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Cos’è il colesterolo totale e a cosa serve?
Troppo spesso demonizzato, il colesterolo è in realtà un “grasso” (ovvero una molecola lipidica) fondamentale per la nostra salute. Non c’è da stupirsi nell’apprendere questa semplice verità biologica: circa il 70% del colesterolo totale lo produce il nostro organismo stesso perché ne ha bisogno. Si tratta infatti di una sostanza cerosa che troviamo in ogni singola cellula del nostro corpo e che svolge molteplici funzioni tra cui:
Il colesterolo dunque non ci apporta energia ma serve per
costruire le cellule del corpo e per promuovere funzioni biologiche fondamentali. Tutti, ad ogni età, usiamo il colesterolo per crescere e mantenerci in buona salute. I problemi insorgono quando
quantità eccessive di questa sostanza, in combinazione con altre condizioni di rischio, arrivano a
danneggiare le arterie, ostruendole, e provocando in tal modo
malattie cardiovascolari. Ciò accade quando le molecole di colesterolo presenti nel sangue siano in quantità tale da non essere efficacemente smaltite e finiscono per formare
placche aterosclerotiche che incrostano il lume interno dei grossi vasi che pompano il sangue dal cuore e dal cervello.

Ma… prima di arrivare a questa pericolosa condizione, cerchiamo di capire come funziona, dove si produce e come si conserva il
colesterolo totale del nostro corpo quando circolante nelle giuste concentrazioni. Come anticipato, gran parte di questo grasso ce lo “fabbrichiamo” da noi, e ad occuparsi di tale incombenza è il
fegato. In piccola parte, circa il
25-30% del totale, desumiamo il colesterolo dal
cibo (presente solo negli alimenti di origine animale), ed è questa la quota di grassi su cui abbiamo la possibilità di intervenire. Un’altra buona parte dei grassi che assorbiamo dai cibi si “trasformano” in trigliceridi. Colesterolo e trigliceridi hanno un percorso simile ma scopi diversi.
Ogni volta che
consumiamo un pasto in cui siano presenti anche
lipidi, questi vengono scissi in molecole più piccole – i
trigliceridi appunto – i quali, una volta giunti nell’intestino, passano nel sangue dove vengono trasportati in circolo. Sia le molecole di colesterolo che i trigliceridi, però, non si muovono nel sangue in forma libera, ma si legano a
proteine specifiche, chiamate
lipoproteine, che possono essere di diversi tipi, come vedremo. Le due principali lipoproteine sono normalmente misurate nel sangue durante gli esami ematici di routine che contribuiscono a definire
il profilo lipidico di ciascuno di noi.
Stiamo parlando delle
lipoproteine a bassa densità (colesterolo LDL), e delle
lipoproteine ad alta densità (colesterolo HDL). Erroneamente consideriamo le prime “cattive” e le seconde “buone”, ma in realtà entrambe sono due facce della stessa medaglia, perché, come vedremo meglio, il colesterolo LDL ha come compito quello di muoversi dal fegato verso le cellule che ne hanno bisogno, mentre il colesterolo HDL fa il percorso opposto, dalle cellule torna al fegato, dover può essere metabolizzato. Per tale ragione le
lipoproteine LDL hanno un’alta percentuale di colesterolo (che rappresenta il loro “bagaglio”), mentre le lipoproteine HDL ne sono quasi prIve, perché lo devono raccogliere.
Misurare con un semplice
test del sangue il nostro colesterolo totale ci permette di capire quanto, di questo grasso, abbiamo in circolo, senza differenziazioni legate al percorso delle molecole.
