Psicofarmaci: definizione, usi terapeutici e impatto sulla salute mentale

Psicofarmaci: definizione, usi terapeutici e impatto sulla salute mentale

Indice

Domande e Risposte

Psicofarmaci, partiamo dalla definizione 

Spesso, quando si parla di psicofarmaci la questione si chiude in modo tranchant con un netto sì o un netto no, senza aver ben compreso la materia. Per questo, è importante fare chiarezza partendo dalle basi.
Si definiscono psicofarmaci quei medicinali che agiscono sulla regolazione dei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale, ovvero sulla regolazione dei segnali chimici con cui i neuroni, le cellule del cervello comunicano tra di loro. Gli psicofarmaci hanno dunque un’azione psicoattiva grazie alla quale inducono cambiamenti a livello mentale nelle persone, nell’umore, nel pensiero e nel comportamento. 
 

Una categoria di farmaci molto ampia

Poiché gli psicofarmaci servono a trattare una serie di disturbi mentali anche molto diversi tra loro, ne esistono diverse categorie, ciascuna caratterizzata da uno specifico principio attivo. Sostanzialmente, in base alle psicosi principali, si distinguono in quattro categorie principali: ansiolitici; stabilizzanti dell’umore; antidepressivi; antipsicotici o neurolettici.

Ansiolitici

Gli ansiolitici, come si evince dal nome, sono farmaci concepiti per abbassare i livelli di ansia. Molti rientrano nella classe dei sedativi ipnotici che hanno un effetto depressivo, inibitorio sul sistema nervoso centrale. Rientrano in questa categoria i barbiturici e, soprattutto, le benzodiazepine (BDZ). I primi hanno un’azione sedativa, ipnotica e anticonvulsivante. Mentre, le seconde: ansiolitica; sedativa; analgesica ed agiscono potenziando l'effetto del GABA, il principale neurotrasmettitore inibitorio del cervello. Tra i più comuni si annoverano: diazepam, lorazepam e alprazolam.

Gli effetti collaterali correlati al consumo di ansiolitici, in particolare di benzodiazepine sono:

  • Sedazione;
  • Dipendenza e tolleranza;
  • Compromissione della memoria e della coordinazione;
  • Confusione (soprattutto negli anziani).
Interazioni farmacologiche: le benzodiazepine possono potenziare gli effetti sedativi di altri depressori del sistema nervoso centrale, come alcol, oppioidi o antistaminici.

Efficacia: le benzodiazepine sono efficaci nel trattamento acuto dell'ansia e degli attacchi di panico, ma sono meno adatte al trattamento a lungo termine a causa del rischio di dipendenza. Gli SSRI e gli SNRI sono preferiti per la gestione cronica dei disturbi d'ansia.

Stabilizzanti dell’umore

Gli stabilizzanti dell’umore vengono somministrati in caso di patologie come il disturbo bipolare, dal momento che riducono le gravi oscillazioni dell’umore (da stato maniacale a stato depressivo e viceversa). I farmaci più noti di tale categoria sono: il litio carbonato, l’acido valproico, le modalità di azione della carbamazepina sono ancora in fase di studio, così come il litio che per la sua azione sfaccettata sembra attivarsi non a livello dei neurotrasmettitori ma a quello dei secondi messaggeri, modulando l’azione delle molecole che regolano l’attività biologica delle cellule.

L’acido valproico, nato come anti-epilettico, a livello psichico sembra aumentare i livelli dell’acido gamma-amminobutirrico (GABA) che, avendo un’azione inibitoria, diminuisce l’eccitazione dei neuroni determinando un effetto sedativo. Carbamazepina nasce come anticonvulsivante ma viene usato come psicofarmaco dal momento che inibisce la ricaptazione della noradrenalina e antagonizza i recettori dell’adenosina.

Gli effetti collaterali derivanti dall’assunzione di questi farmaci sono per lo più:
  • Litio: tremori, aumento di peso, problemi alla tiroide, tossicità renale (richiede monitoraggio regolare dei livelli nel sangue);
  • Anticonvulsivanti: sonnolenza, nausea, danno epatico o pancreatico (valproato), eruzioni cutanee (carbamazepina e lamotrigina).
Interazioni farmacologiche: il litio può interagire con diuretici, FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) e ACE-inibitori, aumentando il rischio di tossicità. Gli anticonvulsivanti possono avere interazioni con vari farmaci metabolizzati nel fegato.

