Indice
Domande e risposte
Che cosa si intende per medicina di genere?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la medicina di genere o Gender-specific Medicine, come lo studio di come le
differenze biologiche definite dal sesso (fattori genetici e ambientali) unitamente a quelle
socioeconomiche e
culturali (definite dal genere del soggetto) influenzano lo stato di salute di un soggetto e di gruppi di soggetti.
La medicina di genere cerca di capire in che modo i corpi
maschili e femminili – ma anche delle persone transgender – possono differire nei
vari ambiti della medicina (
cardiologia, pneumologia,
oncologia,
urologia, reumatologia, ecc), sia a livello strutturale che funzionale.
Le donne, per esempio, possono presentare per una certa malattia
segni e sintomi diversi, o forme di dolore diverso, rispetto agli uomini. La stessa prevalenza di una certa malattia – per esempio il
diabete – è spesso diversa fra maschi e femmine.
La medicina di genere studia inoltre come portare avanti una
ricerca scientifica - per la messa a punto di
nuovi farmaci, di
protocolli terapeutici, e di
protesi - che tenga conto di queste differenze. Fino a qualche anno fa, infatti, la
ricerca medica e farmacologica veniva condotta quasi esclusivamente sul
corpo maschile. Prima del 1993, le donne erano escluse da tutte le sperimentazioni cliniche per confrontare sicurezza ed efficacia di due terapie.
Infine, la medicina di genere studia come
il genere influenza i comportamenti e nel complesso i cosiddetti
determinanti sociali della salute.
Il termine “Medicina di Genere” è stato usato per la prima volta
nel 1991 da
Bernardine Healy, cardiologa, che pubblicò un articolo sul
new England Journal Medicine nell’ambito delle malattie
cardiovascolari. Oggi, l’approccio di genere è sempre più presente nei corsi di laurea e post laurea e nelle linee di ricerca a livello internazionale. Dal 2016, il
Ministero della Salute ha attivato una
pagina dedicata a "Ricerca e Medicina di genere". Anche l’
Istituto Superiore di Sanità, dal 2017, ha un Centro di riferimento per la medicina di genere.
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Le donne hanno un sistema immunitario più forte?
Il
sistema immunitario di un uomo e quello di una donna rispondono in modo differente. Anche se chiaramente ogni individuo è diverso, si rileva che in genere nelle donne la
risposta immunitaria innata e adattativa è mediamente
più forte. Questo sarebbe un
vantaggio, perché favorisce l’eliminazione dei patogeni. Lo vediamo in risposta per esempio alla
vaccinazione, alle infezioni, o a certi farmaci; sebbene non sia ancora chiaro il perché, si ritiene sia dovuto a diversi
cicli ormonali. Le donne rispondono tendenzialmente meglio alle infezioni e ai vaccini. Tuttavia, al tempo stesso le donne presentano una maggiore prevalenza di
malattie reumatiche e autoimmuni.
Medicina di genere in cardiologia
Nei decenni è stato sdoganato il
luogo comune secondo il quale le donne si ammalerebbero meno di
malattie cardiovascolari. Questa convinzione nasceva dal fatto che tendenzialmente si diagnosticavano più malattie cardiache
negli uomini. La domanda che si è posta la medicina di genere è se il fatto che a meno donne venissero diagnosticate fosse davvero lo specchio di una
minore incidenza di malattia, o se invece fosse la conseguenza di una
minore presa di coscienza da parte delle donne delle avvisaglie di un problema di cuore e di una
maggiore reticenza a recarsi all’ospedale. Con questo sguardo si è scoperto che in realtà le donne sono colpite da problemi cardiaci, ma tendono a minimizzarne i sintomi, confondendoli con quelli dell’
artrosi.
La medicina di genere però non si ferma qui. Significa anche chiedersi se gli
apparati cardiocircolatori maschile e femminile differiscono e in che modo. Una
ricerca condotta principalmente su quello
maschile può svantaggiare le
donne, per esempio con l’uso di
protesi come stent cardiaci, valvole e bypass, non adatte al loro corpo. La
massa muscolare cardiaca e il volume del cuore sono diversi nelle donne rispetto ai maschi: le
arterie delle donne sono più strette e presentano una
placca aterosclerotica più spessa, con un’
angina più instabile.
Grazie alla ricerca, oggi esistono stent cardiaci più sottili e valvole più piccole.
Lo stesso vale per i
polmoni. I polmoni
femminili sono
più piccoli di quelli maschili; questo significa per esempio che a pari quantità di agenti nocivi inalati, ad esempio
fumando,
i depositi di sostanze tossiche sono proporzionalmente maggiori nei polmoni femminili. Si è scoperto, per esempio, che non è vero che le donne si ammalano meno di
tumore al polmone, è solo che
storicamente le donne fumavano meno degli uomini. Ma in realtà se un uomo e una donna fumano lo stesso numero di sigarette, le
donne hanno una
probabilità molto maggiore di sviluppare il carcinoma del polmone.
Medicina di genere e cancro
Un aspetto della medicina di genere in
oncologia è cercare di capire quali sono le
basi biologiche che producono un’incidenza dei vari tumori diversa fra uomini e donne, tenendo conto delle
diversità genetiche, ormonali, immunitarie e metaboliche. Per esempio, il
tumore del colon-retto presenta nelle donne più frequentemente lesioni del
lato destro del colon e mutazioni di alcuni geni specifici (per esempio BRAF), mentre nei maschi sono più frequenti le lesioni del
colon sinistro e una maggiore instabilità dei
cromosomi.
