Abuso di antibiotici in Italia: conseguenze e resistenza

Abuso di antibiotici in Italia: conseguenze e resistenza

Indice

Domande e risposte

Introduzione

Gli antibiotici hanno segnato la storia e permesso un miglioramento significativo degli standard di vita dell’uomo, in termini di aumento dell’età media e della qualità di vita. Ma l’utilizzo scriteriato sta contribuendo a ridurne l’efficacia terapeutica. Questo potrebbe mettere a serio rischio tutti i progressi ottenuti finora grazie alla loro introduzione.

Malgrado il loro consumo nel nostro Paese sia complessivamente in calo (-5,8%), siamo ancora lontani dall’obiettivo del 10% definito nell’ambito del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) messo a punto dal Ministero della Salute.

Oggi gli antibiotici sono la categoria di farmaci più utilizzata in Italia. Come mostrato dal Rapporto Nazionale OsMed pubblicato dall’Agenzia del Farmaco (AIFA) sulla base dei dati del 2019, circa 4 persone su 10 hanno ricevuto nel corso dell’anno almeno una prescrizione di antibiotici.

Il nostro Paese è anche tra quelli dell’Unione Europea nei quali si fa il maggior consumo di questi medicinali.

Spesso, inoltre, gli antibiotici vengono usati in maniera inappropriata. Le conseguenze? Un maggior rischio di effetti collaterali, il peggioramento dell’antibiotico resistenza e l’aumento della spesa farmaceutica a carico del servizio sanitario.

L'uso inappropriato degli antibiotici

L’uso degli antibiotici in Italia è eccessivo e, nel 25% dei casi, non appropriato. Tutte le volte che li assumiamo per curare disturbi di origine virale certa (come l’influenza e il raffreddore) o probabile (come nel caso del mal di gola) ne facciamo un uso scorretto dal punto di vista medico. Gli antibiotici sono, infatti, efficaci solo sui batteri e non sui virus.


Gli antibiotici ad ampio spettro

Spesso vengono assunti gli antibiotici sbagliati: anziché ricorrere a quelli di prima scelta (come raccomandato dalle linee guida), finiamo con l’utilizzare medicinali che dovrebbero essere riservati al trattamento di patologie più severe e specifiche. Un esempio? I fluorochinoloni, il cui uso è in calo ma che continuano ad essere utilizzati in maniera inappropriata, ma anche le cefalosporine e i macrolidi.

Poiché dal Rapporto OsMed risulta che l’80% delle dosi acquistate viene erogato dal servizio sanitario, è chiaro che l’uso indiscriminato si ripercuote anche sulle finanze dello Stato.
L’inappropriatezza ha quindi tre gravi conseguenze: la maggior frequenza di effetti collaterali, l’aumento della spesa per i farmaci a carico del servizio sanitario e la promozione dell’antibiotico resistenza, un fenomeno in base al quale i batteri diventano insensibilità all’azione degli antibiotici.

Questi rischi rendono necessario un monitoraggio accurato del consumo di antibiotici da parte sia delle persone che degli animali.

Gli antibiotici non sono farmaci da banco, acquistabili senza ricetta. La figura del medico di Medicina Generale è strategica per il miglioramento dell’appropriatezza dell’uso. A lui spettano i compiti di prescrivere in maniera appropriata, di scoraggiare nei pazienti il ricorso alla terapia antibiotica autoprescritta attraverso la sensibilizzazione sui rischi che ciò comporta e di informarli sull’importanza di seguire scrupolosamente le indicazioni riguardo alle dosi da assumere, le modalità di assunzione e la durata della terapia. Il medico di base dovrebbe ricordare ai propri pazienti che, per raggiungere l’obiettivo della guarigione minimizzando i rischi per la salute, è importante non prolungare la terapia oltre i tempi stabiliti e non interromperla prima del tempo.

Poiché ogni antibiotico ha delle precise indicazioni, è essenziale assumere esattamente il medicinale prescritto, evitando di seguire i consigli di amici e parenti e di prendere un farmaco solo perché avanzato da una terapia precedente e quindi disponibile in casa.

Occorre anche ricordare che gli antibiotici non possono essere gettati fra i rifiuti comuni, ma devono essere eliminati in maniera sicura: se vi accorgete che avete in casa una confezione scaduta, non gettatela nella spazzatura, ma recatevi dal vostro farmacista e riponetela nell’apposito contenitore. 