La
concentrazione di colesterolo nel sangue è un’informazione utile sul nostro stato di salute, ci dice se abbiamo
problemi metabolici, se stiamo assumendo troppi
grassi dalla nostra
dieta, e se abbiamo un
rischio di tipo cardiovascolare. Non bisogna, però essere troppo allarmisti. Prima di vedere quali sono i livelli di colesterolo totale ideali, consideriamo che:
Pur avendo ben presenti questi elementi, resta il fatto che cercare di abbassare un colesterolo troppo alto è importante soprattutto in assenza di sintomi, proprio perché anche la complicanza maggiore legata all’ipercolesterolemia, ovvero l’aterosclerosi (formazione di placche lipidiche lungo le pareti interne dei vasi sanguigni che possono ostacolare il flusso del sangue verso cuore e/o cervello), è pressoché asintomatica fino a che la situazione non sia già gravemente compromessa.
A parte quelli indicati – genetica, sesso, età – i fattori di rischio per l’ipercolesterolemia su cui possiamo influire hanno molto a che vedere con il nostro stile di vita. Cosa influenza quindi la maggiore o minore concentrazione di colesterolo e trigliceridi nel nostro sangue?
In generale:
-
Una dieta troppo ricca di grassi saturi e di grassi trans (idrogenati di tipo industriale) e povera di fibre e antiossidanti, sostanze alimentari che ci aiutano a ridurre l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale. Una dieta sana e bilanciata, infatti, ci permette di mantenere stabile la quantità dei grassi desunti dal cibo che ingeriamo evitando che diventino un problema
-
Sedentarietà. L’inattività fisica rende il fegato pigro e rallenta il metabolismo, incluso quello lipidico. I grassi in eccesso vengono pertanto immagazzinati nelle cellule adipose e in parte restano in circolo nel sangue, dove tendono ad aggregarsi nelle placche aterosclerotiche o formano “palline” abbastanza grandi da poter bloccare il ritorno di sangue al cuore, e questo può degenerare in embolia
-
Tabagismo e/o eccessivo consumo di bevande alcoliche. Sia tabacco e nicotina che l’alcool sono sostanze tossiche per l’organismo, che danneggiano l’apparato cardiovascolare e compromettono, a lungo andare, la funzionalità epatica e renale
- Assunzione di farmaci tra cui: antibiotici, cortisonici, ormoni steroidei e androgeni
Vedremo più avanti più diffusamente in che modo una concentrazione di colesterolo e di trigliceridi molto superiore alla norma possa compromettere la nostra salute cardiovascolare. Prima di tutto questo, possiamo renderci conto dei nostri livelli di rischio grazie ad un semplice test del sangue, da effettuare a digiuno di almeno 8 ore, che ci consente di misurare il colesterolo totale a livello ematico. Vediamo quali sono i valori da considerare:
Valori elevati di colesterolo totale sono, come abbiamo visto, conseguenza di molti fattori concomitanti e vanno indagati con accertamenti ulteriori o, per lo meno, tenuti sotto controllo. Valori inferiori alla media, ma soprattutto al di sotto dei 140 mg/dl di sangue sono ugualmente pericolosi per la salute, perché possono indicare stati di malnutrizione o disturbi metabolici.
In generale il test ematico per il controllo di routine del colesterolo totale andrebbe ripetuto ogni anno, soprattutto quando i valori siano un po’ superiori alla media.
Colesterolo HDL
Abbiamo già visto che per
colesterolo HDL (impropriamente definito “buono”) s’intende il colesterolo aggregato alle
lipoproteine ad alta densità, aventi lo scopo di “recuperare” dalle cellule il grasso eccedente e di riportarlo al fegato. Per tale ragione nel sangue le troviamo più “leggere” delle lipoproteine a bassa densità, essendo ancora prive di “zavorra”. In linea di massima
buoni valori di colesterolo HDL nel sangue sembrano collegati con un
minor rischio cardiovascolare anche in presenza di un colesterolo LDL ugualmente elevato, e quindi di un colesterolo totale oltre la media. Tuttavia, la questione è controversa dal punto di vista scientifico.
Studi recenti – in particolare una
ricerca condotta nel 2018 dai ricercatori dell’università statunitense di Emory (Atlanta) – hanno evidenziato come
livelli molto alti di colesterolo HDL siano al contrario associati ad un
maggior rischio di eventi cardiovascolari letali.
