Aggiornato il 15.02.2023
La sua ampia diffusione nella popolazione ha orientato all’adozione di campagne di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce della malattia.
Il tumore del colon retto è curabile con relativo successo se individuato in uno stadio iniziale. Il trattamento di prima scelta è la chirurgia, che permette la rimozione della porzione di intestino colpita. La chemioterapia e la radioterapia possono essere effettuate sia prima che dopo l’intervento, per aumentare le probabilità di successo.
Sono noti alcuni dei fattori di rischio, fra i quali l’eccessiva presenza nella dieta di carni rosse, salumi e grassi di origine animale; anche il fumo e l’alcol aumentano il rischio di sviluppare questa neoplasia.
La sopravvivenza dei pazienti che hanno ricevuto questa diagnosi è migliorata negli ultimi anni, grazie agli screening, che consentono prevenzione e diagnosi precoce.
I decessi per carcinoma del colon-retto, nel 2012, sono stati 19.202, più della metà nella popolazione maschile.
Si nota, comunque, una riduzione della mortalità sia negli uomini (-0,6%/anno) che nelle donne (-1,2%).
Tumore al colon senza sangue nelle feci. Il sangue può non essere presente nelle feci anche in caso di positività al tumore oppure può essere presente in forma occulta, non visibile all’osservazione. In quest’ultimo caso può essere rilevato dal test specifico.
Avendo un lume molto ampio, un’eventuale ostruzione è una conseguenza tardiva del tumore. Talvolta i tumori che colpiscono il colon destro sono tanto grandi da risultare palpabili attraverso la parete addominale.
Il sanguinamento è di solito occulto, ma può dare segno di sé quando causa anemia, che, se grave, provoca nel paziente uno stato di continua debolezza.
Di diametro interno più ristretto, è più soggetto ad ostruzione dovuta al tumore.
Il sintomo d'esordio può essere un'ostruzione, una condizione accompagnata da dolore addominale crampiforme.
In alcuni casi, le feci possono essere nastriformi o miste a sangue.
Occasionalmente può manifestarsi con sintomi di perforazione o con una peritonite diffusa.
Il sintomo iniziale più comune è il sanguinamento durante la defecazione, una manifestazione che rappresenta sempre un campanello d’allarme.
Può essere presente il tenesmo rettale, una condizione caratterizzata da una contrazione (a volte dolorosa) dello sfintere anale, accompagnata da un continuo stimolo a evacuare, anche senza emissione di materiale.
Un altro sintomo è il dolore, che compare soprattutto quando il tumore coinvolge le strutture che circondano l’intestino.
Si stima che l’80% circa delle forme di tumore al colon retto metastatico abbia generato metastasi ancora prima della diagnosi del tumore primitivo. La positività ad alcune mutazioni genetiche aumenta il rischio che il tumore generi metastasi.
Gli organi più facilmente raggiunti da questo tumore solo:
Le forme tumorali benigne del colon possono essere:
Generalmente non producono sintomi. A volte, però, anche i polipi possono sanguinare e dare positività all’esame occulto del sangue nelle feci. I polipi di dimensioni limitate possono essere asportati nel corso della colonscopia.
Questa indicazione è valida anche per i lipomi; quando di dimensioni meno contenute, possono essere rimossi nel corso di un intervento chirurgico.
La prognosi di un tumore localizzato è migliore rispetto a quella della malattia disseminata.
Diagnosticare tempestivamente la neoplasia permette di eseguire una chirurgia meno demolitiva e massimizza le chance di eliminare tutte le cellule cancerose, riducendo il rischio di metastasi e recidive.
Le patologie infiammatorie croniche intestinali, come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, possono rappresentare un fattore di rischio per questo tipo di tumore.
Queste condizioni, infatti, comportano uno stato infiammatorio protratto nel tempo, che stimola il rinnovamento cellulare. La continua proliferazione delle cellule può degenerare in un fenomeno di iperproliferazione, ad alto rischio di evoluzione neoplastica.
La sindrome del colon irritabile non espone ad un maggior rischio di tumore.
Una malattia che, invece, predispone al suo sviluppo è la sindrome di Lynch, una malattia ereditaria dovuta a mutazioni genetiche che aumenta il rischio anche di altri tipi di neoplasie.
La familiarità gioca un ruolo importante nello sviluppo di questo tumore. Si stima che un caso su 3 sia associato a fattori ereditari.
Il rischio aumenta se la patologia è stata diagnosticata ad un parente stretto (genitore o fratello) di età inferiore ai 45 anni.
I polipi intestinali sono escrescenze che si formano a livello della parete dell’organo a causa della proliferazione incontrollata delle cellule.
