Aggiornato il 27.08.2024
Intervista a Piero Fenu, Direttore Sanitario presso l’IRCCS Istituto Candiolo
La vasta disponibilità di dati sanitari e il parallelo sviluppo di nuovi e sofisticati strumenti tecnologici che ne consentono la lettura, l’elaborazione e l’interpretazione hanno contribuito a rendere possibile il salto quantico della Medicina moderna.
L’epidemiologia, in particolare, consente una lettura della realtà e delle evidenze che essa produce funzionale alla elaborazione di strategie e protocolli di prevenzione e cura particolarmente utili in alcuni settori, fra cui quello oncologico.
Ne abbiamo parlato con Piero Fenu, Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Candiolo.
Il fenomeno dell'antibiotico-resistenza è ormai un grave problema di sanità pubblica, che ha origine anche dalla prescrizione inappropriata di antibiotici sia in medicina umana che in medicina veterinaria. Si tratta di un fenomeno, che potremmo definire ecologico, alimentato dalla cosiddetta pressione selettiva. A scopo di conservazione della specie, i batteri possono sviluppare una resistenza nei confronti degli antibiotici: ciò avviene attraverso una mutazione genetica che i microrganismi resistenti sono in grado di trasmettere ad altri batteri. La diffusione dei germi resistenti è agevolata da alcuni fattori: pensiamo, ad esempio, agli spostamenti dei soggetti portatori di queste infezioni e alla difficoltà di impostare una terapia antibiotica appropriata (questi germi, per essere eradicati, richiedono una terapia “mirata”, cioè adatta ai profili di resistenza). Altri fattori promotori sono rappresentati dalle mancate o insufficienti misure di sorveglianza e controllo delle infezioni sostenute da questi germi.
Con queste premesse, capiamo bene come nei pazienti oncologici, spesso defedati a causa della malattia e delle terapie debilitanti, un'infezione antibiotico-resistente possa condurre ad un aggravamento clinico importante e potenzialmente fatale. In ambito oncologico, le infezioni più impattanti sono le polmoniti, le batteriemie (che sono le infezioni del torrente ematico, frequentemente correlate all'utilizzo di dispositivi endovascolari), le infezioni delle vie urinarie e le infezioni del sito chirurgico. I germi più coinvolti nell’insorgenza di tali infezioni (Escherichia coli, Klebsiella spp., Pseudomonas aeruginosa, Candida spp., Stafilococcus aureus Meticillino Resistente-MRSA) sono spesso caratterizzati da un profilo di antibiotico-resistenza.
Queste infezioni possono esitare in una condizione clinica drammatica che, come anticipavo nei passaggi precedenti, è più frequente negli individui debilitati: la sepsi, una sindrome caratterizzata da un’abnorme risposta infiammatoria dell’intero organismo, scatenata da un processo infettivo. La sepsi è causa di disfunzioni multiorgano che possono risultare fatali per il paziente. A margine di ciò, sottolineo che la mortalità per malattie infettive nei pazienti oncologici è pari al triplo rispetto a quella degli altri soggetti. Dunque, si tratta di situazioni che impongono l’adozione di specifiche strategie di prevenzione.
A questo scopo, in Istituto elaboriamo protocolli di antibiotico-profilassi e antibioticoterapia per codificare gli schemi terapeutici, promuovere la terapia mirata ed evitare l'abuso di terapie empiriche. Inoltre, per quanto riguarda alcune tipologie di antibiotici, vige l'obbligo di prescrizione motivata [richiesta nominativa motivata, RMN – ndr], proprio sulla base di quanto le dicevo in apertura di risposta: l'antibiotico- resistenza è determinata anche dalla prescrizione inappropriata.
Inoltre, impostiamo strategie di sorveglianza dal laboratorio, che consistono in un monitoraggio continuo del numero, della tipologia e dei profili di resistenza dei germi isolati. Presso i reparti di ricovero e cura abbiamo adottato protocolli di isolamento per contenere la diffusività delle infezioni.
Abbiamo anche adottato protocolli comportamentali, in particolare per quanto riguarda i percorsi e l'igiene delle mani, che rappresenta un fattore straordinariamente importante per il contenimento della trasmissione delle malattie infettivo-diffusive.
Infine, eseguiamo periodicamente indagini epidemiologiche sull'incidenza e la prevalenza delle infezioni, per mantenere il costante controllo della nostra epidemiologia locale e porre in atto le contromisure più efficaci in caso di criticità.
Intanto introdurrei il concetto di Epidemiologia. Mi pare pienamente calzante, anche rispetto al moderno contesto oncologico, la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale descrive l’Epidemiologia come “lo studio della distribuzione e dei determinanti degli stati di salute e degli eventi correlati con la salute, nonché l'applicazione di questo studio al controllo delle malattie e di altri problemi di salute”. Possiamo affermare che, benché prolissa, questa definizione sia esaustiva, e ben contempli la valenza dell'Epidemiologia oncologica, che non solo ci fornisce i dati relativi ad una serie di parametri importanti (numero di ammalati, numero di tumori organo-specifici, proporzione di tumori per fasce di età, numero di decessi per malattie tumorali), ma ci aiuta anche e soprattutto ad individuare i fattori causali e protettivi e a quantificarne l'importanza, nonché a identificare test appropriati di prevenzione secondaria (screening) e verificare e misurare il beneficio di terapie innovative rispetto ai trattamenti standard.