Sebbene, come spiegato, le molecole di HDL siano considerate “buone” perché si “caricano” del colesterolo presente nelle cellule di organi e tessuti e lo riportano verso il fegato perché venga neutralizzato, e quindi, di fatto, svolgano il ruolo di “spazzine”, in realtà sembra che questo non significhi automaticamente che ci ripuliscono il sangue
riducendo il rischio di stenosi arteriosa da aterosclerosi o di formazione di emboli.
Ebbene, durante lo studio condotto dai ricercatori americani su un campione di quasi 6mila soggetti tra i 60 e i 65 anni (di cui il 30% donne), divisi in gruppi in base ai loro livelli di colesterolo e monitorati per 4 anni, il 13% di loro è andato incontro ad un evento cardiaco o è deceduto a seguito di questo.
Questa percentuale era per lo più costituita da persone che avevano livelli troppo bassi di colesterolo HDL (percentuali inferiori ai 40 mg/ml) o livelli ben oltre la media (oltre 60 mg/ml).
Quindi: se lo studio ha dimostrato che avere
livelli di colesterolo HDL nella media è un
fattore protettivo nei confronti di eventi cardiaci come
ictus e infarti, lo stesso non si può affermare per livelli superiori ai 60 mg/dl. In questo caso il rischio appare aumentato del 50%.
Un dato da prendere con le dovute cautele, ma di cui, evidentemente,tenere conto. Ma tornando al nostro colesterolo HDL, quali sono i valori che ci mettono al riparo dai pericoli degli “sforamenti” (in eccesso o in difetto)?
Per uomini e donne la
percentuale ideale si situa tra un minimo di
35 mg/dl e un massimo di 59 mg/dl.
Colesterolo LDL
Abbiamo visto che se l’HDL è il colesterolo trasportato via dalle cellule dalle lipoproteine ad alta densità, viceversa l’LDL è il colesterolo che dal fegato viene trasportato alle cellule del corpo formando un legame con le lipoproteine a bassa densità. Grandi quantità di queste molecole circolanti nel nostro sangue sono un possibile problema ma… attenzione, anche in questo caso, non cadiamo nei facili allarmismi.
Il colesterolo LDL non è, infatti, “cattivo” di suo. Vero è che può incrostare le arterie e restringerle fino a impedire il corretto afflusso di sangue ai nostri organi vitali – non solo cuore e cervello, ma anche polmoni e fegato – ma è anche vero che non tutto l’LDL circolante, anche qualora in eccesso, è ugualmente dannoso. Non tutto l’LDL che produciamo ha un effetto infiammatorio, ma bisogna distinguere tra LDL ossidato e LDL “sano”. Che significa? Che quando le lipoproteine a bassa densità si legano al colesterolo e iniziano a circolare nei vasi per raggiungere le zone del corpo in cui ve ne è necessità, possono incontrare composti molecolari instabili – chiamati radicali liberi – sorta di sostanze di scarto del metabolismo cellulare, che aggregandosi alle lipoproteine LDL ne inducono un processo di stress ossidativo che di fatto le danneggia. A quel punto le molecole di LDL ossidate vanno a depositarsi lungo le pareti dei vasi sanguigni formando le placche aterosclerotiche.
In generale, a noi interessa mantenere un buon rapporto tra colesterolo HDL e colesterolo LDL, ma anche questo non basta. L’ideale sarebbe avere anche una bassa produzione di radicali liberi, condizione che ci protegge da tutti i rischi ossidativi possibili, incluso quello legato all’aterosclerosi. Una dieta ricca di antiossidanti – per lo più grassi vegetali, fibre, vitamine di cui sono ricche soprattutto frutta e verdura e omega 3 del pesce – ci protegge anche da una dieta un po’ sbilanciata in calorie totali.
Tornando al colesterolo LDL, quali sono i valori da non superare?
Per uomini e donne:
Attenzione a livelli eccessivamente bassi di LDL, possono segnalare malattie metaboliche e disturbi intestinali con malassorbimento, malnutrizione e forme tumorali.
