Articolazione del ginocchio, caviglia e piede: interventi e rigenerazione

Articolazione del ginocchio, caviglia e piede: interventi e rigenerazione

Indice

Domande e Risposte

Intervento a ginocchio caviglia e piede anche in condizioni difficili

Un trauma o una malattia possono compromettere la funzionalità di una articolazione a livello del ginocchio o della caviglia. Per migliorare il processo di guarigione sono state sviluppate nuove soluzioni promettenti come tecniche di ingegneria tissutale, tecnologie basate sull’utilizzo di cellule e/o fattori di crescita, protesi personalizzate grazie alla stampa 3D. Riparare, ricostruire, rigenerare sono le parole più usate dagli ortopedici italiani. Ecco le ultime novità.

Ginocchio. Ricostruire il crociato 

L’articolazione del ginocchio si compone di 4 legamenti principali.
Immagine di legamenti del ginocchioTra questi, il legamento crociato anteriore (Lca), limitando lo spostamento anteriore della tibia, mantiene la stabilità strutturale del ginocchio quando si cammina, si corre, cioè durante il movimento. Come è noto, il crociato anteriore può essere facilmente danneggiato nel corso di attività sportive, incidenti stradali, rotazioni forzate o un'eccessiva estensione del ginocchio. La lesione totale o parziale del crociato è uno dei traumi sportivi più comuni, in modo particolare nello sci e nel calcio.

Il sintomo principale di una lesione del crociato è la sensazione che il ginocchio ceda, che qualcosa si sia rotto all'interno oppure che qualcosa sia andato fuori posto. I sintomi principali sono il dolore, il gonfiore e la difficoltà a muovere l'articolazione. Tali disturbi rientrano nel giro di due settimane di riposo, grazie all’applicazione di ghiaccio e all’uso di antinfiammatori, ma permane l'instabilità, tanto che, uno sportivo, non può svolgere l’attività abituale. In caso di lesione parziale a volte è possibile evitare l'intervento facendo ginnastica di rinforzo dei muscoli della coscia.

Questo legamento, quando danneggiato, non guarisce da solo e, cosa non secondaria, deve essere riparato perché, se non si interviene, può compromettere la normale stabilità dell’articolazione e il fine equilibrio biomeccanico delle varie strutture del ginocchio. Il movimento, non più armonico, causa danni ai menischi, degenerazione della cartilagine e facilita lo sviluppo di un’artrosi precoce.
Proprio per questo, il trattamento chirurgico, con la relativa ricostruzione del legamento, viene proposta a tutti i pazienti giovani. Tuttavia, l’incidenza della degenerazione articolare, per varie ragioni (età, peso, livello di attività) rimane elevata anche dopo un intervento chirurgico di ricostruzione convenzionale.
La ricostruzione del legamento crociato è quindi un intervento che ha una procedura specifica per il singolo paziente e che deve tener conto dei fattori che possono compromettere il buon esito dell’intervento.

L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore

La chirurgia di riparazione del legamento crociato anteriore è una procedura usata molto frequentemente che ricostruisce il legamento leso sostituendolo con un tessuto sostitutivo. Questo può essere un tendine prelevato dallo stesso paziente (innesto) o, più raramente, un tessuto prelevato da un donatore di organi (trapianto). Nel caso di innesto il tessuto prelevato può essere la porzione centrale del tendine rotuleo (che connette la rotula con la tibia), i tendini della zampa d'oca (gracile e semitendinosi) oppure la porzione centrale del tendine quadricipite.

L’intervento è eseguito con tecnica artroscopica, una procedura mini-invasiva, che può essere eseguita in anestesia loco-regionale e che, mediante un apparecchio chiamato artroscopio, permette di visualizzare le strutture articolari del ginocchio. Questa tecnica ha praticamente sostituito la classica, detta a cielo aperto, che oggi si utilizza solo per riparare particolari condizioni come la lussazione della rotula o gravi lesioni della capsula articolare. Il recupero completo della funzionalità dell’articolazione si ottiene grazie a un programma riabilitativo che può variare a seconda della tecnica chirurgica utilizzata e del tipo di procedure chirurgiche eseguite. In ogni caso, prevede esercizi che permettono un recupero completo della mobilità e del tono muscolare della gamba.

