Visita gastroenterologica: quando è necessaria e quali esami effettuare

Visita gastroenterologica: quando è necessaria e quali esami effettuare

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Domande e Risposte

Cos’è la gastroenterologia e di cosa si occupa?

La gastroenterologia è la branca della medicina che si occupa di studiare, diagnosticare e curare le disfunzioni e le patologie che affliggono l’apparato digerente (detto anche apparato gastroenterico) nella sua interezza.
Il gastroenterologo, quindi, studia e cura tutti gli organi legati alla digestione: esofago, stomaco, intestino tenue, intestino crasso (di cui fa parte il colon), fegato, colecisti (la cistifellea) e pancreas. Le patologie che possono colpire ognuno di questi organi sono molto diverse in quanto spesso hanno più di una funzione nell’organismo: per esempio, il fegato è la ghiandola più grande dell'organismo.
Produce ormoni che regolano il metabolismo ma anche il colesterolo, necessario alla formazione di alcuni ormoni come quelli sessuali; demolisce sostanze tossiche o di scarto; immagazzina il glucosio (in forma di glicogeno) e altre molecole utili. Ha anche altre funzioni che lo rendono essenziale per la nostra sopravvivenza.

I disturbi dell’apparato digestivo sono talmente diffusi che è difficile trovare una persona che non abbia avuto nella sua vita almeno un problema, dalla stitichezza al bruciore di stomaco.
Come riportato dall’Associazione Nazionale Farmaci di Automedicazione (Assosalute), che fa parte di Federchimica, il 38% degli italiani soffre di gonfiore e meteorismo, il 30% di acidità di stomaco, un altro 29% di pesantezza di stomaco e il 27% di stitichezza.
Questi disturbi derivano da alcune abitudini (alimentazione scorretta o eccessiva, fumo, alcol, troppi caffè), ma anche da stress, effetti collaterali di farmaci e fattori genetici. Possono essere transitori e scomparire da sé, ma anche indicare la presenza di malattie acute o croniche.

