Alta e in crescita la sopravvivenza dopo un tumore al seno
Il tumore al seno è la neoplasia più frequente nelle donne, ma c’è una buona notizia: in 50 anni in Italia la sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore al seno è passata dal 30% al 90% complessivo. Sono i dati presentati alla fine del 2023 da AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica). Sono circa 55 mila le donne che ogni anno nel nostro paese ricevono una diagnosi di tumore della mammella, ma fortunatamente sono sempre più coloro che vengono intercettate durante lo screening mammografico gratuito di routine, e che dunque hanno tumori tendenzialmente meno estesi e dunque più semplici da trattare. Anche la malattia avanzata sta diventando sempre di più una patologia cronica, grazie all’introduzione di farmaci sempre più mirati come le terapie target e l’immunoterapia.
Come si origina il tumore al seno
La ghiandola mammaria è composta da tessuto adiposo e connettivo. Parte di esso è tessuto ghiandolare, ossia da ghiandole (lobi ghiandolari) che all’occorrenza sono in grado di produrre il latte e dai dotti galattofori, che lo trasportano al capezzolo permettendo al bambino di cibarsene. Il tumore al seno (cancro alla mammella o carcinoma mammario) è un tumore maligno che si origina dalla proliferazione incontrollata di alcune cellule di dotti e lobuli mammari. Il cancro al seno può diffondersi ad altri organi in genere attraverso i vasi linfatici ad altri tessuti.
Anzitutto in una diagnosi si considerano:
- La dimensione del tumore;
- L’eventuale diffusione del tumore ai linfonodi;
- L’eventuale presenza di metastasi.
Quanti i tipi di tumore alla mammella
Non tutti i carcinomi mammari sono uguali, anche all’interno della stessa tipologia.
Dal punto di vista di dove origina il tumore, le forme più frequenti sono:
- Carcinoma mammario lobulare, che si origina dalle cellule dei lobuli ghiandolari;
- Carcinoma mammario duttale, che si origina dalle pareti dei dotti;
- Le forme più invasive sono in genere il carcinoma duttale, che colpisce i dotti lattiferi superando la parete del dotto e rappresenta il 70-80 per cento di tutte le forme di tumore al seno, e il carcinoma lobulare che supera la parete del lobulo. Quest’ultimo rappresenta il 10-15 per cento di tutti i tumori al seno.
Dal punto di vista dell’invasività, vi sono forme invasive e altre non invasive:
- Le forme non invasive (carcinoma in situ) si sviluppano nei dotti e non si espandono al di fuori del seno e generalmente vengono identificate mediante mammografia. La forma più comune è il carcinoma duttale in situ;
- Le forme invasive si espandono al di fuori del seno. La forma più diffusa è il carcinoma duttale infiltrante.
Pertanto, si distinguono 4 stadi a seconda della gravità:
- Tumore al seno in fase iniziale (stadi I-IIA). In questo caso il tumore è ancora circoscritto alla mammella, o si è diffuso solo in pochi linfonodi vicini. Quando è così significa che il tumore è stato intercettato in fase precoce e la sopravvivenza a 5 anni dopo il trattamento è quasi pari al 100%;
- Carcinoma al seno (stadi IIB-III). In questo caso il tumore si è già esteso al di fuori del seno, e sono coinvolti dei linfonodi ascellari, oppure ha dimensioni importanti. Un tumore allo stadio III è già in fase piuttosto avanzata, ma ci sono comunque buone possibilità di un trattamento risolutivo;
- Carcinoma della mammella in fase avanzata (Stadio IV). In questo caso sono già presenti delle metastasi, ma negli ultimi anni anche queste forme di tumore stanno avendo sempre più opzioni terapeutiche.
Quali sono i fattori di rischio di un cancro al seno
Quasi un quarto dei casi di cancro della mammella (23%) è causato da
fattori di rischio evitabili, come fumo di sigaretta, sovrappeso, alcol e sedentarietà.
