Aggiornato il 06.02.2023
Gli antibiotici hanno segnato la storia e permesso un miglioramento significativo degli standard di vita dell’uomo, in termini di aumento dell’età media e della qualità di vita. Ma l’utilizzo scriteriato sta contribuendo a ridurne l’efficacia terapeutica. Questo potrebbe mettere a serio rischio tutti i progressi ottenuti finora grazie alla loro introduzione.
Malgrado il loro consumo nel nostro Paese sia complessivamente in calo (-5,8%), siamo ancora lontani dall’obiettivo del 10% definito nell’ambito del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) messo a punto dal Ministero della Salute.
Oggi gli antibiotici sono la categoria di farmaci più utilizzata in Italia. Come mostrato dal Rapporto Nazionale OsMed pubblicato dall’Agenzia del Farmaco (AIFA) sulla base dei dati del 2019, circa 4 persone su 10 hanno ricevuto nel corso dell’anno almeno una prescrizione di antibiotici.
Il nostro Paese è anche tra quelli dell’Unione Europea nei quali si fa il maggior consumo di questi medicinali.
Spesso, inoltre, gli antibiotici vengono usati in maniera inappropriata. Le conseguenze? Un maggior rischio di effetti collaterali, il peggioramento dell’antibiotico resistenza e l’aumento della spesa farmaceutica a carico del servizio sanitario.
L’uso degli antibiotici in Italia è eccessivo e, nel 25% dei casi, non appropriato. Tutte le volte che li assumiamo per curare disturbi di origine virale certa (come l’influenza e il raffreddore) o probabile (come nel caso del mal di gola) ne facciamo un uso scorretto dal punto di vista medico. Gli antibiotici sono, infatti, efficaci solo sui batteri e non sui virus.
Spesso vengono assunti gli antibiotici sbagliati: anziché ricorrere a quelli di prima scelta (come raccomandato dalle linee guida), finiamo con l’utilizzare medicinali che dovrebbero essere riservati al trattamento di patologie più severe e specifiche. Un esempio? I fluorochinoloni, il cui uso è in calo ma che continuano ad essere utilizzati in maniera inappropriata, ma anche le cefalosporine e i macrolidi.
Poiché dal Rapporto OsMed risulta che l’80% delle dosi acquistate viene erogato dal servizio sanitario, è chiaro che l’uso indiscriminato si ripercuote anche sulle finanze dello Stato.
L’inappropriatezza ha quindi tre gravi conseguenze: la maggior frequenza di effetti collaterali, l’aumento della spesa per i farmaci a carico del servizio sanitario e la promozione dell’antibiotico resistenza, un fenomeno in base al quale i batteri diventano insensibilità all’azione degli antibiotici.
Questi rischi rendono necessario un monitoraggio accurato del consumo di antibiotici da parte sia delle persone che degli animali.
Gli antibiotici non sono farmaci da banco, acquistabili senza ricetta. La figura del medico di Medicina Generale è strategica per il miglioramento dell’appropriatezza dell’uso. A lui spettano i compiti di prescrivere in maniera appropriata, di scoraggiare nei pazienti il ricorso alla terapia antibiotica autoprescritta attraverso la sensibilizzazione sui rischi che ciò comporta e di informarli sull’importanza di seguire scrupolosamente le indicazioni riguardo alle dosi da assumere, le modalità di assunzione e la durata della terapia. Il medico di base dovrebbe ricordare ai propri pazienti che, per raggiungere l’obiettivo della guarigione minimizzando i rischi per la salute, è importante non prolungare la terapia oltre i tempi stabiliti e non interromperla prima del tempo.
Poiché ogni antibiotico ha delle precise indicazioni, è essenziale assumere esattamente il medicinale prescritto, evitando di seguire i consigli di amici e parenti e di prendere un farmaco solo perché avanzato da una terapia precedente e quindi disponibile in casa.
Occorre anche ricordare che gli antibiotici non possono essere gettati fra i rifiuti comuni, ma devono essere eliminati in maniera sicura: se vi accorgete che avete in casa una confezione scaduta, non gettatela nella spazzatura, ma recatevi dal vostro farmacista e riponetela nell’apposito contenitore.
Uno dei disturbi per i quali si fa un grande uso, spesso scriteriato, di questi prodotti è la cistite. Proprio l’assunzione di farmaci in autocura al di fuori della prescrizione medica rientra fra i fattori che contribuiscono alla comparsa di recidive.
La fitoterapia offre un gran numero di prodotti naturali per la cistite, anche per la prevenzione di nuovi episodi nelle persone che soffrono delle forme ricorrenti.