Elenchiamo le più diffuse patologie del sistema digerente.
  • Reflusso gastroesofageo: risalita anomala di acido gastrico, spesso misto a cibo semidigerito, che si verifica nelle due ore successive al pasto.
    Colpisce circa il 15% della popolazione ed è dovuta a ridotta motilità del tratto digestivo (gastroparesi) o della forza del cardias, il muscolo che chiude il tubo digerente fra esofago e stomaco. A lungo andare può provocare l’esofago di Barrett, un disturbo in cui l’esofago produce un tessuto simile a quello del duodeno (primo tratto dell’intestino) anziché quello esofageo. Il reflusso gastroesofageo è trattabile con piccoli cambiamenti dello stile di vita e farmaci;
  • Diverticoli (malattia diverticolare): piccole estroflessioni che si aprono nella mucosa interna dell’esofago o nell’intestino. Solitamente non sono necessarie terapie specifiche ma possono infiammarsi (diverticolite), soprattutto nel colon (intestino crasso), provocando dolori, febbre e vomito. Può essere trattata con farmaci o con la chirurgia, a seconda della gravità della patologia;
  • La gastrite è l'infiammazione (cioè la reazione di difesa del sistema immunitario a stimoli nocivi) dello stomaco. Può essere acuta o cronica. Quanto è acuta in genere è provocata da un'indigestione, da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) oppure da una dieta eccessivamente ricca di grassi o alimenti speziati. La gastrite cronica, invece, in genere è dovuta a un infezione provocata dal batterio Helicobacter pylori. Non si tratta di una patologia grave ma se non trattata può comportare ferite, sanguinamenti e, alla lunga, tumori: è quindi importante diagnosticarla e trattarla.
  • Ernia iatale: malformazione che consiste nello scivolamento di una piccola porzione di stomaco verso l’alto, quindi verso l’esofago. In genere è asintomatica, ma se di grandi dimensioni dà sintomi fastidiosi (dolore, reflusso) e può portare anche ad emorragie, per cui può divenire necessario un trattamento (farmacologico o chirurgico);
  • Gastroenterite virale (impropriamente detta influenza intestinale). È un’infiammazione dello stomaco e/o dell’intestino provocata da un virus molto contagioso. La trasmissione di questa infezione avviene tramite contatto con la saliva del soggetto infetto, sia diretto sia indiretto attraverso bevande, alimenti e oggetti da lui toccati. In genere dura qualche giorno e il trattamento si limita ad alleviarne i sintomi, che sono sensazione di malessere, nausea e/o vomito, diarrea, dolori addominali e qualche volta febbre;
  • Ulcere (dovute a infezione da Helicobacter pylori, farmaci o stress). Lo stomaco, normalmente, produce sia delle sostanze acide, che servono alla digestione, sia del muco, che protegge le cellule dello stomaco stesso dall'erosione che l'acidità provoca.
    L'alterazione nella produzione di questi elementi può comportare un'eccessiva acidificazione, che, alla lunga, corrode le pareti del tratto gastrointestinale. Questa erosione prende il nome di ulcera duodenale, gastrica o marginale a seconda della zona che colpisce (rispettivamente duodeno, il primo tratto dell’intestino, stomaco e della “cucitura” chirurgica, in seguito a operazione, fra i due organi). L’ulcera provoca dolore dopo i pasti, perdita di peso, nausea, vomito e inappetenza. Può essere più o meno profonda: generalmente guarisce da sola o con l’aiuto di trattamenti, ma nei casi più gravi può perforarsi. L’ulcera perforata è potenzialmente letale e quindi va trattata con urgenza. Si riconosce da un dolore improvviso, intenso e continuo che si diffonde rapidamente in tutto l'addome e peggiora muovendosi e toccando la pancia. 
  • Sindrome dell’intestino irritabile: è il disturbo più diagnosticato dai gastroenterologi, diffuso nel 10-15% della popolazione. Comporta sintomi variabili tra cui, in genere, meteorismo, stitichezza o diarrea, dolori e spasmi addominali. È dovuto a un’aumentata sensibilità dell’intestino, scatenata probabilmente da alcune sostanze presenti negli alimenti o da fattori emotivi. Può essere trattata con diete specifiche e, qualche volta, farmaci;
  • Appendicite (infiammazione dell’appendice). L'appendice (o appendice vermiforme) è una struttura lunga 5-10 centrimetri collegata all'intestino, situata nel basso ventre a destra. Se ostruita, i batteri che vi vivono normalmente (che hanno una funzione benefica per il nostro organismo) si moltiplicano, richiamando i globuli bianchi. In questo modo si scatena una risposta infiammatoria, l'appendicite, in cui l'appendice si gonfia fino a scoppiare.
    Questa piccola esplosione, molto dolorosa, comporta il rilascio del contenuto batterico all'interno dell'addome, normalmente sterile, con conseguenze pericolose. Per questo motivo l'appendicite va trattata con urgenza. Statisticamente, infatti, è una delle maggiori urgenze chirurgiche;
  • Polipi adenomatosi. Sono delle protuberanze sviluppatesi nell’intestino che causano sanguinamento dal retto. In circa 7 anni possono trasformarsi in tumori maligni, motivo per cui è importante una diagnosi precoce;