In linea di massima, però, dato che il problema più comune è quello di avere troppe lipoproteine LDL in circolo, in presenza di valori elevati è bene valutare con il proprio medico o, eventualmente, con il cardiologo, una terapia farmacologica.
In caso di ipercolesterolemia LDL lieve anche solo modificare lo stile di vita, dimagrire, fare più attività fisica e magari smettere di fumare sono altrettante “buone pratiche” in grado di invertire la tendenza.
Trigliceridi
Buona parte dei grassi presenti nostro corpo vengono sintetizzati sotto forma di
trigliceridi. Si tratta di molecole composte da
tre tipologie di acidi grassi – saturi, insaturi o misti – e da
glicerolo, un tipo di glucosio, e sono talmente importanti come
fonte di energia che l’organismo umano ne fa scorta in parte desumendoli dall’alimentazione, in parte producendoli da solo.
Attenzione: sono i trigliceridi i lipidi che forniscono energia all’organismo, mentre il colesterolo assolve ad altre funzioni. Teniamo a mente anche questo.

Proprio come il colesterolo, però, anche i
trigliceridi di origine alimentare – per lo più presenti nella carne, nei latticini, nei condimenti grassi ecc. – una volta arrivati nell’intestino, per poter essere trasportati nel sangue vengono coniugati a
lipoproteine, in questo caso chiamate
chilomicroni – grazie alle quali possono arrivare ai tessuti che necessitano di fonti energetiche per il presente, in particolare muscoli, fegato e cuore, o da immagazzinare per il futuro nelle cellule adipose. La quota di trigliceridi prodotta dal corpo, invece, è sintetizzata dal
fegato e trasportata in circolo da altre
lipoproteine a bassissima densità, in sigla
VLDL (Very Low Density Lipoprotein).
In condizioni di salute la quantità di trigliceridi totale circolante nel sangue non genera problemi, ma quando tale concentrazione aumenta eccessivamente si presentano gli stessi
rischi di una
ipercolesterolemia, per tale ragione entrambi i valori
si misurano in un unico test del sangue al fine di ottenere un profilo lipidico completo del paziente.
Ci sono molte ragioni per cui i nostri
trigliceridi siano in eccesso:
cause primarie legate alla
familiarità e cause secondarie associate ad uno stile di vita sedentario, dieta ipercalorica a base di zuccheri e grassi saturi e carenza di fibre e antiossidanti, cattive abitudini quali fumo e consumo eccessivo di bevande alcoliche o il soffrire di patologie croniche come il
diabete o le disfunzioni della
tiroide. Anche lo
stress può scombinare il nostro metabolismo e peggiorare il nostro profilo lipidico. Infine, un fattore da non sottovalutare che incide fortemente sui livelli di trigliceridi nel sangue sono i
farmaci: ormoni steroidei (in particolare
estrogeni, anche a scopo contraccettivo), diuretici, betabloccanti, retinoidi e farmaci antiretrovirali in particolare.
Vediamo dunque i
valori di trigliceridi da non superare per evitare di mettere a rischio la nostra salute cardiovascolare:
Alipoproteina A-1 (Apo A-1)
Torniamo a parlare del colesterolo “buono” (una qualifica non del tutto meritata, come abbiamo spiegato), e delle lipoproteine HDL che lo trasportano, per soffermarci sulla loro principale componente: la alipoproteina A-1 (Apo A-1). Ci serve per comprendere meglio il rapporto tra concentrazione di colesterolo HDL e colesterolo LDL perché la misuriamo insieme alla sua omologa LDL, ovvero la alipoproteina B (Apo B) che fa parte della molecola delle lipoproteine a bassa densità.
La Apo A-1 serve innanzi tutto per trasportare sia il colesterolo che i trigliceridi nel sangue, e in secondo luogo per riconoscere le cellule in cui tali lipidi sono presenti e legarsi ad esse, grazie a speciali recettori di cui è provvista questa proteina.
