Tutto quello che c’è da sapere sul parto: doglie, travaglio, quando fare l’induzione o il cesareo. Dove è meglio curarsi? Dati PNE

Tutto quello che c’è da sapere sul parto: doglie, travaglio, quando fare l’induzione o il cesareo. Dove è meglio curarsi? Dati PNE

Indice

Domande e risposte
 

Micuro ti aiuta a trovare le strutture migliori per il Parto

Di seguito i dati sulle migliori strutture ospedaliere dove partorire. La valutazione di queste strutture si basa sui dati del Programma Nazionale Esiti (dati del 2023, riferiti al 2022), resi pubblici per conto del Ministero della Salute. Micuro analizza e sintetizza questi dati per stilare classifiche che ti aiuteranno a individuare la struttura più adatta alle tue esigenze

Come ha spiegato la Prof.ssa Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e responsabile del Comitato Scientifico di Micuro: “È stato dimostrato in letteratura che all’aumentare del numero di ricoveri per parto eseguiti da una struttura sanitaria aumenta l’efficacia delle cure, ad esempio riducendo i rischi sia per la donna che per il bambino e le complicanze legate al parto. Perciò, è importante scegliere le strutture che raggiungono le soglie minime fissate dall’accordo Stato Regioni del 2010 di almeno 500 nascite/anno come requisito minimo per il mantenimento/attivazione dei punti nascita e di  1000 nascite/anno quale parametro standard a cui tendere - già nel triennio successivo all’accordo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sin dal 1985 inoltre afferma che i parti cesarei dovrebbero essere effettuati solo in presenza di indicazioni materne o fetali specifiche e una proporzione di cesarei superiore al 15% non è giustificata. Oltre al numero totale di ricoveri eseguiti in un anno è pertanto fondamentale considerare anche le soglie fissate dal Ministero della Salute (DM 70) rispetto alla percentuale di parti con taglio cesareo primario che per le strutture che effettuano almeno 1000 ricoveri all’anno dovrebbe essere inferiore al 25%, mentre per le strutture che effettuano meno di 1000 ricoveri all’anno dovrebbe essere inferiore al 15%. Inoltre, per valutare la qualità dell’assistenza fornita alle partorienti, è fondamentale considerare anche l’appropriatezza delle cure e, dunque, il rispetto delle soglie fissate dal Programma Nazionale Esiti per quanto riguarda la percentuale di parti vaginali con episiotomia che dovrebbe essere inferiore al 10% e la percentuale di parti vaginali in donne con un precedente parto cesareo che dovrebbe essere superiore al 25%.


Classifica nazionale: le 5 strutture che nel 2022 in Italia hanno effettuato un maggior numero di interventi chirurgici per parto

  1. Ospedale Sant'Anna di Torino - AOU Città della Salute e della Scienza (n° ricoveri: 6700, % parti cesarei 16,79%, % parti vaginali con episiotomia: 7,15%, % parti vaginali in donne con pregresso cesareo: 20,32%)
  2. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano (n° ricoveri: 5831, % parti cesarei 29,07%, % parti vaginali con episiotomia: 28,84%, % parti vaginali in donne con pregresso cesareo: 6,58%)
  3. Policlinico Casilino di Roma - Eurosanità  (n° ricoveri: 4648, % parti cesarei 29,88%, % parti vaginali con episiotomia: 15,41%, % parti vaginali in donne con pregresso cesareo: 9,17%)
  4. Policlinico Universitario A.Gemelli di Roma (n° ricoveri: 4277, % parti cesarei 20,05%, % parti vaginali con episiotomia: 13,27%, % parti vaginali in donne con pregresso cesareo: 12,28%)
  5. Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo - ASST Papa Giovanni XXIII (n° ricoveri: 3966, % parti cesarei 12,4%, % parti vaginali con episiotomia: 11,5%, % parti vaginali in donne con pregresso cesareo: 18,25%)


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Quando avviene il parto e le sue fasi

L’espressione “parto” si riferisce al passaggio del feto e della placenta dall’utero verso l’esterno, ossia al momento della nascita che fisiologicamente avviene fra la 38ma e la 42ma settimana di gravidanza per i parti vaginali, cioè senza bisogno di taglio cesareo.  In realtà nell’uso comune si parla di parto per indicare tutta la procedura, che dura solitamente delle ore, che dalle prime avvisaglie (le doglie) porta alla nascita.