Efficacia: il litio è altamente efficace nella prevenzione degli episodi maniacali e depressivi; mentre gli anticonvulsivanti sono spesso usati nei casi di disturbo bipolare con cicli rapidi o quando il litio è controindicato.

Antipsicotici

Gli antipsicotici vengono utilizzati principalmente per trattare i disturbi psicotici, come la schizofrenia, e altre condizioni come il disturbo bipolare e la depressione resistente. Tali farmaci, agendo sui neurotrasmettitori dopaminergici (neurotrasmettitore coinvolto in diverse attività del cervello), bloccano a diversi livelli l’attività del sistema nervoso centrale e comprendono diversi composti che fanno parte di classi chimiche differenti ma con effetti in parte sovrapponibili. Spesso vengono prescritti ai pazienti anziani affetti da alcune forme di demenza che si manifestano con sintomi quali disturbi comportamentali o comportamento violento.

Questi farmaci sono classificati in due gruppi: ‘antipsicotici convenzionali’ (o tipici, di prima generazione) e ‘antipsicotici atipici’ (di seconda generazione). Ciascuno ha un diverso meccanismo d’azione e profilo di effetti collaterali.

Nello specifico, i due gruppi agiscono come segue:
  • Antipsicotici tipici (di prima generazione): agiscono bloccando in modo predominante i recettori dopaminergici D2. L'ipotesi dopaminergica della schizofrenia sostiene che un eccesso di attività dopaminergica nelle vie mesolimbiche del cervello possa causare i sintomi psicotici positivi (deliri, allucinazioni). I più comuni sono aloperidolo, clorpromazina e flufenazina;
  • Antipsicotici atipici (di seconda generazione): agiscono bloccando sia i recettori dopaminergici D2 che quelli serotoninergici (5-HT2A). Questa doppia azione permette un migliore controllo dei sintomi positivi e anche di quelli negativi (apatia, anedonia) rispetto agli antipsicotici tipici. Gli atipici includono olanzapina, risperidone, quetiapina, clozapina e aripiprazolo.
Gli effetti collaterali più comuni associati agli antipsicotici tipici sono:
  • Effetti extrapiramidali (EPS): parkinsonismo (rigidità, tremore), acatisia (irrequietezza), distonia (contrazioni muscolari involontarie) e discinesia tardiva (movimenti involontari della bocca e del viso). Questi effetti sono legati al blocco della dopamina nelle vie nigrostriatali;
  • Sedazione e ipotensione ortostatica: sono comuni, specialmente con dosi più alte;
  • Aumento di prolattina: può causare galattorrea (secrezione di latte), ginecomastia (sviluppo del seno negli uomini) e amenorrea (mancanza di mestruazioni).
Gli effetti collaterali più comuni associati agli antipsicotici atipici sono:
  • Aumento di peso, dislipidemia e diabete: il blocco dei recettori serotoninergici può contribuire a disfunzioni metaboliche. Questi effetti sono particolarmente pronunciati con olanzapina e clozapina;
  • Sedazione: presente in misura diversa a seconda del farmaco, più comune con quetiapina e clozapina;
  • Effetti extrapiramidali: sono meno comuni rispetto agli antipsicotici tipici, ma possono verificarsi soprattutto a dosi elevate;
  • Clozapina: questo farmaco atipico è particolarmente efficace nei casi resistenti, ma può causare agranulocitosi (una condizione pericolosa in cui si riducono i globuli bianchi), quindi richiede un monitoraggio regolare del sangue;
  • Effetti cardiaci: alcuni antipsicotici possono prolungare l'intervallo QT (soprattutto aloperidolo e risperidone), aumentando il rischio di aritmie cardiache.
Interazioni farmacologiche: gli antipsicotici tipici e atipici possono interagire con altri farmaci che influenzano il sistema nervoso centrale (SNC), come antidepressivi, ansiolitici, e farmaci che prolungano l’intervallo QT.

Gli antipsicotici atipici, essendo metabolizzati principalmente dal fegato attraverso il sistema enzimatico CYP450, possono avere interazioni con inibitori o induttori di questi enzimi (ad esempio, alcuni antibiotici, anticonvulsivanti e antifungini).

La clozapina richiede particolare attenzione a causa delle interazioni con farmaci che influenzano i livelli di globuli bianchi e il metabolismo epatico.

Gli antipsicotici tipici sono efficaci nel trattamento dei sintomi positivi della schizofrenia (allucinazioni, deliri), ma hanno limitata efficacia sui sintomi negativi (apatia, anedonia) e cognitivi.