  • Malattie infiammatorie croniche come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, di probabile origine autoimmune (cioè il sistema immunitario percepisce le cellule dell’intestino come dannose e le attacca). Fattori di rischio sono un eccessivo utilizzo di antibiotici e da uno stile di vita non corretto (con dieta non equilibrata, molti alcolici e sedentarietà). In genere si manifestano con sintomi come sangue nelle feci, diarrea, malassorbimento, perdita di peso, dolori articolari e malessere generale. Diagnosticare precocemente queste malattie è importante per poter migliorare la qualità di vita dei pazienti e prevenire le eventuali complicanze, fra cui compaiono infezioni e il tumore del colon-retto;
  • Intolleranze e allergie alimentari croniche. La più diffusa fra queste è la celiachia, che colpisce circa l’1% della popolazione italiana e può comparire a qualsiasi età. In questa condizione l’organismo attacca le cellule dell’intestino perché riconosce il glutine, una proteina contenuta in molti cereali e derivati (frumento, farro, orzo, segale, avena, spelta, kamut) come sostanza pericolosa (nonostante sia del tutto innocua).
    In questo modo l’intestino non riesce più a svolgere la sua funzione di assorbimento delle sostanze nutritive finché le sue cellule non si rinnovano (in circa 2 settimane). Oltre al malassorbimento può comportare anche altri sintomi. In particolare nelle donne, se non trattata, la celiachia aumenta il rischio di alcune malattie, in particolare anemia sideropenica (cioè da carenza di ferro), osteoporosi e alcune sindromi ginecologiche.
  • Stitichezza (o stipsi) cronica. È la difficoltà ad evacuare accompagnata dalla sensazione di non aver evacuato completamente. Attenzione: è tanto normale evacuare da 1 a 3 volte al giorno quanto lo è farlo 2 o 3 volte a settimana. La diagnosi di stitichezza, quindi, prevede che l’evacuazione sia più rara. La stipsi cronica può insorgere gradualmente e persistere per mesi o anni. Oltre al disagio derivante dai sintomi si possono avere conseguenze dolorose e pericolose, fra cui lesioni, malattia diverticolare ed emorroidi. Non bisogna autoprescriversi farmaci bensì rivolgersi a uno specialista;
  • Emorroidi. Si tratta di noduli interni o esterni all'ano, che provocano dolore e/o sanguinamento. Sono possibili diversi trattamenti più o meno invasivi;
  • Infiammazione del retto (proctite), in genere conseguenza di infezioni a trasmissione sessuale o gastrointestinali;
  • Epatiti (A, B, C, D ed E). Si tratta di infezioni del fegato provocate da virus differenti. I sintomi e i decorsi delle malattie sono molto diversi. In genere non sono mortali, ma in alcuni casi possono cronicizzare o portare a patologie molto gravi come la cirrosi epatica e, raramente, al tumore del fegato;
  • Fegato grasso (steatosi epatica). È un accumulo anomalo di trigliceridi (un tipo di grassi) nelle cellule del fegato. In genere è causata da consumo di alcolici e grassi, anomalie metaboliche come l'insulino-resistenza, tossine, alcuni farmaci e disturbi metabolici ereditari. Gli unici sintomi sono affaticamento e malessere nella zona addominale. In alcuni casi può comportare danni al fegato, per esempio causando una cirrosi epatica;
  • Cirrosi epatica. Quando il fegato viene danneggiato si crea del tessuto cicatriziale, che non svolge le funzionalità epatiche. Quanto più l’organo viene danneggiato, tanto meno funziona. Se il danno è molto esteso si parla di cirrosi epatica, da cui derivano sintomi come senso di malessere, inappetenza, perdita di peso e affaticamento. Fra le possibili complicanze vi sono accumulo di liquido nell'addome (ascite), emorragie e deterioramento delle funzioni cerebrali. Il medico può trattare queste ultime, ma il danno al fegato è permanente: per questo è importante una diagnosi tempestiva.
  • Colelitiasi, la presenza di calcoli biliari, depositi di materiale solido che si formano nella cistifellea o colecisti (piccolo organo adiacente al fegato). Essi causano la maggior parte dei disturbi a cistifellea e dotti biliari (che collegano cistifellea e fegato) e sono molto diffusi negli anziani, soprattutto nelle donne. Oltre all’età e al genere, fattori di rischio sono obesità, diete ricche di grassi e carboidrati, rapido calo di peso e familiarità. In genere non provocano sintomi, ma se causano dolori od ostruzione dei dotti biliari è necessario rimuoverli chirurgicamente;
  • Colecistite: infiammazione della cistifellea. Si verifica, in genere, a causa dell’ostruzione dei dotti biliari provocata dai calcoli biliari. Dà dolore e talvolta anche febbre, brividi, nausea e vomito;
  • Pancreatite: infiammazione del pancreas. In genere è provocata dalla coletiliasi o dall’abuso di alcolici e comporta dolore all’addome. Può essere lieve, moderata o forte, ma in ogni caso richiede ricovero ospedaliero. È importante che non si trasformi in una pancreatite cronica poiché in questo caso si danneggerebbe il pancreas, fondamentale in quanto produce liquidi digestivi e ormoni fondamentali per l’organismo, tra cui l’insulina;
  • Tumori. Sono molteplici i cancri che possono colpire il tratto enterico. Alcuni sono piuttosto rari, come il cancro all’esofago; altri, invece, sono molto frequenti, come il tumore del colon-retto, che è il terzo tumore più diffuso al mondo. Fra i fattori di rischio vi sono alcune abitudini alimentari, ad esempio il consumo di insaccati e alcolici; predisposizioni genetiche; e alcune patologie, come la cirrosi epatica per il cancro del fegato e l’ulcera gastrica per il cancro dello stomaco. 

