un busto gessato.

Se la scoliosi rimane di grado limitato (scoliosi lieve), la deviazione della colonna vertebrale permette la flessibilità della componente osteo-articolare della colonna, ma tende a sollecitare eccessivamente la muscolatura, che può rendersi così responsabile di mal di schiena.
Nei casi gravi di scoliosi, è previsto l’intervento chirurgico di artrodesi, che consiste nella fissazione delle vertebre le une alle altre in posizione fisiologica. Questo intervento oggi viene eseguito in un numero estremamente esiguo di casi: si preferisce optare per l’approccio conservativo del busto gessato, che evita le gravi conseguenze in termini di limitazione della mobilità della chirurgia. 

Altre deformazioni della colonna vertebrale

La stenosi spinale è il restringimento del canale attraverso cui passa il midollo.
Si tratta di un fenomeno naturale, causato dall’invecchiamento, ma che può subentrare anche in connessione a cause patologiche e diventare esso stesso fattore di patologie. In caso di stenosi spinale. I dischi tendono a protrudere ed erniare e le vertebre ad essere soggette ad instabilità, che può portare allo scivolamento reciproco (spondilolistesi).

Causando compressione sulle strutture nervose, può essere causa di radicolopatia e, in ultima analisi, di dolore alla schiena, indebolimento muscolare e alterazioni della sensibilità.
L’osteocondrosi è una forma di degenerazione che può colpire le vertebre e i dischi intervertebrali coinvolgendo anche le strutture nervose e causando invalidità nel 10% dei pazienti che ne sono affetti.

Una sua possibile complicanza è la spondiloartrosi, che consiste nella degenerazione delle articolazioni intervertebrali poste dietro ai dischi. L’artrosi è una degenerazione delle cartilagini articolari. Quando riguarda le vertebre, ne può causare la fusione, irrigidendo la colonna vertebrale e riducendone le possibilità di movimento. Oppure può determinare la formazione di osteofiti (piccoli speroni ossei) che irritano le radicole nervose.

I traumi

I traumi alla schiena possono verificarsi nel corso di cadute a terra, dell’attività sportiva (amatoriale o agonistica) o nel corso di incidenti automobilistici.
Uno dei traumi più diffusi e noti che riguardano questa parte del corpo è il colpo di frusta, ossia una sollecitazione di flessoestensione della regione cervicale della colonna che supera le possibilità fisiologiche di movimento. Il colpo di frusta si verifica generalmente a seguito di un tamponamento. In questi casi, la testa del paziente compie un movimento antero-posteriore tale da simulare il movimento di una frusta scoccata.

Dopo incidenti di questo tipo, il paziente viene immobilizzato, per proteggere le strutture neurologiche da eventuali complicanze. La diagnosi e la stadiazione del trauma possono essere effettuate attraverso l’esecuzione di risonanza magnetica.
Il colpo di frusta causa un dolore alla colonna vertebrale che può protrarsi per alcune settimane. Talora può determinare fenomeni irreversibili, come l’ernia discale.

La spondilolistesi

La spondilolistesi è una condizione patologica caratterizzata da uno slittamento progressivo in avanti di una vertebra rispetto a quella sottostante. Le vertebre più comunemente colpite sono la quarta e quinta lombare (L4, L5) e la prima sacrale (S1).
La spondilolistesi può esser causata da:
  • Rottura del legamento che mantiene le vertebre in sede: questa evenienza può essere congenita;
  • Deterioramento e deformazione della vertebra e del disco;
  • Traumi, come cadute da cavallo e colpi di frusta;
  • Infezioni che colpiscono i corpi vertebrali (come la tubercolosi vertebrale).
La sintomatologia dipende dal grado di scivolamento e si manifesta soprattutto con il dolore alla colonna vertebrale, che peggiora in occasione di sforzi fisici di una certa intensità.
La prevenzione degli attacchi dolorosi può essere effettuata evitando di sovraccaricare la colonna vertebrale, anche con attività sportiva eccessiva.
La diagnosi della spondilolistesi viene effettuata sulla base degli esami radiografici e della RM.
Il trattamento è conservativo, almeno fino a quando il dolore può esser controllato. La crisi dolorosa acuta deve essere affrontata con il riposo assoluto e l’assunzione di antinfiammatori e miorilassanti.
L’attività fisica moderata è in generale consigliata quando il dolore non è acuto. In particolare, sono utili gli esercizi fisici che contribuiscono alla cosiddetta core stability, ossia alla stabilizzazione della muscolatura vertebrale, che irrobustendosi, diventa uno scudo protettivo di sostegno per la colonna.
L’intervento chirurgico di artrodesi, nel corso del quale le vertebre vengono fissate le une alle altre per evitare ulteriori scivolamenti che potrebbero compromettere la funzionalità del midollo spinale, è l’extrema ratio.