I livelli normali di Alipoproteina A -1 nel sangue per uomini è:
Per le donne:
Valori diversi da quelli segnalati possono avere diversi significati. Nello specifico, un aumento si può verificare anche a causa di un dimagrimento (in questo caso può essere un buon segno) oppure a seguito dell’assunzione di farmaci specifici per abbassare il colesterolo come le statine. Anche contraccettivi su base ormonale possono influire sui valori di questa lipoproteina aumentandoli. Un calo dei livelli di Apo A-1 nel sangue, invece, è attribuibile senza dubbio a cattive abitudini alimentari e al tabagismo, ma può anche essere conseguenza di problemi epatici o renali, diabete, assunzione di diuretici o farmaci beta-bloccanti.
Alipoproteina B (Apo B)
Completiamo l’
approfondimento sugli esami del sangue per il colesterolo e la misurazione degli altri grassi circolanti nel nostro corpo con l’ultima delle lipoproteine considerate: l
’alipoproteina B (Apo B) a bassa densità LDL. Tra le sue specifiche funzioni quella di trasportare il colesterolo e i trigliceridi nel sangue – seguendo il percorso inverso rispetto all’Apo A-1 – e di riconoscere sostanze presenti nelle cellule grazie ai suoi sensibili recettori.
I valori ideali di tali proteine nel sangue sono:
- Uomini: da 70 a 160 mg/dl
-
Donne: da 60 a 150 mg/dl
Valori superiori si riscontrano in caso di diabete, disfunzioni della tiroide (nello specifico nell’ipotiroidismo), nella insufficienza epatica e renale, a seguito dell’assunzione di farmaci betabloccanti, diuretici o ormonali. Naturalmente la causa più comune è di tipo alimentare: troppi grassi e zuccheri nella dieta possono sbilanciare la concentrazione delle lipoproteine circolanti. Anche lo stress incide in buona misura.
Valori inferiori sono invece sintomo di diete troppo povere di grassi o vegane, di anemia o malattie intestinali con malassorbimento, di patologie epatiche o di ipertiroidismo. Anche assumere farmaci di un certo tipo, tra cui estrogeni e statine (usate appunto per abbassare il colesterolo nel sangue), incidono.
Colesterolo e indice di rischio cardiovascolare (IRC)
Abbiamo ampiamente visto come e quanto misurare i livelli lipidici nel sangue possa aiutarci, anzi, aiutare il nostro medico, a definire il nostro
rischio cardiovascolare. Ma come si desume questo “valore”? Cosa e come ci dice quanto rischiamo davvero di subire un evento grave come un
infarto o un
ictus per “colpa” di un restringimento delle nostre vene o delle nostre arterie? E come facciamo a sapere se siamo aterosclerotici, se già le nostre
coronarie (le due grosse arterie del cuore), sono “incrostate” di colesterolo ossidato e depositato in placche?
In realtà non è così difficile. Esiste un
parametro internazionale, detto IRC –
indice di rischio cardiovascolare – che si basa sul
rapporto tra il colesterolo totale e il colesterolo HDL.
Per ottenere il nostro IRC, quindi, non dovremo fare altro che dividere le due cifre tra di loro:
colesterolo totale e HDL. Quindi, tanto per fare un esempio, un colesterolo totale di 220 mg/dl diviso un colesterolo HDL di 60 mg/dl danno come esito un indice di rischio cardiovascolare pari a 3,6, quindi alquanto basso.
Ovviamente
più sale l’indice, maggiori saranno i rischi per la nostra salute. In termini generali, la soglia da non superare è pari a
5 per gli uomini e a 4,5 per le donne.
Oltre al “semplice” IRC basato sui due parametri che abbiamo visto, è possibile stilare una vera e propria “
carta del rischio”, ben più accurata, che determina, con l’ausilio di un
algoritmo, la nostra
probabilità di andare incontro ad un
evento cardiovascolare nei prossimi 10 anni. Non ha un valore strettamente predittivo, ovviamente, ma ci può segnalare quanto siamo vulnerabili ad un attacco di cuore o ad un ictus in base a specifici parametri tra cui: età, genere, essere o meno fumatori, colesterolemia totale, colesterolo HDL, essere o meno diabetici, essere o meno sotto terapia antiipertensiva.
