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Domande e Risposte
Incidenza, mortalità e prevalenza
Il cancro della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 20% di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo.
Circa un uomo su 8 nel nostro Paese ha probabilità di ammalarsi di tumore della prostata nel corso della propria vita, nel 2017 sono stati riportati circa 34.800 nuovi casi e nel 2018 sono stati 35.000 i nuovi casi stimati.
Seppur il tumore alla prostata sia largamente diffuso, non è un tumore a prognosi fortemente infausta, questo grazie alla diagnosi precoce ed alla scarsa aggressività del tumore stesso. Si ritiene infatti che esso, in Italia, sia responsabile di circa 30-35 decessi su 100.000 abitanti l’anno con 7196 morti registrate nel 2015, ultimo dato disponibile.
Anche i dati relativi alla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi sottolineano come generalmente non si tratti di un tumore aggressivo, la sopravvivenza a 5 anni si attesta infatti al 91,4% delle persone affette, una percentuale tra le più alte in caso di tumore, soprattutto se si tiene conto dell'età media avanzata dei pazienti affetti e quindi del possibile ruolo di altre cause di morte.
Riguardo l’andamento nel tempo, l'incidenza, cioè il numero di nuovi casi registrati in un dato periodo di tempo, è cresciuta fino al 2003, in concomitanza con la maggiore diffusione del dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico, in inglese prostate specific antigene) che ha consentito la diagnosi precoce anche di forme di tumore non aggressive; successivamente l’incidenza è iniziata a diminuire anche per l’utilizzo meno indiscriminato e più scientifico del PSA.
Fattori di rischio
Uno dei
principali fattori di rischio per il tumore alla prostata è rappresentato dall’
età. Decisamente poco rilevante negli uomini adulti di quarant’anni, questo carcinoma vede un
sensibile incremento dopo i 50 e verso i 60 anni. Circa due tumori su tre della prostata vengono diagnosticati in persone con più di 65 anni e circa il 70% degli uomini oltre gli 80 anni ha un tumore della prostata che generalmente in questo caso rappresenta un riscontro occasionale poiché la patologia non ha dato sintomatologia alcuna.
Anche l’etnia, in particolar modo quella africana che risulta essere a maggior rischio, e la
familiarità giocano un ruolo importante. Il rischio di ammalarsi di tumore alla prostata si stima infatti raddoppiare in caso di familiare di primo grado affetto dalla patologia. Solo in circa il 10% di tutti i tumori alla prostata si riscontra comunque una forma strettamente ereditaria in cui il tumore ha generalmente un esordio più precoce, prima dei 55 anni.
La probabilità di ammalarsi di tumore alla prostata potrebbe inoltre essere legata anche ad alti livelli di ormoni come il testosterone, che favorisce la crescita delle cellule prostatiche, e di ormone IGF1, simile all'insulina, che stimola la crescita delle cellule.
Riguardo allo stile di vita, una dieta ricca di grassi animali e povera di vitamine e antiossidanti, l’obesità, il consumo di alcool, l’esposizione professionale a sostanze tossiche, l’infiammazione cronica della prostata e la mancanza di esercizio fisico sono alcuni fattori che possono favorire lo sviluppo e la crescita del tumore.
L’attività fisica è un fattore in grado di
ridurre sensibilmente il rischio di carcinoma della
prostata negli uomini con meno di 60 anni.
Cruciali nella definizione di una mappa del rischio sono le
abitudini alimentari, anche se il rapporto diretto è di ridotta incidenza rispetto ad altri parametri presi in considerazione: il rischio cresce all’aumentare del
consumo di caffè e di pane, mentre una dieta ricca di vegetali contribuisce a ridurlo.
Gli unici mezzi di prevenzione sono quindi i seguenti:
- Un’alimentazione equilibrata;
- Un’attività fisica regolare;
- L’adozione di uno stile di vita sano;
- Il sottoporsi agli esami di diagnosi precoce oggi disponibili, quali il dosaggio del PSA e l’esplorazione rettale.