Gli antibiotici per la cistite

Uno dei disturbi per i quali si fa un grande uso, spesso scriteriato, di questi prodotti è la cistite. Proprio l’assunzione di farmaci in autocura al di fuori della prescrizione medica rientra fra i fattori che contribuiscono alla comparsa di recidive. 

La fitoterapia offre un gran numero di prodotti naturali per la cistite, anche per la prevenzione di nuovi episodi nelle persone che soffrono delle forme ricorrenti. 

Fra questi, l’estratto di mirtillo rosso e il mannosio, uno zucchero che viene estratto dalla corteccia del larice e della betulla. Si tratta, in entrambi i casi, di rimedi naturali efficaci e relativamente sicuri, che tuttavia devono essere assunti dopo avere consultato il proprio medico e che, in generale, non sono alternativi all’antibiotico quando indicato. 

Gli antibiotici per il mal di denti

In odontoiatria gli antibiotici vengono impiegati non solo per la terapia di infezioni già presenti ma anche per la prevenzione di possibili contaminazioni in condizioni specifiche, resa necessaria dal fatto che la bocca è un ambiente in cui la presenza di batteri è ricca. 

Inoltre, l’uso di questi farmaci è, in questo settore, empirico: vengono prescritti senza poter eseguire prima esami specifici per individuare le molecole più efficaci. Poiché i dentisti prescrivono il 10% circa degli antibiotici utilizzati nelle cure primarie, il rischio di contribuire al fenomeno dell’antibiotico resistenza è molto alto.

La strategia migliore per ridurre il consumo di antibiotici è rappresentata dalla prevenzione, laddove possibile.
Occorre prestare attenzione a possibili fonti di infezione o dolore, recarsi tempestivamente dal dentista per un consulto in presenza di sintomi che possono indicare la presenza di una carie o di un disturbo gengivale e sottoporsi a controlli periodici.

Gli antibiotici più usati dai dentisti sono l’associazione amoxicillina/acido clavulanico (in genere la prima scelta), la claritromicina, l’eritromicina e l’azitromicina.

Per le infezioni più complesse, più difficili da eradicare, vengono spesso utilizzati i chinoloni (moxifloxacina, gemfloxacina).

Azitromicina e COVID-19

Tra le categorie terapeutiche, si è verificato un aumento da record nell’uso dei macrolidi, che hanno fatto registrare un +77%. In particolare, il consumo di una molecola appartenente a questa categoria, l’azitromicina, ha subito un aumento del 160%.

Queste cifre sono prevalentemente legate al tentativo, inappropriato, di trattare molte forme di COVID-19. Grazie al suo effetto immunosoppressivo, l’azitromicina è stata studiata come possibile risorsa per prevenire risposte immunitarie esasperate nel corso dell’infezione da SARS-CoV-2, come la cosiddetta tempesta citochinica. Tuttavia, l’assenza di dati a supporto della sua efficacia ha spinto AIFA ad escluderla dal gruppo dei farmaci raccomandati.

Malgrado ciò, questo antibiotico continua ad essere prescritto fuori dalle indicazioni. 

Antibiotici e bambini

Gli antibiotici sono i farmaci più prescritti nella popolazione pediatrica: in particolare, il picco di consumo si verifica nella fascia di età fra i 2 e i 6 anni.

Anche qui vengono spesso usati in maniera inappropriata, per il trattamento di infezioni virali (influenza, virus parainfluenzali, raffreddore, mal di gola da virus). Inoltre, i dati dicono che 4 volte su 10 non vengono scelti antibiotici di prima linea, ma molecole che andrebbero riservate alla cura di infezioni da germi resistenti.

Quali sono le indicazioni delle società scientifiche in merito all’uso degli antibiotici in terapia? Di seguito alcuni esempi.


L’otite media acuta

Fra i disturbi maggiormente trattati con antibiotici, spesso a sproposito, anche l’otite, in particolare l’otite media acuta. 

In questo caso, le linee guida SIMEUP raccomandano che l'antibiotico sia prescritto solo dopo avere messo in atto tutte le soluzioni previste per ridurre il numero delle infezioni: devono essere stati prima eliminati i fattori di rischio e devono essere state praticate sia la vaccinazione antinfluenzale che quella antipneumococcica.