Come rileva AIOM, il consumo eccessivo di alcol è riconducibile fino all’11% delle nuove diagnosi ogni anno.
L’alcol inoltre stimola l’azione degli estrogeni, gli ormoni responsabili della crescita di circa il 70% dei tumori del seno.
Oltre ai
fattori di rischio modificabili, ci sono quelli
non modificabili:
- La familiarità/ereditarietà e la predisposizione genetica per il cancro al seno. Oggi sono noti dei geni che significano una predisposizione genetica al tumore al seno: BRCA1 e BRCA2. In presenza di questi geni, che si trasmettono per via ereditaria, il rischio di sviluppare un tumore alla mammella è molto più elevato rispetto alla popolazione generale. Fortunatamente oggi esistono dei test diventati di uso comune tramite cui capire se i familiari di una paziente con storia di tumore al seno positiva sono anch’essi portatori di queste mutazioni. In questo caso oggi sempre in più realtà pubbliche, laddove sussistano le cosiddette Breast Unit, a queste persone viene proposto un microcounselling genetico per capire se eventualmente è opportuno proporre loro una chirurgia preventiva, come ha scelto di fare qualche anno fa Angelina Jolie, portando questo tema alle cronache;
- Ormoni femminili. La lunghezza della vita fertile, cioè a quanti anni si entra in menopausa, e il numero di gravidanze sono associati a un rischio più o meno alto di malattia. Tendenzialmente - ma si tratta solo di statistica – si osserva che le donne con menopausa tardiva e le donne con meno gravidanze hanno un rischio maggiore di tumore al seno.
L’uso prolungato della pillola anticoncezionale e la terapia ormonale sostitutiva (TOS) per più di 5 anni sono associate a un modesto rischio aggiuntivo di tumore al seno.
Esistono invece delle bufale, fake news, che si trovano in rete o si tramandano tramite racconti, che sono state pienamente sbugiardate dalla ricerca:
- Non è vero che fare la ceretta alle ascelle aumenta il rischio di cancro al seno. Anche quando si sentono linfonodi ingrossati dopo la ceretta, la reazione è fisiologica e si risolvono completamente;
- Non è vero che usare il reggiseno anche di notte o la fascia per bendare il seno aumenta il rischio di cancro al seno;
- Non è vero che usare il deodorante aumenta sempre il rischio di cancro al seno.
Come prevenire il tumore al seno
I principali strumenti di diagnosi precoce sono:
- Adeguato programma di controllo;
- Visita dallo specialista senologo: almeno una volta all’anno, indipendentemente dall’età;
- Mammografia (radiografia della mammella): ritenuto il test più efficace di screening per la diagnosi precoce, permette una riduzione della mortalità del 20%;
- Ecografia mammaria: specialmente in giovani donne in cui la mammografia non è adatta;
- Risonanza magnetica: solo in caso di seni molto densi o in seguito a dubbi diagnostici;
- Autopalpazione: rappresenta una metodica che consente alla donna di individuare precocemente eventuali trasformazioni del proprio seno. La sua efficacia in termini di screening è molto bassa, pertanto non può sostituirsi alla visita specialistica e alla mammografia;
- Test genetici per la ricerca dei geni BRCA 1 e 2, responsabili di alcune forme ereditarie di tumore della mammella, sono strumenti di prevenzione utili in alcune situazioni particolari. Prima di sottoporsi ai test genetici è necessario rivolgersi ad un genetista esperto che confermerà o smentirà l’utilità dell’esame;
- Biopsia stereotassica o sotto guida ecografica: indagine di approfondimento in casi di presenza di sintomi clinicamente valutati.