Il dosaggio del PSA
Il dosaggio del PSA, cioè il dosaggio del cosiddetto “antigene prostatico specifico", pur essendo un semplice esame del sangue, è un’indagine importante per la prevenzione del tumore prostatico.
Il PSA è una proteina prodotta dalla prostata e normalmente presente nel liquido seminale e, in minime quantità, nel sangue. Il PSA è considerato un
marker organo specifico e non cancro specifico poiché non solo il tumore ma anche infezioni, infiammazioni, l’iperplasia benigna o la sollecitazione delle cellule della prostata possono portare ad un aumento della sua concentrazione nel sangue.
Nel mondo scientifico, mentre tutti concordano sulla sua utilità per controllare nel tempo i casi già trattati (dopo intervento chirurgico o
trattamenti radioterapici e/o ormonali) di tumore alla prostata, sul suo utilizzo ai fini di un’efficace prevenzione non c’è ancora un consenso tra gli esperti e non esiste un vero e proprio programma di screening raccomandato (come, per esempio, c’è per il
Pap test).
In particolare, la misurazione del PSA va valutata attentamente in base all'età del paziente, alla familiarità, all'esposizione ad eventuali fattori di rischio e alla storia clinica. Questo poiché anche in soggetti sani vi è il rischio di trovare valori alterati di PSA, come anche di riscontrare un tumore in soggetti con valori di PSA essenzialmente normali.

Interpretare i risultati del test
Come anticipato precedentemente, il
dosaggio del PSA può risultare alterato per moltissime ragioni, per esempio patologie benigne della prostata, insufficienza renale, ecografia trans-rettale, recente attività sessuale, infezioni (prostatiti), sollecitazioni meccaniche, come quelle derivate dall’uso della bicicletta o della moto e uso di farmaci contro l’ipertrofia prostatica e la calvizie. I
valori del PSA cambiano molto anche in base al peso corporeo, all’etnia e perfino in relazione alle diverse stagioni.
Il valore di PSA che generalmente è considerato valevole di ulteriori approfondimenti è riportato essere
superiore a 4 ng/mL anche se
un singolo riscontro di valori superiori alla media non deve provocare eccessiva preoccupazione poiché non vi è una soglia che indica con certezza la presenza di una malattia (un tumore è confermato infatti in solo il 20% dei casi con valori di PSA compresi tra 4 e 10 ng/dl), come anche valori inferiori non permettono di escludere completamente la malattia.
Se i valori di PSA sono
superiori a 10 ng/ml, il sospetto di un tumore diviene, invece, più fondato.
Oltre al PSA totale altri derivati come il
PSA velocity ossia il tasso di aumento del PSA nel tempo, l’aumento del
PSA density (rapporto tra concentrazione di PSA e volume della prostata valutato ecograficamente) e soprattutto la diminuzione del rapporto tra PSA libero/ totale (
PSA ratio) sembrano poter supportare il
dosaggio del solo PSA totale, anche se la loro utilità rimane ancora dibattuta e spesso riservata soprattutto a valori di PSA tra 4 e 10 ng/ml.
In riferimento al
PSA ratio che è quello più correntemente utilizzato nelle analisi insieme al PSA totale, se il rapporto è < 10% e soprattutto <7%, la probabilità di diagnosticare un tumore sembra essere molto alta (> 80%) , bassa invece per valori superiori al 25%.
Sarà il
medico a stabilire, in relazione al risultato dell’esame, all’età e alle condizioni del paziente, se ripetere l’esame a distanza di tempo o eseguire subito una biopsia.
Rischi e vantaggi del dosaggio del PSA e degli ulteriori accertamenti
Nella valutazione del rischio del carcinoma della prostata, il PSA deve essere supportato dall’esplorazione rettale effettuata dal medico di base e/o dallo specialista in urologia. Si stima infatti che circa il 18% delle
neoplasie prostatiche sia identificato all’esplorazione rettale indipendentemente dal valore del PSA. L’esplorazione rettale permette di valutare la consistenza della prostata e anche la presenza di un eventuale nodulo seppur, soprattutto in presenza di valori di PSA superiori a 10 ng/ml, si rende opportuno eseguire una biopsia prostatica eco guidata (trans rettale o trans perineale) attraverso la quale si preleva il tessuto prostatico da analizzare.