Tra le tecniche chirurgiche impiegate, quella della ricostruzione del legamento a doppio fascio permette una ricostruzione anatomica del crociato. Negli anni più recenti, però, si è assistito a una riduzione dell’utilizzo di questa tecnica, probabilmente a causa della sua complessità.
Un recente sondaggio condotto fra ortopedici esperti di ricostruzione del crociato in ambito sportivo professionistico (football americano di college) ha mostrato come, su 137, solo uno preferisse la tecnica a doppio fascio. Secondo gli espetti della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot), la tecnica a doppio fascio può avere sicuramente ancora un ruolo. Il motivo? Con questo tipo di ricostruzione ci si avvicina sempre di più all'anatomia naturale del legamento crociato anteriore, formato e costituito da due fasci - antero-mediale e postero-laterale. 

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Dal legamento crociato al menisco da salvare

I menischi sono strutture fibrocartilaginee del ginocchio a forma approssimativamente triangolare simile alla C. La loro funzione è diminuire lo stress di carico sulla cartilagine articolare e dare stabilità. I menischi hanno anche un ruolo nella lubrificazione, nella nutrizione e nella propriocezione dell’articolazione del ginocchio. Le lesioni del menisco Immagine che ritrae protesi di anca e ginocchiosono abbastanza frequenti, soprattutto in persone giovani e sportive, e sono provocate da un trauma acuto dovuto a movimenti combinati di flessione e rotazione. Le lesioni traumatiche si distinguono da quelle degenerative, legate all’età. Spesso a queste lesioni si associa la rottura dei legamenti, in particolar modo quando viene coinvolto il menisco mediale o interno. La rottura del menisco per un trauma distorsivo, tipico di chi gioca a calcio o fa sci, si verifica quando c’è contemporaneamente la flessione di 20 gradi del ginocchio, mentre il piede bloccato a terra. Fino a 20-30 anni fa, l’asportazione dei menischi, (meniscectomia) era uno degli interventi più eseguiti in chirurgia ortopedica, ma i risultati a lungo termine non erano del tutto soddisfacenti.

Negli ultimi decenni si è iniziato a parlare di conservazione meniscale per prevenire le lesioni degenerative della cartilagine articolare del ginocchio. Nelle lesioni traumatiche e nei soggetti giovani, la prima linea di scelta è la sutura e non la rimozione del menisco, anche parziale. Soprattutto nelle lesioni longitudinali e specialmente nelle zone vascolarizzate, dicono gli esperti della Siot, la percentuale di successo è molto alta. Riguardo invece le lesioni meniscali degenerative, molti studi recenti hanno evidenziato che la meniscectomia selettiva non dà risultati superiori se confrontati con il trattamento conservativo. Quindi la prima opzione di scelta deve essere un trattamento conservativo e la meniscectomia selettiva deve essere presa in considerazione soltanto in caso di fallimento della terapia conservativa. Oggi il concetto che deve diffondersi nella cultura del chirurgo ortopedico è ‘Salvare il menisco’ con le modalità e le terapie più consoni al paziente che si ha di fronte. I progressi nelle tecniche chirurgiche hanno ampliato le possibilità di riparazione del menisco. Oggi il tasso riportato di fallimento della riparazione meniscale varia da 0 a 43,5%, con una media del 15%, in base alle condizioni del paziente. Il trattamento delle lesioni meniscali rappresenta una complessa e interessante sfida a causa dello scarso potenziale intrinseco di riparazione del tessuto fibrocartilagineo. Per migliorare il processo di guarigione meniscale sono state sviluppate nuove soluzioni promettenti come tecniche di ingegneria tissutale, tecnologie basate sull’indirizzo di cellule e/o fattori di crescita, stampa 3D