Pur non rappresentando ancora uno stadio tumorale vero e proprio, sono una sorta di anticamera del cancro. La comparsa di una tipologia specifica, quella dei polipi adenomatosi, indica una tendenza delle cellule intestinali ad uscire dai meccanismi fisiologici di duplicazione ed è un segnale di attenzione che non deve essere sottovalutato.
Poiché le formazioni polipomatose dell’intestino non producono sintomi o segni specifici, per la diagnosi precoce e la prevenzione della loro degenerazione tumorale è utile sottoporsi a controlli periodici nelle fasce di età a rischio.
In alcuni casi, le persone soggette a poliposi adenomatosa familiare vengono sottoposte a interventi chirurgici preventivi di asportazione di porzioni dell’intestino a rischio per lo sviluppo del tumore.
Il tumore del colon retto viene diagnosticato con la colonscopia, a cui vengono sottoposti i pazienti positivi allo screening del sangue occulto.
L’esame, molto semplice, prevede la raccolta (eseguita a casa) di un piccolo campione di feci e nella ricerca di tracce di sangue non visibili a occhio nudo. Prima dell’effettuazione del test non sono necessarie restrizioni nella dieta.
Se si riscontra la presenza di tracce di sangue, possibile indizio della presenza di forme tumorali oppure di polipi (che possono, col tempo, degenerare), bisogna sottoporsi a esami di approfondimento.
Il limite di questo test è la bassa sensibilità; per poter essere utile deve essere eseguito almeno ogni due anni.
Si tratta di un esame endoscopico che permette di esaminare l’intero colon-retto e, oltre a essere un efficace strumento diagnostico, può funzionare anche come strumento terapeutico.
Se viene confermata la presenza di polipi la colonscopia permette, infatti, la loro rimozione nel corso dello stesso esame. I polipi rimossi vengono, successivamente, analizzati e, in base al loro numero, alle loro dimensioni e alle loro caratteristiche cellulari, si avviano percorsi terapeutici e di controllo specifici.
Se la diagnosi viene confermata, il paziente deve essere sottoposto a:
Lo screening sulla popolazione per indagare sulla presenza di un carcinoma colon-rettale è un programma di prevenzione organizzato dal Servizio Sanitario Nazionale che offre ai cittadini tra i 50 e i 69 anni di età dei test di primo livello (ricerca del sangue occulto fecale e retto-sigmoidoscopia) e di secondo livello (colonscopia) con cui è possibile intercettare la malattia in uno stadio nel quale è potenzialmente curabile (diagnosi precoceo individuare i precursori del cancro (come i polipi), la cui rimozione per via endoscopica consente di prevenire la malattia. Il test utilizzato nella quasi totalità dei programmi di screening è quello del sangue occulto nelle feci, eseguito ogni 2 anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni.
Tra i programmi di screening attivi in Italia, c’è anche la retto-sigmoidoscopia. Consiste in un esame endoscopico che visualizza direttamente, tramite una sottile sonda dotata di telecamera, l’ultima parte dell’intestino). La retto-sigmoidoscopia deve essere eseguita una sola volta all’età di 58-60 anni.
Nel caso di positività all’esame del sangue occulto nelle feci o alla retto-sigmoidoscopia, i programmi di screening prevedono l’esecuzione di una colonscopia come esame in approfondimento.
La presenza di sangue nelle feci può essere un indizio di emorroidi. Per differenziare la diagnosi, il soggetto deve sottoporsi alla colonscopia.
Anche in caso di emorroidi accertate, il sanguinamento rimane un fattore di allarme, che merita di essere approfondito in un consulto con lo specialista.
Il trattamento principale di questa malattia è rappresentato dalla chirurgia, con cui viene rimossa la porzione di intestino colpita dal tumore. Talvolta la chirurgia è accompagnata dalla chemioterapia.
A seconda della localizzazione e della dimensione del tumore, il chirurgo procede con un intervento in laparoscopia oppure a cielo aperto.
Quando il tumore è molto esteso, devono essere asportati anche i linfonodi loco-regionali. Questi possono rappresentare, infatti, un serbatoio di cellule tumorali, che possono diffondersi anche in siti lontani rispetto al tumore primario e dare luogo a metastasi.
La chirurgia radicale può essere tentata nel 70% dei pazienti che si presentano senza metastasi.
La rimozione di una porzione importante di intestino può comportare l’applicazione di una stomia, che viene definita ileostomia se inserita nell’ileo (la parte terminale dell’intestino tenue) oppure colostomia se collegata al colon.