Fra questi, l’estratto di mirtillo rosso e il mannosio, uno zucchero che viene estratto dalla corteccia del larice e della betulla. Si tratta, in entrambi i casi, di rimedi naturali efficaci e relativamente sicuri, che tuttavia devono essere assunti dopo avere consultato il proprio medico e che, in generale, non sono alternativi all’antibiotico quando indicato.
In odontoiatria gli antibiotici vengono impiegati non solo per la terapia di infezioni già presenti ma anche per la prevenzione di possibili contaminazioni in condizioni specifiche, resa necessaria dal fatto che la bocca è un ambiente in cui la presenza di batteri è ricca.
Inoltre, l’uso di questi farmaci è, in questo settore, empirico: vengono prescritti senza poter eseguire prima esami specifici per individuare le molecole più efficaci. Poiché i dentisti prescrivono il 10% circa degli antibiotici utilizzati nelle cure primarie, il rischio di contribuire al fenomeno dell’antibiotico resistenza è molto alto.
La strategia migliore per ridurre il consumo di antibiotici è rappresentata dalla prevenzione, laddove possibile.
Occorre prestare attenzione a possibili fonti di infezione o dolore, recarsi tempestivamente dal dentista per un consulto in presenza di sintomi che possono indicare la presenza di una carie o di un disturbo gengivale e sottoporsi a controlli periodici.
Gli antibiotici più usati dai dentisti sono l’associazione amoxicillina/acido clavulanico (in genere la prima scelta), la claritromicina, l’eritromicina e l’azitromicina.
Per le infezioni più complesse, più difficili da eradicare, vengono spesso utilizzati i chinoloni (moxifloxacina, gemfloxacina).
Tra le categorie terapeutiche, si è verificato un aumento da record nell’uso dei macrolidi, che hanno fatto registrare un +77%. In particolare, il consumo di una molecola appartenente a questa categoria, l’azitromicina, ha subito un aumento del 160%.
Queste cifre sono prevalentemente legate al tentativo, inappropriato, di trattare molte forme di COVID-19. Grazie al suo effetto immunosoppressivo, l’azitromicina è stata studiata come possibile risorsa per prevenire risposte immunitarie esasperate nel corso dell’infezione da SARS-CoV-2, come la cosiddetta tempesta citochinica. Tuttavia, l’assenza di dati a supporto della sua efficacia ha spinto AIFA ad escluderla dal gruppo dei farmaci raccomandati.
Malgrado ciò, questo antibiotico continua ad essere prescritto fuori dalle indicazioni.
Gli antibiotici sono i farmaci più prescritti nella popolazione pediatrica: in particolare, il picco di consumo si verifica nella fascia di età fra i 2 e i 6 anni.
Anche qui vengono spesso usati in maniera inappropriata, per il trattamento di infezioni virali (influenza, virus parainfluenzali, raffreddore, mal di gola da virus). Inoltre, i dati dicono che 4 volte su 10 non vengono scelti antibiotici di prima linea, ma molecole che andrebbero riservate alla cura di infezioni da germi resistenti.
Quali sono le indicazioni delle società scientifiche in merito all’uso degli antibiotici in terapia? Di seguito alcuni esempi.
Fra i disturbi maggiormente trattati con antibiotici, spesso a sproposito, anche l’otite, in particolare l’otite media acuta.
In questo caso, le linee guida SIMEUP raccomandano che l'antibiotico sia prescritto solo dopo avere messo in atto tutte le soluzioni previste per ridurre il numero delle infezioni: devono essere stati prima eliminati i fattori di rischio e devono essere state praticate sia la vaccinazione antinfluenzale che quella antipneumococcica.
La terapia si dovrebbe da subito concentrare sulla riduzione del dolore, il sintomo più impattante per il bambino, con antinfiammatori per bocca; viene, invece, scoraggiata la somministrazione di sostanze per uso locale o di origine naturale.
Quando è raccomandata la terapia antibiotica? Sempre nei bambini al di sotto dei 2 anni, mentre in quelli di età superiore solo se presente nella forma bilaterale grave. Negli altri casi, i piccoli devono semplicemente essere tenuti sotto osservazione per 48-72 ore.
Le linee guida ribadiscono la necessità di evitare l’utilizzo dei macrolidi e dei fluorochinoloni, a vantaggio di antibiotici a spettro meno ampio, come l’amoxicillina.
Quanti giorni deve durare il trattamento? Secondo le linee guida, non deve superare i 10 giorni.
In Italia i batteri sotto sorveglianza sono 8: Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species.
La klebsiella, in particolare, rappresenta una criticità particolarmente complessa. I ceppi che circolano all’interno degli ospedali sono nel 50% circa dei casi resistenti anche agli antibiotici di ultima scelta, come i carbapenemi. Una percentuale che sale all’80-90% per l’acinetobacter.
