Indice
Domande e risposte
Introduzione: cos’è l’isterectomia, significato e nome
L’isterectomia è l’intervento chirurgico con il quale viene praticata la
rimozione dell’utero. L’etimologia del termine è greca: la parola deriva da
ektomé (recisione, taglio) e
hystéra (ventre, utero).
Si tratta del secondo intervento chirurgico ginecologico per frequenza, preceduto dal
taglio cesareo. In Italia viene sottoposto a questa procedura il 15% delle donne di età compresa fra i 40 ed i 70 anni.
Benché non sia correlata a particolari
rischi operatori e
post-chirurgici, questa procedura ha notevoli impatti psicologici individuali e di tipo sociale, perché interferisce con la possibilità di concepire. L’
eventuale somministrazione della terapia ormonale sostitutiva nei casi in cui si siano asportate le
ovaie e il
trattamento farmacologico sia indicato può contrastare l’insorgenza di sintomi a breve e a lungo termine.
Isterectomia
non è sinonimo di
raschiamento, che corrisponde invece ad una procedura chirurgica realizzata con finalità diagnostiche o terapeutiche e finalizzata alla rimozione di frammenti di mucosa endometriale o di eventuali masse anomale presenti all'interno della cavità uterina.
Utero: cos’è e come è fatto
L’utero è un organo muscolare a forma di pera rovesciata e situato fra la
vescica (posizionata anteriormente) e l’
intestino retto (posizionato posteriormente).
Possiede un
rivestimento interno (endometrio) che va incontro a
modificazioni cicliche (nel periodo fertile della vita) indotte dal rilascio degli ormoni femminili. Il suo sfaldamento mensile genera la
mestruazione.
Quando è necessaria
Nella stragrande maggioranza dei casi, l’isterectomia viene eseguita per trattare condizioni benigne:
- Fibromatosi o miomatosi, responsabile di sanguinamento uterino patologico, cicli mestruali complicati, dolore;
- Varicocele: presenza di varici di grandi dimensioni all’interno dell’utero;
- Dolore pelvico acuto, che può essere provocato da diverse patologie, fra cui la malattia infiammatoria pelvica (PID) e l’endometriosi, disturbo causato alla presenza di rivestimento endometriale in organi diversi dall’utero, che provoca sintomi quali dismenorrea (mestruazioni dolorose), dispaurenia (dolore durante i rapporti sessuali), dolore addominale cronico;
- Metrorragie incontrollabili: sanguinamenti uterini anomali che si verificano fra due mestruazioni consecutive o in un periodo in cui non dovrebbero comparire flussi mestruali e che si mostrano resistenti alla terapia farmacologica;
- Utero di grande volume;
- Dolore pelvico cronico (Sindrome del dolore pelvico, PPS);
- Malattie infiammatorie;
- Prolasso uterino.
In una quota minore di casi, l’intervento viene praticato per la
rimozione di forme tumorali dell’utero, della
cervice uterina (anche legato all’infezione da HPV) o delle
ovaie (isterectomia oncologica).
Isterectomia: come avviene, cosa comporta e quali tipi di intervento
L’isterectomia può essere praticata secondo
diverse modalità. La scelta del tipo di intervento viene operata dal chirurgo a seconda delle caratteristiche del disturbo e delle condizioni generali della paziente.
Isterectomia totale
Con questa procedura vengono asportati l’
utero (interamente) e le
tube (salpingectomia bilaterale profilattica) con
conservazione delle
ovaie. Le tube non hanno funzione endocrina, ma sono sede dell’incontro fra ovulo e spermatozoo, funzionale alla fecondazione: vengono asportate in via preventiva a causa del fatto che da esse origina la quasi totalità dei tumori ovarici.
L’esecuzione dell’isterectomia totale (bilaterale) interrompe i
cicli mestruali e impedisce successive
gravidanze, ma
non è associata alla
menopausa.
Isterectomia totale con annessiectomia bilaterale
Anche definito
isterectomia radicale (o isterectomia allargata o extrafasciale), comporta la
rimozione dell’utero (inclusa la cervice uterina), ma anche delle tube e delle ovaie (annessiectomia bilaterale). In alcuni casi, vengono asportati anche i
linfonodi pelvici.
