Indice
Domande e Risposte
Introduzione: cos’è l’osteoporosi, definizione ed epidemiologia
Per osteoporosi si intende la condizione cronica in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea e resistenza e le ossa diventano, di conseguenza, deboli e fragili. Si possono individuare come cause dei fattori nutrizionali, metabolici o patologici. Se non viene controllata, l’osteoporosi può aumentare il rischio di frattura (osteoporosi fratturativa), nei casi più gravi anche in assenza di traumi che le giustifichino (fratture spontanee).
Tutte le ossa possono essere colpite, ma statisticamente l’impatto più rilevante è dato dalle fratture di bacino, vertebre e polso.
Quando inizia, a che età? Fra le varie malattie dello scheletro è la più diffusa, colpisce entrambi i generi, ma maggiormente quello femminile dopo la menopausa, fattore quest’ultimo che aumenta il rischio sino a 4 volte. Secondo il recente studio epidemiologico multicentrico nazionale ESOPO, in Italia il 23% delle donne di oltre 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni è affetto da osteoporosi.
I dati ci dicono che sono 3 milioni e mezzo di donne e 1 milione di uomini a soffrire di osteoporosi solo in Italia. Con conseguenze molto rilevanti: 250.000 fratture all’anno, di cui 80 .000 dell’anca e 70.000 del femore.
L’aspettativa di vita è impattata dalla malattia. Negli uomini intorno ai 50 anni che hanno iniziato la terapia è intorno ai 18 anni (nelle donne 26,4 anni), mentre a 75 anni è 7,5 (nelle donne 13,5). Una frattura da osteoporosi rappresenta un importante fattore di rischio per una seconda frattura e, in alcune circostanze, di morte.
L’osteoporosi negli anziani. Il rischio di morte è maggiore rispetto alla popolazione normale soprattutto nei pazienti anziani, che possono essere più difficili da trattare, e nei pazienti che vengono diagnosticati prima dei 70 anni.
Il soggetto affetto da osteoporosi avanzata è caratteristico per la postura ricurva e la lentezza o difficoltà nella deambulazione. Sono disponibili trattamenti efficaci, ma non in grado di portare la malattia a guarigione, né di annullare i danni da essa causati. Le terapie oggi approvate permettono di migliorare la qualità della vita del paziente dal punto di vista delle difficoltà di movimento, della fragilità dello scheletro e di altre problematiche che impattano fortemente sulle abitudini e sulla vita sociale, creando le condizioni per un aumento della sedentarietà e dell’isolamento sociale. La diagnosi precoce consente l’istituzione tempestiva della terapia, con riduzione del rischio di lesioni irreversibili all’osso e migliore qualità di vita.
La patologia, classificata fra le malattie delle ossa, non interessa in genere i bambini. I casi di osteoporosi giovanile (o infantile) sono rari e possono verificarsi come effetto collaterale dell’assunzione di farmaci usati nella terapia oncologica.
L'osteoporosi giovanile idiopatica (IJO) è una malattia rara causata dalla demineralizzazione primaria dell'osso e caratterizzata da dolore al dorso e agli arti, difficoltà nella deambulazione e fratture multiple.
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Tipi di osteoporosi
In base alla causa della malattia, si possono individuare più tipi di osteoporosi:
- Osteoporosi primaria: deriva da cause per lo più genetiche o ormonali;
- Osteoporosi secondaria: origina da fattori acquisiti, cioè da malattie che almeno all’inizio non riguardano l’osso o terapie farmacologiche; si tratta della tipologia più diffusa, in molti casi diagnosticata con ritardo rispetto all’insorgenza e trattata in maniera inappropriata.
Menopausa e osteoporosi. Si parla di osteoporosi postmenopausale per definire la tipologia più comune di patologia primaria. È
provocata dalla sospensione della produzione di estrogeni ed è responsabile di fratture da fragilità a carico, in particolare delle vertebre e del radio (una delle due ossa dell’avambraccio).
Cause e fattori di rischio: differenza tra osteoporosi e osteopenia
L’osso è un tessuto vivo, soggetto ad un continuo
turnover. In tutte le fasi della vita, esso viene rimaneggiato e rinnovato, grazie alla presenza di speciali cellule chiamate osteoclasti (che eliminano gli elementi ossei ormai vecchi) e osteoblasti (che hanno la funzione di deporre nuovo osso).
