Sindrome di Down: cause, diagnosi, trattamenti e inclusione

Sindrome di Down: cause, diagnosi, trattamenti e inclusione

Indice 

Domande e Risposte

Anomalie cromosomiche e genetiche

Partiamo dalle basi: geni e cromosomi

Il gene è un segmento di acido deossiribonucleico (DNA) contenente il codice di una specifica proteina che agisce in uno o più tipi di cellule dell’organismo. I geni si trovano all’interno delle cellule, in strutture dette cromosomi. Ogni cellula umana, ad eccezione di spermatozoi e ovuli, comprende 46 cromosomi, ovvero 23 coppie. Mentre, i gameti, spermatozoi e ovuli, in quanto cellule riproduttive destinate ad unirsi, hanno 23 cromosomi, ovvero la metà. I cromosomi sessuali sono due, X e Y e costituiscono una di queste 23 coppie di cromosomi. Le donne possiedono due cromosomi X (XX) mentre gli uomini hanno un cromosoma X e uno Y (XY).


Le anomalie cromosomiche

Le anomalie cromosomiche possono riguardare qualsiasi cromosoma, compresi i cromosomi sessuali e interessano:
  • Il numero di cromosomi;
  • La struttura dei cromosomi.
Le anomalie numeriche si presentano quando un soggetto ha una o più copie di un cromosoma (se è una si parla di trisomia) o un cromosoma mancante (monosomia). La trisomia può colpire uno qualsiasi dei 23 cromosomi, ma le più comuni sono la trisomia 21 (sindrome di Down), la trisomia 13 e la trisomia 18

Le anomalie strutturali si presentano quando parte di un cromosoma risulta anomala. Talvolta un cromosoma, per intero o in parte, si unisce in modo errato con un altro (traslocazione). In altri casi, parti di cromosomi risultano mancanti (delezione) o duplicate. Alcune anomalie cromosomiche causano la morte dell’embrione o del feto prima della nascita. Altre causano problemi come deficit intellettivo, statura ridotta, convulsioni o problemi cardiaci.


Trisomia 21

La più comune trisomia in un neonato è la trisomia 21, che è responsabile di circa il 95% dei casi di sindrome di Down. La maggior parte delle persone con la sindrome di Down ha 47 cromosomi, il restante 5% ha 46 cromosomi.
Il cromosoma supplementare raramente proviene dal padre e il rischio di una coppia di avere un bambino con un cromosoma supplementare aumenta gradualmente con l'età della madre. Le donne affette dalla sindrome di Down hanno il 50% delle possibilità di avere un bambino con sindrome di Down, ma molte gravidanze con feti affetti dalla sindrome si interrompono spontaneamente. Gli uomini affetti da sindrome di Down sono di solito sterili, salvo i casi di sindrome di Down a mosaico. In questo tipo di sindrome di Down è presente un misto di due tipi di cellule; alcune contengono 46 cromosomi e altre 47.


Cataratta associata ad anomalia cromosomica

La cataratta congenita è un’opacità del cristallino che è presente alla nascita o poco dopo la nascita. Può essere ereditaria (anomalie cromosomiche o genetiche), legata a disturbi del metabolismo (come la galattosemia) o causata da infezioni contratte dal feto nell’utero (come la rosolia) o da un’altra malattia della madre durante la gravidanza. La cataratta congenita può colpire uno o entrambi gli occhi e passare inosservata, se non viene eseguito un esame completo della vista alla nascita. Come per le altre cataratte, l’offuscamento della cornea impedisce talvolta la vista. Alcune cataratte coprono solo una parte della cornea (cataratte parziali) e l’offuscamento si manifesta nel bambino entro i 10 anni d’età.


Disturbo raro con angiopatia Moyamoya

La malattia di Moyamoya è una patologia rara che coinvolge le arterie carotidi. Si tratta di un disturbo legato all’angiogenesi, cioè alla formazione dei vasi sanguigni.
In questa patologa le arterie carotidi si restringono riducendo l’afflusso di sangue al cervello, quindi il corpo sviluppa una rete di piccoli vasi sanguigni per ovviare all’ostruzione.  Questi nuovi vasi svolgono la funzione di creare una via accessoria alla risalita del sangue dal cuore. I piccoli vasi collaterali situati alla base del cranio appaiono ai raggi x simili a “nuvole di fumo”, che è il significato del termine giapponese “moyamoya”, da cui prende il nome la patologia.  Si tratta di una sindrome rara ma letale, con una frequenza molto bassa: 0,19 casi su 100.000 (0,1 su 100.000 nei paesi occidentali, nei pazienti colpiti da ictus). Il sintomo principale è l'ictus, altri sintomi sono la cefalea, le crisi epilettiche, la depressione e i disturbi cognitivi.  La causa non è nota, ma si sospetta un’origine genetica e associata a sindromi come la neurofibromatosi, la sindrome di Down o l’anemia falciforme
 
 
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 Trisomia 21 o Sindrome di Down?

