Antibiotico-resistenza: punto della situazione e buone pratiche

Antibiotico-resistenza: punto della situazione e buone pratiche

Indice

Domande e risposte

Cos'è l'antibiotico resistenza: la definizione

La resistenza batterica è definita come la capacità dei batteri di adattarsi a condizioni sfavorevoli per la loro proliferazione e sopravvivenza. Nella storia del nostro pianeta, questi microorganismi si sono mostrati straordinariamente abili nello sviluppo di caratteristiche tali da consentire loro di sfidare le ostilità dell’ambiente circostante. Così, attraverso diversi meccanismi (costituzione di biofilm, trasmissione di geni e plasmidi…) hanno saputo evolvere in maniera tale da aggirare l’ostacolo dei farmaci (antibiotico resistenza innata o naturale e acquisita) che normalmente vengono usati per eliminarli, gli antibiotici (penicilline, tetracicline, cefalosporine,…).

Questi ultimi che, insieme ai vaccini, tanto hanno contribuito a elevare gli standard di vita dell’uomo moderno con la loro capacità di sconfiggere germi un tempo letali, oggi vacillano. Se da un lato le molecole tradizionali stentano a garantire le medesime performance del passato, dall’altro è complicato e dispendioso sviluppare nuovi farmaci attivi sui batteri più problematici. 

Fioccano le iniziative delle istituzioni sanitarie e delle società scientifiche, impegnate a stilare linee guida mirate al contenimento dell’allarme. E in Europa ogni 18 novembre si svolge la Giornata degli antibiotici organizzata dallo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) per sensibilizzare sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull'uso prudente degli antibiotici stessi. Ma la situazione non accenna a migliorare. 

Infezioni antibiotico resistenti a livello nazionale e internazionale

Quali sono le conseguenze del fenomeno? Le stime mostrano come la AMR potrebbe causare la morte di 10 milioni di persone all’anno entro il 2050. Queste cifre spiegano perché l’antibiotico resistenza rappresenta una minaccia per la salute pubblica.

Uno sguardo a statistiche ed epidemiologia evidenzia che nel 2019 si sono verificati 13,7 milioni di decessi per infezioni a livello globale, più della metà dei quali causati da 5 principali batteri patogeni: Staphylococcus aureus (che da solo ha fatto più di un milione di morti), Escherichia coli, Streptococcus pneumoniae, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeuruginosa. Da non sottovalutare neppure i costi, che potrebbero toccare i 100.000 miliardi di dollari entro il 2050.

Qual è l’impatto a livello europeo? In Europa il numero di casi di infezioni da batteri resistenti è passato da 658.433 nel 2013 a 865.767 nel 2019, per scendere lievemente a 801.517 nel 2020. Il 70,9% dei casi è rappresentato da infezioni correlate all’assistenza, quelle che un tempo erano definite infezioni ospedaliere e che colpiscono le popolazioni più fragili (anziani e bambini piccoli, malati di tumore e altre patologie gravi) ma anche le persone sane. L’antibiotico resistenza è responsabile di 35.000 morti ogni anno in UE.

I Paesi UE nei quali la situazione è peggiore sono Grecia, Italia e Romania, ognuno dei quali ha registrato più di 2.000 casi per 100.000 abitanti nel periodo 2016-2020.

Antibiotico resistenza: cosa fare

“Le azioni fondamentali da intraprendere sono la prevenzione dell’antibiotico resistenza, attraverso il miglioramento dell’uso appropriato degli antibiotici nell’uomo e la riduzione del loro uso negli animali da reddito ed il controllo della diffusione delle infezioni da paziente a paziente”, spiega il Presidente di GISA (Gruppo Italiano Stewardship Antimicrobica) Francesco Menichetti, ordinario di Malattie Infettive all’Università di Pisa.

La visione moderna della salute è partecipativa: la sostenibilità del sistema è a rischio e ognuno deve fare la sua parte per impedire che minacce come queste diventino realtà. La salute umana non può essere garantita meno di quella animale e della qualità dell’ambiente. Per questo, temi oggi molto dibattuti come l’inquinamento atmosferico, i cambiamenti climatici e il rischio di pandemie devono trovare risposte tempestive e articolate. 