La fibromialgia

La fibromialgia (definita anche sindrome fibromialgica) è una patologia caratterizzata da dolori diffusi all’apparato motorio, inizialmente localizzati al tratto cervicale e lombare e successivamente diffusi all’intero sistema locomotore.
Per ragioni ancora ignote, il 90% dei pazienti è di sesso femminile. Sconosciuta anche la causa della malattia stessa.
La malattia comporta un aumento della sensibilità alla pressione in specifici punti, denominati tender points e localizzati nei punti di intersezioni fra muscolo e tendine, e un abbassamento della soglia del dolore.

La diagnosi della fibromialgia è particolarmente complessa e spesso tardiva, anche a causa dell’assenza di segni visibili alle comuni indagini diagnostiche per immagini. Secondo le linee guida del Collegio Americano di Reumatologia, la diagnosi è positiva se:
  • I dolori sono presenti da almeno tre mesi e localizzati alla colonna vertebrale (soprattutto cervicale e lombare) e agli arti;
  • Il paziente percepisce come dolorosa una pressione di 4 kg su almeno 11 dei 18 tender points identificati.
Il dolore alla colonna vertebrale da fibromialgia è presente anche a riposo e accompagnato da una ipersensibilità nervosa.

Le cause più gravi di dolore alla colonna vertebrale

Le cause gravi di dolore alla schiena, che possono mettere a rischio la vita del paziente, sono rare. Una di queste è l’aneurisma dell’aorta, che causa l’insorgenza di dolore alla colonna vertebrale riflesso. L’aneurisma aortico è una dilatazione anomala della parete di questa arteria, che si sfianca a causa dell’ipertensione, della debolezza congenita e di altri fattori di rischio delle patologie cardiovascolari. L’evenienza più pericolosa legata a questa patologia è la rottura, che può causare la morte per emorragia interna. E’ importante osservare attenzione, dunque, in caso di età avanzata, soprattutto se positivi ad altri fattori di rischio di questo tipo e rivolgersi al medico in caso di dolore alla schiena che si estende all’addome o in caso di pulsazioni addominali.

La cervicalgia è anche uno dei sintomi più caratteristici della meningite. L’infiammazione delle meningi (le membrane che rivestono cervello e midollo spinale) provoca un irrigidimento del tratto lombare della colonna vertebrale, che risulta dolente. La meningite si manifesta con febbre alta e, generalmente, cefalea. Può essere presente vomito. In presenza di questi sintomi, occorre rivolgersi al Pronto Soccorso.

Il tumore è un’ulteriore causa di dolore alla schiena che può mettere a rischio la vita, sia quando è primario (ossia originato dalla colonna vertebrale) che quando è una metastasi di un tumore, ad esempio mammella, prostata e polmone. e (primo fra tutti quello del pancreas).  I tumori spinali primitivi hanno prevalentemente carattere benigno, con una progressione lenta negli anni. Si tratta di osteomi (tumori dell’osso), sarcomi (a partenza muscolare), condromi (a origine cartilaginea), osteoblastomi (ossei), mielomi (a partenza midollare). I soggetti più colpiti sono le donne intorno ai 50 anni.
In tutti i casi, il dolore alla colonna vertebrale è il sintomo principale e quello che compare per primo. Talvolta è associato alla contrattura muscolare antalgica.