La sindrome di Down – trisomia 21 è una condizione di anomalia genetica causata da una totale o parziale ripetizione del cromosoma 21, durante la divisione cellulare. Tale alterazione cromosomica causa le caratteristiche fisiche e le modifiche dello sviluppo tipiche di chi è affetto da questa sindrome. Le persone con sindrome di Down manifestano tratti individuali e i deficit possono avere gradi di severità variabile. In generale l’errore genetico causa disabilità intellettive permanenti e ritardi nella crescita, oltre ad altre complicazioni. 
La diagnosi precoce prenatale consente ai genitori che decidano di proseguire con la gravidanza, di prepararsi ad accogliere un figlio affetto dalla sindrome di Down e di offrirgli le cure migliori per sopperire ai deficit fisici e intellettivi. 

Quali sono i sintomi della sindrome di Down? 

Le manifestazioni fisiche e cognitive della sindrome di Down differiscono da soggetto a soggetto, la gravità di tali manifestazioni può essere di grado lieve, moderato o severo, a seconda del danno genetico. Alcuni individui affetti da sindrome di Down godono a lungo di ottima salute, mentre per altri possono insorgere gravi disturbi al cuore o altre complicanze. Sia i bambini che gli adulti con la sindrome di Down presentano peculiari caratteristiche fisiche, anche se risentono degli attributi individuali. Queste le principali caratteristiche fisiche:
  • Viso “piatto” con fronte spaziosa;
  • Testa di piccole dimensioni e collo corto;
  • Lingua sporgente e bocca piccola;
  • Occhi obliqui con le palpebre spesse;
  • Orecchie piccole o dalla forma inusuale;
  • Tono muscolare debole;
  • Mani larghe e corte, con un’unica piega nel palmo;
  • Gambe e braccia corte e altezza inferiore alla media;
  • Eccessiva flessibilità delle articolazioni;
  • Piccoli punti bianchi nelle iridi degli occhi.


Sviluppo fisico e propensione allo sviluppo di disturbi e patologie

I bambini affetti da trisomia 21 tendono a crescere lentamente e il loro sviluppo in altezza resta inferiore rispetto a quello dei coetanei. Questi bambini tendono a essere calmi e passivi e piangono meno del normale. 

Il 50% circa dei bambini con sindrome di Down nasce con difetti cardiaci. Circa il 5% presenta problemi gastrointestinali, anche la celiachia è più comune in questi bambini. Possono presentare perdita dell’udito e sono soggetti a otiti ricorrenti, inoltre sono soggetti a problemi della vista e possono avere la cataratta. Le articolazioni del collo possono essere instabili, determinando una compressione del midollo spinale, che può portare a cambiamenti nell’andatura, nell’uso delle braccia e delle mani, nella funzione intestinale e vescicale o debolezza. Molte persone con sindrome di Down sviluppano malattie della tiroide (come l’ipotiroidismo) e il diabete. Sono soggetti a un rischio maggiore di infezioni e leucemia.


Sviluppo mentale

I deficit intellettivi variano a seconda della gravità dell’errore genetico. I bambini portatori di trisomia 21 possono manifestare ritardi nell’apprendimento delle abilità principali, quali il linguaggio, la capacità mnemonica a breve e lungo termine e le abilità motorie. Il quoziente intellettivo (QI) di questi bambini è variabile e raggiunge in media un valore pari a 50, rispetto al 100 mediamente registrato. Nel corso dell’infanzia si riscontra spesso un comportamento che indica disturbo da deficit di attenzione e iperattività. I bambini affetti dalla Sindrome di Down, soprattutto in caso di grave deficit intellettivo, possono andare incontro a comportamenti autistici. In adulti e bambini affetti da questa Sindrome si osserva un aumento del rischio di depressione. 

Sindrome di Down: cause e tipologie

Le cellule umane contengono ciascuna 23 paia di cromosomi, di cui uno per paio  è trasmesso dalla madre e l’altro dal padre. La sindrome di Down è il risultato di un errore nella divisione cellulare che coinvolge il cromosoma 21 provocandone la duplicazione totale o parziale, ed è questa la ragione per cui il nome corretto di questa sindrome è trisomia 21. I portatori di sindrome di Down hanno un cromosoma intero o una parte di cromosoma in più rispetto ai soggetti normodotati. Vi sono diversi gradi di severità nei disturbi e ciò dipende dalla tipologia della sindrome di cui è portatore il soggetto colpito

