Tumori dell'utero: intervista all'Istituto di Candiolo

Tumori dell'utero: intervista all'Istituto di Candiolo

Tumori dell'utero: sintomi, sopravvivenza e mortalità

Intervista a Riccardo Ponzone, Direttore della Divisione di Ginecologia Oncologica presso l’Istituto di Candiolo.

L’utero è un organo posto nella parte bassa dell’addome e caratterizzato dalla tipica forma a imbuto rovesciato. È qui che l’embrione viene accolto e si sviluppa durante la gravidanza. È formato da una porzione superiore, detta corpo dell’utero, ed una inferiore (collo dell’utero, o cervice uterina), ni diretto collegamento con la vagina

Per quanto riguarda gli aspetti di ginecologia oncologica, viene colpito da forme tumorali diverse, per caratteristiche, sintomi, protocolli di trattamento e prognosi. Per un lungo periodo queste neoplasie hanno rappresentato la tipologia di cancro più diffusa nella popolazione femminile. Ma negli ultimi decenni il contesto è cambiato: anche grazie alla disponibilità di strumenti di prevenzione, diagnosi precoce e cura efficaci ed efficienti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato nel 2020 la Strategia globale per accelerare l’eliminazione del tumore della cervice quale problema di salute pubblica. 

Per capire meglio come si manifestano, si riconoscono, si trattano e, soprattutto, si prevengono queste malattie abbiamo intervistato Riccardo Ponzone, Direttore della Divisione di Ginecologia Oncologica dell’Istituto di Candiolo IRCCS.

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Immagine che rappresenta Riccardo Ponzone, Direttore della Divisione di Ginecologia Oncologica presso l’Istituto di Candiolo.

Dottor Ponzone, quanti tipi di tumore dell’utero si conoscono?

I tumori dell’utero si dividono anatomicamente fra:
  • Neoplasie del collo dell’utero (che vengono definite carcinomi della cervice);
  • Neoplasie del corpo dell’utero (ovvero essenzialmente i carcinomi dell’endometrio).
Tale distinzione è molto importante, perché questi due tipi di tumore differiscono significativamente dal punto di vista epidemiologico, dei fattori di rischio, delle modalità di trattamento e della prognosi. I carcinomi della cervice insorgono ad un’età media di 35 anni e la loro incidenza è in diminuzione nei Paesi sviluppati, mentre l’età media di insorgenza dei carcinomi dell’endometrio è pari a 60 anni e la loro incidenza è in lieve crescita. Inoltre, mentre la quasi totalità dei carcinomi della cervice è preceduta da un’infezione da Papilloma virus, questo non si verifica nei carcinomi dell’endometrio, che riconoscono come fattori di rischio l’obesità, fattori ormonali e predisposizione genetica. Vi sono, infine, i sarcomi dell’utero, un gruppo di tumori di origine stromale che interessano il corpo dell’utero: queste patologie sono meno diffuse nella popolazione e caratterizzate da una spiccata aggressività biologica e, di conseguenza, anche da una prognosi peggiore.


I tumori dell’utero sono complessivamente fra le neoplasie più comuni nella popolazione femminile: quanto sono diffusi e quali sono attualmente i tassi di guarigione e sopravvivenza dopo la diagnosi?

I carcinomi della cervice rappresentano attualmente la quinta neoplasia femminile per incidenza e sono i tumori più frequenti nella fascia giovanile della popolazione. In Italia ne vengono diagnosticati 2.100 casi all’anno, associati ad una sopravvivenza a 5 anni che si avvicina al 70%. 

I carcinomi dell’endometrio costituiscono, invece, la terza neoplasia più frequente nelle donne che rientrano nella fascia di età fra i 50 ed i 70 anni; in Italia ne vengono diagnosticati circa 10.200 nuovi casi all’anno, rappresentando il 5,5% delle neoplasie femminili. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi sfiora l’80%.


Quali sono i sintomi che, se correttamente valutati, possono rappresentare campanelli d’allarme?

Per quanto riguarda i carcinomi della cervice, i sintomi più precoci sono rappresentati dalla comparsa di perdite ematiche dopo i rapporti e intermestruali e dalla comparsa di secrezioni vaginali maleodoranti. Possono presentarsi sintomi più tardivi, fra cui i dolori pelvici, che compaiono quando la neoplasia infiltra i plessi nervosi, e i dolori lombari, associati al fatto che il tumore ingrandendosi comprime l’uretere, ostacolando il passaggio dell’urina e provocando la dilatazione dei bacinetti renali.
Nel carcinoma dell’endometrio il sintomo nettamente prevalente è il sanguinamento dai genitali esterni nel periodo post-menopausale; quando la neoplasia si sviluppa nella donna fertile, si può verificare una irregolarità mestruale accompagnata da perdite ematiche intermestruali, una condizione definita spotting.


Si sente molto parlare di pillola anticoncezionale e Terapia Ormonale Sostitutiva, in relazione all’aumento del rischio di andare incontro ad un tumore dell’utero: c’è davvero un nesso?

Si tratta, in effetti, di un argomento molto studiato. Sembra esservi una correlazione fra la durata dell’assunzione dei contraccettivi orali e un aumento (contenuto) del rischio di sviluppare il carcinoma della cervice. Il rischio si riduce progressivamente con il passare del tempo dopo la sospensione dell’assunzione. Al contrario, i contraccettivi orali sembrano essere associati ad una riduzione del rischio di insorgenza del carcinoma dell’endometrio: il rischio, in questo caso, è proporzionale alla durata dell’assunzione e persiste anche molti anni dopo la sospensione.
Nelle donne in menopausa, invece, l’impiego della Terapia Ormonale Sostitutiva combinata (estrogeno+progestinico) non sembra influenzare il rischio di sviluppare il tumore della cervice né quello dell’endometrio, che anzi potrebbe addirittura essere ridotto dall’assunzione continua di entrambi gli ormoni. L’assunzione di soli estrogeni, che può essere prescritta solo alle donne in cui sia già stato asportato l’utero, aumenta invece significativamente il rischio di comparsa del tumore dell’endometrio.