Protesi al ginocchio: risultati da migliorare

Circa il 20% dei pazienti sottoposti a impianto di protesi di ginocchio non è soddisfatto del risultato, nonostante la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie. Gli ortopedici della Siot hanno individuato dei fattori chiave per migliorare i risultati di questa chirurgia. Uno degli obiettivi della protesizzazione di ginocchio è ristabilire un movimento articolare (cinematica) che riproduca quella del ginocchio nativo. Ci sono infatti trattati i differenti approcci in termini di allineamento (meccanico vs cinematico), di bilanciamento dei tessuti molli (gap balancing vs resezioni misurate) e di grado di vincolo. Recentemente sono stati introdotti nuovi strumenti come la navigazione o la chirurgia robotica, che rappresentano validi strumenti di intervento, insieme alla gestione post operatoria del paziente come il fast track (riportare nel più breve tempo possibile il paziente al suo equilibrio).

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Caviglia e piede: la chirurgia è rigenerativa

Immagine che raffigura una caviglia in radiografiaLa rigenerazione della cartilagine è, da oltre 20 anni, un argomento di interesse e sono numerosi i tentativi di ingegneria tissutale per cercare di riprodurre quello cartilagineo che manca a livello articolare: dalla caviglia al ginocchio, fino all’anca si cerca infatti di riprodurlo in laboratorio. Un grande cambiamento è avvenuto negli ultimi cinque in questo settore grazie all’arrivo di nuove tecnologie e l’impiego delle cellule mesenchimali. Queste possono essere prelevate dal tessuto adiposo, quindi dalla pancia o dal midollo osseo del soggetto stesso. Una volta concentrate, possono essere iniettate a livello delle articolazioni e, con adeguati stimoli di tipo biochimico, induce la rigenerazione del tessuto e aiuta la guarigione delle lesioni. Si tratta prevalentemente di cartilagine, ma in alcuni casi, come nella spalla, anche di tessuto tendineo.  

Una volta montata una protesi alla caviglia e ristabilita l’articolazione, può verificarsi un problema noto come instabilità legamentosa. Questa condizione interessa soprattutto i legamenti in sportivi, ma può essere dovuta a una protesi di caviglia montata male, da una ricostruzione dell’articolazione non adeguata o perché si è verificata una degenerazione articolare. Ci sono poi delle malattie, come l’artrite reumatoide, che compromettono la durata dell’intervento. In questi pazienti i legamenti, a causa della malattia, possono spesso degenerare nel tempo per poi cedere. L’artrite reumatoide è dunque una delle indicazioni più frequenti di intervento di protesizzazione di caviglia. In questi pazienti, però, a distanza di cinque-dieci anni, la protesi può diventare instabile e gli ortopedici devono eseguire procedure chirurgiche di ricostruzione del legamento su una protesi di caviglia. Inoltre, molte volte, tale instabilità non è semplicemente dovuta a un legamento, ma al fatto che la protesi è stata impiantata non perfettamente in asse o in modo non corretto. Per poterne garantire nuovamente la stabilità vi sono però degli accorgimenti o delle riprese chirurgiche di protesi di caviglia che possono essere eseguite brillantemente.   

Le protesi in situazioni difficili

Malattie più o meno gravi possono complicare il quadro clinico e rendere l’intervento ortopedico più complesso. La presenza di infezioni, nel post intervento, è un’altra delle condizioni che rendono difficile il recupero del paziente.
L’emofilia, una delle più frequenti tra le malattie rare, in cui c’è un difetto nella coagulazione del sangue, i principali problemi si riscontrano nel ginocchio, nella caviglia e nel gomito. Nell’articolazione si può infatti accumulare del sangue (emartro) favorendo una grave degenerazione articolare e conseguente compromissione della qualità della vita del paziente. Proprio per questa possibile complicanza, nelle prime fasi di comparsa del disturbo articolare (artropatia) il primo approccio terapeutico consigliato è di tipo fisioterapico o infiltrativo, mentre negli stadi più avanzati si ricorre alla chirurgia protesica.

