Indice
Domande e risposte
Introduzione: cosa vuol dire intervento di artrodesi vertebrale
L’
artrodesi vertebrale è una tecnica chirurgica che consente di
unire fra loro le
vertebre di un tratto della colonna allo scopo di
stabilizzarla e dare
sollievo alla
sintomatologia in caso di
patologia (fratture, deformità, discopatie gravi), rappresentata essenzialmente dal dolore e dalla difficoltà di movimento. La fusione delle vertebre, questo il significato anche etimologico del termine artrodesi, permette di bypassare le alterazioni e ripristinare l’equilibrio della colonna.
Questo tipo di intervento, eseguito da un
neurochirurgo specializzato in
chirurgia vertebrale, viene prescritto solo quando
tutte le
alternative terapeutiche conservative (farmaci,
fisioterapia, attività fisica specifica, terapie mediche) si sono mostrate
inefficaci.
L’artrodesi vertebrale può essere eseguita con tecnica open oppure con metodiche
mininvasive (artrodesi vertebrale percutanea), con tempi di recupero inferiori.
Il
costo di questa procedura
dipende dalle modalità con cui viene realizzata: la prestazione viene erogata gratuitamente dal sistema sanitario (SSN) e a costi che variano a seconda della struttura nel privato.
Può essere effettuata richiesta di
riconoscimento dell’invalidità civile se, a valle dell’intervento, permane un quadro residuo che impatta sulla mobilità.
Come sono fatte le vertebre
Le
vertebre sono le
ossa che, impilate l’una sull’altra e articolate fra loro in maniera da consentire il
movimento, formano la
colonna vertebrale. Quest’ultima ha funzioni di
sostegno del corpo e di
protezione del midollo spinale, parte del sistema nervoso centrale.
La colonna vertebrale è formata, in successione dall’alto verso il basso, da:
- 7 vertebre cervicali;
- 12 vertebre toraciche;
- 5 vertebre lombari;
- 5 vertebre coccigee parzialmente fuse fra loro a costituire l’osso sacro (coccige).
Pur avendo
forme diverse, possiedono una struttura generale comune. Ogni vertebra è formata da:
- Corpo vertebrale: è la parte centrale, che sostiene il peso, resiste allo sforzo di compressione legato alle vertebre soprastanti e ai carichi generati dal movimento;
- Archi neurali: si trovano posteriormente e delimitano il canale vertebrale, all’interno del quale si trova il midollo spinale. Ogni arco neurale è formato da una lamina ed un peduncolo nel punto in cui lamina e peduncolo si trovano le faccette articolari, che prendono contatto con le vertebre attigue.
Le vertebre consentono il passaggio dei nervi che emergono dal midollo spinale e sono diretti ai tessuti periferici.
Per
evitare la
compressione dei corpi vertebrali, le vertebre sono separate fra loro dai dischi intervertebrali, strutture dotate di un tessuto gelatinoso (nucleo polposo) racchiuso in un involucro fibroso. Quando, a causa dell’invecchiamento o di patologie, il nucleo perde idratazione o la struttura generale del disco si deforma, il nucleo può erniare, fuoriuscendo dall’anello fibroso: questa condizione è definita ernia del disco.
Le lesioni vertebrali possono, in generale, causare
compressione delle fibre nervose e dare luogo a fenomeni di paralisi motoria o alterazioni della sensibilità. Diventa quindi necessario, nei casi in cui il quadro non migliori con le terapie conservative, ricorrere all’intervento chirurgico.
Quando è indicata
L’artrodesi vertebrale è indicata in caso di traumi, patologie e alterazioni morfologiche congenite che provocano alterazioni della colonna tali da comprometterne gravemente la stabilità:
- Fratture della colonna vertebrale;
- Discopatie gravi: come descritto nei paragrafi precedenti, le deformazioni dei dischi intervertebrali possono alterare la struttura della colonna e i rapporti fra le vertebre. Una delle conseguenze è la compressione della radice di un nervo che emerge dal midollo spinale nel punto in cui è presente l’alterazione. Tipico è il caso della sciatica (più precisamente definita lombosciatalgia), una sindrome caratterizzata da dolore acuto e alterazione della sensibilità agli arti inferiori causata dalla compressione del nervo sciatico;
- Deformazioni: alcune alterazioni della morfologia della colonna possono causare instabilità della colonna tale da richiedere una immobilizzazione chirurgica. Ne sono esempi la scoliosi (deformità vertebrale che può comparire nell'età dello sviluppo scheletrico e che si presenta come una deviazione laterale della colonna con rotazione sul suo asse), la cifosi (curvatura della parte alta della colonna vertebrale in senso antero-posteriore e a concavità anteriore, ovvero quella che viene definita comunemente gobba) e la spondilolistesi (scivolamento di una vertebra rispetto a quella attigua) che provocano stenosi del canale midollare e quindi compressione delle radici dei nervi in uscita.