A causa dei continui spostamenti che siamo chiamati a compiere per adempiere a doveri professionali o a scopo di vacanza acceleriamo il flusso di microorganismi, ne amplifichiamo la diffusione. L’uomo e gli animali rischiano così di diventare serbatoi di malattie che possono fare il giro del mondo in pochi giorni e disseminarsi in tempi sorprendentemente brevi.

Per arginare il fenomeno possiamo davvero fare molto. Un comportamento molto utile è quello di evitare di prendere antibiotici al di fuori delle prescrizioni mediche. Questa raccomandazione è vecchia, trita e ritrita, ma è importante richiamarla, perché può fare davvero la differenza e perché a tutti noi, colti da un dubbio, può capitare di eccedere in sicurezza di sé. Fra i disturbi per i quali l’assunzione di antibiotici è maggiormente non appropriata sono presenti il mal di gola, l’otite, l’influenza e la cistite. A questo proposito, le linee guida ricordano che la terapia antibiotica deve essere di norma preceduta dalla conferma della diagnosi e dall’esecuzione di un antibiogramma, allo scopo di testare l’effettiva sensibilità del batterio responsabile nei confronti dei diversi antibiotici, per scegliere quello più idoneo.
 
Immagine che rappresenta una donna seduta a casa sua che sta prendendo un antibiotico

Abbiamo una sola salute

Non possiamo arrestare il progresso, né porre freni al processo di globalizzazione che ha ridotto le distanze e garantito lo sviluppo economico. Ma possiamo e dobbiamo limitare i rischi, metterci nella condizione di maggiore sicurezza possibile.

Questo è possibile solo a patto di adottare provvedimenti specifici di contenimento del rischio, comportamenti quotidiani efficienti e misure igieniche adeguate.
Serve un cambio di mentalità che porti a un maggiore rispetto del territorio e che coinvolga tutti, ognuno nel proprio ruolo. 

Esiste una sola salute: il concetto di One Health impone una nuova prospettiva, quella che comprende uomo, ambiente e animali e considera le loro interazioni al fine di proporre soluzioni integrate per migliorare la qualità della vita su questo pianeta. 

L’approccio One Health e l'ambito veterinario

L’approccio One Health consiste in una visione della salute umana inclusiva di quella animale e della qualità dell’ambiente. Questa mentalità, niente affatto nuova (più avanti spiegheremo in quali termini) ma oggi più che mai necessaria, impone di estendere le valutazioni effettuate in Sanità allo scopo di proteggere la salute umana ai sistemi produttivi impiegati in agricoltura e negli allevamenti intensivi e di prestare massima attenzione alle interazioni fra uomo e ambiente.
I primi riferimenti a una medicina inclusiva sono già presenti nelle opere di Ippocrate, il cui Giuramento è tuttora parte della carriera di ogni medico. Egli analizzò con i rudimentali strumenti statistici che aveva a disposizione le interazioni fra lo stato dell’ambiente e il benessere dell’uomo e ne scrisse approfonditamente nel suo trattato intitolato Delle arie, delle acque e dei luoghi.

In tempi più recenti, uno scienziato più vicino a noi, Rudolf Virchow, parlò di una medicina inclusiva; anzi, di un’unica medicina che si occupasse di animali, piante e anche dell’uomo. Fu Virchow nell’800 a coniare il termine zoonosi per indicare le malattie che possono essere trasmesse dall’animale all’uomo. Le zoonosi sono numerose e pongono seri problemi di salute. 
La rabbia è una delle zoonosi più note al grande pubblico da tempo, ma non dobbiamo dimenticare minacce più recenti quali la SARS e l’influenza aviaria, che hanno tenuto il mondo con il fiato sospeso all’epoca in cui si è diffuso il timore di una pandemia.
Altre zoonosi sono la Malattia di Lyme, la BSE (la cosiddetta Sindrome della Mucca Pazza), la Chikungunya, la Febbre West Nile, la Salmonellosi, oltre alla COVID-19.

Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e One Health

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) punta molto su questo approccio, nella convinzione che i sistemi digitali oggi disponibili possano contribuire efficacemente alla diffusione e alla condivisione dei dati. Sono infatti questi i presupposti imprescindibili per tenere sotto controllo la diffusione dei microorganismi e l’implementazione di strategie globali.