Sebbene alcune ricerche sembrano confermare la possibilità di
ridurre la mortalità per tumore della prostata fino al 20% grazie all’introduzione del PSA e dell’esplorazione rettale, bisogna però tener sempre presente il rischio costo/beneficio di effettuare tali test e sottoporsi dunque a ulteriori accertamenti e trattamenti non scevri da rischi e impatto sulla qualità della vita stessa.
Il riscontro di un
PSA elevato conduce infatti all’
esecuzione di accertamenti diagnostici invasivi e trattamenti che possono essere gravati, in una percentuale variabile di casi, da complicazioni rilevanti. La
biopsia prostatica può essere seguita, anche se in pochi casi, da complicanze quali emorragie e infezioni. Anche l’intervento di asportazione della prostata (prostatectomia) può essere gravato da complicanze, transitorie o permanenti, come incontinenza urinarie o l’impotenza, in percentuali oramai sempre più ridotte grazie all’esperienza del chirurgo e soprattutto alle innovative modalità di esecuzione dell’intervento come la laparoscopia e la chirurgia robotica, ma non trascurabili. Disturbi di questo tipo possono seguire, in percentuali diverse, anche alla
radioterapia e alla terapia ormonale, quest’ultima consiste nella soppressione degli androgeni ed è utilizzata soprattutto nei casi di tumore prostatico in pazienti molto anziani o con malattia più avanzata.
Dunque, alla luce dei possibili effetti collaterali e benefici, il medico valuterà se prescrivere il dosaggio del PSA nell’elenco degli esami di routine.
Nella
scelta occorre tener conto, sicuramente, dell’
età. Le società scientifiche consigliano, l’impiego del PSA per un vero e proprio screening negli uomini fra i 55 e i 70 anni. In altri casi, come per esempio in soggetti con età superiore ai 75 anni, con poli-patologie che ne compromettano la lunga sopravvivenza, è fortemente discussa l’utilità di effettuare il dosaggio del PSA, poiché la diagnosi di tumore non cambierebbe l’aspettativa di vita ma porterebbe ad un peggioramento della qualità della stessa (dovuto alla consapevolezza di avere un cancro e agli effetti di eventuali interventi e terapie). Come anche non è consigliabile misurarlo in uomini asintomatici con età inferiore ai 50 anni e senza familiarità per tumore della prostata, poiché il rischio di tumore è relativamente basso e anche dosare il PSA a partire dai 40 anni nel caso di familiarità, deve essere valutato caso per caso.
Istruzioni per chi decide di eseguire il test
Alla luce dei possibili effetti collaterali e benefici che se ne possono trarre, il medico valuterà se aggiungere o no il dosaggio del PSA all’elenco degli esami di routine.
Nella scelta occorre tener conto, sicuramente,
dell’età. Sia la
Società Europea di Urologia che la Società Americana di Urologia consigliano, oggi, l’impiego del PSA per un vero e proprio screening negli uomini fra i 55 e i 70 anni.
L’utilizzo nei giovani deve essere riservato a casi particolari: coloro che hanno un familiare di primo grado affetto da tumore o appartengono a particolari etnie in cui l’incidenza è maggiore. Le stesse organizzazioni scientifiche sconsigliano poi l’utilizzo del PSA come screening negli uomini oltre i 70 anni.
Secondo gli studi più favorevoli, infatti, lo screening offre qualche vantaggio in termini di sopravvivenza solo agli uomini in questa fascia di età: t
ra i più giovani, infatti, la malattia è troppo rara e oltre la soglia dei 70 anni la scoperta di avere un tumore alla prostata non cambierebbe l’aspettativa di vita, ma, invece, un peggioramento della qualità della vita dovuto alla consapevolezza di avere un cancro e agli effetti di eventuali interventi e terapie.