L’isterectomia radicale è una delle strategie primarie nel trattamento del carcinoma della cervice, con l’obiettivo di
rimuovere il
sito primario e le possibili vie di diffusione loco-regionali, nonché nel trattamento di alcune forme di endometriosi, prolasso uterino, dolore pelvico cronico e patologie infiammatorie. Negli stadi iniziali della patologia oncologica, l’intervento di prima scelta è l’i
sterectomia radicale di tipo A o B (B1 o B2).
In particolare, la rimozione profilattica delle ovaie deve tenere conto dell’età della paziente e di fattori specifici di rischio a cui è soggetta (ad esempio, mutazioni genetiche BRCA, che aumentano il rischio di sviluppare un carcinoma ovarico e un carcinoma mammario).
L’annessiectomia bilaterale p
reviene il tumore ovarico nei casi a rischio, ma comporta
l’impossibilità di
concepire e la
sospensione del ciclo mestruale (menopausa iatrogena). Pertanto, a valle dell’intervento, compariranno sintomi quali vampate, oscillazioni umorali, secchezza vaginale, insonnia, ripercussioni sulla densità ossea (rischio di osteoporosi), aumento del rischio cardiovascolare.
L’asportazione dell’utero può determinare
incontinenza urinaria.
La degenza varia da 2 a 7 giorni a seconda della struttura presso la quale viene eseguita, delle condizioni generali della paziente e del tipo di patologia per la quale l’intervento è stato eseguito. Durante la convalescenza possono comparire sintomi quali dolore e perdite di sangue dalla vagina: pertanto subito dopo la rimozione dell’utero vengono somministrati antinfiammatori e posizionati un catetere vescicale e un tubo per il drenaggio, che saranno sfilati quando non più necessari. Entro certi limiti, si tratta di manifestazioni compatibili con il post-chirurgico, ma occorre contattare il medico se aumentano di intensità.
I tempi di recupero variano fra le 4 e le 8 settimane.
Un focus particolare è dedicato alla
Legge 104 e alle donne portatrici delle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, meglio conosciuti come geni Angelina Jolie, dal nome dell’attrice che ha contribuito alla loro notorietà raccontando la propria storia di paziente. Quelle che, fra di loro, sceglieranno di sottoporsi a isterectomia preventiva (o mastectomia) per ridurre il rischio di sviluppare un tumore alle ovaie o al seno potranno ottenere il riconoscimento dell’invalidità al 64%. Anche se sane.
Isterectomia subtotale
Questo intervento, anche denominato isterectomia parziale, implica la asportazione del corpo dell’utero ma lascia in sede la cervice uterina.
I dati mostrano che non è più vantaggiosa dell’isterectomia totale in termini di riduzione dei tempi di recupero e del rischio di complicanze post-chirurgiche.
Complicanze
Le principali complicanze legate alla rimozione chirurgica dell’utero, che possono manifestarsi a diversi stadi della convalescenza, sono:
- Dolore, gonfiore e bruciore nel sito chirurgico;
- Emorragia: il rischio è più alto dopo l’intervento di isterectomia radicale per via laparotomica;
- Infezioni del sito chirurgico;
- Danno ad uno degli organi adiacenti (ureteri, uretra, vescica-cistotomia, intestino-enterotomia), con rischio maggiore in caso di intervento per via laparoscopica;
- Lesione dei nervi (ad esempio nervo femorale) e plessi pelvici;
- Trombosi venosa profonda ed embolia polmonare: per ridurre il rischio tromboembolico, è bene iniziare a muoversi già nella fase immediatamente post-operatoria e a camminare non appena possibile;
- Prolasso vaginale: le possibilità che subentri un prolasso aumentano in caso di isterectomia radicale;
- Fistola vaginale: eventuali lesioni vescicali o uretrali possono, se non curate adeguatamente, dare luogo a fistole;
- Stitichezza;
- Incontinenza urinaria;
- Reazioni all’anestesia generale (di tipo allergico, aritmologico o neurologico).