I batteri sono sulla Terra da molto più tempo rispetto all’uomo e devono la loro sopravvivenza di specie alla straordinaria capacità di adattamento. La stessa che potrebbe mettere in crisi i sistemi di sorveglianza degli Stati più avanzati, causando ripercussioni gravissime sull’uomo. Oltre alla possibilità che si diffondano malattie letali, un ulteriore rischio è rappresentato infatti dalla crisi di interi settori produttivi, con effetti devastanti sull’economia.
Nel maggio del 2018 l’OMS ha sottoscritto un accordo con la FAO (l’Organizzazione dell’ONU per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e l’OIE (Organizzazione Mondiale per la Salute Animale) finalizzato al rilancio dell’impegno comune per il contrasto alle minacce alla salute legate all’interazione fra esseri umani, animali e ambiente.

Il Memorandum d’Intesa firmato prevede un rafforzamento della partnership fra queste istituzioni con particolare attenzione alle misure da adottare per fronteggiare la minaccia dell’antibiotico resistenza. Uno degli scopi specifici più sentiti è quello di migliorare la capacità di previsione dell’eventuale rischio di diffusione delle zoonosi, comprese quelle di origine alimentare.
La Triplice Alleanza, così è stata definita la collaborazione, prevede anche di investire risorse nel rafforzamento dei singoli sistemi sanitari locali nell’ottica di costituire reti congiunte sovranazionali a difesa della popolazione. 
Proprio a questo scopo, lo scorso giugno la Triplice Alleanza ha presentato un metodo di finanziamento che consente ai partner di destinare risorse volte ad accelerare l’azione globale. Si tratta del Fondo Fiduciario per l’AMR (Anti Microbial Resistance, antimicrobico resistenza), supportato dal contributo iniziale di 5 milioni di dollari (che dovrebbero secondo gli auspici diventare 70) e di durata quinquennale.
Il problema è troppo grande e i singoli Paesi non possono affrontarlo da soli: questa è la prospettiva da cui le istituzioni stanno osservando il fenomeno e che orienta le strategie in merito.
Oltre il 60% degli agenti patogeni esistenti o emergenti che colpiscono gli esseri umani ha origine animale; il 75% di questi viene da animali selvatici. Per questo non possiamo affrontare i problemi della salute umana, animale e dell’ambiente in maniera isolata, ma dobbiamo considerarli e gestirli insieme. Questa alleanza unisce le competenze specialistiche e l’esperienza di ognuna delle tre organizzazioni per ottenere esattamente questo, attraverso un approccio One Health (Una salute)”, ha dichiarato il Direttore Generale della FAO, Jose Graziano da Silva.

L’Unione Europea per l’antibiotico resistenza

Nel 2017, l’Unione Europea aveva stilato un piano d’azione contro l’antibiotico resistenza. Incentrato sulla One Health, i suoi obiettivi erano:
  • Rendere l'UE la regione di migliori pratiche: in questa direzione occorre rafforzare la sorveglianza sanitaria e la segnalazione dei casi di antibiotico resistenza, aumentare la consapevolezza sia negli addetti ai lavori che nella popolazione generale tramite iniziative di comunicazione e migliorare il coordinamento fra gli Stati membri;
  • Promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione nel campo della antibiotico resistenza: questo comporta il miglioramento delle conoscenze scientifiche in merito, l’aumento del livello di digitalizzazione dei singoli Stati, lo sviluppo di nuove terapie alternative, vaccini preventivi e tecniche diagnostiche sempre più rapide ed accurate;
  • Definire il programma mondiale: questo obiettivo può essere raggiunto con il rafforzamento della presenza europea a livello mondiale e con la cooperazione proficua con i Paesi in via di sviluppo.

Nel 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’antimicrobico-resistenza una delle 10 maggiori minacce alla salute pubblica. Nel luglio del 2022 la Commissione Europea, insieme agli Stati membri, l’ha identificata come una delle 3 priorità top in Sanità.

Nell’aprile del 2023, la Commissione ha adottato una proposta per una Raccomandazione chiamata “Council Recommendation on stepping up EU actions to combat antimicrobial resistance in One Health approach”. Tale raccomandazione estende e completa il piano AMR del 2017 in tutte e tre le dimensioni dello spettro One Health, al fine di massimizzare le sinergie e mettere a punto una risposta efficace contro la AMR in tutta la UE.

Gli allevamenti intesivi fra le cause?