Tipologie:
  1. Trisomia 21. È la forma principale che definisce la sindrome in quanto tale, perché si verifica nel 95% dei casi totali. Chi ne è portatore nasce con tre cromosomi 21 anziché due in ciascuna cellula. Questa divisione anomala si verifica prima del concepimento nel gamete maschile (spermatozoo) o femminile (ovocita);
  2. Mosaicismo. Variante della sindrome assai rara, in cui solo alcune cellule presentano i tre cromosomi 21 mentre le altre ne possiedono correttamente due. Il mosaicismo dà sintomi meno severi rispetto alla trisomia 21 e in questo caso l’anomalia genetica si verifica dopo il concepimento;
  3. Sindrome di Down per traslocazione (traslocazione robertsoniana). Una rara forma di sindrome di Down può manifestarsi anche quando una porzione del cromosoma 21 “trasloca” in un altro cromosoma, prima o durante il concepimento. I bimbi che nascono con questa anomalia hanno le due copie normali di cromosoma 21 per ciascuna cellula, ma anche una parte del materiale genetico di questo cromosoma “attaccata” a un altro.
L’errore nella divisione cellulare può verificarsi senza che si possa prevedere, sebbene esistano dei fattori di rischio da considerare. Solo nel caso della traslocazione robertsoniana, che comunque rappresenta una minima percentuale dei casi di sindrome di Down (3/4%), si può parlare di errore ereditario. In questi casi può capitare che uno dei genitori abbia una parte del proprio cromosoma 21 allocata in un altro cromosoma, ma senza materiale genetico extra. Quindi questa persona, seppur del tutto sana, senza sintomi di sindrome di Down, può trasmettere questa anomalia al proprio figlio causando la variante genetica della sindrome.

immagine che mostra dei ragazzi con la sindrome di down

Diffusione e fattori di rischio della sindrome di Down

Il rischio di concepire un figlio con sindrome di Down aumenta con l'avanzare dell'età della madre al momento del concepimento, divenendo consistente dopo i 35 anni di età. Nel 90-95% dei casi è infatti la madre ad avere, nel gamete oggetto del concepimento (cellula uovo), due cromosomi 21 anziché una singola copia dello stesso. Tutto ciò a causa di una mancata disgiunzione dello stesso durante la meiosi; tale evento si verifica sporadicamente, quindi in modo non prevedibile. La madre di un bambino affetto da sindrome di Down può dare alla luce un bambino perfettamente sano nella successiva gravidanza, ma è possibile anche l'evento contrario. In particolare, nel primo caso, il rischio di partorire un altro bambino affetto da sindrome di Down si attesta intorno all'uno percento, mentre nel secondo va di pari passo all'età della madre.

Le cause responsabili della mancata disgiunzione cromosomica non sono ancora state specificate, l'unico fattore di rischio importante è un 'età materna superiore a 35 anni. A questa età, infatti, il rischio è dello 0,25%, mentre a 45 anni la probabilità di partorire un figlio con sindrome di Down sale al 2,8%.

L'ereditarietà della sindrome di Down è accertata solamente per la trisomia 21 da traslocazione (4-5% dei casi, di cui circa la metà è di natura ereditaria).

Principali fattori di rischio:
  • Gravidanza tardiva. Le madri sopra i 35 anni di età hanno un rischio aumentato di concepire figli con la sindrome di Down perché gli ovuli “vecchi” possono con più facilità produrre anomalie durante la divisione cellulare;
  • Essere portatori di traslocazione di materiale genetico del cromosoma 21: questa condizione può verificarsi sia negli uomini che nelle donne;
  • Avere già un figlio/a con sindrome di Down: l’errore genetico occorso una volta, può ripetersi una seconda nella stessa coppia di genitori.
Attualmente, la prevalenza neonatale della malattia è stimata intorno a un caso ogni 750 nati vivi. L'incidenza della sindrome di Down sarebbe comunque molto più alta, ma  la maggior parte delle gravidanze trisomiche per il cromosoma 21 vanno incontro ad interruzione spontanea, generalmente nel primo trimestre. I nati vivi con sindrome di Down costituiscono soltanto il 25% circa del totale di concepimenti trisomici per il cromosoma 21.

Come viene diagnosticata la Sindrome di Down?

Oggi scoprire con tempestività se un feto è portatore di sindrome di Down è molto più facile e sicuro di un tempo, quando si doveva attendere il parto per avere la certezza della diagnosi. Esistono alcune metodiche di screening prenatale e alcuni test che vengono effettuati nei diversi periodi della gravidanza.

Tuttavia è bene precisare che mentre i metodi invasivi hanno un valore diagnostico, gli altri sono utili a stimare una probabilità


Test di screening di routine

Vengono eseguiti su tutte le donne incinte e possono rilevare un rischio (ma non la certezza) che il nascituro sia portatore della sindrome di Down o di altra anomalia genetica. Si tratta pertanto di esami che vanno integrati con altri più specifici. Essi si eseguono nel primo trimestre di gravidanza e sono:
  • Test del sangue. Rilevano la concentrazione della PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza) e della HCG (gonadotropina corionica umana, l’ormone della gravidanza). Se i livelli di queste sostanze sono fuori norma possono essere spia di un problema nel feto;
  • Test della translucenza nucale. In questo test non invasivo vengono adoperati gli ultrasuoni per misurare una specifica area della testa del feto che si trova dietro il collo. Quando sono presenti anomalie nell’accrescimento fetale, nel tessuto della zona nucale tende ad accumularsi più fluido del normale.
Nel corso del secondo trimestre di gravidanza viene effettuato un ulteriore test ematico di screening che permette di valutare il livello di rischio che il feto presenti una anomalia cromosomica. Questo test misura i livelli nel sangue di quattro sostanze associate: alfa fetoproteina, estriolo, HCG e inibina A.