La terapia si dovrebbe da subito concentrare sulla riduzione del dolore, il sintomo più impattante per il bambino, con antinfiammatori per bocca; viene, invece, scoraggiata la somministrazione di sostanze per uso locale o di origine naturale.

Quando è raccomandata la terapia antibiotica? Sempre nei bambini al di sotto dei 2 anni, mentre in quelli di età superiore solo se presente nella forma bilaterale grave. Negli altri casi, i piccoli devono semplicemente essere tenuti sotto osservazione per 48-72 ore. 

Le linee guida ribadiscono la necessità di evitare l’utilizzo dei macrolidi e dei fluorochinoloni, a vantaggio di antibiotici a spettro meno ampio, come l’amoxicillina

Quanti giorni deve durare il trattamento? Secondo le linee guida, non deve superare i 10 giorni.


La faringotonsillite 

La faringotonsillite è l’infezione acuta della faringe, delle tonsille palatine o di entrambe.

Quando usare l’antibiotico? Le linee guida SIPPS raccomandano la somministrazione dell’antibiotico solo nel caso in cui sia accertata l’origine batterica dell’infezione ovvero confermata la diagnosi di faringotonsillite streptococcica, che si verifica nel 30% circa dei casi. 
In questi casi, per ridurre la sintomatologia rapidamente, la terapia deve essere tempestiva e associata ad antinfiammatori come il paracetamolo (per il controllo del dolore e della febbre).
I farmaci indicati sono la penicillina V o, in alternativa, l’amoxicillina. Rimangono sconsigliati i macrolidi.


La febbre reumatica

La febbre reumatica è una malattia infiammatoria acuta causata da una reazione anomala alla classica infezione da streptococco che colpisce la gola. 
Grazie alla diffusione degli antibiotici la malattia è diventata molto meno frequente di quanto non lo fosse un tempo (interessa una persona su 100.000). L’incidenza è massima nei bambini tra i 5 e i 15 anni.

I sintomi più comuni sono febbre e dolore e gonfiore delle articolazioni. In rari casi possono subentrare complicanze come la cardite, l’infiammazione dei tessuti che compongono il cuore, o manifestazioni cerebrali simili alla corea, caratterizzate da movimenti non coordinati e disarmonici.

Il primo obiettivo della terapia antibiotica è quello di eradicare lo streptococco dalla faringe. Quando è già comparsa la cardite, l’antibiotico non influenza il decorso della malattia, ma previene possibili ricadute. 

In accordo con le linee guida, la penicillina è il farmaco di prima scelta e la durata del trattamento è di 10 giorni.
 

Infezioni alle vie urinarie

Le infezione alle vie urinarie sono frequenti tra i bambini, ma vengono difficilmente riconosciute perché non provocano sintomi specifici. Se ricorrenti, possono essere dovute a reflusso vescico ureterale (RVU), un fenomeno che causa la risalita dell’urina dall’uretere verso il rene e che aumenta i rischi di contaminazione batterica di quest’organo. 

Nei casi frequenti in cui non viene diagnosticata e trattata adeguatamente, l'infezione delle vie urinarie guarisce ma in questo caso il rischio è che lasci cicatrici residue nel rene che, nel tempo, possono comprometterne la funzionalità. Per questo in età pediatrica è fondamentale, come riportato nelle linee guida SICUPP, avviare rapidamente la terapia antibiotica se l’esame delle urine effettuati con lo stix è positivo, anche senza attendere il risultato dell’urinocoltura. 

La durata del trattamento deve essere di 10-14 giorni.

Nei piccoli con reflusso vescico-ureterale o infezioni recidivanti, può essere necessario istituire una profilassi antibiotica: questo significa che il bambino deve assumere ogni giorno una dose ridotta di farmaco, che lo protegge dal rischio di infezioni che potrebbero danneggiare irreversibilmente i suoi reni.
 

Meningite meningococcica

La meningite meningococcica è l’infiammazione delle meningi (le membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale) dovuta al batterio Neisseria meningitidis. Può essere prevenuta grazie alla disponibilità di una vaccinazione sicura ed efficace. 
Compare, talvolta violentemente, con sintomi quali febbre elevata, mal di testa e rigidità del collo, nausea e vomito, fotofobia e stato mentale alterato.

