Tumore del polmone: intervista all'Istituto di Candiolo

Tumore del polmone: intervista all'Istituto di Candiolo

Tumore del polmone: il ruolo dell'immunoterapia

Intervista a Vanesa Gregorc, Direttore di Oncologia Medica e Vice Direttore Scientifico dell'Istituto di Candiolo

Immagine che rappresenta la dottoressa Vanesa Gregorc
Il cancro del polmone rappresenta l'11% di tutte le diagnosi di tumore nella popolazione (il 15% negli uomini e il 6% nelle donne). In Italia se ne registrano circa 40.000 ogni anno. Sebbene il fumo rappresenti il principale fattore di rischio per l'insorgenza di questa neoplasia, nell'ultimo decennio si è rilevato un aumento di casi anche tra i non fumatori. Tra i fattori responsabili, vanno annoverati:
  • I carcinogeni ambientali, come gli idrocarburi policiclici aromatici;
  • L’inquinamento atmosferico;
  • I metalli pesanti;
  • I fumi domestici.
Significativi passi avanti in questo campo sono stati fatti grazie al miglioramento delle conoscenze della biologia dei tumori polmonari, allo sviluppo di farmaci di nuova generazione (terapia a bersaglio molecolare) e a terapie oncologiche sperimentali. Un trattamento che sta rivoluzionando la cura del tumore del polmone è poi l'immunoterapia. Ne parliamo con Vanesa Gregorc, Direttore di Oncologia Medica e Vice Direttore Scientifico dell'Istituto di Candiolo.

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Qual è la percentuale di sopravvivenza dei pazienti affetti da questa neoplasia?

La sopravvivenza di un paziente con tumore polmonare è influenzata da vari fattori: lo stadio di malattia - cioè le dimensioni del tumore e l'eventuale coinvolgimento dei linfonodi intratoracici o di altri organi a distanza - l’istologia (cioè la classificazione) e le caratteristiche biologiche della malattia. 
Un dato positivo riguarda i pazienti con malattia metastatica: grazie al miglioramento delle conoscenze della biologia dei tumori polmonari e allo sviluppo di farmaci di nuova generazione a bersaglio molecolare, come alectinib, osimertinib, entrectinib, nonché all’introduzione dell’immunoterapia, anche in questi pazienti possiamo oggi misurare la sopravvivenza in anni (nel 2000, infatti, la sopravvivenza mediana dei pazienti con malattia metastatica non raggiungeva i 6 mesi, mentre oggi, in alcuni casi, superiamo i 6 anni).


Qual è la portata dell'avvento dell'immunoterapia nella cura di questo carcinoma?

L’immunoterapia ha cambiato radicalmente il trattamento dei pazienti con tumore polmonare. Nell’ambito della gestione dei pazienti con malattia metastatica, è stato introdotto per la prima volta un concetto rivoluzionario: il meccanismo di funzionamento dei farmaci immunoterapici, infatti, prevede la stimolazione delle cellule del sistema immunitario, i linfociti che, quando attivi, contrastano le cellule tumorali utilizzando gli stessi meccanismi di difesa usati nei confronti delle infezioni. Altro aspetto da evidenziare è lo sviluppo della cosiddetta “memoria immunologica”, che consente il mantenimento della risposta immunitaria contro il tumore nel tempo. Ecco perché l’immunoterapia, quando efficace, é in grado di trasformare anche una malattia metastatica in una malattia cronica.

Diversi farmaci immunoterapici sono stati studiati, oltre che in monoterapia, anche in combinazione con farmaci chemioterapici. La chemioterapia, infatti, in base a quanto evidenziano dati preclinici, ha un effetto sinergico con l’immunoterapia in quanto impatta e modifica la composizione delle cellule del sistema immunitario che compongono il microambiente tumorale: le cellule del sistema immunitario che infiltrano il tumore creano, talvolta, un ambiente immunosoppressivo tale per cui si sviluppano meccanismi di resistenza all’immunoterapia. La chemioterapia, agendo su queste cellule immunosoppressive e aumentando l’espressione di recettori come il PDL1, trasforma i tumori da non immunogenici in immunogenici (cioè potenzialmente responsivi al trattamento). La conseguenza é una maggiore efficacia dell’immunoterapia stessa. 