Gli antipsicotici atipici: hanno un'efficacia maggiore sia sui sintomi positivi che negativi e tendono a causare meno effetti extrapiramidali, rendendoli preferibili nel trattamento a lungo termine.

La clozapina è l'antipsicotico più efficace per la schizofrenia resistente al trattamento, ma è riservato ai casi più gravi a causa del rischio di agranulocitosi.

Antidepressivi

Gli antidepressivi sono una classe di farmaci molto varia, utilizzata per ripristinare il normale equilibrio di neurotrasmettitori come: serotonina, dopamina, noradrenalina, che può essere alterato da disturbi psicologici, psichici o neurologici.

Gli antidepressivi si classificano in quattro gruppi:
  • SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina): aumentano i livelli di serotonina inibendo la sua ricaptazione. Sono comunemente usati per depressione e ansia. Esempi: fluoxetina, sertralina;
  • SNRI (inibitori della ricaptazione di serotonina e noradrenalina): agiscono sia sulla serotonina che sulla noradrenalina. Utilizzati per depressione e dolore cronico. Esempi: venlafaxina, duloxetina;
  • Triciclici (TCA): bloccano la ricaptazione di serotonina e noradrenalina, ma hanno più effetti collaterali. Sono prescritti meno frequentemente. Esempi: amitriptilina, clomipramina;
  • IMAO (inibitori delle monoamino ossidasi): inibiscono l'enzima che degrada i neurotrasmettitori. Hanno interazioni alimentari e farmacologiche significative, perciò sono usati raramente. Esempi: fenelzina, tranilcipromina.
Tra questi i più popolari, nonché i più recenti, sono SSRI e SNRI che provocano minori effetti collaterali.

Gli effetti collaterali variano in base al tipo di antidepressivo, ma possono includere:
  • SSRI e SNRI: nausea, insonnia, disfunzione sessuale, aumento di peso, ansia;
  • TCA: sedazione, bocca secca, aumento di peso, ipotensione ortostatica, aritmie;
  • IMAO: ipotensione, crisi ipertensive se si consumano alimenti contenenti tiramina (formaggi stagionati, vino rosso).

Interazioni farmacologiche:

  • SSRI e SNRI: possono interagire con altri farmaci serotoninergici, aumentando il rischio di sindrome serotoninergica, una condizione pericolosa;
  • IMAO: interagiscono con alimenti ricchi di tiramina (formaggi, vini) e con altri farmaci, causando crisi ipertensive.

Efficacia: gli SSRI sono generalmente la prima scelta per la depressione maggiore e disturbi d'ansia, grazie al loro profilo di sicurezza relativamente buono. Gli SNRI possono essere utilizzati in pazienti che non rispondono agli SSRI o presentano sintomi somatici (es. dolore cronico). I TCA e gli IMAO sono riservati ai casi resistenti ai trattamenti standard a causa dei loro effetti collaterali più significativi.

Fattori che influenzano la risposta al trattamento

Tuttavia, è importante tener presente che gli psicofarmaci vanno sempre e solo usati in base a una precisa prescrizione medica dal momento che i loro effetti variano in base ai pazienti.  

In particolare i fattori che possono influenzare la risposta al trattamento sono: 

  • Genetica: le varianti genetiche nei recettori dopaminergici o serotoninergici possono influenzare la risposta agli antipsicotici;
  • Adesione al trattamento: gli psicofarmaci hanno spesso effetti collaterali significativi che possono portare all'interruzione del trattamento;
  • Età e comorbilità: i pazienti anziani o quelli con patologie metaboliche sono più a rischio di effetti collaterali come disfunzioni metaboliche e problemi cardiaci;
  • Farmacocinetica individuale: variazioni nella metabolizzazione degli antipsicotici (attraverso il CYP450) possono influenzare la risposta e la tolleranza ai farmaci.

Linee guida per una corretta assunzione

Inoltre, qualora sia necessario procedere con l’assunzione è sempre raccomandabile seguire le seguenti linee guida:
  • Inizio con basse dosi e titolazione: per minimizzare gli effetti collaterali, si inizia con una dose bassa e si aumenta gradualmente fino a raggiungere il livello terapeutico;
  • Monitoraggio regolare: specialmente per gli antipsicotici atipici, è necessario monitorare i parametri metabolici (peso, glicemia, profilo lipidico) e l’ECG (per valutare l'intervallo QT);
  • Scelta del farmaco: in base al profilo del paziente, ai sintomi da trattare e agli effetti collaterali. Gli antipsicotici atipici sono generalmente preferiti per il trattamento a lungo termine;
  • Uso della clozapina: riservato ai pazienti con schizofrenia resistente, con monitoraggio rigoroso dei livelli ematici;
  • Psicoterapia e riabilitazione: gli psicofarmaci sono spesso più efficaci se combinati con supporti psicoterapeutici e sociali per migliorare la qualità di vita e l'adesione al trattamento.