Come funziona la mammografia e perché può salvarti la vita
La diagnosi precoce è fondamentale. Si consiglia di seguire questo calendario:
- A partire dai 25 anni procedere una volta al mese con l’autopalpazione, per sempre;
- A partire dai 30 anni si consiglia l’ecografia periodica;
- A partire dai 40 anni si consiglia una mammografia almeno biennale. In diverse parti del mondo si sta allargando l’età di inizio dello screening mammografico, attualmente prevista solo dopo i 45 anni;
- Dai 45 ai 74 anni, aderire allo screening mammografico gratuito ogni 2 anni;
- Dopo i 74 anni è comunque consigliata una mammografia almeno biennale.
Durante la mammografia il seno è compresso tra due piastre che eseguono una radiografia che permette di individuare formazioni che potrebbero essere tumori. La mammografia permette di intercettare opacità nodulari o microcalcificazioni o zone di distorsione strutturale. Non è un esame invasivo o doloroso, dura una decina di minuti e la donna può tranquillamente guidare dopo l’esame.
In caso di mammografia dubbia, la donna viene richiamata per un’altra mammografia, o per ecografia o per agoaspirato per esame delle cellule, o direttamente per biopsia. La scelta dell’esame successivo dipende dalla valutazione del medico dell’esito della mammografia.
Essere richiamate dopo la mammografia capita spesso ma non significa sicuramente la presenza di un tumore. Circa una donna su sei fra quelle richiamate per un approfondimento aggiuntivo ha effettivamente un tumore e se la donna ha sempre aderito alla mammografia periodica è quasi sempre in una fase molto iniziale.
Come fare l’autopalpazione al seno
Una volta al mese, alla fine del periodo delle mestruazioni, quando cioè il seno è meno gonfio, è bene fare l’autopalpazione, anche dopo la menopausa e in gravidanza.
L’autopalpazione si fa in questo modo:
- Ci si sdraia sulla schiena con un braccio sotto la testa (in caso di mammella piccola, con poco grasso, si può anche stare in piedi);
- Con la mano destra esamino il seno sinistro e viceversa. Si mette la mano con le dita chiuse a piatto e si preme leggermente compiendo piccoli movimenti circolari. Il seno va mentalmente diviso in 4 quadranti: a nord a sud a est e a ovest del capezzolo. Questi movimenti palpatori circolari vanno effettuati su ognuno dei 4 quadranti.
Durante l’autopalpazione è bene prestare attenzione a:
- Eventuali noduli alla mammella e ascellari. Come distinguere un nodulo mammario da una ghiandola? I noduli sono duri, non fanno male e non si spostano premendo;
- Arrossamento localizzato;
- Mammella indurita;
- Secrezioni dal capezzolo.
Non bisogna comunque andare in panico: è frequente osservare uno di questi sintomi, che possono essere dovuti ad altre condizioni, non a un tumore. In presenza di uno di questi segni si consiglia di recarsi dal medico per una valutazione professionale.
Moltissime donne hanno per esempio dei fibroadenomi. Un fibroadenoma è una formazione del tutto benigna, non cancerogena, che non necessità di terapia. In alcuni casi, se tende a crescere eccessivamente si può eliminare chirurgicamente.
Quali sono i primi sintomi di un tumore al seno
Spesso il tumore della mammella è asintomatico. Nella maggior parte dei casi il primo sintomo riconoscibile è la presenza di un nodulo o un’area ispessita del seno, che in circa il 90% dei casi costituisce comunque una forma non tumorale.
Altri possibili sintomi possono essere:
- Modificazione della forma e/o dimensioni di una o entrambe le mammelle;
- Perdite dai capezzoli;
- Arrossamenti intorno al capezzolo;
- Modificazioni dell’aspetto del capezzolo o la sua retrazione;
- Alterazioni della cute (cute a buccia d’arancia);
- Dolore ingiustificato al seno o all’ascella. Va detto però che in meno dell’1% dei casi il tumore provoca un dolore.