Attraverso la rigorosa raccolta dei dati esistenti riguardo una certa condizione patologica (ad esempio il numero degli ammalati di tumore suddivisi per organo colpito e il numero di ammalati di tumore deceduti a causa della neoplasia stessa) ed attraverso gli studi epidemiologici, grazie ai quali, ad esempio, confrontando una popolazione esposta ad un fattore di rischio ed una popolazione non esposta al medesimo fattore di rischio, si valuta la differenza in termini di sviluppo delle malattie. Grazie a questa tipologia di studio epidemiologico, finalizzato all’analisi del fattore di rischio “fumo di sigaretta”, si individuarono perentoriamente le abitudini tabagiche quale fattore causale di vari tipi di cancro, in particolare di quello polmonare.
Un esempio di moderno utilizzo dell'Epidemiologia oncologica è costituito dall’implementazione della Rete Nazionale dei Registri Tumori, che consente, ad esempio (attraverso tecniche quali la georeferenziazione), di indagare il rischio oncologico connesso ad esposizioni ambientali, di caratterizzare aree di rischio in funzione di stili di vita, diffusione di agenti cancerogeni, barriere di accesso a diagnosi e cura, livello socio-economico.
Un altro concetto moderno è quello dell’Epidemiologia molecolare, che studia l'esposizione al rischio di malattia attraverso i dati provenienti da analisi genetiche o molecolari.
Penso alle cosiddette malattie orfane, che sono patologie non frequenti (non a caso vengono anche definite malattie rare) e per le quali spesso non esiste un trattamento specifico, tanto che i pazienti si possono sentire “orfani” nell'ambito dell'assistenza sanitaria (sono annoverate come malattie rare, tanto per citare due esempi, la fibrosi polmonare idiopatica e la sclerodermia). La carenza di medici esperti in malattie rare aumenta il rischio che vi siano ritardi nella diagnosi e, di conseguenza, criticità prognostiche. In quest’ottica, capisce come sia straordinariamente importante implementare il controllo epidemiologico, in modo da realizzare una raccolta dati quanto più dettagliata e capillare possibile, al fine di migliorare le conoscenze e contestualmente avviare interventi di programmazione sanitaria specifica e rispondere ai bisogni di salute della popolazione.
In effetti, l’Epidemiologia ci segnala un aumento significativo dei casi di tumore nella fascia under 50. Il crescente numero di casi di malattia ad esordio precoce interessa in particolare i tumori colorettali, ma anche numerose altre neoplasie, fra cui quelle del polmone, della mammella e del pancreas. Negli Stati Uniti, nel corso degli ultimi vent'anni, i casi di tumori nei soggetti under 50 sono aumentati del 13% circa, tanto da condurre alla modifica delle impostazioni dei programmi di screening. Mentre in passato, ad esempio, gli esami per la prevenzione del cancro colorettale erano raccomandati a partire dai 50 anni, oggi vengono consigliati dai 45 in su. Peraltro, anche in Italia l’età prevista per l’inizio dello screening colorettale, prima pari a 59 anni, è stata anticipata ai 50. Dai 50 anni in su è quindi importante eseguire uno screening per il tumore del colon retto, allo scopo di individuare polipi o altre lesioni precancerose eventualmente presenti ed eradicarle, prevenendone l’evoluzione verso il cancro.
Gli epidemiologi sono attualmente impegnati nelle indagini sui possibili fattori di rischio presenti nelle generazioni più giovani: il focus delle ricerche è rappresentato da possibili nuove tossine e rischi legati al consumo di alimenti ultra-processati. Tuttavia, non sono ad oggi emerse evidenze specifiche se non quella, già nota, che correla lo sviluppo dei tumori, già dall’età giovanile, con gli stili di vita insalubri (fumo, alcol, sedentarietà, dieta scorretta).
Certamente l'obesità rappresenta un enorme problema di salute in tutto il mondo. In Italia, i dati più recenti stimano che il 43% della popolazione tra i 18 e i 69 anni sia in condizione di eccesso ponderale. L'obesità deve essere considerata, oltre che una condizione di disabilità, un fattore di rischio importante per numerose patologie, in particolare a livello cardiovascolare e cerebrovascolare: sappiamo, infatti, che gli individui obesi sono maggiormente soggetti a infarti ed ictus. Anche in ambito oncologico è acclarata un’incidenza maggiore di patologie tumorali nei soggetti obesi. Secondo le stime degli epidemiologi, l’obesità è correlata ad un aumento del rischio di insorgenza del cancro fino al 25%, in particolare per i tumori di colon-retto, esofago, pancreas, colecisti, mammella, endometrio e ovaio. Vi sono anche evidenze scientifiche che, nei pazienti colpiti da tumore, l'eccesso ponderale determini un aumento del rischio di recidive.
Non è del tutto chiaro, anche se è verosimile che le cellule che costituiscono il tessuto adiposo (gli adipociti) possano agire promuovendo la formazione di nuovi vasi sanguigni - un fenomeno detto neoangiogenesi, a sua volta implicato nello sviluppo dei tumori - e rilasciando mediatori biochimici in grado di favorire la disseminazione metastatica. Diventa quindi essenziale l'implementazione di interventi che promuovano l’istituzione di percorsi di prevenzione, diagnosi e cura dell'obesità, individuando centri specializzati in grado di erogarli. Ad oggi questi centri appaiono presenti in numero insufficiente o con distribuzione non omogenea sul territorio. Presso il nostro Istituto, in considerazione del binomio obesità-tumore, forniamo consulenze dietologiche per tutti i pazienti in tutte le fasi della malattia.
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