Nelle protesi di ginocchio e dell’anca, i moderni sistemi protesici che usano materiali più resistenti all’usura hanno migliorato sensibilmente la qualità di vita di chi soffre di con emofilia, con ottimi tassi di sopravvivenza nei follow-up a lungo termine. Nella caviglia e nel gomito, invece, la protesi primaria non raggiunge ancora i risultati ottenuti nel ginocchio e nell’anca. La chirurgia protesica nell’emofilia è un intervento ormai considerato di routine, ma nei centri specialistici dedicati alla gestione di questi pazienti, dove i clinici riescono a ottenere ottimi e duraturi risultati a fronte di complicanze ridotte, nonostante il rischio sia più elevato per chi ha l’emofilia. La prevenzione delle complicanze emorragiche, attraverso il trattamento ematologico precoce, e il ricorso a procedure conservative per rallentare l’evoluzione delle alterazioni articolari tipiche della patologia rara, sono tutte precauzioni fondamentali nella gestione di problemi articolari in pazienti con emofilia. 

In tutti i pazienti, una complicanza molto temuta dagli ortopedici è l’infezione periprotesica. Nella gestione di questa complicanza è fondamentale l’approccio multidisciplinare. Accanto all’ortopedico ci dovrebbero essere l’infettivologo e il microbiologo. Due questioni molto dibattute in letteratura sulla diagnosi di infezione riguardano la scelta tra la revisione in uno o due tempi chirurgici e la scelta sull’utilizzo del cemento con già presente l’antibiotico o meno.

In ogni caso è opportuno ricordare che esistono molteplici fattori di rischio nell’insorgenza delle infezioni periprotesiche:

Domande e risposte

La rottura del legamento del ginocchio richiede sempre un intervento chirurgico?

No: molte persone, possono avere una vita normale e svolgere una modesta attività sportiva, anche senza ricorrere alla ricostruzione del crociato. Quando invece si desiderano svolgere attività sportive che comportano rotazioni sul ginocchio (calcio, calcetto, pallavolo, pallacanestro, tennis) l’intervento di ricostruzione va preso in considerazione.

Dopo un intervento al ginocchio quanto tempo deve passare per tornare a fare sport?

Dipende dal tipo di lesione e soprattutto dal tipo di intervento: meniscectomia o sutura meniscale. È il chirurgo che, attraverso l’analisi di alcune caratteristiche fisiche come il tono muscolare, il controllo del movimento, la postura e la condizione fisica generale può dare l’ok alla ripresa dell’attività fisica.  
Anche il tipo di sport praticato può fare la differenza: il nuoto non ha lo stesso impatto della corsa e può essere ripreso prima. In genere, nel caso di meniscectomia la ripresa avviene attorno al 2° mese; nella sutura meniscale attorno al 4°/5° mese.

Quali sintomi, dopo un intervento ortopedico, indicano che si deve chiamare il medico? 

La comparsa di febbre oltre i 38 gradi, un improvviso dolore con gonfiore pulsante e senso di tensione, il gonfiore del piede e caviglia con perdita di sensibilità, un forte dolore al polpaccio, anche al tatto, con rossore e calore cutaneo, sono tutti elementi che richiedono la consulenza di un medico.

Indossare un tutore può indebolire i muscoli?

No. Si tratta di un falso mito. Indossare una cavigliera durante l’attività fisica, ad esempio, serve a prevenire nuove lesioni. Questo non significa che i muscoli della caviglia non vengano più utilizzati. Quando non si pratica attività sportiva, i muscoli della caviglia vengono stimolati a sufficienza.
I tutori, inoltre, sono funzionali, cioè evitano movimenti che possono causare una lesione, una distorsione. Dopo una lesione a un legamento della caviglia, ad esempio, bisogna recuperare il tono dei muscoli e migliorare la coordinazione nell'area circostante. Indossare un tutore, anche durante gli esercizi muscolari, permette di recuperare la funzionalità riducendo il rischio di nuovi danni.

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