Prelievo con l’ago aspirato: che cos’è e a che cosa serve
Talvolta in caso di mammografia o ecografia sospetta il medico procede con l’ago aspirato del nodulo mammario dubbio. Si tratta di un prelievo di cellule effettuato con un ago sottile, di un diametro leggermente superiore a quello di normali siringhe per il prelievo del sangue. Si parla anche di agobiopsia. È un esame non doloroso, non invasivo e che non richiede né preparazione né problemi dopo che è stato eseguito.
La differenza fra agoaspirato (agobiopsia) e biopsia vera e propria è che quest’ultima prevede un prelievo più consistente di tessuto e quindi può essere effettuata o con un ago più grosso o con un intervento di biopsia escissionale, ossia la rimozione completa del nodulo da esaminare. Talvolta si richiede la biopsia se il campione di cellule raccolto tramite agoaspirato non è sufficiente per avere le informazioni necessarie per la diagnosi.
Quando e come si opera un tumore al seno
Oggi quasi tutti i tumori al seno vengono rimossi con chirurgia conservativa, che significa che si è in grado di asportare il tumore preservando il resto della mammella. Si parla di quadrantectomia, che consiste nell’asportare un quadrante di tessuto mammario per togliere oltre al tumore anche un margine di tessuto sano. L’ aspetto della mammella resta così più normale possibile, e nel caso la chirurgia estetica è oggi in grado di garantire la ricostruzione della mammella.
La mastectomia, cioè la rimozione di tutto il seno, che una volta era comune, è oggi indicata solo in alcuni casi come le donne con più tumori nello stesso seno (tumore mammario ipsilaterale multiplo - Multiple Ipsilateral Breast Cancer, MIBC).
Come si cura il cancro al seno: quando si fa la chemioterapia, quando la radioterapia
Diversi possono essere i trattamenti del tumore della mammella in base alle caratteristiche della malattia.
- Chirurgia: rappresenta nella maggior parte dei casi la priorità d’intervento. In base al quadro clinico e alla tipologia di tumore esistono due tipologie di intervento: la chirurgia conservativa (con diverse gradazioni di ampiezza) e la mastectomia totale;
- Chemioterapia: consiste nella somministrazione di farmaci in grado di distruggere le cellule tumorali. A seconda del tipo di tumore possono essere eseguite la chemioterapia adiuvante, generalmente usata dopo la chirurgia per distruggere le cellule tumorali residue, oppure la chemioterapia neo-adiuvante che viene effettuata prima dell’intervento chirurgico per ridurre le dimensioni del tumore;
- Radioterapia: la somministrazione di dosi controllate di radiazioni per distruggere il tumore viene usata successivamente alla chirurgia o alla chemioterapia per eliminare le cellule residue;
- Terapia ormonale: si usa in particolare nei tumori della mammella stimolati nella crescita dagli estrogeni, di cui la terapia ormonale riduce la produzione. La scelta del trattamento viene effettuata in base alle caratteristiche cliniche e alla malattia.
Per la prevenzione e la cura del tumore della mammella la donna dovrebbe rivolgersi alle strutture in grado di offrire una assistenza personalizzata attraverso il cosiddetto modello cosiddetto “multidisciplinare" che comprende, oltre alle terapie mediche classiche, una attenzione specifica agli aspetti psicologici (prima, durante e dopo l’intervento) ed estetici (durante e post intervento). Tale organizzazione viene realizzata nell’ambito delle Breast Unit.
Quali sono i più recenti farmaci per il tumore al seno
La chemioterapia e la radioterapia sono strumenti efficaci dopo la chirurgia per il tumore al seno nelle fasi iniziali. A questi si aggiunge l’immunoterapia, che per le forme avanzate e metastatiche sta cambiando le carte in tavola.