Il consumo di psicofarmaci in Italia

In Italia, il consumo di psicofarmaci ha visto un’impennata recente attribuita in parte alle conseguenze del lockdown durante la pandemia di COVID-19. Gli obblighi imposti per limitare i contagi, la solitudine e la confinamento domestico, hanno amplificato in molte persone problemi di ansia, depressione e stress, portando a una maggiore richiesta di supporto psicologico e farmacologico.

Secondo il Rapporto OsMed 2022, la categoria dei farmaci per il sistema nervoso centrale, in cui rientrano gli psicofarmaci, ha registrato un forte incremento sia in termini di spesa che di consumo, soprattutto nell'ambito del servizio sanitario pubblico. Le benzodiazepine, gli antidepressivi e gli antipsicotici risultano tra i più prescritti.

Da un'indagine dell'Eurispes è emerso che quasi il 19% degli italiani ha assunto psicofarmaci come ansiolitici o antidepressivi. L'uso è più diffuso tra le donne (21,2%) rispetto agli uomini (16,7%) e tende ad aumentare con l'età, specialmente tra le persone di oltre 65 anni. Come registra l’eurispes: “Ansiolitici e tranquillanti sono tra i farmaci psicotropi più utilizzati anche se con diversa frequenza (85,1%): nello specifico, ne ha fatto uso il 51,4% qualche volta, il 24,9% spesso, l’8,8% sempre. Seguono, gli antidepressivi (usati complessivamente nel 51,2% dei casi), gli stabilizzatori dell’umore (40,5%) e gli antipsicotici (21,4%). Tra chi ne fa uso, il 43,8% investe mediamente tra i 31 e i 100 euro mensili per psicofarmaci psicoattivi e terapie correlate. Inoltre, il 41,3% dichiara di spendere meno di 30 euro al mese.”
 

Le variazioni tra le diverse regioni

Il consumo di psicofarmaci in Italia non è omogeneo ma varia significativamente tra le diverse regioni. Secondo il già citato rapporto 2022 OsMed, dell'Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali dell'AIFA, il consumo di farmaci è più elevato nel Sud del Paese Italia, con una prevalenza del 69,5%, rispetto al Centro (68,4%) e al Nord (63,1%). Una distribuzione che, come intuibile, non solo differenzia nell'accesso ai servizi sanitari, ma anche vari fattori socioeconomici e culturali. In generale, le regioni con un più alto utilizzo di farmaci, inclusi gli psicofarmaci, tendono ad essere quelle con una popolazione più anziana o con maggiori livelli di disagio sociale, condizioni che possono influire sulla richiesta di trattamenti per disturbi mentali o neurologici.

I giovani

Il consumo di psicofarmaci varia anche in base alle età. Perché, se è vero che in generale siano gli over 60 i maggiori consumatori, è altrettanto vero che dopo il COVID 19 l'uso di psicofarmaci da parte dei giovani abbia registrato un aumento significativo. E se da una parte, la pandemia ha avuto un impatto profondo sulla salute mentale di bambini e adolescenti; dall’altra, è possibile che abbia fatto emergere un malessere che precedentemente c’era ma non veniva espresso, esacerbando sintomi di ansia, depressione e altri disturbi mentali.

Dopo la pandemia è cresciuta l’attenzione per il benessere psicologico giovanile, con un aumento delle diagnosi di disturbi come ansia, depressione, ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) e disturbi del comportamento alimentare, con il conseguente aumento di prescrizioni farmacologiche. Fenomeno che si spiega anche con il drammatico aumento di tentativi di suicidi da parte dei più giovani che rappresenta una delle maggiori cause di accesso degli stessi ai Pronto Soccorso.