Sono disponibili poi esami più invasivi, consigliati proprio per la diagnosi gestazionale della sindrome di Down, che si effettuano soprattutto nelle future mamme over 35 e nei casi dubbi, quando i test precedenti abbiano rilevato delle anomalie:
  • Villocentesi (prelievo dei villi coriali). Questo esame prevede il prelievo di cellule della placenta per analizzare il DNA fetale e si effettua tra la 10ma e la 13ma settimana di gravidanza. Il rischio di provocare un aborto durante il prelievo è bassissimo (1,5%);
  • Amniocentesi. Si effettua prelevando dalla gestante una minima quantità di liquido amniotico attraverso un ago inserito nell’utero. Il campione viene usato per analizzare i cromosomi delle cellule fetali. Si esegue tra la 16ma e la 20ma settimana di gravidanza e comporta un minimo rischio di aborto (1 su 100).


Test di screening di routine – esami non invasivi

I test di screening di routine sono per lo più esami ematici che vengono eseguiti su tutte le donne, indipendentemente dalle caratteristiche della gestante e possono rilevare un rischio (ma non la certezza, più che altro una probabilità) che il nascituro sia portatore della Sindrome di Down o di altra anomalia genetica. Si tratta pertanto di esami che vanno integrati con altri più specifici. Si eseguono nelle diverse fasi della gravidanza:
  • Test della translucenza nucale: esame in cui vengono adoperati gli ultrasuoni per misurare una specifica area della testa del feto che si trova dietro il collo. In altre parole, si tratta di un’ecografia effettuata tra l’undicesima e quattordicesima settimana che misura l’ispessimento retronucale dovuto alla raccolta di liquido; più è alto il valore, più aumenta il rischio della Sindrome di Down e di altre anomalie fetali. Infatti, quando sono presenti anomalie nell’accrescimento fetale, nel tessuto della zona nucale tende ad accumularsi più fluido del normale. 
  • Duo Test: esame da eseguire tra l’undicesima e la quattordicesima settimana che, mediante prelievo ematico materno, valuta le proteine placentari PAPP-A (Pregnancy associated plasma protein, associata alla gravidanza) e BHCG (gonadotropina corionica, frazione libera). Integrato con l’esame ecografico (translucenza nucale), questo test offre dei dati che vengono poi elaborati da un software che effettua un calcolo statistico del rischio del feto di essere affetto da anomalie cromosomiche, in particolare da trisomia. 

  • Tri Test: esame ematico da effettuare tra la quindicesima e la diciottesima settimana e che valuta tre proteine: lfa-fetoproteina (AFP), estriolo non coniugato (uE3) e frazione beta della gonadotropina corionica (HCG). Si è notato che, nel caso di Sindrome di Down, i livelli di AFP e uE3 tendono ad essere inferiori ai valori medi, mentre i livelli di HCG tendono ad essere più alti. A questi dati viene associata anche l’età della madre in modo da stimare con più certezza le probabilità che il feto abbia una trisomia 21.

  • Test del DNA fetale: esame di recente introduzione, da effettuare dalla 10ma settimana tramite prelievo ematico materno che analizza le cellule fetali che circolano nel sangue della madre, in cui è possibile isolare il DNA. Non sostituisce indagini invasive come villocentesi e amniocentesi, ma sembra avere un’attendibilità molto alta e raramente produce falsi positivi.

La diagnosi post-natale avviene mediante studio del cariotipo, analizzando i cromosomi dei linfociti per evidenziare la trisomia.

In alcuni casi è possibile che la trisomia 21 o altre anomalie cromosomiche non siano state diagnosticate in fase prenatale, pertanto solo dopo la nascita del bambino o bambina si effettua la diagnosi attraverso l’osservazione delle caratteristiche fisiche del neonato/a, confermata da un test del sangue chiamato esame del cariotipo che esamina la composizione cromosomica del DNA. Il trattamento delle anomalie rilevate può spesso prevenire il peggioramento delle condizioni di salute. 

Quali complicanze si possono manifestare?