Durante l’infanzia e l’adolescenza la deposizione di nuovo osso è più rapida della rimozione di osso vecchio. È così che si verifica la crescita del corpo e l’allungamento degli arti. Il picco di massa ossea viene raggiunto intorno ai 30 anni. In seguito, a predominare sono i processi di rimozione: viene perso più tessuto osseo di quanto ne viene aggiunto.
Questo fenomeno, noto come
osteopenia, è fisiologico se si mantiene entro certi livelli. Quando però intervengono fattori, di diversa origine, che interferiscono peggiorando la situazione, allora si può avere un rapido deterioramento della qualità dell’osso e l’insorgenza dell’osteoporosi. L’osteopenia è dunque un
disturbo invalidante, ma non correlata di per sé agli stessi rischi a cui espone l’osteoporosi. L'
osteomalacia è, invece, una
malattia dovuta a una ridotta mineralizzazione dell’osso, in genere a causa di grave carenza di
vitamina D o anomalie del suo metabolismo.
Occorre ricordare che
la salute dello scheletro viene determinata in larga parte della densità minerale ossea (BMD,
Bone Mineral Density), un parametro che
dipende dalla quantità di calcio, fosforo e altri minerali presenti nella struttura delle ossa. Quando la presenza di questi elementi si riduce, le ossa sono più deboli e aumenta il rischio di frattura. La correzione della dieta e l’introduzione di integratori specifici possono prevenire o migliorare queste carenze, contribuendo a mantenere una densità ossea nei limiti della norma per età. In questo quadro, anche l’
attività fisica gioca un ruolo primario: lo sforzo compiuto praticando sport mantiene attiva la deposizione di nuovo osso, rallentando la perdita di densità.
Fra i fattori che aumentano il rischio di soffrire di osteoporosi, ce ne sono alcuni sui quali non è possibile intervenire (non modificabili) e altri sui quali è possibile introdurre modifiche (modificabili).
Fattori di rischio non modificabili
Comprendono:
- Genere: le donne sono più predisposte allo sviluppo di questo disturbo, negli uomini la sua diffusione è più limitata;
- Età: il rischio aumenta con l’età (l’osteoporosi senile viene detta di tipo 2);
- Caratteristiche fisiologiche quali la statura ridotta;
- Gruppo etnico: le donne caucasiche, asiatiche e ispaniche tendono ad essere più esposte al rischio di osteoporosi;
- Fattori genetici e familiarità: l’osteoporosi è ereditaria? No, ma la presenza di familiari affetti dalla malattia aumenta le possibilità di sviluppo della malattia;
- Post-menopausa: con la menopausa e la conseguente cessazione della produzione di estrogeni viene meno l’attività promotrice della salute dell’osso. L’osteoporosi post-menopausale viene detta di tipo 1;
- Amenorrea: l’assenza di cicli mestruali, dovuta a cause diverse, aumenta il rischio.
Fattori di rischio modificabili
Esistono, poi, altri fattori di rischio, detti modificabili, sui quali si può agire con comportamenti preventivi.
La
dieta assume un ruolo centrale nella determinazione della qualità dell’osso. Sappiamo che un’alimentazione a basso contenuto di calcio favorisce la riduzione della densità ossea e quindi che
è importante mantenere l’apporto di calcio nella dieta.
Anche molti farmaci pericolosi in questo senso, soprattutto se vengono assunti per lunghi periodi. Per prevenire questo fenomeno, occorre istituire contestualmente una
terapia anti-riassorbitiva.
I
medicinali che aumentano il rischio di osteoporosi sono:
- Immunosoppressori, farmaci che abbassano la reattività del sistema immunitario e vengono di solito usati per controllare il rischio di rigetto dopo trapianto oppure per trattare le malattie autoimmuni. Questa categoria comprende i cortisonici (anche quelli per uso inalatorio), il metotrexate e la ciclosporina;
- Farmaci per trattare i disturbi della tiroide;
- Anticonvulsivanti impiegati per la terapia dell’epilessia;
- Antiacidi contenenti alluminio;
- Farmaci usati per abbassare il colesterolo;
- Eparina per la terapia anticoagulante, che è sempre a lungo termine;
- Antidepressivi, compresi gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI).
La malattia dovuta alle terapie con questi farmaci viene detta
osteoporosi iatrogena.