Oggi sono disponibili diverse combinazioni di farmaci immunoterapici e chemioterapici, che rappresentano la terapia di prima scelta nei pazienti con espressione del marcatore PDL1 < 50%. Studi clinici dimostrano che la combinazione di chemioterapia e immunoterapia é efficace anche nei pazienti con espressione di PDL1 >50%, ma purtroppo in Italia, per motivi regolatori, in quest’ultimo sottogruppo di pazienti non é possibile prescrivere la terapia di combinazione, ma solo l’immunoterapia in monoterapia.


Ricorrendo all'immunoterapia si riduce il rischio di recidiva e aumentano le probabilità di sopravvivenza?

In tutti i setting del trattamento dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in cui é stata introdotta l’immunoterapia si é assistito ad un significativo miglioramento della sopravvivenza (sia nei casi di malattia localizzata che in quelli di malattia metastatica).

 
Immagine che rappresenta una radiografia del polmone malato


Quali evidenze sono emerse dagli studi più recenti?

Nei pazienti con malattia metastatica ed espressione di PDL1 ≥ 50%, i dati di follow up a 5 anni degli studi clinici di fase III di confronto dell’immunoterapia con la chemioterapia a base di platino dimostrano la netta superiorità dell’immunoterapia. A 5 anni, infatti, la percentuale di pazienti vivi nel braccio di trattamento con immunoterapia é risultata circa il doppio (32% contro il 16%).

Anche nei pazienti con malattia in stadio localizzato ma non resecabile (cioè eliminabile chirurgicamente), l’immunoterapia, quando somministrata dopo trattamento chemioterapico e radioterapico ha dimostrato di impattare in modo significativo sul prolungamento della sopravvivenza. Lo studio PACIFIC ha dimostrato, infatti, che nei pazienti con espressione di PDL1≥1%, ricevere una terapia di mantenimento con immunoterapia per 1 anno prolunga la sopravvivenza. A 18 mesi dalla fine del trattamento, il 50% dei pazienti sottoposto a immunoterapia non aveva sviluppato progressioni di malattia rispetto al 26% di coloro che avevano ricevuto il placebo.

Recentemente, due studi clinici presentati al congresso ASCO, lo studio CheckMate 816 e lo studio NADIM II, hanno dimostrato il ruolo fondamentale dell’immunoterapia anche nel setting preoperatorio. L’aggiunta dell’immunoterapia aumenta in maniera sensibile la percentuale di risposte patologiche, cioè vale a dire la probabilità di trovare cellule tumorali vive nel pezzo operatorio all’atto chirurgico.


In quali casi può essere presa in considerazione l'immunoterapia?

L’immunoterapia rappresenta il gold standard del trattamento dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in assenza di target molecolari aggregabili farmacologicamente. Si utilizza, quindi, in monoterapia in prima linea nei pazienti metastatici con espressione di PDL1≥ 50%, in combinazione alla chemioterapia in quelli con PDL1 <50% e come terapia di mantenimento nei pazienti con malattia non resecabile dopo trattamento chemioterapico e immunoterapico e PDL1≥1%. Siamo in attesa di ottenere l’approvazione tramite Servizio Sanitario Nazionale anche nei trattamenti pre operatori e post operatori.


Che tipo di follow up è previsto dopo il trattamento?

Normalmente nei pazienti operati si richiede TAC torace addome con mezzo di contrasto ogni 4 mesi per i primi 2 anni, poi ogni 6 mesi 1 volta all’anno a seconda dello stadio di malattia. A volte alla TAC si può abbinare anche la PET.


L'intervento chirurgico resta comunque il principale strumento per contrastare l'avanzata di questo tumore?

Non solo l’intervento chirurgico, ma anche le terapie sistemiche di nuova generazione abbinate eventualmente all’intervento chirurgico o alla radioterapia.


È importante diagnosticare il tumore quando è a uno stadio iniziale?

Si é fondamentale. Oggi i soggetti fumatori possono accedere a diversi programmi di screening attivi sul territorio nazionale.

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Immagine che rappresenta una persona alla quale è stato diagnosticato un tumore ed è seduta sulla sedia di un ospedale

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