Nel corso della malattia possono subentrare dolori di origine alternativa, ad esempio nervosa. Il tumore può comprimere le radicole nervose in uscita dal midollo spinale e il midollo stesso. Questa compromissione può accompagnarsi anche a formicolio (parestesie) e deficit di tipo motorio o sensitivo alle gambe.

Se la localizzazione del tumore è nella parte bassa della colonna vertebrale (sacrale), il paziente può avere disturbi sfinterici.
La sintomatologia può acuirsi nel caso in cui l’indebolimento della struttura ossea causato dal tumore sia all’origine di fratture vertebrali. 
Le tipologie di tumore che possono generare metastasi alla colonna vertebrale sono il carcinoma del pancreas, polmonare, mammario, renale, prostatico, della tiroide e del colon. Si tratta della causa neoplastica più frequente per questa localizzazione ossea.
Il segmento più colpito è quello dorsale

Nel caso di metastasi singole o in numero esiguo, è possibile somministrare la radioterapia, che riduce la massa tumorale e allevia la sintomatologia.
L’intervento di ablazione termica del tumore elimina le cellule neoplastiche. Le vertebre possono essere ricostruite chirurgicamente (vertebroplastica) utilizzando resine quali il polimetilmetacrilato.

Il tumore del pancreas, soprattutto quando esteso e localizzato nel corpo e nella coda del pancreas, può esercitare una pressione sui nervi viscerali ed essere causa di mal di schiena, soprattutto nella parte centrale.

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Domande e risposte

Il dolore alla colonna vertebrale può essere il segnale della presenza di un tumore?

Il dolore alla colonna vertebrale può essere generato anche da un fattore di compressione delle strutture nervose, come un’ernia discale, una deformazione ossea (come quelle causate dall’artrosi) o un tumore.

Cosa può causare il dolore alla colonna vertebrale nelle donne?

Nelle donne, il dolore alla colonna vertebrale può riconoscere cause specifiche, come la fibromialgia, una patologia che colpisce quasi esclusivamente la popolazione femminile e che causa dolori diffusi alla schiena, in particolare nella regione cervicale e lombare. Inoltre, la gravidanza può essere alla base di dolore alla colonna vertebrale, per l’anomala distribuzione del carico rappresentato dal feto e per l’indebolimento fisiologico della parete addominale che accompagna la gestazione.

Quando il dolore alla colonna vertebrale è un’emergenza?

Il dolore alla colonna vertebrale è raramente causato da patologie che possono mettere a rischio la vita. Può accadere nel caso della meningite, che scatena dolore e irrigidimento nella regione cervicale ed è accompagnata da febbre alta e generalmente da vomito. Oppure nel caso dell’aneurisma dell’aorta, uno sfiancamento della parete di questa arteria che determina l’insorgenza di un dolore riflesso alla schiena.

Come posso sapere se il mio dolore alla colonna vertebrale è serio?

Il dolore alla colonna vertebrale che si irradia alla gamba segnala un possibile coinvolgimento delle strutture nervose. Questo aspetto rende necessari approfondimenti specifici, allo scopo di valutare la causa e di proteggere le radicole nervose ed il midollo spinale da possibili sollecitazioni patologiche. Inoltre, dolore e rigidità cervicale con febbre elevata e dolore alla colonna vertebrale accompagnato dalla sensazione delle pulsazioni a livello addominale devono sempre spingere al consulto medico, perché possibili segnali di patologie gravi come la meningite e l’aneurisma aortico.

Perché sento dolore nell’area compresa fra le scapole?

Il dolore nella regione cervicale compresa fra le scapole è quasi sempre determinato da uno squilibrio posturale. In questi casi, fisioterapia e ginnastica posturale possono produrre miglioramenti. In caso di dolore protratto o in progressione, occorre rivolgersi al medico

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