Nell’impossibilità di eliminare le feci secondo la modalità fisiologica, la stomia permette la raccolta attraverso un foro praticato nella parete addominale. La stomia può essere temporanea, se il transito intestinale può essere ripristinato in un secondo momento, oppure definitiva.
La chemioterapia può essere somministrata prima e dopo l’intervento chirurgico.
Nelle forme inoperabili, la chemioterapia può rallentare la progressione della malattia.
I farmaci più utilizzati, da soli o in combinazione, sono la capecitabina, l'irinotecan e l'oxaliplatino.
Frutto dell’immunoncologia, una disciplina che ha prodotto molti farmaci innovativi in grado di trattare forme tumorali prima incurabili, gli anticorpi monoclonali sono fra le nuove cure di questa malattia.
I caratteristici effetti collaterali di questi farmaci ricordano quelli dell’influenza: febbre, dolori muscolari, spossatezza.
Gli anticorpi monoclonali usati per il tumore del colon retto sono:
Come tutti gli anticorpi, sono diretti verso specifiche proteine, in questo caso proteine presenti sulla superficie delle cellule tumorali, come il VEGF (fattore di crescita dell’endotelio vascolare) e l’EGFR (recettore del fattore di crescita dell’epidermide). L’interazione fra l’anticorpo e la proteina ne blocca l’attività, un fenomeno che inibisce la crescita del tumore.
Malgrado l’efficacia, questi farmaci biologici non possono essere impiegati in tutte le forme di tumore del colon retto, ma solo in pazienti con determinate mutazioni genetiche e in particolari stadi della malattia.
Può essere indicata per il trattamento di alcuni tumori del retto, ma non viene generalmente utilizzata per il colon.
Come per la chemioterapia, può essere somministrata prima dell’intervento, per ridurre la massa tumorale e rendere la chirurgia meno demolitiva, oppure dopo, per eliminare i residui di tumore che il chirurgo non è riuscito a rimuovere.
Talvolta i pazienti con tumore del colon retto diffuso a tutta la regione addominale vengono sottoposti a radioterapia per migliorare la sintomatologia.
La radioterapia può essere somministrata dall’esterno oppure localmente, tramite l’inserimento di uno strumento nell’ano.
Nei pazienti sottoposti alla chirurgia per tumore del colon retto primario devono essere previsti controlli ravvicinati di imaging diagnostico (con TC) o il dosaggio dell’antigene carcinoembrionario (CEA) nel sangue, al fine di aumentare la capacità diagnostica di eventuali recidive, rispetto al normale follow up previsto per i tumori.
L’antigene carcinoembrionario non è un marker specifico per questo tumore, ma può essere utilizzato per monitorare l’andamento della malattia e verificare la guarigione dopo la terapia.
Molti interventi negli stili di vita possono portare a ridurre il rischio di sviluppare il cancro al colon-retto.
Vediamoli in sintesi:
La ricerca sta approfondendo il ruolo degli antiinfiammatori non steroidei (FANS) nella prevenzione del tumore al colon retto. Questi farmaci, fra cui l’aspirina, inibiscono l’attività di un enzima (la COX-2), coinvolto nello sviluppo di questa neoplasia.
Quando presenti, i sintomi sono il sanguinamento rettale, che può causare anemia, il tenesmo rettale (uno stato di contrazione dello sfintere anale, accompagnata da un continuo stimolo a evacuare, anche senza emissione di materiale) e il dolore (che compare soprattutto quando il tumore coinvolge le strutture che circondano l’intestino).
L’aspettativa di vita è migliorata, negli ultimi anni, grazie alle campagne di screening, che permettono di individuare i nuovi casi tempestivamente (diagnosi precoce) e di rilevare i polipi a rischio di evoluzione prima che possano degenerare (prevenzione).
Se il tumore è limitato alla mucosa, il tasso di sopravvivenza a 10 anni si avvicina al 90%. Quando, invece, si estende attraverso la parete intestinale, scende al 70-80% e, con linfonodi positivi, da 30 a 50%. Se il tumore ha già dato luogo a metastasi la sopravvivenza a 10 anni è inferiore al 20%.
In caso di tumore al colon, può essere presente del sangue nelle feci, che può essere occulto oppure visibile. Può variare anche la forma delle feci, che può diventare “a matita”.
Il tumore al colon può svilupparsi a partire da un polipo, un’escrescenza presente sulla parete dell’intestino formata da cellule che proliferano più velocemente del normale.
L’esame che permette di escludere il tumore al colon è la colonscopia. Se sono presenti lesioni a livello della parete intestinale, la colonscopia permette di prelevare campioni di tessuto da analizzare per escludere il tumore.
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