Nascere e crescere con la trisomia 21 comporta anche una serie di possibili complicanze di salute, che riducono le aspettative di vita, sebbene oggi la maggior parte dei portatori di sindrome di Down raggiunga e superi la soglia dei 60 anni di età. Alcune complicanze si manifestano subito, altre con il passare del tempo e dipendono dalla gravità della sindrome. Tra le principali complicanze:
  • Circa metà dei bambini con la sindrome di Down viene al mondo con difetti cardiaci congeniti di qualche tipo, che necessitano di terapie specifiche e, spesso, di interventi chirurgici in età infantile;
  • Anomalie gastrointestinali a carico di esofago, trachea, intestino e retto possono causare disturbi come reflusso gastroesofageo, celiachia e problemi digestivi;
  • A causa delle anomalie del sistema immunitario, i soggetti con sindrome di Down presentano un rischio aumentato di sviluppare malattie autoimmuni, alcuni tipi di cancro e infezioni gravi come la polmonite;
  • La sindrome di Down comporta alterazioni nella conformazione delle vie aeree superiori che può creare problemi respiratori come l’apnea ostruttiva del sonno;
  • Per i bambini e gli adulti con trisomia 21 è più facile accumulare massa grassa, per questa ragione devono curare alimentazione e praticare attività fisica;
  • Una particolare complicanza della sindrome di Down è un cattivo allineamento delle prime due vertebre della spina dorsale, una condizione ad alto rischio di lesioni severe alla colonna vertebrale;
  • I bimbi con sindrome di Down hanno un rischio più elevato dei coetanei di ammalarsi di leucemia, a causa delle loro anomalie immunitarie;
  • Gli adulti con trisomia 21 possono più facilmente sviluppare forme di demenza tra cui il morbo di Alzheimer già a partire dai 50 anni.
Altre complicanze correlate con la sindrome di Down sono: disturbi endocrini, problemi mentali, crisi epilettiche, otiti e altre infezioni alle orecchie, disturbi della vista.

Sindrome di Down: prognosi

La sindrome di Down ha una prognosi migliore rispetto ad altri disturbi causati da un cromosoma supplementare, come la trisomia 18 e la trisomia 13.
Il processo di invecchiamento appare accelerato, anche se la maggior parte dei pazienti con la sindrome di Down raggiunge l’età adulta; l’aspettativa di vita media è di 55 anni. Tuttavia, di recente, alcuni pazienti hanno superato i 70 e anche gli 80 anni. Sintomi simili all’Alzheimer, quali demenza, amnesia, peggioramento delle capacità intellettive e alterazioni della personalità possono svilupparsi in giovane età. Le anomalie cardiache - spesso trattabili con farmaci o intervento chirurgico - e le leucemie sono responsabili della maggior parte dei decessi nei bambini con sindrome di Down. Vivere con la sindrome di Down oggi è una sfida piena di ostacoli che possono però essere superati. Il supporto familiare e quello scolastico, medico e sociale, consentono alle persone con anomalie cromosomiche di vivere una vita ricca di stimoli e di esperienze, tra cui la possibilità di studiare, di praticare uno sport, di lavorare, di avere relazioni interpersonali e di viaggiare

Come si cura la sindrome di Down?

Sebbene non esista una cura farmacologica per la Sindrome di Down, alcuni sintomi e problemi specifici possono essere trattati. I medici possono riparare chirurgicamente alcuni difetti cardiaci e gastrointestinali e somministrare una terapia di sostituzione dell’ormone della crescita ai pazienti con ipotiroidismo, determinando un significativo miglioramento dell’aspettativa di vita dei pazienti affetti da Sindrome di Down. 

Oggi l’obiettivo è quello di integrare sempre più le persone con Sindrome di Down supportandoli nel vivere una vita piacevole e caratterizzata da tutte le occupazioni, dal lavoro, allo studio e allo svago. In questo percorso di riabilitazione gioca un ruolo importante la terapia riabilitativa precoce, che ha lo scopo di agevolare lo sviluppo e l’apprendimento di abilità motorie e cognitive nei bambini. Dato che si tratta di una terapia che riguarda l’aspetto motorio, psico-motorio e logopedico, è importante che sia effettuata fin dai primi mesi di vita, in modo che i bambini potranno sviluppare le loro capacità, acquisirne di nuove in autonomia, lavorare ed avere relazioni interpersonali soddisfacenti ed appaganti. Nonostante le sfide poste dal deficit cognitivo e dai problemi che ne conseguono, i bambini con Sindrome di Down oggi possono raggiungere un’aspettativa e una qualità di vita soddisfacente, grazie soprattutto all’approccio sanitario multidisciplinare, alle numerose associazioni che sostengono ed informano la famiglia e ai caregiver.

L’assistenza per i pazienti con Sindrome di Down deve includere anche consulenza genetica per la famiglia, assistenza sociale e programmi scolastici appropriati al livello di funzioni intellettive. 


In cosa consiste l’approccio sanitario multidisciplinare

Come anticipato l’approccio sanitario alla Sindrome di Down deve essere multidisciplinare e integrato, quindi rispetto ai comuni controlli clinici, le persone affette da questa sindrome necessitano di controlli specifici, finalizzati alla prevenzione o alla diagnosi precoce di quelle patologie che si possono presentare con una frequenza superiore alla norma e che, se trascurate, possono limitare le potenzialità evolutive del bambino o far regredire le capacità dell’adulto. La EDSA (European Down Syndrome Association) ha redatto delle linee guida i cui punti principali possono essere riassunti in base all’età.