Queste caratteristiche fanno sì che alcuni farmaci
antitumorali funzionino meglio o peggio a seconda del sesso, oltre che delle caratteristiche del
singolo tumore e del
singolo soggetto. Se pensiamo per esempio all’
immunoterapia, ambito di sviluppo farmacologico che ha come obiettivo
“educare” il
sistema immunitario del paziente affinché sia in grado di riconoscere le cellule cancerogene per distruggerle, diventa cruciale sapere con che tipo di
sistema immunitario abbiamo a che fare.
Questo sarà possibile solo se le
donne verranno sempre più
incluse nei
trial di ricerca, ancora fortemente maschili.
Perché le donne soffrono di più di osteoporosi?
L’
osteoporosi è una malattia legata agli
ormoni, in particolare agli
estrogeni, che fra le altre cose controllano l’assorbimento del
calcio. Così come l’
osteoartrosi, l’
osteoartrite e in generale tutte le malattie
reumatiche, anche l’osteoporosi è da sempre considerata “malattia femminile”. Si stima che in Italia il 23% delle
donne con più di 40 anni (quasi 1 su 4) e il 14% degli
uomini con più di 60 anni (quasi 1 su 8) sia affetto da osteoporosi.
Tuttavia, questo purtroppo ha determinato il
luogo comune che gli uomini soffrano meno di osteoporosi, con la conseguenza che la determinazione della densità minerale ossea è testata quattro volte di meno nell’uomo, provocando
forti ritardi nelle diagnosi e quindi situazioni più difficili da trattare.
Perché uomini e donne ingrassano diversamente?
Si parla spesso di “
obesità androide e ginoide”, o in alcuni casi “obesità a mela” e “obesità a pera”. Si parla di obesità
androide (a mela) per indicare accumulo di grasso corporeo preponderante nelle
aree superiori e un accumulo relativamente basso nelle zone inferiori. Una situazione
più comune fra gli uomini che fra le donne, che indica un eccesso nella formazione del grasso per un’anomalia dell’asse
ipotalamo-ipofisi-corticosurrene e
iperinsulinismo causato da adeguamento funzionale.
Nell’obesità di tipo
ginoide (obesità a pera) invece prevale l'accumulo nelle zone adipose sottocutanee. Si manifesta con accumulo di grasso nelle
zone inferiori del corpo, come cosce e glutei, nella zona bassa dell’addome e nella parte posteriore delle braccia, e riguarda maggiormente le
donne.
Cervello maschile e cervello femminile
Molto è stato scritto – anche a sproposito – sulla
presunta differenza biologica fra cervello maschile e cervello femminile. Alcune
malattie colpiscono maggiormente il cervello
maschile come la
malattia di Parkinson, mentre altre quello
femminile, come ad esempio, la
malattia di Alzheimer, la
sclerosi multipla e la
depressione maggiore.
In realtà però fino a oggi i
risultati scientifici sulle presunte diversità fra il cervello di uomini e donne sono stati contrastanti e non supportano ad esempio il
luogo comune secondo cui gli uomini sarebbero più “predisposti” al ragionamento.
Ciò che si può dire è che le neuroimmagini tramite
risonanza magnetica hanno dimostrato la presenza di
regioni cerebrali non perfettamente sovrapponibili nei due sessi. In particolare, gli
uomini hanno una
corteccia frontomediale, un’
amigdala e un
ipotalamo con un volume più ampio, mentre nelle
donne sono più estese le regioni
frontali paralimbiche, la
corteccia orbitaria, il
giro precentrale e il
giro linguale. Come questo si traduca in differenze funzionali ancora però non è chiaro. Sicuramente, la
dimensione del cervello aumenta con la dimensione del corpo e non in base al sesso e così il rapporto tra materia grigia e bianca.
Quello che fa la differenza è
l’ambiente in cui vive il cervello, indipendentemente che sia di uomo o di donna. Si stima che solo il 10% dei 100 miliardi di
neuroni che possediamo da adulti siano connessi
quando nasciamo, mentre il resto dipende dal contesto sociale, familiare, scolastico.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Quali patologie sono di interesse per la medicina di genere?
Potenzialmente tutte. Con il termine medicina di genere si fa riferimento allo sguardo verso la salute e la ricerca medica che studia l’influenza delle differenze biologiche definite dal sesso (fattori genetici e ambientali) unitamente a quelle socioeconomiche e culturali (definite dal genere del soggetto) sullo stato di salute di un soggetto e di gruppi di soggetti.
La medicina di genere cerca di capire in che modo i corpi maschili e femminili – ma anche delle persone transgender – possono differire nei vari ambiti della medicina, sia a livello strutturale che funzionale (cardiologia, pneumologia, oncologia, urologia, reumatologia, ecc).
Quali sono le patologie più studiate in ottica di genere?
Sicuramente di interesse sono tutte le patologie legate al sistema immunitario e agli ormoni, date le differenze fra corpo maschile e corpo femminile. Ma in realtà l’approccio di genere è uno sguardo che dovrebbe abbracciare tutti gli ambiti della ricerca medica, per capire come originano ed evolvono tutte le malattie, da quelle cardiologiche, ai tumori, alle malattie autoimmuni.
Dove è nata la medicina di genere?
Il termine “Medicina di Genere” è stato usato per la prima volta nel 1991 da Bernardine Healy, cardiologa, che pubblicò un articolo sul new England Journal Medicine nell’ambito delle malattie cardiovascolari. Oggi l’approccio di genere è sempre più presente nei corsi di laurea e post laurea e nelle linee di ricerca a livello internazionale.
Dal 2016, il Ministero della Salute ha attivato una pagina dedicata a "Ricerca e Medicina di genere". Anche l’Istituto Superiore di Sanità, dal 2017, ha un Centro di riferimento per la medicina di genere.