In presenza di
tali patologie, possono presentarsi
sintomi quali
mal di schiena (lombalgia),
dolore al collo e alla testa (cervicalgia),
sciatica (lombosciatalgia),
formicolio e
alterazioni della
sensibilità degli
arti (parestesie). Il dolore, in particolare, può essere debilitante e causare una pesante riduzione della qualità di vita, impattando sia sulla vita sociale e relazionale che su quella professionale.
La
chirurgia vertebrale non rappresenta il trattamento di
prima linea per tali patologie della colonna, il cui approccio è oggi di tipo conservativo. Si ricorre all’intervento solo dopo il fallimento di tutte le altre opzioni terapeutiche (terapia farmacologica, fisioterapia, ginnastica posturale, terapie mediche), quando la qualità di vita del paziente è gravemente compromessa dal dolore cronico.
Tipologie di intervento
A seconda del segmento di colonna interessato, si procede con un
intervento di:
- Artrodesi vertebrale cervicale (o artrodesi delle vertebre cervicali): viene eseguita per trattare fratture, esiti di traumi, ernie cervicali, tumori, infezioni, spondilosi cervicale, stenosi cervicale, fenomeni degenerativi (artrosi cervicale grave) che riguardano le vertebre cervicali. L’intervento viene effettuato con accesso anteriore (con incisione sul lato destro o sinistro del collo) oppure posteriore in funzione del quadro clinico e delle caratteristiche del paziente. L’accesso anteriore comporta un recupero più rapido, ma può essere praticato solo in casi selezionati. Dopo l’intervento, può essere prescritto l’uso di un collare (ortesi, dispositivo medico esterno) di sostegno;
- Artrodesi vertebrale toracica (o artrodesi delle vertebre toraciche): viene praticata per trattare gravi fratture, tumori, ernie del disco che interessano le vertebre toraciche. Può essere eseguita con accesso anteriore, con asportazione di parte dello sterno o sfruttando la presenza degli spazi fra le coste: in questo caso, la chirurgia è di tipo mininvasivo. Si sfrutta l’accesso posteriore in particolare quando si deve correggere una deformità (scoliosi, cifosi) o per trattare le conseguenze di un trauma. La chirurgia con accesso posteriore prevede l’esecuzione di una incisione mediana sulla schiena;
- Artrodesi vertebrale lombare (o artrodesi delle vertebre lombari): l’approccio più diffuso è quello per via posteriore, che richiede l’esecuzione di un’incisione al centro della schiena nella regione lombare; in alternativa, in determinati casi, vengono praticate più incisioni nel basso addome (sede sovrapubica) o attorno all’ombelico (sede periombelicale).
Artrodesi vertebrale: cosa fare prima
In previsione dell’intervento, riferisci al
chirurgo eventuali
farmaci assunti (anche integratori alimentari) e
patologie presenti. Lo specialista stabilirà se è necessario che tu sospenda o meno la terapia.
In occasione della visita prechirurgica, porta con te i risultati degli
esami precedentemente effettuati e tutta la
documentazione clinica necessaria a chiarire il quadro.
Come si svolge e quanto dura l’intervento di artrodesi vertebrale
L’intervento di artrodesi vertebrale viene eseguito in
anestesia generale ed è finalizzato all’unione di più vertebre, che vengono collegate fra loro usando viti inserite a livello peduncolare (viti peduncolari). Le viti vengono unite tramite barre di titanio e chiuse con dei dadi. Questo tipo di chirurgia blocca i movimenti reciproci fra le vertebre, eliminando di fatto l’articolazione presente fisiologicamente.
Di recente, si è diffuso l’impiego di
tecniche di artrodesi intersomatica, in base alle quali, oltre al posizionamento delle viti peduncolari, viene rimosso il disco vertebrale, sostituito con una gabbia (cage) costituita di materiale plastico (PEEK) o titanio. Questa soluzione consente di riallineare meglio il segmento vertebrale interessato e di ripristinare la corretta distanza fra i corpi vertebrali e la curvatura fisiologica della colonna.