Sintomi: quando consultare un medico?

Quando è opportuno sottoporsi a una visita gastroenterologica? Ogni disfunzione si manifesta con sintomi peculiari, ma è comunque possibile elencare una lista di comuni malesseri che sono riconducibili a malattie o anomalie dell’apparato digerente nella sua interezza o in qualche sua parte.
Sono segnali d’allarme che devono farci preoccupare soprattutto quando si verificano in modo ricorrente o si intensificano nel tempo. 
  • Sapore acido o amaro in bocca frequente o persistente (alitosi). Talvolta è dovuta ad alcuni alimenti ingeriti, ma in circa l'85% dei casi l'alitosi deriva da disturbi orali quali patologie gengivali, malattie che influiscono sulla composizione della saliva ed effetti del fumo. L'alito non rispecchia, invece, lo stato della digestione e della funzionalità dell'intestino. In generale, quindi, è appropriato rivolgersi a un medico (anche un dentista), in particolare quando sono presenti anche febbre, pus, perdite dal naso o macchie anomale visibili o palpabili nella bocca;
  • Sensazioni dolorose di varia natura (pressione, strappi, gonfiore che spinge a eruttazione, senso di indigestione, bruciore) in tutta la zona superiore del corpo. Data la disposizione di alcune strutture nervose nell’organismo, il dolore toracico non viene avvertito solo nel petto: talvolta è percepito nelle orecchie, nelle braccia, nella regione ombelicale. I dolori al torace non devono essere sottovalutati perché possono indicare la presenza di condizioni gravi, come disturbi che affliggono il cuore o i polmoni, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di patologie a muscoli, costole o cartilagine del torace e disturbi del sistema gastrointestinale. Il gastroenterologo valuterà la situazione sulla base di vari parametri;
  • Forti dolori nell’addome. I dolori addominali sono diffusi e frequenti e spesso innocui, ma a seconda della zona in cui si presentano e dell’intensità del dolore (dolore addominale acuto) possono indicare infiammazioni, infezioni o condizioni gravi come la perforazione dell’intestino, per cui è importante rivolgersi subito a un medico. Il dolore addominale viene definito cronico quando continua per oltre 3 mesi. È presente in circa il 2% degli adulti, soprattutto tra le donne, e può avere molteplici cause, fra cui: disturbi ginecologici, calcoli renali, infiammazioni croniche al tratto gastrointestinale, allergie alimentari, intolleranza al lattosio e celiachia. Insieme al dolore addominale ricorrente può essere indagato da un medico che valuterà la situazione in base alla concomitanza di altri sintomi;
  • Sensazione di indigestione, gonfiore o sazietà precoce. Queste sensazioni, che prendono il nome di dispepsia, spesso sono ricorrenti. Possono indicare diverse condizioni, fra cui l'acalasia (una disfunzione dei muscoli esofagei), la malattia da reflusso esofageo, un'ulcera o, talvolta, tumori. La diagnosi spetterà al gastroenterologo che effettuerà gli opportuni controlli;
  • Sensazione di avere un corpo estraneo nella gola (detto sensazione di bolo) e difficoltà a deglutire (disfagia). Il nodo alla gola si per sé può derivare semplicemente da alcuni stati emotivi, quindi non occorre farsi visitare subito. È invece necessario consultare un medico se il sintomo si associa a perdita di peso, dolore alla gola, difficoltà nella deglutizione, rigurgiti, debolezza muscolare e presenza di una massa nel collo, in particolare quando i sintomi compaiono improvvisamente dopo i 50 anni d’età;
  • Singhiozzo molto ricorrente. Se i singulti non s’interrompono dopo 2 giorni potrà intervenire un medico. Il singhiozzo, dovuto alla chiusura ripetuta della glottide causata da spasmi del diaframma, può avere molteplici cause ed essere transitorio o persistente. Quando è transitorio può scomparire da solo e, altrimenti, è trattabile; in genere è dovuto a distensione gastrica, consumo di alcolici o ingestione di sostanze calde o irritanti. Il singhiozzo cronico, invece, può essere intrattabile perché associato ad altre condizioni, come reflusso esofageo, gravidanze, infiammazioni al tratto respiratorio, al fegato o al pancreas e alcolismo;
  • Perdita di peso ingiustificata o drastica. Se non si è alterato il proprio stile di vita in modo significativo, la perdita di peso, soprattutto se molto significativa, può indicare la presenza di una patologia. Celiachia, infiammazioni gastrointestinali, depressione, diabete, AIDS, malattie della tiroide e ulcere sono alcune delle possibili cause di questa condizione, come il medico potrà riscontrare valutando la presenza di altri sintomi ed effettuando eventuali esami;
  • Nausea e/o vomito. Con nausea s'intende la sensazione di urgenza al vomito, a cui possono associarsi capogiri, inappetenza e fastidio all'addome. Il vomito è la contrazione forzata dello stomaco che ne porta il contenuto fuori dalla bocca. Le cause più frequenti di nausea e vomito sono gastroenterite (infezione del tratto digerente), effetti collaterali di farmaci e ingestione di tossine. Fra le altre cause, in genere in concomitanza con altri sintomi, si possono trovare il reflusso gastroesofageo, infezioni, infiammazioni (come la labirintite), gravidanze, abuso di alcolici, stress, ansia e depressione, ulcere, allergie, ostruzioni intestinali e patologie a carico del cuore. Non sempre è necessario consultare un medico: è consigliato farlo quando nausea e vomito si manifestano unitamente a segni di disidratazione (poca urinazione, stanchezza), mal di testa, riduzione dell'attenzione, dolore o gonfiore addominale. Episodi di vomito molto violenti, inoltre, possono comportare lesioni importanti dell'esofago e del tratto respiratorio;
  • Eccessiva eruttazione, distensione (gonfiore) addominale ed eccessiva flatulenza (meteorismo) sono legati alla presenza di gas nel tratto gastrointestinale. L'eruttazione e il gonfiore spesso derivano dai gas presenti nelle bevande gassate o dall'aerofagia (ingestione di aria in genere dovuta a stress). Se non continui o ricorrenti, questi sintomi non sono degni di nota, ma se continuati e/o accompagnati da altri sintomi (come perdita di peso e sangue nelle feci) è consigliabile rivolgersi a un medico. Una sensazione di gonfiore nel petto può anche indicare disturbi cardiologici. I gas della flatulenza derivano dai gas normalmente presenti nel nostro intestino. Questo contiene circa 200 millilitri di gas, prodotti dalla fermentazione batterica ("digestione" del microbioma, microrganismi che vivono in simbiosi con il nostro organismo, aiutandoci a digerire, produrre vitamine e rinforzare le difese immunitarie). Una maggiore produzione di questi gas deriva, nella maggior parte dei casi, dalla semplice ingestione di certi tipi di alimenti (come i fagioli), e quindi è generalmente transitoria; ma può anche indicare sindromi più gravi, come il malassorbimento. In quest'ultimo caso il sintomo della flatulenza è continuo nel tempo e si associa ad altri sintomi, come la perdita di peso e la diarrea;
  • Diarrea. Diversamente da come si pensa normalmente, la diarrea non consiste nell’emissione di feci eccessivamente liquide, ma nella quantità eccessiva di deiezioni. Occorre chiamare un medico entro tre giorni se questo disturbo è molto frequente o molto intenso, soprattutto in bambini, anziani o persone debilitate, in quanto queste diarree possono indicare la presenza di infezioni, infiammazioni e altre patologie. Se oltre ala diarrea sono presenti anche sangue o pus nelle feci, febbre, segni di disidratazione o forti dolori addominali bisogna farsi visitare subito;
  • Stitichezza. Detta anche stipsi, è la difficoltà a evacuare o un’evacuazione poco frequente accompagnata alla sensazione di non aver evacuato completamente. Attenzione: non è sufficiente evacuare più raramente di una volta al giorno per essere definiti stitici. È normale evacuare da 1 a 3 volte al giorno come 2 o 3 evacuazioni a settimana: l’importante è che la frequenza non cambi all’improvviso e che non perduri nel tempo, casi in cui occorre rivolgersi a un medico. Non bisogna abusare di lassativi e clisteri per rimediare, in quanto potrebbero esservi degli effetti collaterali importanti;
  • Feci strane: cambiamenti di frequenza, consistenza, volume o composizione delle feci (ossia, la presenza di sangue, muco, pus o di eccessivo materiale grasso) possono indicare la presenza di una malattia. Se si presentano raramente e non in modo continuato o cronico non occorre consultare un medico;
  • Anemia, una carenza di globuli rossi che rende le persone stanche e deboli. Talvolta è dovuta alla carenza di ferro o di vitamine, motivo per cui può essere correlata a disturbi gastrointestinali;
  • Colorazione giallastra della pelle e delle sclere oculari (ittero). Si presenta quando la bilirubina, una componente della bile di colore giallo, non viene eliminata correttamente, accumulandosi nel sangue e finendo nella pelle. L’ittero è dovuto a disturbi o sostanze che danneggiano il fegato (come l'epatite e l'epatopatia alcolica), interferiscono con il normale flusso della bile (come i calcoli biliari) o comportano un'eccessiva produzione di bilirubina. Anche in questo caso per scoprire la causa occorre rivolgersi a un medico, che effettuerà gli opportuni esami per raggiungere una diagnosi. 
immagine che mostra la struttura del fegato