Il parto inizia con la progressiva dilatazione del collo dell'utero che si prepara all’espulsione, e che è associata alle doglie, le contrazioni ritmiche dell'utero. Perché si inneschi il parto devono verificarsi entrambe le condizioni. La sola dilatazione in  assenza di contrazioni oppure le contrazioni senza la dilatazione non significano che la donna è pronta al parto.

Le fasi del parto sono:
  1. Una prima fase in cui la testa del feto si incanala nel bacino e il collo dell’utero si dilata. Medico e ostetrico esaminano la vagina per valutare quando la cervice risulta completamente dilatata cioè aperta ma anche assottigliata. Da quel momento si chiede alla donna di spingere verso il basso all’arrivo di ogni contrazione per aiutare il feto nella discesa attraverso il canale. In questa fase l’ostetrico può aiutare la donna in vario modo, per esempio massaggiando il perineo o applicando impacchi caldi di modo da agevolarne la distensione per evitare il più possibile lacerazioni;
  2. Seconda fase in cui inizia l'espulsione del feto attraverso la testa. Quando sono usciti circa 3-4 centimetri di questa, il medico o l’ostetrica prendono delicatamente il capo del bambino per controllare la progressione nel canale, e una volta che la parte più ampia del cranio è fuoriuscita completamente (è la parte più ampia del feto) allora si aiuta la fuoriuscita di testa e mento di modo che avvenga rapidamente per avitare il più possibile le lacerazioni. Il corpo del bambino viene inoltre girato di lato, in modo da far uscire le spalle una alla volta;
  3. Terza fase va in cui avviene l’espulsione completa del feto e della placenta. Quando il bambino è nato vengono aspirati liquido e muco dal naso e dalla bocca del bambino, il cordone ombelicale viene reciso (è una procedura completamente indolore!) e finalmente il bambino dopo essere stato avvolto in un panno può essere dato alla madre. La placenta viene espulsa in modo spontaneo dopo circa una mezz’ora dal parto rande come un piatto attaccato all’utero che fornisce ossigeno e sostanze nutritive al bambino. È collegata al feto tramite il cordone ombelicale.
Di solito la placenta fuoriesce spontaneamente entro 30 minuti dal parto. Se non dovesse essere così, si può somministrare un farmaco chiamato ossitocina per favorire l’espulsione tramite contrazione oppure il medico può rimuoverla manualmente
 

Il travaglio: che cos’è e quanto può durare

Il travaglio è il processo che porta al parto e vi si riconoscono quattro fasi:
  1. Il cosiddetto periodo prodromico. In questa fase il collo dell’utero si trasforma, diventando più molle, accorciandosi e inziando a dilatarsi. In questa prima fase la dilatazione raggiunge i 4 cm. In questa fase è normale avere delle contrazioni anche i giorni o le ultime settimane prima della gravidanza, in particolare la sera, specie nelle donne alla prima gravidanza. Si chiamano  contrazioni di Braxton Hicks e assomigliano come tipo di dolore ai crampi mestruali: a bassa intensità, senza ritmicità. Se le contrazioni passano dopo poco significa che non è ancora iniziato il travaglio vero e proprio. Quando invece con il passare delle ore diventano regolari, allora è il momento. Alcune donne – non tutte – sperimentano la fuoriuscita di muco o di qualche goccia di sangue in questa fase, dovuta alla rottura di capillari, oppure di una sostanza gelatinosa in abbondanza, di colore grigio-giallastro che viene definita tappo di muco. Non significa che è già arrivato il momento del parto e in alcune donne può fuoriuscire più tardi oppure non uscire mai. Altra cosa è la rottura delle acque, ossia la rottura delle membrane con conseguente fuoriuscita di liquido amniotico che circonda il feto. Il travaglio deve iniziare il prima possibile dopo la rottura delle acque e se non inizia dopo qualche ora si procede con l’induzione;
  2. Dopo i 4 centimetri di dilatazione fino ai 10 cm che è considerata dilatazione completa si entra nel vivo e ci si prepara all’espulsione. In questo momento si viene condotte dalla sala travaglio alla sala parto;
  3. La terza fase è quella espulsiva vera e propria e inizia con le prime spinte e dura fino all’epulsione completa del bambino. Normalmente il bambino viene espulso dopo tre-cinque spinte valide;
  4. L’ultima fase è quella dell’espulsione della placenta.