La probabilità che subentri una o più complicanze è maggiore nei casi in cui l’intervento sia praticato per trattare una forma tumorale.
Le conseguenze psicologiche
L’intervento, in nessuna delle tipologie citate,
compromette di per sé la vita sessuale delle pazienti, che può tuttavia essere impattata dalle sue
conseguenze psicologiche. Se hai programmato di sottoporti ad isterectomia, non sottovalutare il tuo coinvolgimento emotivo: parlane con il tuo ginecologo, che ti aiuterà a vedere le cose da una prospettiva diversa o saprà consigliarti un professionista adeguato a cui rivolgerti per una consulenza. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che le donne che sperimentano preoccupazione e ansia nelle fasi precedenti l’intervento hanno tendenzialmente un impatto emotivo più intenso dopo la chirurgia.
L’impatto dell’isterectomia può essere vario: in una paziente a cui i problemi di salute legati a malattie uterine causavano una
penalizzazione della qualità di vita essa può rappresentare una forma di liberazione, in particolare se matura (60-70 anni) e già madre; viceversa, in una giovane (20-30-40 anni) che non ha ancora vissuto la maternità può avere conseguenze psicologiche ben più complesse. Per questo, quando è possibile scegliere (ad esempio nei casi di fibromatosi), è utile ascoltare la paziente e, in caso di sua opposizione all’intervento, evitare di insistere e sfruttare la terapia farmacologica.
È importante che ricordi che il malessere psicologico a valle di una procedura di rimozione dell’utero non è inevitabile, ma può essere prevenuto con una relazione medico-paziente aperta e autentica e con il supporto di professionisti specializzati, laddove necessario.
La
comparsa di sintomi
post-chirurgici quali il prolasso può avere
ripercussioni forti sulla sfera intima. In questi casi, può essere utile praticare una ginnastica mirata per l’irrobustimento del pavimento pelvico.
Preparazione
In previsione dell’intervento chirurgico, devono essere effettuati alcuni esami:
- Esami del sangue;
- Esame delle urine;
- Pap test e altri esami cito-istologici della cervice;
- Elettrocardiogramma (ECG);
- Ecografia pelvica trans-vaginale;
- Isteroscopia diagnostica e biopsia dell’endometrio (la mucosa che riveste internamente l’utero);
- TC addome e torace con mezzo di contrasto, RM pelvica ed eventualmente cistoscopia e rettoscopia se è stato diagnosticato un tumore;
- RX torace;
- Visita cardiologica e anestesiologica.
- Nel corso delle visite che precedono l’intervento, informa il ginecologo su eventuali farmaci o integratori alimentari che stai assumendo, anche se non per la patologia in questione.
Prima di entrare in sala operatoria vengono fatte
indossare delle
calze a
compressione graduata ad azione preventiva di eventuali tromboembolismi.
Isterectomia: le tecniche chirurgiche
Di seguito un excursus sulle diverse modalità di esecuzione dell’intervento. La
scelta viene effettuata sulla base di
fattori quali le
dimensioni dell’utero e la
presenza di eventuali
comorbidità.
Isterectomia addominale laparotomica
Viene praticata
un’incisione (preferibilmente orizzontale) nella parte inferiore dell’addome e viene condotta una
chirurgia a cielo aperto per la rimozione dell’utero.
Questa tecnica è indicata in pazienti con utero di grandi dimensioni e nelle circostanze in cui è necessario avere un controllo diretto sulle strutture pelviche.
Comporta impossibilità di concepire e, nel caso in cui venga eseguita anche l’annessectomia, lo stato di menopausa.
L’isterectomia addominale può essere eseguita con modalità radicale.
Isterectomia vaginale
L’intervento, che viene eseguito con frequenza relativamente
bassa rispetto alle altre tipologie, prevede
la rimozione dell’utero attraverso la vagina.
Il vantaggio significativo di questa tecnica è rappresentato dal recupero post-operatorio più breve e caratterizzato da meno complicanze e di minore entità, che si traduce anche in una degenza più breve.