Le persone più a rischio di sviluppo di infezioni da batteri resistenti sono maschi, nella fascia di età compresa tra 60 e 79 anni, ospedalizzati e ricoverati nei reparti di terapia intensiva.
Poiché la nostra salute dipende anche da quella degli animali da allevamento di cui ci nutriamo e degli esemplari selvatici con cui accidentalmente possiamo venire in contatto, anche il settore veterinario viene sottoposto a sorveglianza per consumo di antibiotici e antibiotico resistenza.
L’introduzione della ricetta elettronica veterinaria con la Legge 20 novembre 2017, n. 167 ha reso tracciabile in modo completo l’intera filiera del farmaco, dalla produzione, alla vendita in farmacia, fino all’utilizzo.
Quali sono i rischi per l’alimentazione? Spesso leggiamo che negli allevamenti intensivi si fa uso di antibiotici per accelerare la crescita degli animali, ma si tratta di fake news, dal momento che questo tipo di utilizzo è vietato in Europa dal 2006. Possiamo dunque stare tranquilli riguardo la sicurezza microbiologica dei prodotti di origine animale e l’assenza di residui di farmaci in essi.
Il Ministero della Salute si è dotato di un Piano di controllo nazionale pluriennale 2020-2022, attraverso cui sta incrementando la sorveglianza e il monitoraggio del consumo di antibiotici su tutto il territorio nazionale, nell’ambito di una rete che coinvolge anche laboratori pubblici e privati.
Non possiamo arrestare il progresso, né porre freni al processo di globalizzazione che ha ridotto le distanze fra i diversi Paesi e garantito lo sviluppo economico. Ma possiamo e dobbiamo proteggere la nostra salute.
Questo è possibile solo a patto di adottare provvedimenti specifici di contenimento del rischio, comportamenti quotidiani efficienti e misure igieniche adeguate.
Serve un cambio di mentalità che porti a un maggiore rispetto del territorio e che coinvolga tutti, ognuno nel proprio ruolo.
Esiste una sola salute: il concetto di One Health impone una nuova prospettiva, quella che comprende uomo, ambiente e animali e considera le loro interazioni al fine di proporre soluzioni integrate per migliorare la qualità della vita su questo pianeta.
L’approccio One Health vede la salute umana strettamente connessa a quella animale e alla qualità dell’ambiente in cui l’uomo vive. Questa mentalità solo apparentemente nuova impone di prestare massima attenzione alle interazioni fra uomo e ambiente, che l’alterazione degli ecosistemi rende rischiose.
Quali sono i pericoli che possono derivare dalle interazioni fra uomo e ambiente? Le malattie provocate dall’inquinamento atmosferico, per esempio. Ma anche le zoonosi, ovvero le malattie che possono essere trasmesse dall’animale all’uomo. Conosciamo tutti la rabbia, ma non dobbiamo dimenticare patologie come l’influenza aviaria, la Malattia di Lyme, la BSE (la cosiddetta sindrome della Mucca Pazza), la Chikungunya, la Febbre West Nile, la Salmonellosi e, ultima in ordine di tempo, COVID-19.
L’antibiotico più usato in Italia, stando ai dati contenuti nell’ultimo Rapporto Osmed dell’Agenzia del Farmaco, è l’associazione amoxicillina/acido clavulanico.
Non esiste un antibiotico più forte in assoluto, ma l’azione delle singole molecole dipende dallo specifico batterio responsabile di una singola infezione. Per individuare l’antibiotico più adatto ad una terapia, viene eseguita una coltura con antibiogramma: proprio questo esame permette di individuare il farmaco a cui il batterio risulta essere più sensibile.
In generale, esistono antibiotici verso i quali i batteri sono meno resistenti (come i carbapenemi), il cui uso viene riservato alle infezioni più complesse e difficili da trattare.
Impossibile definire un numero esatto, dal momento che si tratta di una categoria di farmaci molto numerosa.
In linea generale, le principali classi sono:
Tutti quelli appartenenti alle classi elencate sopra eccetto alcuni inclusi nella prima. A questo proposito, è doveroso sottolineare che questa domanda viene spesso posta da persone a cui è stata diagnosticata o ipotizzata un’allergia alle penicilline: in realtà, questa allergia è sovradiagnosticata e non effettivamente dimostrata in tutti i casi. Questo aspetto è particolarmente importante, perché spesso si ricorre ad antibiotici il cui uso dovrebbe essere limitato a casi particolari anche potendone fare a meno, con la conseguenza di aumentare il rischio di reazioni avverse, la spesa sanitaria e peggiorare il fenomeno dell’antibiotico resistenza.
Poiché l’alcol interferisce con l’assorbimento di molti farmaci, è sempre sconsigliata la sua assunzione in corso di terapia.
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