Le doglie: come capire quando è arrivato il momento

Come distinguere le doglie da parto dalle contrazioni di  Braxton Hicks?

Ecco alcuni sintomi che il parto è vicino:
  • la pancia si indurisce;
  • i dolori durante le contrazioni sono molto intensi e regolari, durano più di 30 secondi;
  • il dolore inizia dalla parte più bassa per poi irradiarsi verso l’addome;
  • il dolore inizia lentamente e cresce di intensità per poi diminuire e sparire. Questo per molte volte in maniera ritmica.
Non serve andare in ospedale alla prima doglia. Il consiglio degli esperti è cronometrarle. È il momento di andare in ospedale quando le doglie si susseguono a intervalli di 5 minuti per le donne alla prima gravidanza e di 8 minuti per chi ha già partorito. È il caso di andare in ospedale anche una volta che avviene la rottura delle acque oppure se si riscontrano muco e sangue negli slip.

Parto indotto: quando si propone e come funziona

Talvolta può essere necessario indurre il travaglio mediante metodi artificiale (farmaci) di modo che la donna che sta avendo difficoltà a iniziare il travaglio possa concludere il parto in modo vaginale senza ricorrere al travaglio. Nonostante questo in alcuni casi può essere comunque necessario il taglio cesareo.

Il parto può essere indotto in caso si:
  • Gravidanza che supera il termine previsto  di 41-42 settimane, per evitare che il feto cresca troppo e che la placenta invecchiando non sia più in grado di fornire i nutrienti necessari;
  • Rottura prematura delle membrane come il sacco amniotico;
  • In caso di forte riduzione del liquido amniotico;
  • Iposviluppo fetale;
  • Gestosi della donna cioè se la partoriente presenta ipertensione edema e proteinuria;
  • Presenza di diabete nella donna, di colestasi gravidica.

Il parto si può indurre con diverse tecniche:
  • Una serie di manovre delicate per attuare lo scollamento delle membrane per separare il sacco amniotico dalle pareti uterine.
  • Somministrazione di prostaglandine sintetiche, per favorire la maturazione cervicale per via oraleo per via intravaginale (in questo caso si introduce una fettuccia che rilascia il farmaco direttamente in vagina).
  • Dilatatore meccanico (un catetere) che agevola la produzione di prostaglandine da parte della donna. 
  • Amnioressi, ossia la rottura del sacco amniotico da parte del medico per indurre la produzione di prostaglandine da parte della donna. 
  • Somministrazione intravenosa di ossitocina per stimolare le contrazioni.
La durata varia da donna a donna, e può durare da poco tempo fino ad anche  24 – 48 ore, a partire dall’inizio dell’induzione.

Parto cesareo: quando si propone e come funziona

Ci sono due tipi di parto cesareo: programmato e non programmato. 

Programmato (“di elezione”). Secondo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, si propone nei casi in cui:
  • Il feto sia in posizione podalica, cioè con i piedi verso il basso;
  • Se sussistono anomalie della placenta come la placenta previa, quando cioè la placenta si impianta in prossimità della cervice;
  • Il peso del bambino sia superiore a 4,5 kg nelle mamme diabetiche;
  • Se sono presenti alcune infezioni virali come l’herpes simplex in forma attiva;
  • Se c’è una sproporzione fra la testa del feto e la regione pelvica della donna;
  • In caso di gravidanza gemellare;
  • Se la donna lo richiede, ma la scelta deve essere condivisa con il medico che la segue.

Non programmato (d’urgenza) in caso di insorgenza di complicanze che possono mettere a repentaglio la salute di mamma e feto o nel caso in cui non si inneschi spontaneamente il travaglio nemmeno dopo l’induzione.

Non è necessaria una preparazione particolare al cesareo programmato. La durata media della degenza dopo un parto cesareo è di 3-4 giorni, cioè leggermente superiore a quella di un parto vaginale. In caso di cesareo programmato si può decidere di effettuare il parto cesareo con anestesia locale (spinale o epidurale) o totale. Scegliendo l'anestesia locale si è pienamente coscienti durante il parto ed è possibile toccare il proprio bambino già appena dopo la nascita. La procedura è molto veloce: 10-15 minuti appena. Il catetere viene rimosso nel corso delle 24 ore successive al parto e la donna pur evitando sforzi può riprendere a camminare e a muoversi. Potrebbe essere richiesto, ma non è detto, dipende dalle condizioni della donna, l’acquisto di calze elastiche a compressione graduata per prevenire la trombosi venosa. I rischi di un parto cesareo si sono molto ridotti nel corso dei decenni ed è a oggi una procedura sicura. 