In Italia il consumo di antibiotici è concentrato per il 50% negli allevamenti, dove viene impiegato per trattare le infezioni veterinarie in cui può incorrere il bestiame. Date le condizioni in cui crescono gli animali, negli allevamenti intensivi (di polli, mucche e altri animali) il consumo di antibiotici è maggiore rispetto ai contesti nei quali ognuno di essi ha a disposizione più spazio per vivere (minore contiguità significa minor frequenza di contagio). 

Questo fenomeno gioca a favore delle resistenze, per via del passaggio delle carni nella catena alimentare. Gli studi mostrano che batteri normalmente presenti negli animali destinati all’alimentazione, come la salmonella ed Escherichia coli, hanno già prodotto ceppi resistenti a più antibiotici.

Diventa quindi urgente l’applicazione estesa e capillare delle azioni previste dal PNCAR, il Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico Resistenza, predisposto nel 2017. A questo scopo, e non solo per quanto riguarda il settore veterinario, il Ministero della Salute ha di recente istituito un Osservatorio Nazionale sull’Antimicrobico Resistenza, che verrà presieduto da Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene all’Università Cattolica di Roma. 

Le buone pratiche per contrastare l’antibiotico resistenza

Per le loro caratteristiche, le strutture sanitarie rappresentano un hub a rischio per la produzione di ceppi batterici resistenti. 

Per prevenire la generazione di nuove resistenze è quindi necessario agire su due fronti. Il primo è rappresentato dalle strategie di deospedalizzazione della assistenza. La Sanità del prossimo futuro sarà incentrata prevalentemente sulla medicina territoriale, come anche previsto dagli investimenti stanziati secondo PNRR, anche al fine di limitare l’incidenza di infezioni correlate all’assistenza. Il secondo aspetto su cui è essenziale intervenire è quello dell’adesione ai protocolli di stewardship: seguire le raccomandazioni e linee guida pubblicate dalle società scientifiche e dalle istituzioni sanitarie permette infatti di contenere il rischio nelle cure erogate presso le strutture sanitarie ma anche presso il domicilio del paziente.

Gli ospedali e la salute degli operatori sanitari

Per contenere le resistenze batteriche è necessario che sia presente un elevato livello di attenzione da parte degli operatori sanitari nei confronti del loro stato di salute. Su questo punto si innestano ragionamenti complessi, che afferiscono in parte al tema della vaccinazione degli operatori sanitari, coloro che sono a strettissimo contatto con il malato, soggetto fragile e dunque più esposto al rischio di contagio, con conseguenze disastrose. La vaccinazione è infatti una procedura di immunizzazione sicura ed efficace raccomandata agli operatori sanitari, allo scopo di evitare che diventino loro stessi veicolo di germi verso il paziente.
  1. Lavare le mani
    Sappiamo che lavare frequentemente le mani con acqua calda e sapone è una strategia di prevenzione economica, sicura ed efficace. Ciascuno di noi può metterla in atto dovunque e in qualunque momento: laddove non è disponibile l’acqua, si consiglia l’uso dei gel igienizzanti a base alcolica. Un gesto semplice che permette di salvare vite.
     
  2. Attenzione agli accessori e agli oggetti di frequente utilizzo
    Anelli, orologi e bracciali, ma anche monete, portafogli, chiavi e i telefoni, che portiamo spesso al volto e appoggiamo su superfici di comodo, costituiscono luoghi nei quali i batteri si concentrano. Per quanto riguarda gli accessori, il pericolo nell’indossare i monili è amplificato dal rischio di rottura dei guanti in lattice in dotazione agli operatori sanitari, che potrebbe esporre gli stessi ed i pazienti a conseguenze pericolose per la salute. Il consiglio degli esperti, in questi casi, è quello di spogliarsene prima di lavarsi le mani e infilare i presidi di protezione e prevenzione individuale solo dopo.
    È altresì sconsigliato l’uso del telefono durante le visite al paziente; anche poggiare il telefono sul suo letto o, peggio, sul cuscino, può trasformarsi in una scelta azzardata.
     
