Aggiornato il 21.03.2023
Gli antinfiammatori sono farmaci che agiscono inibendo la sintesi e l’attività delle sostanze coinvolte nel meccanismo dell’infiammazione. I FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) sono una sottocategoria di antinfiammatori di tipo non cortisonico. Come tali, non rientrano nelle classi di sostanze vietate dalle norme anti doping.
Benché si tratti di un gruppo di medicinali vendibile (in bustine, compresse, sciroppo, gel per uso topico, fiale per iniezione intramuscolo…) anche senza obbligo di ricetta medica ed entrati nell’utilizzo comune, come tutti gli altri farmaci sono correlati al rischio di reazioni avverse e controindicazioni.
In particolare, uno studio canadese pubblicato sul British Medical Journal nel 2017 ha messo in evidenza un legame fra l’assunzione di antinfiammatori FANS e l’innalzamento del rischio di infarto. Il rischio è maggiore nelle persone che assumono dosi elevate di questi farmaci, ma non si modifica per le terapie a lungo termine.
Questa e altre ricerche hanno contribuito ad alzare l’attenzione sulla necessità di un uso appropriato degli antinfiammatori non steroidei, soprattutto se in regime di automedicazione.
Un FANS (Farmnaci Antinfiammatori Non Steroidei):
L’infiammazione è un meccanismo di difesa dell’organismo che subentra in risposta a un danno di diversa origine (infettiva, traumatica, degenerativa…). Comprende una serie di reazioni scatenate dal rilascio di particolari sostanze chimiche, che agiscono come mediatori, ossia facilitatori di eventi. Lo scopo è quello di neutralizzare la causa della lesione e attivare la risposta rigenerativa.
Cosa succede, a grandi linee, quando si innesca un processo infiammatorio?
Il meccanismo d’azione dei FANS si basa sull’inibizione del gruppo di eventi responsabile dell’avvio e del mantenimento dell’infiammazione, la cosiddetta cascata dell’acido arachidonico. Questa azione viene portata avanti attraverso l’inibizione di un enzima coinvolto nella cascata, la cicloossigenasi (COX). Questi farmaci intervengono dunque sugli effetti dell’infiammazione, interrompendo la catena a metà del percorso e non a monte. Non agendo sulle cause, hanno in genere un effetto sintomatico e non di risoluzione definitiva.
La cicloossigenasi (COX) è presente nell’organismo in due forme: COX-1 e COX-2. Per produrre l’effetto terapeutico, idealmente i FANS dovrebbero intervenire solo sulla COX-2, ma in realtà non sono selettivi e agiscono su entrambe. Questo è alla base di alcuni dei loro principali effetti collaterali, in particolare a livello di:
L’assunzione di FANS è controindicata nelle persone che soffrono di favismo.
Particolare attenzione deve anche essere rivolta ai soggetti diagnosticati con asma, nei quali i FANS possono indurre la sintesi delle sostanze responsabili degli attacchi.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Montreal ha condotto una revisione sistematica dell’azione di alcuni FANS in 446.000 individui (61.460 dei quali con una pregressa storia di infarto del miocardio).
L’analisi ha evidenziato un aumento del rischio di infarto del miocardio stimato in: +24% per il celecoxib, +48% per l’ibuprofene, +50% per il diclofenac, +53% per il naprossene, +58% per il rofecoxib (già nel frattempo ritirato dal commercio, come precisato nei paragrafi precedenti). I dati mostrano che il picco di eventi viene raggiunto entro il primo mese di terapia, ma l’aumento del rischio è già evidente nella prima settimana. Il rischio maggiore è associato ai dosaggi più elevati, ma non all’aumento della durata del trattamento.
Questo studio è particolarmente importante perché la correlazione fra assunzione di FANS ed eventi cardiovascolari avversi era già stata evidenziata, ma la comunità scientifica non era mai riuscita a quantificare il rischio. Uno studio danese del 2014 aveva già evidenziato un legame fra l’uso (anche saltuario) di FANS e l’aumento (fino al 30%) del rischio di arresto cardiaco. Il farmaco più impattante da questo punto di vista è stato il diclofenac (cui è associato un aumento del rischio di arresto cardiaco del 50%), seguito dall’ibuprofene (31%); naprossene e celecoxib hanno mostrato un profilo di sicurezza migliore.
Fra i farmaci considerati in questi studi non è compreso l’acido acetilsalicilico, che ha invece effetto protettivo sul cuore, tanto da essere utilizzato nella prevenzione del rischio cardiovascolare.