È indicata in caso di patologie benigne (prolassi importanti) in pazienti con utero di piccole dimensioni.
In genere, viene effettuata una anestesia spinale o generale. In alcuni casi, può essere somministrata una narcosi, cioè una sedazione con rinforzo locale.
Isterectomia laparoscopica
Vengono praticate
4 incisioni di circa 5 millimetri l’una sull’addome, attraverso le quali vengono introdotti 4 trocars (tubi che permettono l’inserimento di strumenti chirurgici). L’utero e, eventualmente, gli annessi, vengono rimossi ed estratti. La vagina viene sospesa ai legamenti per prevenire il rischio di prolasso. Le ferite chirurgiche vengono suturate.
La durata dell’intervento è di circa 1-2 ore e la degenza prevista è di circa 2 giorni.
È prevista la somministrazione di una anestesia generale.
Questa tecnica chirurgica comporta una minore invasività e, pertanto, una degenza ospedaliera più breve, un minor rischio di complicanze ed un tempo di recupero inferiore, associato ad un dolore post-chirurgico localizzato al basso ventre meno intenso. Da non sottovalutare, anche l’aspetto estetico: la laparoscopia consente di avere esiti cicatriziali migliori rispetto alla chirurgia tradizionale.
È indicata nelle pazienti che
sono già state sottoposte a interventi pelvici. Una controindicazione a questo tipo di intervento è rappresentata dall’obesità, che rende l’utero difficilmente accessibile per via laparoscopica.
Il post-chirurgico prevede la somministrazione di liquidi e, quando indicati, farmaci antitrombotici. La riattivazione precoce del movimento consente una limitazione del rischio tromboembolico.
Isterectomia laparoscopica roboticamente assistita
Questa tecnica segue gli stessi principi della
procedura laparoscopica. Vengono praticate alcune
incisioni sull’addome, attraverso le quali inseriti gli strumenti necessari al perfezionamento dell’intervento. La strumentazione non è mossa dal chirurgo, ma da un robot controllato dal chirurgo. Questo sistema permette di raggiungere una precisione maggiore.
L’isterectomia laparoscopica roboticamente assistita richiede la somministrazione di una anestesia generale.
Può durare, indicativamente, fra un’ora e 2 ore.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Cosa succede al corpo dopo una isterectomia?
Le conseguenze dell’intervento variano a seconda della tipologia di intervento realizzato. Nel caso, ad esempio, di una isterectomia subtotale (quindi con conservazione delle ovaie) si continuerà ad avere il ciclo mestruale ma non ci sarà più il flusso mensile. Nel caso, invece, di una isterectomia totale il ciclo mestruale non ci sarà più. In tutti i casi non sarà possibile avere una gravidanza.
Cosa rimane dopo isterectomia?
L’isterectomia totale comporta l’asportazione dell’utero (interamente) e delle tube (salpingectomia bilaterale profilattica) con conservazione delle ovaie. L’intervento interrompe i cicli mestruali e impedisce successive gravidanze, ma non è associato alla menopausa.
L’isterectomia totale con annessiectomia bilaterale (anche definito isterectomia radicale, isterectomia allargata o isterectomia extrafasciale) comporta la rimozione dell’utero (inclusa la cervice uterina), ma anche delle tube e delle ovaie (annessiectomia bilaterale). In alcuni casi, vengono asportati anche i linfonodi pelvici.
L’isterectomia subtotale, anche denominata isterectomia parziale, implica la asportazione del corpo dell’utero ma lascia in sede la cervice uterina.
Che cos’è un intervento di isterectomia?
L’isterectomia è l’intervento chirurgico con il quale viene praticata la rimozione dell’utero. Benché non sia correlata a particolari rischi operatori e post-chirurgici, questa procedura ha notevoli impatti psicologici individuali e di tipo sociale, perché interferisce con la possibilità di concepire. Isterectomia non è sinonimo di raschiamento, procedura chirurgica realizzata con finalità diagnostiche o terapeutiche e finalizzata alla rimozione di frammenti di mucosa endometriale o di eventuali masse anomale presenti all'interno della cavità uterina.