Il trattamento si basa sulla terapia antibiotica. In base al sierotipo del batterio responsabile della malattia, che è soggetta a notifica obbligatoria, viene stabilita la necessità di sottoporre i conviventi e i contatti stretti del paziente a profilassi antibiotica

I contatti scolastici e di lavoro vengono sottoposti a sorveglianza sanitaria e, in caso di febbre, devono essere rapidamente visitati e sottoposti a trattamento antibiotico.

L’antibiotico resistenza

Gli antibiotici che, insieme ai vaccini, hanno contribuito a elevare gli standard di vita dell’uomo moderno con la loro capacità di sconfiggere microorganismi un tempo letali, oggi vacillano. Se da un lato le molecole tradizionali stentano a garantire le stesse performance del passato, dall’altro è complicato e dispendioso sviluppare nuovi farmaci attivi sui batteri più problematici. 

Questo fenomeno, definito antibiotico resistenza, ha un impatto diretto sulle persone: la malattia causata da batteri resistenti all’azione degli antibiotici può essere più difficile da curare, avere un decorso più lungo e un maggior rischio di complicanze. Nei casi più severi, può essere causa di morte. 

La situazione diventa ancor più grave per i batteri resistenti agli antibiotici di ultima linea, perché in questi casi le opzioni terapeutiche sono esaurite.

L’evoluzione dell’antibiotico resistenza porta a scenari drammatici: la perdita di efficacia degli antibiotici potrebbe rendere altamente rischiose procedure di comune e diffusa esecuzione, come gli interventi chirurgici e odontoiatrici e i trapianti d’organo. Non potendo più essere curate, le malattie batteriche ritornerebbero ad essere letali: questo ci riporterebbe indietro ai primi anni del ‘900, con tutto ciò che ne consegue.

Le ripercussioni della perdita di efficacia dei farmaci antibatterici non si limitano ai rischi sanitari dei singoli individui, ma, trattandosi di malattie infettive, intaccano la salute pubblica nella sua globalità e generano ricadute economiche e finanziarie devastanti.

L’antibiotico resistenza in Italia

In Italia i batteri sotto sorveglianza sono 8: Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species.

La klebsiella, in particolare, rappresenta una criticità particolarmente complessa. I ceppi che circolano all’interno degli ospedali sono nel 50% circa dei casi resistenti anche agli antibiotici di ultima scelta, come i carbapenemi. Una percentuale che sale all’80-90% per l’acinetobacter

Le persone più a rischio di sviluppo di infezioni da batteri resistenti sono maschi, nella fascia di età compresa tra 60 e 79 anni, ospedalizzati e ricoverati nei reparti di terapia intensiva.

Gli antibiotici e gli animali

Poiché la nostra salute dipende anche da quella degli animali da allevamento di cui ci nutriamo e degli esemplari selvatici con cui accidentalmente possiamo venire in contatto, anche il settore veterinario viene sottoposto a sorveglianza per consumo di antibiotici e antibiotico resistenza.

L’introduzione della ricetta elettronica veterinaria con la Legge 20 novembre 2017, n. 167 ha reso tracciabile in modo completo l’intera filiera del farmaco, dalla produzione, alla vendita in farmacia, fino all’utilizzo.

Quali sono i rischi per l’alimentazione? Spesso leggiamo che negli allevamenti intensivi si fa uso di antibiotici per accelerare la crescita degli animali, ma si tratta di fake news, dal momento che questo tipo di utilizzo è vietato in Europa dal 2006. Possiamo dunque stare tranquilli riguardo la sicurezza microbiologica dei prodotti di origine animale e l’assenza di residui di farmaci in essi.

Il Ministero della Salute si è dotato di un Piano di controllo nazionale pluriennale 2020-2022, attraverso cui sta incrementando la sorveglianza e il monitoraggio del consumo di antibiotici su tutto il territorio nazionale, nell’ambito di una rete che coinvolge anche laboratori pubblici e privati.

One Health

Non possiamo arrestare il progresso, né porre freni al processo di globalizzazione che ha ridotto le distanze fra i diversi Paesi e garantito lo sviluppo economico. Ma possiamo e dobbiamo proteggere la nostra salute.
Questo è possibile solo a patto di adottare provvedimenti specifici di contenimento del rischio, comportamenti quotidiani efficienti e misure igieniche adeguate.
Serve un cambio di mentalità che porti a un maggiore rispetto del territorio e che coinvolga tutti, ognuno nel proprio ruolo. 
Esiste una sola salute: il concetto di One Health impone una nuova prospettiva, quella che comprende uomo, ambiente e animali e considera le loro interazioni al fine di proporre soluzioni integrate per migliorare la qualità della vita su questo pianeta. 