  3. Uso dei guanti e delle mascherine
    Agli operatori è consigliato di avere a disposizione sempre alcuni dispositivi di protezione individuale (quali guanti e mascherine), da indossare in caso di necessità. I guanti, in particolare, sono una forma di tutela della salute dell’assistito, oltre che del professionista, in caso di ferite aperte, vomito o deiezioni.
    I guanti devono essere indossati anche quando si debba maneggiare dispositivi medici quali cateteri o flebo.
     
  4. Anche il cibo può veicolare batteri
    Perché la convalescenza del paziente e, più in generale, la gestione del suo periodo di malattia, proceda nella maniera migliore possibile, è necessario che egli si alimenti adeguatamente. Un primo punto su cui concentrare l’attenzione è dunque rappresentato dalla necessità di fornire al malato tutti i principi nutritivi di cui ha bisogno, per poterlo mettere in condizione di fare fronte alla patologia che lo ha colpito in maniera efficace. 
    È anche utile ricordare, all’atto della dimissione, al paziente stesso o al caregiver, l’importanza di instaurare e mantenere una corretta e bilanciata alimentazione, personalizzata sull’individuo e intorno alla malattia. In seconda battuta, occorre spingere il paziente a nutrirsi in autonomia. Il cibo può essere veicolo di germi: chi sbuccia, taglia gli alimenti o imbocca il malato può contaminare il cibo, le posate e, in ultima analisi, il paziente stesso.
     
  5. Trasporto in ambiente sanificato
    Il trasporto dei pazienti deve avvenire in un autoveicolo sottoposto a frequente sanificazione, se non trattato al termine di ogni viaggio. Devono essere sanificate le superfici, igienizzate le mani, utilizzati i guanti e le mascherine. Queste ultime devono essere indossate anche dai pazienti qualora la specifica patologia lo richieda.
     
  6. Monitoraggio degli impianti idrici e di condizionamento
    Dall’emergenza Legionella abbiamo appreso quanto sia importante provvedere a una corretta manutenzione degli impianti di condizionamento e idrici.  Deve essere applicata una periodica pulitura dei filtri, che rappresentano dispositivi dove possono annidarsi batteri causa di contaminazione delle vie respiratorie. Anche tutte le superfici presenti nella camera dove l’assistito risiede (quelle domestiche, se il malato si trova a casa) devono essere trattate. Se il paziente si trova ricoverato in una struttura sanitaria, la manutenzione e la sanificazione da parte di enti certificati costituisce la modalità di prevenzione più efficace.



Riferimenti bibliografici

Domande e risposte

Come si verifica l’antibiotico resistenza e come si diventa resistenti agli antibiotici?

I batteri sono organismi molto antichi, presenti sulla Terra da molto prima dell’uomo. La loro sopravvivenza è dovuta alla straordinaria capacità di adattamento. Nel tempo, i batteri sono in grado di sviluppare meccanismi di difesa nei confronti degli antibiotici e diventano inefficaci. L’uso scorretto di questi farmaci accelera il verificarsi delle resistenze.

Qual è la differenza fra antibiotico resistenza e antimicrobico resistenza?

L’antibiotico resistenza rappresenta la capacità dei batteri di sviluppare sistemi di sopravvivenza in presenza di sostanze antibatteriche. L’antimicrobico resistenza è un concetto più generale, che comprende anche la resistenza di altri microorganismi (come i funghi) nei confronti dei farmaci usati per la cura delle patologie da essi causate (ad esempio gli antifungini).

Come possiamo combattere l’antibiotico resistenza?

Attraverso tre modalità. La prima consiste nell’utilizzare in maniera corretta le molecole che oggi abbiamo a disposizione e che ancora funzionano. La seconda consiste nel supportare lo sviluppo di nuovi antibiotici efficaci sui germi oggi resistenti alle molecole in uso. La terza nel mettere in atto comportamenti e procedure atte a frenare la diffusione dei germi antibiotico resistenti, come il lavaggio delle mani.

Quali sono i batteri più resistenti agli antibiotici?

Sono otto e sono stati individuati dalle istituzioni sanitarie e sottoposti a sorveglianza: Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter spp.

Come funziona l’antibiotico resistenza e perché è un problema negli ospedali?

Perché si tratta di strutture che ospitano pazienti affetti da patologie, alcune delle quali dovute a germi che possono sviluppare resistenza. Inoltre, negli ospedali si utilizzano disinfettanti molto potenti, che, nel tempo e con l’uso improprio, possono selezionare specie resistenti.

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