Aggiornato il 24.02.2023
Quando si parla di diagnosi di tumori e di esami del sangue per lo più ci si riferisce ai cosiddetti marker tumorali, in italiano “marcatori”.
Che significato hanno? Si tratta di sostanze che sono prodotte direttamente dai tumori o che vengono “liberate” quando nel corpo si sta sviluppando una neoplasia, in risposta a tale anomalia. Queste sostanze sono rilevabili nel sangue. Per specificare meglio, occorre dire che molte di queste molecole sono prodotte sia da cellule non tumorali che da cellule neoplastiche. Ma in genere nel secondo caso i livelli di marker tumorali sono mossi (alti o altissimi) rispetto alla norma.
I marcatori non sono tutti identificativi di un solo tipo di cancro. Alcuni sono correlati a due o tre tipologie tumorali diverse.
Come si fanno questi test? Proteine e cellule tumorali circolanti sono due tra le tipologie di marcatori più comunemente misurabili attraverso normali analisi del sangue di solito eseguite a digiuno. Le prime sono sostanze proteiche in genere prodotte dal tumore, mentre le seconde sono cellule neoplastiche che si “staccano” dal tumore e viaggiano nel sangue. Altri marker comuni sono ormoni ed enzimi.
Alcuni marcatori sono dosabili nelle urine.
Dove fare i dosaggi dei marcatori tumorali? In generale, questi esami vengono eseguiti nella maggior parte dei laboratori di analisi.
Quanto costano? La maggior parte dei test per il dosaggio dei marcatori è mutuabile, cioè offerta dal SSN. Altri sono a pagamento, con un costo variabile a seconda della struttura.
Il tempo necessario ad ottenere i risultati varia in funzione della tipologia del test.
In generale vengono sfruttati per scoprire, diagnosticare o monitorare un tumore. Ma sebbene livelli alti di alcuni marcatori possano suggerire un accrescimento tumorale, da soli questi valori non sono sufficienti a darci la certezza di una diagnosi. Marker tumorali leggermente alterati possono essere giustificati da condizioni assolutamente benigne. Più avanti vedremo meglio i limiti di questo tipo di screening.
Possiamo considerare il marker come un segnale di allarme, una spia concreta di possibile neoplasia. Un utile strumento diagnostico da associare ad altre indagini più approfondite come la biopsia (prelievo di un campione di tessuto sospetto da analizzare in laboratorio) o esami strumentali quali TAC, PET, ecografia.
In alcuni casi i valori dei marker possono fornire indicazioni abbastanza attendibili sulla stadiazione del tumore o sull’andamento della chemioterapia in caso di diagnosi accertata e trattamento in corso. Possono rientrare quindi fra i parametri prescritti tra le analisi del sangue dei pazienti oncologici e nei controlli periodici successivi ad una remissione completa della malattia. Come è noto, la guarigione viene sancita dopo un periodo di almeno cinque anni dalla prima diagnosi senza traccia di recidiva.
Detto questo, vediamo quali sono i marker tumorali più richiesti e per quali neoplasie sono utili. A cominciare dai tumori femminili.
Alcune neoplasie femminili, quali il tumore al seno e all’ovaio, sono rilevabili anche attraverso specifici marker tumorali che si possono richiedere in un test del sangue. Come già anticipato, però, non è sufficiente basarsi su tali indicatori: per confermare la diagnosi è sempre necessario associare questi test ad esami più approfonditi. Dato ciò come premessa, un marker tumorale positivo è sempre e comunque un indizio da non sottovalutare. Vediamo quali sono i marcatori che un test del sangue può rilevare in caso di sospetto carcinoma mammario o carcinoma ovarico e i loro significati.
In questa breve panoramica sui vari marker tumorali ginecologici e femminili in generale, la sigla CA sta per Cancer Antigen, ovvero antigene del cancro, proteina di natura tumorale:
Consulta le Migliori Strutture per Tumore maligno all'ovaio (fonte dati PNE):Migliori Strutture per Tumore ovarico
Consulta le Migliori Strutture per Tumore maligno alla mammella (fonte dati PNE):
Il tumore della prostata è in assoluto il primo tumore maschile per incidenza. Si stima che possa colpire un uomo ogni 6 nel corso della vita. Uno degli strumenti più efficaci è rappresentato dalla diagnosi precoce, che in questo caso passa anche per gli esami del sangue, nello specifico con la rilevazione del valore del PSA.
Il PSA rappresenta un indicatore di una neoplasia prostatica in accrescimento. Ma che cos’è esattamente il PSA?
L’acronimo sta per antigene prostatico specifico, una sostanza prodotta dalla prostata che assume valori compresi entro un certo range di normalità. Quando, però, il PSA è alto o altissimo, questo rappresenta un segnale di allarme. Alti valori di PSA si riscontrano in diverse condizioni patologiche che interessano la ghiandola prostatica, inclusi i tumori.