Si sente spesso parlare di interazione fra alcol e farmaci. Questo si verifica specialmente a valle di episodi di cronaca nera che coinvolgono personaggi di spicco del mondo dello showbusiness. È capitato, per citare due esempi, nel caso di due star acclamate come Whitney Houston e Amy Winehouse.
Tuttavia, la maggior parte delle persone è convinta che solo l’assunzione di farmaci attivi sul sistema nervoso centrale sia incompatibile con il consumo di alcol. Una convinzione sbagliata: come per molte altre categorie di medicinali, anche per i FANS è consigliata l’interruzione del consumo di alcolici durante la terapia.
Il metabolismo dell’alcol avviene principalmente a livello epatico, dove i composti potenzialmente tossici che ingeriamo vengono trasformati per poter essere eliminati. Per esercitare questa azione, il fegato si avvale di sistemi detossificanti, fra cui il citocromo p450 e l’alcol deidrogenasi (ADH). L’acido acetilsalicilico e altri FANS inibiscono l’attività della ADH, rallentando l’eliminazione dell’alcol. Inoltre, molti farmaci influenzano l’azione del citocromo p450, modificando i tempi con cui le diverse sostanze vengono metabolizzate. Infine, questi sistemi vengono potenziati dall’assunzione crescente di alcol o farmaci.
Esiste poi un effetto più diretto, da contatto, che la combinazione di alcol e FANS produce sulla mucosa dello stomaco e di tutto l’apparato digerente: l’etanolo irrita le mucose aumentando il rischio di sanguinamento già indotto dai farmaci.
Gli effetti della combinazione alcol-antinfiammatori non sono uniformi nella popolazione. Ad esempio, le donne hanno sistemi enzimatici meno potenti, per ragioni genetiche: questo spiega perché metabolizzano l’alcol e numerosi medicinali con più difficoltà.
Meritevole di attenzione è anche il rapporto fra i giovani, l’alcol e il consumo di FANS. Una survey condotta dalla Fondazione Attilia Pofferi nelle scuole superiori di Pistoia, nell’ambito di uno studio che si è protratto dal 2012 al 2015, ha evidenziato alcuni aspetti interessanti nel comportamento dei giovanissimi. L’antinfiammatorio più usato dagli adolescenti risulta essere il ketoprofene (il 71% ne fa uso), seguito da paracetamolo, ibuprofene, nimesulide, acido acetilsalicilico e diclofenac. Ma, soprattutto, la ricerca mostra come l’uso di antinfiammatori sia maggiore nei ragazzi che bevono più alcolici. Una rilevazione che impone un maggior investimento di risorse nell’educazione dei giovani, così come di tutta la cittadinanza, sui rischi correlati all’assunzione di FANS, soprattutto se combinati con l’alcol.
Come si è anticipato nei paragrafi precedenti, i FANS (eccetto l’acido acetilsalicilico a basse dosi) interferiscono con la filtrazione renale, riducendo la capacità dei reni di eliminare alcuni sali minerali. Ne deriva un aumento della pressione arteriosa: in alcuni casi, quindi, prendere antinfiammatori può limitare l’efficacia della terapia anti-ipertensiva.
In particolare, il trial clinico PRECISION ha analizzato gli effetti ipertensivi dei FANS usati per il trattamento cronico dell’artrite reumatoide (naprossene, celecoxib e ibuprofene). Dei 3, il farmaco che sembra avere un’azione più marcata è l’ibuprofene.
Alla luce dei dati emersi, è possibile trarre una serie di conclusioni. La prima è che il rischio cardiovascolare legato ai FANS è legato non solo alla riduzione dell’attività delle piastrine, ma anche all’aumento della pressione arteriosa. La seconda è che l’effetto sulla pressione arteriosa non è uniforme fra le diverse molecole.
Negli organi di stampa, e in particolare nei social media, sono comparse notizie che evidenziavano una possibile controindicazione nell’assunzione di FANS nei pazienti con infezione da coronavirus COVID-19. Questo sulla base del fatto che i FANS possono in parte nascondere alcuni segni di infezione.
Un comunicato della Società Italiana di Farmacologia (SIF) afferma che “Allo stato attuale non ci sono dati negli adulti che confermino l’associazione tra effetti indesiderati gravi all’ibuprofene e l’infezione da coronavirus, e a maggior ragione nei bambini. Pertanto e al momento, l’unico monito da seguire, comune a tutti i farmaci, è quello di "leggere attentamente il foglietto illustrativo" e comunque affidarsi al proprio medico di riferimento.