Un modo per classificare i tumori è la presenza o meno di recettori ormonali sulle cellule cancerose. Una forma di tumore aggressiva positiva ai recettori ormonali è il tumore al seno metastatico, ormonosensibile e HER2 positivo. Per questa forma a giugno 2024 è stata pubblicata una notizia importante. Una classe di questi anticorpi coniugati, che contengono un anticorpo in grado di riconoscere i recettori ormonali sulle cellule tumorali e molecole di chemioterapico capaci di penetrare nella cellula tumorale bloccandone la replicazione, è risultata in grado di ridurre il rischio di progressione o di morte del 38% rispetto alla sola chemioterapia. Questa molecola si è rivelata funzionante anche in casi in cui la positività al recettore HER2 è bassissima (low ed ultra low).
Il tumore al seno metastatico triplo negativo
Il tumore al seno metastatico triplo negativo è una forma particolarmente aggressiva che rappresenta il 15-20% delle diagnosi. Ha una caratteristica che lo rende particolarmente temibile. “Le sue cellule non presentano le tre proteine bersaglio individuate dalla ricerca in altre forme di tumore al seno, ovvero il recettore dell’estrogeno (ER), il recettore del progesterone (PR) e il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2). Non è quindi possibile impostare terapie mirate con farmaci a bersaglio molecolare. La chemioterapia, combinata con l’immunoterapia in quel 40-50% di casi in cui è presente il bersaglio terapeutico PD-L1, rimane così la prima risorsa. Inoltre, può essere necessario il ricorso alla chirurgia e alla radioterapia.
Per queste donne l’immunoterapia ha portato negli ultimissimi anni a un cambiamento nella prognosi. Un nuovo studio ha osservato che il farmaco immunoterapico pembrolizumab in combinazione con chemioterapia prima della chirurgia e continuato in monoterapia dopo l'intervento porta a tassi di sopravvivenza a 5 anni dell’86% rispetto all’81% nelle pazienti che hanno ricevuto il regime chemioterapia-placebo. Sono miglioramenti molto significativi per un tumore molto aggressivo, che rivoluzionano la pratica clinica. Si è capito che per ottenere questi risultati l’intervento chirurgico non va eseguito subito in queste donne, ma solo dopo l'immunoterapia.
"Si tratta di un risultato straordinario, impensabile fino a 5 anni fa e notevole in termini di possibile guarigione considerando che questo tipo di neoplasia solitamente sviluppa eventualmente metastasi nei primi tre anni dai trattamenti” spiega il presidente eletto della Società europea di oncologia medica (Esmo), Giuseppe Curigliano, commentando i risultati dello studio Keynote-522 presentato al congresso Esmo e pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Spesso il tumore della mammella è asintomatico. Altri possibili sintomi possono essere:
Il tumore al seno metastatico triplo negativo è una forma particolarmente aggressiva che rappresenta il 15-20% delle diagnosi. Ha una caratteristica che lo rende particolarmente temibile. “Le sue cellule non presentano le tre proteine bersaglio individuate dalla ricerca in altre forme di tumore al seno, ovvero il recettore dell’estrogeno (ER), il recettore del progesterone (PR) e il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2). Non è quindi possibile impostare terapie mirate con farmaci a bersaglio molecolare.
Il tumore al seno è la neoplasia più frequente nelle donne, ma c’è una buona notizia: in 50 anni in Italia la sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore al seno è passata dal 30% al 90% complessivo, grazie alla combinazione ormai di routine di chirurgia, chemioterapia sempre più mirata, radioterapia e nuovi farmaci bersaglio e immunoterapici. Se il tumore è ancora circoscritto alla mammella, o si è diffuso solo in pochi linfonodi vicini la sopravvivenza a 5 anni dopo il trattamento è quasi pari al 100%. Negli stadi IIB-III il tumore si è già esteso al di fuori del seno, ma ci sono comunque buone possibilità di un trattamento risolutivo. Anche la malattia avanzata sta diventando sempre di più una patologia cronica, grazie all’introduzione di farmaci sempre più mirati come le terapie target e l’immunoterapia.