I
bifosfonati stessi, indicati per il trattamento della patologia,
possono produrre, come effetto collaterale molto raro ma grave,
la necrosi della mandibola.
Alcune condizioni ormonali possono favorire la perdita di densità ossea, in particolare bassi livelli di estrogeni nelle donne e bassi livelli di testosterone negli uomini.
Uno dei fattori di rischio su cui si può agire di più è la sedentarietà. È il movimento, la sollecitazione, lo sforzo a mantenere l’osso robusto e in salute. Non a caso l’osteoporosi viene anche definita
malattia da disuso.
La
scarsa esposizione alla luce solare impedisce il corretto metabolismo della
vitamina D, riducendo la sua disponibilità nel processo di mantenimento dell’osso.
Il
fumo di sigaretta e l’
alcol sono fra i fattori di rischio evitabili dell’osteoporosi, ma anche di molte altre gravi malattie.
Anche l’assunzione eccessiva di tè e
caffè aumentano il rischio di impoverimento dell’osso.
In ultimo, l’osteoporosi
può essere secondaria ad alcune malattie:
- Malattie epatiche, inclusa la cirrosi epatica;
- Malattie dei reni, in particolare l’insufficienza renale cronica;
- Malattie endocrine, come l’ipertiroidismo e l’iperparatiroidismo;
- Scorbuto;
- Malattie metaboliche del collagene, come la sindrome di Marfan, la sindrome di Ehler Danlos, l’osteogenesi imperfetta e la sindrome di Cushing;
- Alcuni tumori, fra i quali il linfoma e il mieloma multiplo;
- Disturbi gastrointestinali, come la malattia celiaca e altri disordini che provocano malassorbimento, che causano carenze di elementi importanti per la salute dell’osso;
- Malattie polmonari ostruttive croniche, in particolare negli uomini;
- Malattie infiammatorie, come l’artrite reumatoide e il lupus;
- Patologie psichiatriche come la depressione e l’anoressia espongono ad un aumentato rischio. Pertanto, una terapia tempestiva è utile non solo per ripristinare un equilibrio psicologico migliore, ma anche per prevenire condizioni fisiche irreversibili.
Tenere sotto controllo queste patologie significa anche tutelare la salute dell’osso.
Questa malattia
può essere associata a condizioni fisiologiche come la
gravidanza (osteoporosi gravidica) e l’
allattamento. In questi casi, interessa prevalentemente la colonna vertebrale (soprattutto a livello del rachide lombare) il femore e il ginocchio. Ai fini dell’istituzione di una terapia adeguata e della minimizzazione del rischio di frattura, è essenziale la diagnosi precoce.
Come prevenire l'osteoporosi
Se sei esposto ad uno o più fattori di rischio fra quelli indicati nei paragrafi precedenti probabilmente il tuo medico ti avrà già spiegato l’importanza di un monitoraggio periodico della salute delle tue ossa. In caso contrario, parlane con lui/lei per stabilire un piano di prevenzione personalizzato sulla base delle tue esigenze e della tua condizione.
L’
osteoporosi è una malattia che non dà segni chiari di sé fino a quando non è in fase avanzata e si rivela attraverso le conseguenze che comporta, gli effetti a lungo termine. Ci si accorge di solito di soffrirne quando si è vittima di fratture non giustificate da traumi specifici, le cosiddette fratture spontanee.
Contrariamente a quanto si pensi, e a differenza di altre condizioni legate all’invecchiamento come l’artrosi,
l’osteoporosi non dà dolore alle gambe, alle braccia o mal di schiena; il dolore compare solo in caso di frattura. Inoltre, non è diagnosticabile con una semplice visita specialistica, ma richiede l’esecuzione di esami specifici.