Controlli per la fascia neonatale:
  • Diagnosi (cariotipo): comunicazione della diagnosi e supporto psicologico ai genitori;
  • Esame clinico e strumentale per la ricerca di malformazioni congenite associate (ecocardiografia, ecografia addominale, ecc.);
  • Visita oculistica;
  • Esame audiologico (emissioni otoacustiche);
  • Test di screening neonatali di routine, compreso quello per la funzionalità tiroidea;
  • Stimolazione dell’allattamento al seno.

Primo anno di vita 
Informare i genitori delle indicazioni fornite dalle Associazioni di Genitori e dai Servizi Materno Infantili delle ASL relative a:
  • Vaccinazioni secondo i calendari regionali;
  • Alimentazione appropriata;
  • Programmi riabilitativi;
  • Visite cliniche, neurologica ed auxoendocrinologiche per monitorare la crescita staturo-ponderale sugli standard specifici per la Sindrome di Down;
  • Ecocardiografia (se non effettuata alla nascita);
  • Visite di controllo di vista e udito;
  • Esami ematochimici, con particolare attenzione alla funzionalità tiroidea, ad eventuali deficit immunologici, ai markers della celiachia e anemia.

Nell’età prescolare, da 1 a 6 anni, si consiglia un focus su:
  • Programmi riabilitativi (logopedia, fisioterapia);
  • Inserimento sociale (scuola dell’infanzia, tempo libero);
  • Visita clinica e neurologica ed auxoendocrinologica, oltre a valutazione dell’alimentazione;
  • Visita odontoiatrica;
  • Visita ortopedica (eventuale radiografia del rachide per valutare l’instabilità atlanto-assiale/sublussazione);
  • Visita otorinolaringoiatrica (ORL) per valutare ipertrofia tonsillare e adenoidea, problemi respiratori di tipo meccanico, apnea nel sonno, otiti ecc;
  • Controlli ematochimici per funzionalità tiroidea, celiachia, disordini ematologici ed autoimmunitari;
  • Esame di vista e udito per individuare eventuali deficit (a 3 e a 6 anni).
Visite da effettuare a cadenza annuale dai 7 ai 12 anni:
  • Visita clinica, neuropsichiatrica e auxoendocrinologica con valutazione del peso e dell’altezza utilizzando le tabelle specifiche per la Sindrome di Down;
  • Prevenzione dell’obesità con indicazioni alimentari;
  • Visita oculistica;
  • Visita audiometrica;
  • Visita odontoiatrica;
  • Visita ortopedica;
  • Controlli ematici per funzionalità tiroidea, celiachia, disordini ematologici e autoimmunitari;
  • Visita otorinolaringoiatrica (ORL) per valutare ipertrofia tonsillare e adenoidea, problemi respiratori di tipo meccanico, apnea nel sonno, otiti ecc.

A tutto questo si deve associare sempre il sostegno alle famiglie e l’incentivazione all’inserimento sociale per il bambino

Dall’adolescenza all’età adulta, oltre alla ripetizione delle visite, è importante lavorare sui seguenti obiettivi:
  • Possibilità di condurre una vita indipendente;
  • Possibilità di un lavoro;
  • Valutazione psichiatrica per la diagnosi precoce di autismo e depressione;
  • Visita ginecologica per il controllo dello sviluppo sessuale ed eventuale necessità di contraccezione, soprattutto per le donne sessualmente attive.

Dall’età adulta all’età avanzata le linee guida prevedono:
  • Attività mirate al potenziamento o al mantenimento delle competenze acquisite;
  • Incoraggiare l’attività fisica e le attività ricreative;
  • Prevedere i passaggi che portano all’uscita dalla vita in famiglia fino alla residenzialità;
  • Controlli periodici secondo le necessità per prevenire dell’obesità;
  • Visita cardiologica (ecocardiografia per reflusso aortico o prolasso della valvola mitrale);
  • Visite neurologiche e valutazioni neuropsichiatriche per la diagnosi precoce di depressione, malattia di Alzheimer e autismo;
  • Visita ortopedica;
  • Visita ginecologica;
  • Visita odontoiatrica;
  • Visita oculistica;
  • Visita audiologica;
  • Visita ORL;
  • Esami ematici per anemia, malattie tiroidee, celiachia, malattie autoimmuni, ecc;
  • Controlli clinici e strumentali per malattie oncologiche.


Sindrome di Down: gli aspetti cognitivi e comportamentali 

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha permesso di ampliare la conoscenza sugli aspetti cognitivi e comportamentali delle persone affette da Sindrome di Down, offrendo nuovi strumenti di intervento mirati allo sviluppo delle loro potenzialità.