Per tale ragione, quando si effettuano i controlli del sangue di routine per gli uomini, specialmente in età matura o avanzata, è spesso consigliato inserire anche il PSA. Tale esame è anche utilizzato in fase di follow up per la diagnosi di eventuali recidive in soggetti già colpiti da questo tipo di cancro e in fase di controllo entro i 5 anni dalla diagnosi, o in fase di monitoraggio di neoplasie a lento accrescimento.
I valori normali di PSA vanno da 0.0 a 4.0 ng/mL (nanogrammi per millilitro di sangue) e sono bassi nei giovani e più vicini a 4 quanto più ci si avvicina all’età avanzata, per il normale aumento di volume della prostata. Non si può, pertanto, valutare il valore del PSA indipendentemente dell’età del soggetto.
Inoltre, il PSA è più alto dopo l’esecuzione di indagini urologiche (strumentali, visite), traumi connessi all’uso della bicicletta o della moto, rapporti sessuali.
Valori compresi tra 4 e 10 ng/ml indicano che potrebbe essere presente una prostatite, una ipertrofia prostatica benigna (IPB) o maligna (carcinoma prostatico). In generale, più alto è il PSA maggiore è la probabilità che ci sia un tumore maligno: questo rende indispensabile in questi casi un approfondimento urologico.
Ma questo esame è caratterizzato anche da molti falsi positivi e da sovradiagnosi, cioè casi in cui viene riconosciuto e trattato un tumore che in realtà sarebbe stato ininfluente sulla vita dell’individuo.
Per verificare la diagnosi di tumore viene usata la risonanza magnetica, in particolare la RM multiparametrica, un esame specifico per la diagnosi non invasiva del tumore della prostata che permette di analizzare i tessuti sotto tre diversi parametri di indagine: composizione strutturale, composizione cellulare e vascolarizzazione. In seconda battuta si procede con la biopsia randomizzata per il prelievo di diversi campioni di tessuto prostatico, una procedura molto più invasiva.
L’adenoma prostatico è un tumore molto diffuso tra la popolazione maschile, ma in molti casi, specialmente quando rilevato in fase iniziale, non risulta aggressivo, e pertanto non necessita di cure immediate ma diventa oggetto di monitoraggio costante, in quella procedura definita “sorveglianza attiva”. In questa fase, come anticipato, i controlli ematici di PSA diventano parte integrante della terapia conservativa.
Consulta le Migliori Strutture per Tumore maligno alla prostata (fonte dati PNE):
Finora ci siamo concentrati sui marker tumorali dei principali tumori che colpiscono uomini e donne. La ragione è presto detta: il carcinoma mammario e il carcinoma prostatico sono in assoluto le due neoplasie più diffuse, che colpiscono rispettivamente una donna ogni 7 e un uomo ogni 6.
Naturalmente non sono gli unici tipi di tumore che è possibile individuare, o sospettare, attraverso valori alterati dei marcatori rilevabili nel sangue. Ci sono tante tipologie di marker e tante altre indagini ematiche che sono utilissime in fase di diagnosi e di monitoraggio di una neoplasia.
Vediamo un breve elenco dei principali che riporta i nomi e le sigle con cui sono conosciuti, ricordando che questa lista non li ricomprende tutti:
Tra i possibili indizi che segnalano la presenza di una forma tumorale vi sono anche alti livelli di due indici infiammatori normalmente usati per rilevare infezioni o malattie autoimmuni: VES e proteina C-reattiva (PCR). In che modo tali indicatori possono aiutare i medici a ipotizzare un tumore e a prescrivere esami e test diagnostici più accurati e rivelatori?
La VES rappresenta la velocità di eritrosedimentazione, ovvero il tempo (espresso in millilitri di sedimento all’ora, mL/h) che i globuli rossi impiegano a “precipitare” (sedimentare) nel plasma, una volta che il sangue prelevato dal paziente sia stato reso incoagulabile.
I valori normali sono molto bassi: si va da un minimo di 0 per uomini e donne, ad un massimo di 15 per gli uomini e di 20 per le donne. Perché un aumento significativo di questo indice dovrebbe costituire un campanello d’allarme?
Intanto, in generale, la VES aumenta quando nel corpo è presente uno stato infiammatorio, in genere dovuta ad un evento infettivo o di altro tipo.
Se, ad esempio, abbiamo contratto la mononucleosi, è possibile che la nostra VES aumenti. Anche se abbiamo un’allergia potremmo avere un VES alta. Ma… attenzione. Valori superiori a 90 possono essere spia di forme tumorali in atto, mentre valori al di sopra della media ma inferiori a 90 possono comunque indicare la presenza di tumori (ad esempio il carcinoma epatico o renale) in stadio iniziale.
Quindi stiamo parlando senza dubbio di un indicatore “generico”, da associare ad altri esami, tra cui i marker che abbiamo visto, ma comunque utile quando vi sia il sospetto di un tumore.