L’intervento può essere eseguito secondo due approcci:
- Per via posteriore (artrodesi vertebrale posteriore): è quello più comunemente usato e prevede il posizionamento di viti peduncolari, barre, cage, distanziatori. L’accesso al sito chirurgico può essere effettuato tramite un’incisione unica sulla schiena oppure eseguendo incisioni di lunghezza minore in sede laterale: quest’ultima soluzione è parte di una tecnica mininvasiva, che può però essere effettuata solo in alcuni casi;
- Per via anteriore (artrodesi vertebrale anteriore): vengono utilizzati dispositivi medici (viti, barre, cage, distanziatori) di tipo diverso, per raggiungere obiettivi differenti ed è associato al vantaggio di non incidere i muscoli della schiena e, quindi, di permettere un recupero più rapido. Questa tecnica non è indicata nei pazienti che presentano un restringimento (stenosi) di grado elevato del canale vertebrale.
L’approccio anteriore e quello posteriore possono essere
combinati.
La
fusione fra le vertebre può essere promossa tramite l’inserimento di un innesto osseo (artrodesi vertebrale con innesto osseo), che può essere autologo (cioè prelevato dalla stessa vertebra su cui si interviene) o omologo (chip di osso trattato o pasta di osso). Nei casi più gravi, possono essere inserite stecche di osso mirate alla ricostruzione della parete posteriore del canale vertebrale. Ciò avviene soprattutto in caso di tumori, il cui trattamento richiede l’asportazione di masse di tessuto di dimensioni anche importanti. Migliorando la
stabilizzazione dei segmenti ossei che vengono uniti, l’inserimento dell’innesto osseo permette di
aumentare le possibilità di
successo dell’intervento.
La durata dell’intervento dipende dal problema per cui viene eseguito e dalla metodica seguita, dalle 2 ore circa della artrodesi vertebrale mininvasiva alle 4 e oltre della artrodesi posteriore effettuata per correggere una
scoliosi grave.
Cosa fare dopo: il post operatorio e la riabilitazione
Questo tipo di chirurgia prevede un
ricovero di 2-4 giorni.
Eccettuati i casi in cui il chirurgo vertebrale prescrive il riposo assoluto per un determinato periodo di tempo, il paziente comincia a camminare subito dopo l’intervento, anche se la guarigione completa viene ottenuta a distanza di 1-3 mesi. Ad alcuni pazienti viene prescritto l’uso di un busto di sostegno.
A tutti vengono prescritte visite di controllo ed esami diagnostici (
radiografie,
TC), mirati a verificare l’esito della chirurgia. Nel corso dei controlli, il chirurgo vertebrale dà anche l’ok per la ripresa graduale dell’
esercizio fisico.
Il
movimento viene
incoraggiato dai
medici, che raccomandano l’esecuzione di esercizi ogni giorno a casa: inizialmente si tratta di camminate, ma poi si possono aggiungere sport quali la cyclette e il nuoto. In questo ambito, la consulenza del fisioterapista permette di individuare un protocollo adeguato alle caratteristiche del paziente e per la tipologia di intervento effettuato. Durante l’attività fisica, è normale, nella prima fase, avvertire una certa tensione locale, che non deve però essere dolorosa.
Complicanze dell'artrodesi vertebrale
Dati gli spazi ridotti in cui il
neurochirurgo deve
agire, i rischi correlati all’artrodesi vertebrale sono legati alla possibilità di ledere le strutture anatomiche attigue alla colonna vertebrale: nervi, midollo spinale, vasi sanguigni (ad esempio lesioni dell’aorta polmonare), organi (intestino, uretere, fegato, milza).
La complicanza più seria è rappresentata dal danno midollare, che può avere conseguenze a livello motorio. Possono subentrare difficoltà di movimento fino alla paralisi di un arto (emiplegia), due arti (paraplegia) o di tutti e 4 gli arti (tetraplegia). Possono verificarsi alterazioni della sensibilità come sensazioni di formicolio (parestesie) o, nei casi più gravi. Nei casi più gravi, il paziente può andare incontro al decesso. I rischi aumentano nei casi di grave stenosi del canale vertebrale. Non bisogna, però, perdere di vista il fatto che l‘artrodesi vertebrale è un intervento ormai collaudato e sicuro. Le complicanze gravi sono infatti di condizioni correlate ad una frequenza molto bassa, rarissime per le équipe che operano nei centri di alta specializzazione.