Come si svolge la visita: cosa aspettarsi

Una volta stabilito che i disturbi all’apparato digerente che abbiamo elencato non sono occasionali, è necessario indagarne la causa attraverso una visita di controllo dal medico di base o dal gastroenterologo ed eventualmente opportuni esami diagnostici.
Ma cosa succede durante la visita? La prima parte è totalmente dedicata all’anamnesi, un colloquio che servirà allo specialista per ottenere informazioni importanti per poter identificare il problema: queste domande talvolta possono condurre a una diagnosi senza che siano necessari ulteriori accertamenti.
Il medico si informerà su durata e fattori correlati all'insorgenza del sintomo, abitudini alimentari, stato di salute generale (quadro clinico), malattie presenti in famiglia e indagherà anche la presenza di altri possibili sintomi, attraverso la valutazione della variazione del peso, della presenza di dolori, degli eventuali cambiamenti nelle feci eccetera. Queste informazioni sono soggette a segreto professionale e fondamentali ai fini della diagnosi, per cui si raccomanda di essere sinceri. 

Alla prima fase solo dialogata segue la visita obiettiva, che prevede un’accurata palpazione dell’addome superiore e inferiore per valutarne la dolorabilità e rilevare eventuali anomalie (come la presenza di cavità, rigonfiamenti, tensione muscolare). In base ai sintomi il medico potrebbe ritenere necessarie anche ispezioni rettali e pelviche. L’ispezione rettale prevede che lo specialista inserisca un dito, dopo aver indossato un guanto, all’interno dell’ano del paziente, per indagare la presenza di anomalie nel retto. Non vi sono controindicazioni e non occorrono preparazioni particolari. A questo punto il gastroenterologo avrà informazioni sufficienti per poter prescrivere al paziente una terapia (cure farmacologiche, comportamentali e/o dietetiche) oppure ulteriori test ed esami diagnostici

La visita gastroenterologica pediatrica si svolge allo stesso modo: il genitore risponderà alle domande conoscitive e il bambino potrà essere pesato e ricevere palpazioni che servono a scoprire gonfiori o dolori. Il gastroenterologo pediatrico è specializzato nei disturbi del tratto digestivo dei bambini, che talvolta si possono configurare in modo diverso rispetto a quelli degli adulti.
Alla fine della visita obiettiva potrà prescrivere cambiamenti nella dieta, se riscontra possibili intolleranze, oppure ulteriori esami. I test per i bambini sono simili a quelli degli adulti, anche se esistono delle accortezze e degli strumenti speciali.

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Esami prescritti dal gastroenterologo: come funzionano e come prepararsi