Anche l’indicazione di sottoporsi al test a partire dai 40 anni nel caso in cui si siano verificati altri tumori alla prostata in famiglia non è attualmente sostenuta da prove scientifiche convincenti.
Conclusioni
Nella scelta di dosare il PSA è bene considerare i fattori di rischio (età, alimentazione, familiarità, attività sportiva) e chiedere il parere del medico di famiglia o di altri medici specialisti.
Una dieta sana, un’attività fisica costante e la scelta di sottoporsi a valutazioni diagnostiche a scopo preventivo nella giusta fascia di età e in condizioni di rischio aumentato (per esempio in caso di specifica familiarità) rappresentano senza dubbio i più importanti strumenti per la prevenzione di questa forma di tumore.
Un riscontro occasionale di PSA elevato non deve destare particolari sospetti, è suggeribile rivolgersi al proprio medico e ripetere il dosaggio a breve termine, corredato da eventuali ulteriori analisi e approfondimenti.
Lo sai che...?
Importanti novità sull’accuratezza del PSA stanno insorgendo negli ultimi anni, in particolar modo in riferimento ad alcune sottoclassi di PSA libero, sempre dosabili nel sangue, tra cui [-2]proPSA.
La concentrazione di [-2]proPSA sembra essere infatti significativamente più elevata in pazienti affetti da carcinoma prostatico, come anche il suo rapporto con il PSA libero ([-2]proPSA/fPSA) e l’indice PHI (Prostate Health Index) derivato dalla combinazione del dosaggio del PSA totale, del PSA libero e del dosaggio del [-2]proPSA.
Questi marcatori sembrano essere di supporto nei casi di concentrazioni di PSA tra 2 e 10 ng/ml con esplorazione rettale non sospetta ed età superiore ai 50 anni potendo il loro dosaggio eventualmente evitare l’esecuzione di biopsie inutili.
Essi sembrano inoltre essere suggestivi della presenza di una neoplasia più aggressiva.
Tuttavia il valore di questi ed altri marcatori come PCA3 e TMPRSS2:ERG, entrambi misurabili nelle urine, deve essere ancora ulteriormente approfondito.
Riferimenti bibliografici
Domande e risposte
Come si possono prevenire i problemi alla prostata?
Per ridurre il rischio di cancro alla prostata è bene scegliere una dieta povera di grassi (gli alimenti che contengono grassi includono carni, noci, oli e prodotti caseari, come latte e formaggio), ridurre la quantità di prodotti lattiero-caseari mangiati ogni giorno, aumentare la quantità di frutta e verdura mangiata ogni giorno, fare regolarmente attività fisica.
Quali sono i segni premonitori del cancro alla prostata?
I primi segni premonitori del cancro alla prostata possono essere bruciore o dolore durante la minzione, difficoltà a urinare, tra cui iniziare o arrestare la minzione, urgenza più frequente di urinare di notte, perdita del controllo della vescica, diminuzione del flusso o della velocità del flusso di urina, sangue nell’ urina (ematuria), sangue nello sperma.
Quale è un valore normale di PSA?
Generalmente è considerato normale un valore di PSA uguale o inferiore a 4,0 ng/mL, anche se valori inferiori non permettono di escludere completamente la malattia. Esistono livelli di PSA più specifici per età e sono: da 40 a 49 anni: 2,5 ng/mL, da 50 a 59 anni: 3,5 ng/mL, da 60 a 69 anni: 4,5 ng/ml, da 70 a 79 anni: 6,5 ng/mL.
Come controllarci per il cancro alla prostata?
È possibile sottoporsi a dei controlli innanzitutto attraverso un esame rettale, durante il quale il medico inserisce nel retto un dito, con guanti, lubrificato per esaminare la prostata, e attraverso il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) tramite un semplice esame del sangue.