Capacità cognitive e punti di forza

Infatti, nonostante il ritardo cognitivo di grado variabile che caratterizza la Sindrome di Down, è importante riconoscere la presenza di molteplici capacità e competenze, che possono essere valorizzate attraverso programmi educativi adeguati:
  • Memoria visiva a lungo termine: spesso superiore rispetto alla memoria verbale, facilitando l’apprendimento attraverso immagini, schemi e supporti visivi;
  • Capacità imitative e di apprendimento per osservazione: o per modellamento si dimostra particolarmente efficace, specialmente in contesti sociali strutturati;
  • Competenze sociali di base: naturale propensione alle relazioni affettive e all’interazione sociale, che può rappresentare un punto di forza nell’inclusione scolastica e lavorativa;
  • Abilità pratiche e manuali: buone capacità in attività manuali e pratiche, che possono essere incoraggiate e sviluppate.


Sfide cognitive e comportamentali

Accanto alle competenze sopra descritte, esistono difficoltà che necessitano di interventi specifici:
  • Ritardo nell’acquisizione del linguaggio: la comprensione può essere relativamente migliore rispetto alla produzione verbale, con difficoltà nella pronuncia, nell’articolazione e nello sviluppo lessicale;
  • Deficit nella memoria a breve termine e nella memoria di lavoro: può incidere sulla capacità di gestire informazioni verbali e sequenze complesse;
  • Difficoltà nelle funzioni esecutive: compromissione nella pianificazione, nell’organizzazione e nella risoluzione di problemi;
  • Rigidità cognitiva: resistenza al cambiamento, difficoltà a passare da un’attività all’altra, con tendenza alla perseverazione;
  • Comportamenti oppositivi o evitanti: possono emergere in risposta a richieste percepite come troppo complesse o a situazioni nuove e stressanti.


Strategie di intervento educativo e psicologico

L’intervento precoce e mirato può fare la differenza nello sviluppo delle abilità cognitive e nella gestione dei comportamenti. Le principali strategie includono:

Interventi educativi personalizzati
  • Uso di materiali visivi e concreti: immagini, simboli e schemi per facilitare la comprensione e la memorizzazione;
  • Strutturazione e prevedibilità: routine stabili e attività programmate riducono l’ansia e migliorano l’adattamento;
  • Apprendimento multisensoriale: integrare input visivi, uditivi e tattili per rafforzare l’acquisizione di competenze.
Stimolazione linguistica precoce
  • Logopedia mirata a migliorare articolazione, lessico e competenza pragmatica;
  • Uso della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) per supportare la comunicazione nei primi anni.
Potenziamento delle funzioni esecutive
  • Attività che migliorano attenzione, memoria di lavoro e flessibilità cognitiva (giochi di memoria, problem-solving semplificato).
Intervento psicologico e comportamentale
  • Terapia cognitivo-comportamentale per gestire comportamenti disfunzionali e favorire strategie di coping;
  • Sostegno emotivo per la gestione di ansia, frustrazione e autostima.
Formazione e supporto alle famiglie
  • Parent training per aiutare i genitori nella gestione dei comportamenti e nell’applicazione delle strategie educative a casa.

Implicazioni sociali e inclusione

L’inclusione sociale delle persone con Sindrome di Down rappresenta oggi un obiettivo centrale nelle politiche educative, lavorative e sanitarie. Si è passati da un modello assistenzialistico a un approccio basato sui diritti, sull’autodeterminazione e sulla partecipazione attiva alla vita sociale.


L’importanza dell’inclusione sociale

L’inclusione è fondamentale per lo sviluppo dell’identità e del benessere psicologico delle persone con Sindrome di Down:
  • Partecipazione alla vita scolastica, lavorativa e comunitaria contribuisce a rafforzare le competenze sociali, favorendo l’autonomia e riducendo l’isolamento;
  • La costruzione di reti di relazioni significative (famiglia, amici, compagni di scuola e colleghi di lavoro) aumenta il senso di appartenenza e la qualità della vita;
  • La sensibilizzazione sociale riduce i pregiudizi e favorisce la creazione di ambienti accoglienti e inclusivi.
Oggi fortunatamente i passi avanti sono tanti e, tra i progetti più efficaci e funzionanti, spicca il programma radiofonico Radio Up&Down, condotto da Paolo Ruffini e Federico Parlanti, coppia che si definisce “improbabile” per il suo sfidare le logiche radiofoniche e rompere gli schemi tradizionali. Parlanti è infatti il primo conduttore radiofonico italiano con la Sindrome di Down, che rivendica con orgoglio e ironia rivendica il suo cromosoma extra, usandolo per creare con Ruffini un intreccio esilarante, scandito da brillante ironia, in cui l’errore non è una condanna ma un’occasione di trasformazione.


Educazione speciale e scolastica

  • Scuola dell’infanzia e primaria: interventi precoci e personalizzati (PEI - Piano Educativo Individualizzato) favoriscono lo sviluppo delle competenze cognitive, linguistiche e relazionali;
  • Didattica inclusiva: uso di strategie di apprendimento cooperativo, tutoraggio tra pari e tecnologie assistive;
  • Formazione degli insegnanti di sostegno e degli educatori, che devono essere preparati a rispondere ai bisogni educativi specifici degli alunni con Sindrome di Down.