Allo stesso tempo la European Medicines Agency (EMA, l’agenzia europea per il farmaco), ha emanato un comunicato stampa in cui si ribadisce quello che è già stato detto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), cioè che “non ci sono prove scientifiche che stabiliscano un legame tra ibuprofene e peggioramento di Covid-19”. L’Ema sta monitorando la situazione ed esaminerà tutte le nuove informazioni disponibili. Si precisa poi, in accordo con la scarsità di prove sui rischi derivati dall’ibuprofene, che “all’inizio del trattamento per la febbre o il dolore in COVID-19, i pazienti e gli operatori sanitari devono considerare tutte le opzioni di trattamento disponibili, inclusi paracetamolo e FANS”.
Pertanto, come riportato sul sito del Ministero della Salute “In accordo alle linee guida nazionali di trattamento, i pazienti e gli operatori sanitari possono continuare a utilizzare FANS (come l’ibuprofene) come riportato nelle informazioni del prodotto approvate. Le raccomandazioni attuali prevedono che questi medicinali vengano utilizzati alla dose minima efficace per il periodo più breve possibile.
Attualmente non ci sono ragioni per interrompere il trattamento con ibuprofene, in base a quanto riportato sopra. Ciò è particolarmente importante per i pazienti che assumono ibuprofene o altri FANS per malattie croniche”.
I pazienti che hanno qualsiasi dubbio devono rivolgersi al proprio medico che saprà decidere, in base all’esperienza e alle condizioni del paziente, quale farmaco sia appropriato assumere.
I dati sulla sicurezza dei FANS non devono essere letti nell’ottica dell’allarmismo, ma innescare delle riflessioni sui rischi connessi all’uso inappropriato dei farmaci.
Poiché i FANS rientrano nelle categorie di medicinali impiegati anche per trattare il dolore, talora il dolore cronico, la loro assunzione può essere connessa a fenomeni d’abuso.
Un altro aspetto di preoccupazione è rappresentato dalla terapia della cefalea, malattia poco e male diagnosticata e trattata. Le persone che soffrono di mal di testa cronico ricorrono spesso all’automedicazione, assumendo FANS in maniera non sempre appropriata. Per i rischi che ciò può comportare, i neurologi raccomandano di rivolgersi a centri specializzati per la diagnosi e il trattamento di queste forme.
Riferimenti bibliografici
L’alcol interagisce con l’azione di numerosi farmaci, compresi gli antinfiammatori. Ne intensifica il potere erosivo sulla mucosa digestiva, aumentando il rischio di sanguinamento; ne influenza il metabolismo, aspetto che può aumentarne o ridurne gli effetti. Non assumere alcol se devi prendere farmaci.
FANS sta per Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei: si tratta di una categoria di farmaci accomunati dalla struttura chimica simile e dal meccanismo d’azione, con attività antinfiammatoria, antidolorifica e antipiretica.
Sono antinfiammatori non appartenenti alla categoria dei cortisonici. I più noti sono acido acetilsalicilico, ketoprofene, ibuprofene e nimesulide.
Sì. Numerosi studi hanno evidenziato che i FANS, in particolare l’ibuprofene, agiscono aumentando i valori della pressione arteriosa. Questo deve spingere ad osservare cautele speciali nell’assunzione di questi farmaci.
Il più popolare è l’acido acetilsalicilico, conosciuto con il suo nome commerciale (Aspirina®). Anche molecole come il ketoprofene, l’ibuprofene e la nimesulide sono, grazie alla diffusione d’suo, piuttosto noti nel pubblico.
Pur essendo caratterizzati da aspetti chimici strutturali comuni, i FANS hanno peculiarità diverse, che li rendono applicabili in differenti condizioni.
I FANS inibiscono l’azione di un enzima chiamato cicloossigenasi (COX), con conseguenze duplici. A livello renale, questa azione si traduce in una riduzione della filtrazione e nella ritenzione di acqua e liquidi, un fenomeno che porta all’aumento della pressione arteriosa. A livello del sangue, si ha una riduzione dell’attività delle piastrine, che aumenta il rischio di sanguinamento ed emorragia.
Il meccanismo d’azione dei FANS passa attraverso l’inibizione di un enzima (la COX) che dà attiva il processo dell’infiammazione. Ciò causa, a livello gastrico, la riduzione della produzione delle sostanze che proteggono le pareti dello stomaco dall’azione erosiva degli acidi. A livello del sangue, la conseguenza è l’inibizione dell’attività delle piastrine, che aumenta il rischio di emorragia. Le due condizioni possono predisporre all’insorgenza di un’ulcera e al suo sanguinamento.
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