Sono molti gli esami che possono aiutare nella diagnosi di un disturbo gastrointestinale. È sempre importante portare con sé le precedenti cartelle cliniche con i risultati degli esami a cui ci si è sottoposti, perché il medico valuti eventuali accortezze da prendere. 
  • Analisi del sangue per parametri utili alla valutazione di patologie enteriche: emocromo, glicemia, funzionalità epatica, ferro, vitamine, profilo lipidico, anticorpi IgE per le allergie alimentari. Per gli esami del sangue è preferibile, se possibile, digiunare nelle 10 ore precedenti al prelievo. Occorre prendere questa precauzione in particolare per gli esami glicemia, colesterolo, trigliceridi, sideremia (ferro), insulinemia, vitamina B12 e anticorpi;
  • Prick test: esame in cui si verifica la presenza di un'allergia respiratoria o alimentare nel paziente. Si applica una goccia della sostanza potenzialmente allergenica sulla pelle della persona e se ne osserva l'effetto: se compare un ponfo la persona è allergica. Questo test è innocuo e per effettuarlo è richiesto soltanto che il paziente sospenda eventuali terapie antistaminiche 6 giorni prima di eseguire l'esame;
  • Breath test: test del respiro per individuare eventuali intolleranze a lattosio o patogeni intestinali e/o a verificare la velocità di digestione. Durante questo esame al paziente viene richiesto di soffiare in un tubo. La preparazione prevede che il paziente digiuni e si astenga dal fumare nelle 8 ore precedenti l’esame; nel pasto precedente non deve consumare insaccati, latticini o margarina. Perché il test sia efficace occorre inoltre che non si sia sotto terapia antibiotica da almeno 15 giorni;
  • Sniff test: il dottore valuterà l'odore dell’aria espirata dal paziente. In questo modo potrà identificare l’origine dell’alitosi o individuare alcune patologie sistemiche che si manifestano con particolari odori dell’alito. Prima di questo test il paziente deve prendere alcuni accorgimenti: nei due giorni precedenti non deve mangiare aglio o cipolle e nelle due ore prima dell’esame non deve mangiare o masticare altre sostanze, bere, fumare, fare gargarismi o sciacqui. Durante l'esame il paziente espira a 10 centimetri dal naso dell'esaminatore;
  • Analisi delle feci. Questi esami non richiedono preparazione o restrizioni: occorre solo che il paziente raccolga un campione di feci, non contaminate da urina o acqua, lo riponga in un apposito contenitore (sterile e dotato di paletta) e lo porti in laboratorio entro 2 ore. I tecnici di laboratorio potranno così effettuare una coltura batterica (per valutare la presenza di infezioni nel tratto enterico), cercare sangue occulto o degli enzimi alimentari;
  • Ecografia addominale. L’ecografia è una tecnica grazie alla quale gli specialisti ricavano informazioni sulle strutture interne del corpo attraverso l’utilizzo di sonde (chiamati ecografi) che emettono ultrasuoni (particolari onde sonore). È un esame non doloroso e del tutto innocuo per chi vi si sottopone, persino per i feti. Se effettuato all’addome superiore consente di esaminare gran parte del tratto digerente nonché grossi vasi sanguigni e alcuni linfonodi. Per sottoporvisi occorre eliminare l’aria contenuta nell’intestino (grazie all’uso di appositi medicinali o tisane da assumere nei 3 giorni precedenti l’esame). Il giorno prima del test non bisogna mangiare vegetali, latte, bevande gassate, cereali e pasta;
  • Raggi X a torace o addome. I raggi X sono delle radiazioni elettromagnetiche (come la luce, ma non sono visibili), che, attraversando alcuni tessuti, consentono ai medici di “fotografare” gli organi interni del paziente. I raggi X vengono impiegati in minima quantità e non costituiscono rischi nelle singole esposizioni degli esami. La persona che vi si sottopone dovrà restare immobile mentre l’esaminatore o esaminatrice attiverà la macchina radiografica per una frazione di secondo, catturando l’immagine del corpo del paziente. Per zone particolarmente sensibili alle radiazioni e per le donne in gravidanza possono essere prese speciali precauzioni dal medico, come coperture al piombo (materiale che scherma i raggi X). Per sottoporsi all’esame non occorre alcuna preparazione. Questo esame è utile per esempio per trovare ostruzioni intestinali. In genere non viene utilizzato nei bambini;
  • La TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) sfrutta l'uso di raggi X in modo diverso dalla macchina radiografica: il macchinario della TAC "fotografa" sezioni trasversali del corpo consentendo di farne una ricostruzione tridimensionale. Ne esistono diversi tipi; in ogni caso, l'emissione di raggi X è bassa perché richiede pochi minuti. È molto efficace per individuare tumori anche molto piccoli, traumi, lesioni, emorragie e ischemie. Spesso è necessario un mezzo di contrasto, cioè un liquido che aiuta nella visualizzazione degli organi da analizzare; può essere iniettato o bevuto. Talvolta si manifestano allergie nei confronti di questi liquidi, per cui è importante far presente eventuali disagi e i medici, se necessario, interverranno tempestivamente. Se occorre il mezzo di contrasto il paziente si deve preparare all'esame digiunando nelle 6 ore precedenti, altrimenti può mangiare normalmente. Prima di entrare deve togliere tutti gli oggetti di metallo. Poi si stende su un lettino che scorrerà all'interno del tubo per la TAC. Non possono essere sottoposte a questo test le donne incinte, per cui s'impiegherà l'ecografia o la risonanza magnetica;
  • Risonanza magnetica (RM) o Imaging a Risonanza Magnetica (IRM). Consente di visualizzare gli organi interni della persona grazie all'uso di campi magnetici. Non è richiesto alcun tipo di preparazione o precauzione, che venga usato un mezzo di contrasto o meno. Il paziente, durante l'esame, si deve stendere su un lettino che s'inserirà all'interno del tubo, chiuso o aperto, per la RM. Questo esame non è doloroso ed è sicuro, anche per le donne in gravidanza avanzata, ma non possono sottoporvisi coloro che hanno protesi metalliche, pacemaker cardiaci, neurostimolatori o qualsiasi altro frammento metallico (viti, chiodi, schegge di metallo) all’interno del proprio corpo. Il macchinario, infatti, può provocarne il surriscaldamento e lo spostamento. Per questi motivi bisogna far presente all'operatore gli interventi o incidenti subiti nonché un eventuale passato da saldatore, carrozziere o verniciatore;
  • Gastroscopia (o EGDS, da esofagogastroduodenoscopia). Attraverso la bocca o il naso del paziente il dottore inserisce l’endoscopio, un sondino con una telecamera e una luce. Questo consente allo specialista di osservare le superfici interne di esofago, stomaco e duodeno (il primo tratto intestinale) per trovare infiammazioni, ulcere, tumori e altre anomalie. Attraverso questo strumento è possibile anche inserire delle pinze con cui si può effettuare una biopsia, l’estrazione di un pezzetto di tessuto per analizzarlo. Per sottoporsi a questo esame è necessario il digiuno assoluto da almeno 8 ore. È consigliato farsi accompagnare per poter essere anestetizzati localmente ed eventualmente sedati, così da non sentire fastidi o dolori durante il test. Prima di effettuare questo esame bisogna consultarsi con un medico in quanto esiste incompatibilità con alcuni farmaci, la cui assunzione dovrà essere interrotta, e con alcune patologie. Per i bambini, laddove necessario effettuare gastroscopie, esistono degli endoscopi speciali;
  • Colonscopia (o pancolonscopia). Nell’intestino viene inserito un sottile tubo dotato di telecamera, grazie alla quale il dottore può verificare la presenza di lesioni e polipi intestinali. Anche in questo caso è possibile effettuare una biopsia; inoltre oggi è possibile rimuovere i polipi intestinali durante la colonscopia, mentre in passato era necessario intervenire chirurgicamente. Purtroppo la procedura è fastidiosa e talvolta dolorosa; a chi vi si sottopone è consigliato di far presente i propri disagi al dottore, che farà il possibile per ridurre il dolore. La preparazione del paziente è fondamentale per la buona riuscita dell’esame: è quindi essenziale seguire le indicazioni fornite. Esse variano leggermente da centro a centro, ma in genere richiedono che nei tre giorni prima dell’esame si evitino vegetali, pasta e cereali integrali per poi passare, nel giorno precedente al test, a una dieta totalmente liquida (omogeneizzati, tisane, bevande).
    Nelle ore precedenti l’esame sarà inoltre richiesto di assumere purganti ed effettuare eteroclismi per liberare completamente la parete intestinale, così che la sonda possa svolgere la sua funzione. Dopo essersi sottoposti a colonscopia è bene riposarsi per 24 ore. Alcuni interventi recenti, terapie (fra cui l'assunzione di ferro e carbone vegetale) e patologie del paziente sono incompatibili con questo esame, per cui occorre discuterne con il medico;
  • Rettosigmoidoscopia. Simile alla colonscopia, esamina un tratto più breve di intestino. Risulta quindi più corto l’esame (5-15 minuti contro i 45 della colonscopia) e richiede una preparazione più semplice: una dieta liquida la sera prima e al mattino dell'esame, digiuno nel pasto precedente l’esame e due clisteri. 