Il medico procede incidendo orizzontalmente la parete addominale appena sopra il pube. Nei casi di procedura d’urgenza il taglio può essere verticale da sotto l’ombelico al pube. Di solito è orizzontale, immediatamente sopra il pube (incisione trasversale). Se è necessario un taglio più ampio, o se il bambino deve nascere con urgenza, il medico può praticare un’incisione verticale che parte da sotto l’ombelico e arriva immediatamente sopra l’osso pubico. A questa segue un’altra incisione questa volta nell’utero che permette al medico di estrarre il bambino delicatamente dall’utero. 

Immagine che rappresenta una donna che sta per partorire in ospedale
 

VBAC, un parto vaginale dopo un cesareo. Quando si può fare

È possibile ricorrere a un parto vaginale dopo un cesareo, con un’attenta valutazione del medico. Si parla di VBAC (Vaginal Birth After Caesarean) ed è oggi una possibilità concreta per poter avere i benefici del parto vaginale (evitare un nuovo intervento chirurgico, un migliore recupero post parto, un ridotto dolore addominale).
I rischi della VBAC sono un nuovo taglio cesareo d’urgenza se il parto vaginale non dovesse andare come sperato o la rottura della cicatrice uterina pregressa, che statisticamente capita a una donna ogni 200 che si sottopone a questa procedura.

La scelta finale è personale, ma ci sono indicatori che l’equipe medica dovrà tenere presenti per capire se proporre o meno a quella specifica donna questa opzione: le caratteristiche del taglio cesareo precedente e della placenta, quanto tempo è trascorso dall’ultima gravidanza, eventuali patologie della mamma e se il bambino è ottimamente posizionato per il parto vaginale.
 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Cosa succede il giorno del parto?

Ecco alcuni sintomi che il parto è vicino:

  • la pancia si indurisce
  • i dolori durante le contrazioni sono molto intensi e regolari, durano più di 30 secondi
  • il dolore inizia dalla parte più bassa per poi irradiarsi verso l’addome.
  • il dolore inizia lentamente e cresce di intensità per poi diminuire e sparire. Questo per molte volte in maniera ritmica.
È il momento di andare in ospedale quando le doglie si susseguono a intervalli di 5 minuti per le donne alla prima gravidanza e di 8 minuti per chi ha già partorito. È il caso di andare in ospedale anche una volta che avviene la rottura delle acque oppure se si riscontrano muco e sangue negli slip.

Come avviene il parto?

Nella prima fase la testa del feto si incanala nel bacino e il collo dell’utero si dilata. Medico e ostetrico esaminano la vagina per valutare quando la cervice risulta completamente dilatata cioè aperta ma anche assottigliata. Da quel momento si chiede alla donna di spingere verso il basso all’arrivo di ogni contrazione per aiutare il feto nella discesa attraverso il canale. Quando sono usciti circa 3-4 centimetri della testa il medico o l’ostetrica prendono delicatamente il capo del bambino per controllare la progressione nel canale, e una volta che la parte più ampia del cranio è fuoriuscita completamente (è la parte più ampia del feto) allora si aiuta la fuoriuscita di testa e mento di modo che avvenga rapidamente per avitare il più possibile le lacerazioni. Il corpo del bambino viene inoltre girato di lato, in modo da far uscire le spalle una alla volta. Nella terza fase avviene l’espulsione completa del feto e qualche minuto dopo della placenta.

Quanto tempo dura il parto?

Dipende. Nel caso della prima gravidanza con parto vaginale, il travaglio dura generalmente una media di 12-18 ore mentre per le gravidanze successive il tempo totale arriva a 6-8 ore in media. La fase espulsiva del parto varia anch’essa: in media circa un’ora, ma anche fino a tre ore se la donna è stata sottoposta all'epidurale. Nei parti successivi al primo la fase espulsiva è più veloce e dura una venitna di minuti in media.  

Quanto ci si mette a partorire con induzione?

La durata varia da donna a donna, e può durare da poco tempo fino ad anche  24 – 48 ore, a partire dall’inizio dell’induzione.

Quante spinte ci vogliono per partorire?

Normalmente il bambino viene espulso dopo tre-cinque spinte valide.

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