L’approccio One Health vede la salute umana strettamente connessa a quella animale e alla qualità dell’ambiente in cui l’uomo vive. Questa mentalità solo apparentemente nuova impone di prestare massima attenzione alle interazioni fra uomo e ambiente, che l’alterazione degli ecosistemi rende rischiose.
Quali sono i pericoli che possono derivare dalle interazioni fra uomo e ambiente? Le malattie provocate dall’inquinamento atmosferico, per esempio. Ma anche le zoonosi, ovvero le malattie che possono essere trasmesse dall’animale all’uomo. Conosciamo tutti la rabbia, ma non dobbiamo dimenticare patologie come l’influenza aviaria, la Malattia di Lyme, la BSE (la cosiddetta sindrome della Mucca Pazza), la Chikungunya, la Febbre West Nile, la Salmonellosi e, ultima in ordine di tempo, COVID-19.
 

OMS e One Health

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) punta molto sull’approccio One Health per il miglioramento della salute globale. Il presupposto essenziale perché possa essere applicato pienamente è rappresentato dalla digitalizzazione e dalla condivisione dei dati fra i diversi laboratori e Paesi, attraverso le quali sarà possibile tenere sotto controllo la diffusione dei microorganismi e implementare strategie sanitarie globali.
I batteri sono sulla Terra da molto più tempo rispetto all’uomo e devono la loro sopravvivenza di specie alla straordinaria capacità di adattamento. La stessa che si sta esprimendo anche nei confronti dei farmaci antibatterici.

Per fare fronte a questi gravi pericoli sanitari ed economici, nel 2018 l’OMS ha sottoscritto un accordo con la FAO (l’Organizzazione dell’ONU per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e l’OIE (Organizzazione Mondiale per la Salute Animale) finalizzato al rilancio dell’impegno comune per il contrasto alle minacce sanitarie legate all’interazione fra uomo, animali e ambiente. L’iniziativa prevede un rafforzamento della partnership fra queste istituzioni, in particolare per quanto riguarda l’antibiotico resistenza e il potenziamento della capacità di prevedere i rischi di diffusione delle zoonosi.
L’accordo ha anche lo scopo di mettere a punto nuovi sistemi di finanziamento di questi progetti dispendiosi e impossibili da affrontare per i singoli Paesi, come accaduto per l’istituzione del Fondo Fiduciario per l’AMR (Anti Microbial Resistance, antimicrobico resistenza).
 
Oltre il 60% degli agenti patogeni esistenti o emergenti che colpiscono gli esseri umani ha origine animale; il 75% di questi viene da animali selvatici. Per questo non possiamo affrontare i problemi della salute umana, animale e dell’ambiente in maniera isolata, ma dobbiamo considerarli e gestirli insieme. Questa alleanza unisce le competenze specialistiche e l’esperienza di ognuna delle tre organizzazioni per ottenere esattamente questo, attraverso un approccio One Health.

Jose Graziano da Silva – Direttore Generale FAO
 

L’Unione Europea per l’antibiotico resistenza

Anche l’UE ha stilato un suo piano d’azione contro l’antibiotico resistenza, incentrato sull’approccio One Health.

L’iniziativa si propone di rafforzare la sorveglianza sanitaria e la segnalazione dei casi di antibiotico resistenza, migliorando il coordinamento fra gli Stati membri e la consapevolezza sia negli addetti ai lavori che nella popolazione generale tramite iniziative di comunicazione.

Fra gli scopi anche la promozione dell’innovazione nello sviluppo di nuovi antibiotici, anche grazie al potenziamento della digitalizzazione, delle iniziative di prevenzione e delle tecniche diagnostiche.
Non ultimo, anche l’obiettivo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo: come abbiamo dolorosamente appreso durante questa pandemia, nessuno può essere sano da solo. 

Prevenire le infezioni

Oltre a concentrare gli sforzi sul miglioramento nell’uso degli antibiotici oggi disponibili e sullo sviluppo di nuovi antibiotici, non dobbiamo dimenticare i comportamenti virtuosi che permettono di limitare il rischio di infezioni.