Visita gastroenterologica per celiachia: come funziona

Nella celiachia, detta anche morbo celiaco, l'organismo della persona riconosce il glutine, una proteina del tutto innocua, come dannosa. Il sistema immunitario, in conseguenza di ciò, si scatena contro l'intestino, causando dei danni alla sua mucosa e quindi alla sua funzionalità. Per individuare la malattia il gastroenterologo deve indagare sui sintomi da essa provocati. Innanzitutto, come in una classica visita gastroenterologica, inizia da un'indagine conoscitiva, l'anamnesi (serie di domande con cui lo specialista s'informa su familiarità con malattie gastroenterologiche, abitudini e sintomi del paziente tramite domande al diretto interessato). Il medico effettua poi delle palpazioni sul torace, l'addome, il collo e la schiena del paziente per individuare eventuali gonfiori (uno dei sintomi della celiachia).

Se riscontra la possibilità di celiachia il o la specialista prescrive poi degli esami specifici per individuare la malattia, ovvero analisi del sangue e gastroscopia. Nell'analisi del sangue si cercano gli anticorpi tipici del morbo celiaco, chiamati anti transglutaminasi.

La gastroscopia, invece, consente al medico di osservare il primo tratto intestinale e, se necessario, prelevarne una parte per analizzarlo (biopsia). La gastroscopia prevede l'inserimento di un sondino flessibile attraverso la bocca (EGDS) o il naso (gastroscopia transnasale, EGDS-T). La procedura può essere fastidiosa, ma è possibile essere anestetizzati localmente ed eventualmente sedati, per cui è consigliato farsi accompagnare alla visita da qualcuno. Per sottoporsi a questo esame è necessario il digiuno assoluto da almeno 8 ore, in quanto la presenza di alimenti nel tratto gastrointestinale compromette la visibilità e quindi la riuscita del test.

La procedura è incompatibile con alcune patologie e alcuni medicinali, per cui occorre consultarsi con un medico prima di effettuarla; non comporta rischi e consente di riprendere a bere e mangiare non appena viene smaltito l'effetto dell'anestesia.

Visita gastroenterologica epatologica: come viene eseguita e cosa aspettarsi

La visita epatologica si occupa in particolare di verificare la condizione di fegato, cistifellea e vie biliari, individuandone patologie e controllando come procedono eventuali trattamenti. È consigliabile sottoporvisi se dagli esami del sangue risultano transaminasi elevate. Per la prima visita occorrerà soltanto portare con sé i referti di esami precedenti.
Nella visita epatologica innanzitutto il medico si informerà sui fattori utili alla diagnosi (sintomi, familiarità con malattie epatiche, abitudini), poi passerà all'esame obiettivo, con una palpazione della zona addominale per individuare eventuali anomalie.
L'esame, complessivamente, dura circa mezz'ora. Se il medico lo riterrà opportuno alla fine della visita prescriverà esami di accertamento, quali ecografie ed esami del sangue per il fegato (chiamati in genere test di funzionalità epatica, in cui si ricercano proteine e particolari enzimi epatici).
 