Qual è la correlazione fra infezione da Papilloma virus e neoplasie cervicali?

Il fattore eziologico principale, se non esclusivo, di questi tumori è un’infezione persistente da Papilloma virus (HPV). I fattori di rischio per il tumore sono correlati, quindi, con tutte le condizioni che favoriscono l’infezione: il basso livello socio-economico, e quindi scarso accesso alle possibilità di prevenzione, il numero di partner sessuali, la giovane età di inizio dell’attività sessuale e il numero di figli.


Quali sono gli strumenti principali di prevenzione e di diagnosi precoce?

La diagnosi precoce è senz’altro lo strumento di prevenzione più efficace nel caso del carcinoma della cervice. La diffusione dei programmi di screening (Pap Test e, in tempi più recenti, il Test HPV) rappresenta il principale fattore di riduzione di incidenza e mortalità per la neoplasia che si è verificata negli ultimi decenni in tutti i Paesi sviluppati. Proprio la lunga fase preclinica di questa malattia e la possibilità, quindi, di diagnosticare e asportare le lesioni in una fase precancerosa costituiscono i punti di forza dei programmi di screening, di fatto una forma di prevenzione secondaria. È anche importante sottolineare però come, purtroppo, tuttora in Italia (Paese in cui è attivo un programma di screening estremamente evoluto) il tasso di adesione sia mediamente inferiore al 40%, con uno spiccato gradiente nord-sud (48% al nord e 32% al sud). Cifre preoccupanti, tenuto presente che il tasso di adesione è un fattore fondamentale per garantire il successo del programma. Dobbiamo poi ricordare l’esistenza di uno strumento di prevenzione primaria, rappresentato dalla vaccinazione, che viene offerta gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale agli uomini e alle donne tra i 12 ed i 26 anni e a chi è già stato sottoposto a trattamenti per lesioni pre-invasive. 

Per quanto riguarda, invece, il carcinoma dell’endometrio è essenzialmente consigliato uno stile di vita sano (che contribuisca a prevenire obesità, diabete e ipertensione, fattori di rischio per la malattia) ed eventualmente l’impiego di progestinici nelle donne con fattori di rischio quali l’iperplasia endometriale, una condizione provocata da una stimolazione ormonale eccessiva dell’endometrio. La diagnosi precoce è spesso possibile, tramite l’ecografia o la biopsia endometriale, perché il sintomo d’esordio (il sanguinamento vaginale) è di solito molto precoce: ciò consente un trattamento efficace della malattia. Infine, quando viene riscontrata una predisposizione genetica allo sviluppo della malattia, ad esempio nelle donne con sindrome di Lynch, può essere consigliata l’asportazione profilattica dell’utero al completamento del piano riproduttivo.


A suo parere, una comunicazione migliore su questi temi potrebbe contribuire a migliorare i tassi di adesione ai programmi di screening?

Sì. È difficilmente spiegabile come un programma gratuito e molto efficiente come quello dello screening per i tumori cervicali abbia tassi di adesione così bassi. Ancora più inspiegabile, e forse più grave, il fatto che anche l’adesione al programma di vaccinazione sia decisamente insufficiente. Basti ricordare che, se il tasso di adesione alla vaccinazione fosse del 100%, questo tumore avrebbe un’incidenza trascurabile nella popolazione.


Dopo l’introduzione in terapia dei farmaci biologici, fra i quali ricordiamo pembrolizumab e bevacizumab, altre soluzioni innovative sono all’orizzonte?

I farmaci innovativi che lei ha citato, che agiscono inibendo la formazione dei vasi sanguigni peritumorali (e per questo sono detti farmaci antiangiogenetici) o potenziando l’azione del sistema immunitario, sono già entrati nel novero delle soluzioni efficaci in varie fasi della terapia, sia da soli che in combinazione con altri trattamenti. È attualmente allo studio la possibilità di utilizzare l’immunoterapia per trattare lesioni pre-cancerose, in particolare quelle HPV-correlate, e farle regredire o, eventualmente, prevenirne la recidiva. Allo stesso tempo, anche il trattamento chirurgico di questi tumori è diventato sempre più rispettoso dell’integrità corporea delle donne e sempre più basato su tecniche mini-invasive, dalla chirurgia pelvica laparoscopica alla chirurgia robotica, fino alle metodiche di asportazione selettiva dei linfonodi. L’introduzione della biopsia del linfonodo sentinella ha limitato significativamente il ricorso alla linfoadenectomia radicale, ovvero la rimozione di tutti i linfonodi locali. In casi selezionati, è anche possibile preservare la fertilità, attraverso la cosiddetta chirurgia fertility-sparing [ndr: FSS, Fertility Sparing Surgery]. Non dimentichiamo infine che, per entrambi i tumori, la radioterapia costituisce un caposaldo del trattamento e, grazie all’impiego di tecnologie sempre più sofisticate, consente di somministrare dosi adeguate di radiazioni sui tessuti bersaglio con un miglior risparmio dei tessuti sani, contribuendo in tal modo alla riduzione del rischio di complicanze e al miglioramento della qualità di vita delle pazienti.

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