Veniamo alla proteina C-reattiva (PCR). Questa sostanza di norma è assente o presente in minime quantità. Anch’essa viene prodotta, nello specifico dal fegato, quando è in corso una generica infiammazione.
E per quanto riguarda i tumori? Anche in questo caso, fermo restando che si tratta di un indicatore biologico generico, valori altissimi di PCR (dell’ordine di 10.00 mg/100 ml o più) e in assenza di patologie autoimmuni conclamate o di altra malattia infettiva acuta, possono far ipotizzare un tumore localizzato o metastatico.
I marker tumorali sono affidabili per la diagnosi di un tumore? Sì e no. Si tratta di indicatori che hanno molti pro, e altrettanti contro. Per poter essere considerati davvero attendibili devono infatti verificarsi condizioni specifiche. Proviamo a capire in quale misura i marcatori tumorali possono realmente costituire un aiuto nella diagnosi dei tumori.
Per prima cosa dobbiamo stabilire le caratteristiche ideali di un marker.
Il “marcatore tumorale” ideale è:
I dosaggi dei marcatori sono raccomandati ai soggetti a rischio, ad esempio fumatori, donne con familiarità per tumori ginecologici o mammari, persone che hanno una storia fra i parenti di poliposi familiare del colon.
Inoltre, la valutazione dei marker tumorali è consigliata a sottogruppi della popolazione diversi, a seconda del tipo di tumore.
Infine, a tutti i soggetti che abbiano già avuto una malattia oncologica e siano in fase di follow up.
Al netto di queste considerazioni positive, occorre però tener conto del fatto che esistono limiti precisi all’attendibilità e all’efficacia dei marker tumorali del sangue, che sono legati anche a caratteristiche individuali di ciascun paziente e alla sua storia clinica.
Ad esempio:
Come facilmente intuibile, nell’uso clinico dei marcatori tumorali esistono margini di errore.
Un falso negativo (marker tumorali bassi e quindi “buoni” in presenza di neoplasia) ci può far tirare un sospiro di sollievo laddove, al contrario, dovremmo preoccuparci. Ma un falso positivo (marker tumorali alti in assenza di neoplasia) può al contrario generare un allarme del tutto ingiustificato, segnalando una neoplasia inesistente.
Per tale ragione la maggior parte dei marker tumorali non viene richiesta dai medici nelle analisi del sangue di routine sulla popolazione sana, ma in presenza di condizioni specifiche (familiarità con un determinato tipo di tumore, età avanzata, fumo o tumore pregresso).
In ogni caso, come abbiamo già precisato, i marker tumorali rappresentano soltanto una delle analisi di screening e di monitoraggio dei tumori a nostra disposizione, da associare a test ed esami strumentali o di laboratorio più specifici.
I marker tumorali sono sostanze che possono avere concentrazioni elevate quando si stia sviluppando un tumore nel corpo. Non si tratta, però, di indicatori molto specifici, per questo devono essere associati ad altri esami, ad esempio radiografie, tac, pet ecc., richiesti dal vostro medico.
I marker tumorali sono sostanze prodotte dalle cellule tumorali che possono essere rilevate nel sangue. Ma alcune di queste sostanze vengono normalmente prodotte anche dalle cellule sane del corpo, e talvolta i loro livelli risultano elevati anche in chi non abbia un tumore. Per tale ragione questi “marcatori” tumorali sono spesso oggetto di controversia da parte dei medici stessi, che temono i “falsi” (negativi e positivi). Essi risultano utili solo se associati ad altri esami e indagini diagnostiche più specifiche.
I campioni possono rivelare la presenza di cellule, proteine o altre sostanze prodotte da un cancro. I test del sangue inoltre possono fornire al medico altre informazioni utili sulla funzionalità di organi interni e far sospettare che un loro eventuale malfunzionamento sia dovuto alla presenza di un tumore. Tuttavia, nessun esame del sangue di routine può da solo rilevare la presenza di un cancro, ad eccezione delle leucemie e dei tumori del sangue stesso.
La proteina c-reattiva non è solo un indicatore di infiammazione interna, perché tale sostanza prodotta dal fegato partecipa attivamente al processo infiammatorio. Tuttavia, non è un segnale specifico di cancro, sebbene alti livelli possano farlo sospettare. Una pcr elevata è indicativa di malattie cardiache, tumori, malattie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide, il diabete, e persino di condizioni di obesità. In ogni caso alti valori di pcr vanno sempre indagati perché ci parlano di una condizione di infiammazione anomala.
Ad eccezione dei tumori del sangue, che ovviamente modificano in modo sostanziale la composizione ematica, per quanto riguarda le altre forme di cancro un test del sangue non è grado di dirci in modo attendibile se siamo o meno malati. Le nostre analisi ematiche, però, possono fornire al medico indizi sulla funzionalità dei nostri organi interni. Questo vale anche per i marker tumorali, che rappresentano una spia di rischio.
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