La
lesione delle
fibre nervose in uscita dal midollo spinale può causare
neuropatie di diverso grado.
Possono anche verificarsi emorragie, casi di dolore intenso che permane a distanza dall’intervento, infezioni, peggioramento della sintomatologia. L’artrodesi cervicale può causare la comparsa della cosiddetta sindrome di Horner, dovuta alla lesione delle fibre che innervano l’occhio passando nel loro percorso attraverso il midollo spinale.
L’esecuzione di artrodesi con accesso anteriore può comportare l’insorgenza di pneumotorace (collasso del polmone) o emotorace (presenza di sangue nel polmone): il rischio può essere limitato con un corretto drenaggio post operatorio.
Il rischio di
complicanze può essere limitato rivolgendosi a chirurgi specializzati in questo settore che operano in centri specializzati nella chirurgia vertebrale. Ciò aumenta la sicurezza e migliora le probabilità di successo della chirurgia: in alcuni casi, infatti, l’intervento può, anche in assenza di conseguenze negative, non produrre il risultato desiderato, ovvero quello di saldare le vertebre fra di loro. In questi casi, il paziente deve sottoporsi ad una nuova operazione.
Prima di procedere con l’intervento è inoltre necessario effettuare una
corretta valutazione della possibilità che le
complicanze si manifestino, attraverso l’analisi dei fattori di rischio cui è soggetto il paziente. Occorre considerare se è fumatore, se soffre di malattie croniche o assume farmaci, se si tratta di un primo intervento o di una revisione (in questo caso i rischi aumentano). La possibilità che compaiano complicanze si riduce anche attraverso una accurata scelta della metodica con cui intervenire.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Cosa non fare dopo artrodesi?
La raccomandazione più importante è quella di seguire le prescrizioni del chirurgo vertebrale che ha eseguito l’operazione. Mentre in genere il paziente viene incoraggiato a camminare subito dopo l’intervento, anche se la guarigione completa viene ottenuta a distanza di 1-3 mesi, in alcuni casi è necessario osservare un periodo variabile di riposo assoluto a letto. Ad alcuni pazienti, inoltre, viene prescritto l’uso di un busto di sostegno. Evitare di saltare i controlli previsti (visite, radiografie, TC), mirati a verificare l’esito della chirurgia e a comprendere quando è possibile ricominciare a fare esercizio fisico e con quali modalità. Il movimento viene incoraggiato dai medici, che raccomandano l’esecuzione di esercizi ogni giorno a casa: inizialmente si tratta di camminate, ma poi si possono aggiungere sport quali la cyclette e il nuoto. È necessario evitare di praticare sport che non siano stati consigliati o approvati. In questo ambito, la consulenza del fisioterapista permette di individuare un protocollo adeguato alle caratteristiche del paziente e per la tipologia di intervento effettuato. Durante l’attività fisica, è normale, nella prima fase, avvertire una certa tensione locale, che non deve però essere dolorosa: non proseguire nella pratica sportiva se si avverte dolore.
Cosa fare dopo artrodesi?
Eccettuati i casi in cui il chirurgo vertebrale prescrive il riposo assoluto per un determinato periodo di tempo, si può ricominciare a camminare subito dopo l’intervento, anche se la guarigione completa viene ottenuta a distanza di 1-3 mesi. Solo in alcuni casi viene prescritto l’uso di un busto di sostegno. Sempre vengono prescritte visite di controllo ed esami diagnostici (radiografie, TC), mirati a verificare l’esito della chirurgia. Nel corso dei controlli, il chirurgo vertebrale dà anche l’ok per la ripresa graduale dell’esercizio fisico. Il movimento viene incoraggiato dai medici, che raccomandano l’esecuzione di esercizi ogni giorno a casa: inizialmente si tratta di camminate, ma poi si possono aggiungere sport quali la cyclette e il nuoto. La fisioterapia deve essere effettuata secondo protocolli ad hoc stabiliti in base alle caratteristiche del paziente e alla tipologia di intervento effettuato.
Quanto dura l’intervento di artrodesi vertebrale?
Da un minimo di 2 ore fino a 4 ore e più.
Quanto dura il dolore dopo stabilizzazione vertebrale?
Il dolore permane per un intervallo di tempo variabile, in riduzione man mano che ci si allontana dall’intervento. Se si riacutizza, peggiora o assume caratteristiche anomale, è bene sottoporsi d un controllo presso il chirurgo.