Inclusione lavorativa

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le esperienze di inserimento lavorativo, grazie al contributo delle associazioni e alle politiche di integrazione:
  • Progetti di formazione professionale su misura, con percorsi che valorizzano abilità pratiche e manuali;
  • Supporto nell’inserimento lavorativo attraverso tirocini, borse lavoro e contratti protetti;
  • Esempi positivi si trovano in settori come ristorazione, agricoltura sociale, commercio e servizi alla persona.
Tra i progetti d’eccellenza, in Italia, si può ricordare l’associazione PizzAut che, fondata da Nico Acampora, dal 2017, propone un innovativo modello di inclusione sociale che l’ha portata a diventare oggi la prima pizzeria in Italia gestita da personale autistico, dimostrando come le barriere siano spesso solo nelle nostre teste e non nei nostri cuori.


Supporto alle famiglie

Le famiglie rappresentano un punto di riferimento essenziale e necessitano di supporto continuo:
  • Servizi di consulenza psicologica per affrontare lo stress emotivo, le sfide quotidiane e la progettualità a lungo termine;
  • Gruppi di auto-mutuo aiuto per condividere esperienze e strategie educative;
  • Formazione continua per i genitori su temi legati all’autonomia, alla sessualità, alla gestione dei comportamenti e alla transizione all’età adulta.


Il ruolo delle istituzioni e delle associazioni

  • Istituzioni scolastiche e sanitarie devono garantire la continuità dei servizi educativi, riabilitativi e sociali;
  • Associazioni di riferimento come AIPD (Associazione Italiana Persone Down), CoorDown e altre, offrono supporto alle famiglie, promuovono i diritti delle persone con Sindrome di Down e sensibilizzano l’opinione pubblica;
  • Politiche di integrazione: la legge 104/1992 e la legge 68/1999 in Italia sono strumenti fondamentali per garantire il diritto allo studio, al lavoro e all’assistenza.
L’approccio integrato agli aspetti cognitivi, comportamentali e sociali delle persone con Sindrome di Down rappresenta la chiave per promuovere una piena inclusione e una qualità di vita soddisfacente. Lavorare in sinergia tra famiglia, scuola, servizi e associazioni permette di costruire percorsi personalizzati, rispettosi delle unicità e delle potenzialità di ciascuno.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Che cos’è la Sindrome di Down?

La Sindrome di Down è una condizione genetica causata dalla presenza di una copia extra del cromosoma 21 (trisomia 21). Questa alterazione comporta caratteristiche fisiche peculiari e un diverso sviluppo cognitivo. La Sindrome di Down non è una malattia, ma una condizione genetica con cui si nasce e che accompagna la persona per tutta la vita.

Quali sono le principali caratteristiche cognitive delle persone con Sindrome di Down?

Le persone con Sindrome di Down hanno un profilo cognitivo che presenta alcune difficoltà e punti di forza:
Le sfide principali riguardano la memoria a breve termine, l’attenzione, il linguaggio e la risoluzione di problemi complessi.
I punti di forza includono buone capacità di apprendimento visivo, abilità imitative e propensione alle relazioni sociali. Con supporti adeguati, possono sviluppare competenze scolastiche, sociali e pratiche importanti per l’autonomia.

Quali sono gli interventi educativi e terapeutici più efficaci?

Gli interventi devono essere personalizzati e precoci. Tra i più efficaci:

  • Logopedia, per migliorare il linguaggio e la comunicazione;
  • Terapie psicomotorie e fisioterapia, per sostenere lo sviluppo motorio;
  • Didattica inclusiva a scuola, con strumenti visivi, attività pratiche e programmi di apprendimento cooperativo;
  • Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), per facilitare la comunicazione nei primi anni o nei casi di maggiori difficoltà linguistiche.

È possibile per una persona con Sindrome di Down lavorare e condurre una vita autonoma?

Sì! Molte persone con Sindrome di Down oggi frequentano la scuola, partecipano ad attività sportive, culturali e lavorano. L’autonomia varia da persona a persona e dipende dal livello di supporto ricevuto in famiglia, a scuola e nella comunità. Grazie a progetti di formazione professionale e inserimento lavorativo, molti adulti con Sindrome di Down lavorano in ambiti come la ristorazione, l’agricoltura sociale, il commercio e i servizi.

Qual è il ruolo delle famiglie e delle associazioni nel supporto alle persone con Sindrome di Down?

Le famiglie svolgono un ruolo fondamentale nell’offrire sostegno affettivo e nell’accompagnare i percorsi educativi e di autonomia. Le associazioni come AIPD e CoorDown offrono servizi di consulenza, formazione, sostegno psicologico e organizzano attività di inclusione sociale e lavorativa. Inoltre, svolgono un importante lavoro di sensibilizzazione e tutela dei diritti delle persone con disabilità.
 

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