Questo strumento può essere applicato su
soggetti di età comprese tra i 35 e i 69 anni, escludendo le donne in gravidanza, purché non abbiano mai avuto precedenti eventi cardiaci e che non abbiano valori fuori standard (ad esempio una pressione troppo elevata o una colesterolemia totale superiore a 320 mg/dl). A seconda del punteggio ottenuto, e quindi dell’effettivo indice di rischio stimato, è opportuno
adottare delle contromisure anche solo nello stile di vita e ripetere la misurazione dopo sei mesi/un anno. Per le persone a
basso rischio (inferiore al 3%), basta un test ogni 5 anni.
Domande e risposte
1. Un colesterolo poco sopra 200 mg/dl è troppo alto?
Le linee guida relative ai valori-soglia del colesterolo totale si sono abbassate nel tempo. Pertanto anche un valore di 220 mg/dl, che fino a poco tempo fa era considerato ancora nella norma, ora viene valutato come lievemente sopra la soglia ideale. Questo non significa che il rischio cardiovascolare con livelli di colesterolo totale (considerato che conta soprattutto il rapporto tra lipoproteine LDL e HDL) fino a 240 mg/dl sia elevato, ma solo moderato. Pertanto una persona giovane che abbia un colesterolo tra 200 e 220 mg/dl non è propriamente considerata a rischio, ma è opportuno che cerchi di innescare una inversione di tendenza con la dieta e l’attività fisica.
2. Il consumo di alcool ha effetti sul colesterolo?
Il consumo (eccessivo) di alcool produce effetti diversi sulla salute, e può anche modificare i livelli di colesterolo nel sangue, proprio come l’alimentazione. Consumare troppi drink alcolici aumenta sia la concentrazione di colesterolo che di trigliceridi circolanti, con un aumento del rischio cardiovascolare. Va detto che nelle donne bastano quantità di alcool inferiori della metà rispetto ad un uomo per avere già delle conseguenze negative.
3. Il cibo che si consuma prima del test del sangue per il colesterolo incide sul risultato?
Sì, può blandamente incidere, ma solo se nei pasti che precedono il prelievo di sangue per il test – che si effettua a digiuno di almeno 8 ore – si esagera con il consumo di cibi grassi e calorici, come accade quando ci si abbuffa di cibo spazzatura. In genere si consiglia di seguire la propria dieta solita prima di sottoporsi a questo esame, proprio perché risulti attendibile. Pertanto anche cercare di correggere il tiro consumando il giorno prima del prelievo solo verdure o alimenti sconditi non avrebbe esiti importanti sul referto.
4. Qual è il livello di trigliceridi pericoloso?
La concentrazione ideale di questi grassi nel sangue è inferiore ai 150 mg/dl. Il grado di rischio aumenta in proporzione. Questa la tabella con gli indici di riferimento:
-
Tra 150 e 199 mg/dl rischio lieve
-
Tra 200 e 499 mg/dl rischio medio
-
Oltre 500 mg/dl rischio elevato
5. Cosa significa avere i trigliceridi alti?
I trigliceridi sono un tipo di grasso circolante nel sangue, proprio come il colesterolo, solo che i primi servono al corpo per produrre energia. Tuttavia, livelli eccessivi di trigliceridi aumentano il rischio di eventi cardiovascolari come infarti, embolie e ictus e rappresentano un segnale di allarme per la sindrome metabolica. Quest’ultima è una condizione prepatologica, che deriva da una combinazione di fattori negativi, tra cui pressione alta, trigliceridi alti nel sangue e colesterolo LDL elevato, glicemia alta e sovrappeso. La sindrome metabolica può sfociare in malattie cardiovascolari e diabete.