Il medico può ritenere necessaria una biopsia del fegato, ovvero il prelievo di una parte di tessuto epatico per l'analisi in laboratorio. Questo consente di riscontrare eventuali anomalie. Non è necessaria una particolare preparazione per la biopsia del fegato; bisogna soltanto portare con sé i precedenti referti (soprattutto quelli riguardanti gli esami del sangue) e far presente allo specialista le medicine che si stanno prendendo ed eventuali problemi di coagulazione sanguigna, allergie e gravidanze in corso. L'esame si può svolgere in diversi modi:
  • Nella biopsia epatica tradizionale il paziente si stende sul lettino e viene iniettato un anestetico locale sulla zona del fianco destro, in cui il medico inserirà un ago per biopsia. La persona deve tenere il fiato durante l'inserimento e stare immobile mentre viene effettuato l'esame. Può essere un po' doloroso. Dura circa 20 minuti;
  • In laparoscopia, ovvero tramite uno strumento, il laparoscopio, dotato di videocamera e di una piccola pinzetta. Questo consente allo specialista di estrarre un frammento di una specifica zona del fegato;
  • Biopsia epatica transvenosa. Il medico inserisce un tubo, chiamato catetere, in una vena del collo. All'interno del catetere fa scorrere un ago da biopsia fino a raggiungere il fegato da cui ricava piccole parti di tessuto. Questo metodo viene utilizzato nel caso in cui si abbiano problemi di coagulazione o si abbia del liquido nell'addome.
Dopo la biopsia del fegato, la ferita verrà fasciata e il paziente dovrà stare steso sul fianco destro per qualche ora. Nei giorni successivi dovrà limitare l'attività fisica. L'eventuale dolore derivante dall'operazione in genere sparisce nell'arco di qualche ora.
 
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Dove effettuare una Visita epatologica?


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Di cosa si occupa un gastroenterologo?

Il gastroenterologo è un medico specializzato nelle patologie che riguardano gli organi deputati alla digestione: esofago, stomaco, intestino, fegato, cistifellea e pancreas.

Quando è necessario rivolgersi a un gastroenterologo?

È consigliabile rivolgersi a questo specialista in caso di alito dall'odore sgradevole e insolito, singhiozzo che continua da più di un giorno, stitichezza da più di 3 giorni e presenza di sangue, muco, pus o di eccessivo materiale grasso nelle feci. È caldamente raccomandato rivolgersi a un gastroenterologo in presenza di almeno uno di questi sintomi:  
Difficoltà di deglutizione;
Sensazione di indigestione, gonfiore o sazietà precoce;
Sensazioni dolorose di varia natura (pressione, strappi, gonfiore che spinge a eruttazione, senso di indigestione, bruciore) in tutta la zona superiore del corpo;
Forti dolori all'addome e/o al basso ventre;
Ittero (colorazione giallastra della pelle);
Vomito violento;
Evacuazione molto cospicua continuata per almeno due giorni, soprattutto in presenza di sintomi di disidratazione (poca urinazione, mal di testa);
Stitichezza improvvisa;
Gonfiore alla pancia;
Drastica perdita di peso o improvviso aumento di peso. 

Come si svolge una visita gastroenterologica e come ci si deve preparare? Esistono differenze con una visita gastroenterologica pediatrica?

Innanzitutto il medico porrà una serie di domande utili alla diagnosi: durata e fattori correlati all'insorgenza del sintomo, abitudini alimentari, stato di salute generale, malattie presenti in famiglia. Indagherà anche la presenza di altri possibili sintomi, attraverso la valutazione della variazione del peso, della presenza di dolori, degli eventuali cambiamenti nelle feci eccetera. Queste informazioni, soggette a segreto professionale, fondamentali ai fini della diagnosi, per cui si raccomanda di essere sinceri. Successivamente il o la specialista passerà alla visita obiettiva, se necessaria, in cui palperà l'addome per verificare la dolorabilità e la presenza di eventuali anomalie. Potrebbe anche dover effettuare ispezioni pelviche e/o rettali, in cui chiederà al paziente di scoprire la parte inferiore del tronco per indagare la presenza di anomalie nel tratto digerente. Non esistono controindicazioni e le ispezioni non sono dolorose; se si accusano dolori o disagio è importante farlo presente allo o alla specialista, in modo che possa rimediare. In seguito alla visita potrà prescrivere al paziente una terapia (cure farmacologiche, comportamentali e/o dietetiche) oppure ulteriori test ed esami diagnostici.
Una visita gastroenterologica pediatrica non differisce da una visita per adulti, se non perché effettuata da un gastroenterologo pediatrico e quindi specializzato nei disturbi dei bambini. Anche per quanto riguarda gli esami che possono essere prescritti non ci sono molte differenze, eccetto che per alcuni accorgimenti e particolari strumenti appositi per bambini.

Come viene effettuata una visita per sospetta celiachia?

Innanzitutto il medico pone delle domande per avere informazioni utili alla diagnosi. Durante l'esame obiettivo effettua delle palpazioni su torace, addome, collo e schiena del paziente per individuare eventuali gonfiori. Se riscontra la potenziale presenza del morbo celiaco prescrive esami di accertamento quali analisi del sangue per anti transglutaminasi e gastroscopia.

Come funziona una visita epatologica? Come ci si deve preparare per una biopsia al fegato?

Nella visita epatologica innanzitutto il medico si informa su fattori utili alla diagnosi, poi passa all'esame obiettivo, con una palpazione della zona addominale per individuare eventuali anomalie. Fra gli esami di accertamento che può prescrivere vi sono ecografie, esami del sangue ed eventualmente una biopsia del fegato.
Non è necessaria una particolare preparazione per la biopsia del fegato: bisogna solo portare con sé i precedenti referti e far presente allo specialista le medicine che si stanno prendendo ed eventuali problemi di coagulazione sanguigna, allergie e gravidanze in corso. 

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