Chiaramente, di fronte a manifestazioni così gravi è comprensibile l’aumento di prescrizioni di psicofarmaci, tuttavia è indubbio che tale prassi comporta diversi rischi, legati anche a una diffusione per uso ricreativo degli stessi. Prassi riconducibile al fatto che ridurre un disturbo psicologico a qualcosa che si può curare con una pasticca potrebbe sminuirlo, facendo sentire il giovane in un certo senso condannato; da qui l’importanza di associare la prescrizione di psicofarmaci ad un rapporto psicoterapeutico al fine di compiere un percorso completo finalizzato al definitivo superamento della malattia/disturbo mentale.

immagine che mostra il disegno della testa di un uomo con all'interno tante pastiglie di psicofarmaci

Il bonus psicologo

L’uso di psicofarmaci è bilanciato da un crescente interesse per il benessere psicologico, testimoniato da un maggiore ricorso alla psicoterapia e legato sicuramente anche all’introduzione nel 2022 del Bonus Psicologo. Stando ai dati più recenti, circa il 27% della popolazione ha dichiarato di essersi rivolto a uno psicologo.
 

Un indubbio valore terapeutico ma non privo di rischi

Chiaramente, gli psicofarmaci hanno un indubbio valore terapeutico nel trattare disturbi mentali gravi che, se non trattati, possono avere conseguenze devastanti. Tuttavia, dal momento che la loro assunzione non è scevra da effetti collaterali, primo fra tutti la dipendenza, come anticipato, è bene assumerli sempre e solo sotto stretto controllo medico. Il pericolo più grande è quello di sottovalutarne i rischi, come accade spesso nel caso delle benzodiazepine, che utilizzate per trattare l'ansia, se assunte per lunghi periodi, possono causare dipendenza.

Psicofarmaci, l’aspetto etico e culturale

Come anticipato in apertura dell’articolo, il trattamento farmacologico dei disturbi mentali ha suscitato numerosi dibattiti, non solo in termini clinici, ma anche riguardo agli aspetti sociali ed etici. Da una parte si sostiene un’eccessiva medicalizzazione della malattia mentale; dall’altra il contrario. Il punto è che, come dimostrano anche i gravissimi episodi di cronaca che affollano le pagine dei giornali, la malattia mentale, anche molto grave, esiste e va affrontata.

Urge quindi andare oltre i tabù che, per quanto diminuiti ancora sussistono, e offrire il giusto supporto alle persone che ne sono affette e, naturalmente, anche alle loro famiglie.

Del resto, la malattia mentale, così come quella degli altri organi può influenzare moltissimo la vita delle persone fino a comprometterne l’esistenza, per questo è opportuno cercare di arginare il fenomeno e prevenirlo, intervenendo sui più giovani con la psicoterapia. Tuttavia, quando l’uso dei farmaci diventa necessario è opportuno ricorrervi senza preconcetti o pregiudizi. Sapendo che, quando si parla di salute e specialmente di salute mentale, ogni caso è a sé e non esistono ricette o formule valide per tutti.

A tal proposito hanno un valore importantissimo gli studi portati avanti a Scuola di psicoterapia dinamica Bios Psychè che, per la casa editrice l’Asino d’Oro Edizioni ha pubblicato una collana di pubblicazioni scientifiche dedicata alla psichiatria e alla psicoterapia, articolata in tre serie: «Manuali», «La memoria», «Proposte», che affrontano i fenomeni legati alle psicosi.



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Quali sono gli psicofarmaci più usati?

I più usati fanno parte di due famiglie: quella degli SSRI (ad esempio, paroxetina e sertralina) e degli SNRI (ad esempio, dulossetina). Negli ultimi mesi si sono aggiunte molecole importanti come: l'esketamina e il brexanolone.

Chi assume psicofarmaci vive di meno?

I malati psichiatrici vivono in media dai cinque ai 17 anni in meno a seconda delle patologie. Una mortalità che non è legata semplicemente all’assunzione di farmaci ma anche all’accumulazione di altre patologie.

Gli psicofarmaci hanno effetti irreversibili?

L'effetto degli psicofarmaci sul sistema nervoso è reversibile, quindi cessa alla sospensione del trattamento, senza lasciare conseguenze irreversibili.

Quanto dura una cura con psicofarmaci?

Le tempistiche cambiano da caso in caso. In generale, la maggioranza dei trattamenti farmacologici in psichiatria ha una durata preventivata media di 1-2 anni.

Cosa succede quando si interrompe una cura a base di psicofarmaci?

L'astinenza dovuta a una sospensione poco equilibrata degli antidepressivi può manifestarsi con sintomi diversi, a vari livelli: nausea, vertigini, ansia, palpitazioni, insonnia, rabbia, scarsa concentrazione.

Qual è lo psicofarmaco più potente?

La clozapina, che blocca anche molti altri recettori, è il farmaco più efficace per i sintomi psicotici ma viene utilizzata  raramente a causa dei gravi effetti collaterali, tra cui la necessità di un continuo monitoraggio con esami del sangue.

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