Molti di questi erano noti anche in passato, ma hanno acquisito importanza crescente negli ultimi mesi a causa della diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

Il presidio più efficace, in questi termini, è rappresentato dal lavaggio delle mani con acqua calda corrente e sapone liquido. Dove non disponibili rubinetti e detergenti, il gel idroalcolico rappresenta una valida alternativa.

Indossare la mascherina (di tipo chirurgico o FFP2, a seconda della situazione) permette di porre una barriera efficace fra sé e microorganismi potenzialmente presenti in un ambiente chiuso e affollato, come ad esempio i mezzi pubblici.

Altre misure sono rappresentate dall’uso dei guanti di lattice in situazioni di rischio particolare e dal distanziamento sociale.

L’emergenza Legionella ha messo in evidenza l’importanza della corretta manutenzione degli impianti di condizionamento e idrici: in questo senso, il monitoraggio e la pulizia periodica dei filtri contribuisce a ridurre i rischi di contaminazione delle vie respiratorie

È necessario non abbassare la guardia neppure per le infezioni di origine alimentare. Il cibo è un frequente veicolo di batteri: come proteggersi? Conservando gli alimenti in maniera corretta nel frigorifero o nella dispensa, rispettando la data di scadenza e cuocendo accuratamente tutti i cibi a rischio.

Anche in questo caso, l’igiene è fondamentale. Oltre al lavaggio delle mani prima di iniziare e dopo avere terminato la preparazione delle pietanze, è importante usare taglieri diversi per alimenti cotti e crudi. Poiché possono ospitare colonie di batteri difficilmente rimuovibili nelle incisioni sulla loro superficie, i taglieri devono essere sostituiti periodicamente.

Domande e risposte

Quali sono gli antibiotici più comuni?

L’antibiotico più usato in Italia, stando ai dati contenuti nell’ultimo Rapporto Osmed dell’Agenzia del Farmaco, è l’associazione amoxicillina/acido clavulanico.

Qual è l’antibiotico più forte?

Non esiste un antibiotico più forte in assoluto, ma l’azione delle singole molecole dipende dallo specifico batterio responsabile di una singola infezione. Per individuare l’antibiotico più adatto ad una terapia, viene eseguita una coltura con antibiogramma: proprio questo esame permette di individuare il farmaco a cui il batterio risulta essere più sensibile. 

In generale, esistono antibiotici verso i quali i batteri sono meno resistenti (come i carbapenemi), il cui uso viene riservato alle infezioni più complesse e difficili da trattare. 

Quanti sono gli antibiotici?

Impossibile definire un numero esatto, dal momento che si tratta di una categoria di farmaci molto numerosa. 
In linea generale, le principali classi sono:

  • Antibiotici che inibiscono la sintesi della parete cellulare, ossia l’involucro esterno del batterio, indispensabile alla sua sopravvivenza: comprende penicilline, cefalosporine, carbapenemi, monobattami;
  • Antibiotici che ostacolano la sintesi proteica, anch’essa essenziale per la sopravvivenza del microorganismo: include aminoglicosidi, tetracicline, cloramfenicolo, macrolidi, lincosamidi;
  • Antibiotici che impediscono la proliferazione: chinoloni, fluorochinoloni, rifamicine;
  • Antibiotici che alterano le caratteristiche della membrana esterna, come le polimixine;
  • Antibiotici che bloccano enzimi essenziali per il metabolismo batterico: sulfamidici, diaminopirimidine.

Quali sono gli antibiotici senza penicillina?

Tutti quelli appartenenti alle classi elencate sopra eccetto alcuni inclusi nella prima. A questo proposito, è doveroso sottolineare che questa domanda viene spesso posta da persone a cui è stata diagnosticata o ipotizzata un’allergia alle penicilline: in realtà, questa allergia è sovradiagnosticata e non effettivamente dimostrata in tutti i casi. Questo aspetto è particolarmente importante, perché spesso si ricorre ad antibiotici il cui uso dovrebbe essere limitato a casi particolari anche potendone fare a meno, con la conseguenza di aumentare il rischio di reazioni avverse, la spesa sanitaria e peggiorare il fenomeno dell’antibiotico resistenza.

Posso bere alcol durante la terapia antibiotica?

Poiché l’alcol interferisce con l’assorbimento di molti farmaci, è sempre sconsigliata la sua assunzione in corso di terapia.

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