Lo stile di vita sano per prevenire l’osteoporosi e quale attività fisica. La
prevenzione si basa sull’
adozione di uno abitudini e comportamenti che possono modificare i fattori di rischio:
- Praticare regolare attività fisica, sia di tipo aerobico che di potenziamento della forza muscolare (con i pesetti). Quali sono gli esercizi per la salute delle ossa? Non sono utili sport come lo yoga e lo stretching, perché questi non sollecitano meccanicamente l’osso; neppure il nuoto e la bicicletta, perché vengono eseguiti in condizioni di scarico gravitazionale. È consigliato camminare, oltre alla ginnastica a corpo libero e al ballo. Lo sci, il sollevamento pesi e il tennis sono sconsigliati perché possono creare un sovraccarico. Sono anche importanti gli esercizi di equilibrio, finalizzati alla prevenzione delle cadute, compresi il tai-chi e il pilates;
- Evitare fumo e alcol;
- Adottare un’alimentazione bilanciata e varia. Cosa mangiare nello specifico? Da privilegiare i cibi in cui sono presenti adeguate quantità di cibi ricchi di calcio (latte e latticini magri, tofu, pesce azzurro, verdure verdi - broccoli, rucola, cicoria, cime di rapa, carciofi – frutta – agrumi, fragole e frutti di bosco - frutta a guscio e legumi). Non esistono veri e propri alimenti da evitare, ma è importante non associare ai cibi di cui sopra vegetali ricchi di ossalati, come spinaci, pomodori, rapanelli e uva, che possono ridurre l’assorbimento del calcio. È anche bene non esagerare con il sale;
- Quale acqua bere? È utile bere un’acqua ricca di calcio;
- Ridurre il numero di caffè e tè;
- Valutare, con il proprio medico, l’opportunità di seguire una terapia antiriassorbitiva in caso di patologie o trattamenti che riducono la densità ossea.
Osteoporosi: sintomi e segni
La condizione provoca
perdita di densità sia a livello corticale che trabecolare, ma
non causa dolore di per sé, per cui l’osso non fa male. Come riconoscere l’osteoporosi, quindi, quali sono i primi segnali?
Non sono descritti segni e sintomi iniziali.
I sintomi si manifestano solo tardivamente, di solito quando la malattia è conclamata, e sono rappresentati essenzialmente da dolori in caso di frattura ossea.
Quando preoccuparsi?
In questi casi è già tardi per prevenire lesioni irreversibili e bisogna correre ai ripari per evitare danni peggiori.
Le
sedi più frequentemente colpite da frattura sono:
- Vertebre, in caso di osteoporosi della colonna vertebrale (es. osteoporosi lombare), correlata all’insorgenza di dolori alla schiena. La frattura da osteoporosi viene definita crollo vertebrale;
- Polsi;
- Bacino (frattura dell’anca).
Di solito l’osteoporosi è
associata a perdita di peso e al mantenimento di una postura incurvata (
cifosi).
Diagnosi dell'osteoporosi: i test, quali esami fare e quando è grave
Come diagnosticare l’osteoporosi e quale medico medico bisogna contattare? I medici specialisti che hanno un ruolo primario nella diagnosi e nel trattamento di questa patologia sono l’
ortopedico e l’
endocrinologo. Anche il
reumatologo può, in alcuni casi, esserne coinvolto.
I
primi segni dell’osteoporosi possono essere
scoperti sottoponendosi ad accertamenti che, direttamente o indirettamente forniscono elementi utili per risalire alla densità ossea:
- Assorbimetria a raggi X a doppia energia: la DEXA si basa sull’impiego di uno strumento che emette raggi X da due sorgenti diverse per rilevare la concentrazione dei minerali contenuti nell’osso. Più elevata è la concentrazione di questi elementi, maggiore è la densità dell’osso e più difficoltà incontrano i raggi X ad attraversarlo. La DEXA è la tecnica con cui viene eseguita la MOC, Mineralometria Ossea Computerizzata (un esame chiamato anche Densitometria Ossea Computerizzata): per questo l’esame viene chiamato MOC-DEXA. I risultati di questa procedura vengono registrati utilizzando il cosiddetto T-score, un valore che evidenzia di quanto la densità sia maggiore o minore rispetto ad un adulto di 30 anni. Più è basso, minore è la densità ossea;
- Assorbimetria a raggi X a singola energia, che misura la densità ossea a livello del braccio o del tallone;
- Radiografie RX delle ossa dentali: di solito viene effettuata per diagnosticare e trattare patologie dei denti, ma in alcuni casi evidenzia anche aspetti di interesse osteometabolico, come una riduzione della densità compatibile con l’osteoporosi;
- Radiografia RX del bacino: eseguita per altri problemi, può mettere in evidenza la presenza di scalfiture della struttura ossea;
- Misurazione ecografica della densità ossea: l’ecografia di dita, talloni e ossa delle gambe può contribuire a rilevare una riduzione della densità dell’osso.
Si possono eseguire
analisi del sangue (calcemia, fosfatemia, paratormone, che se più alto del normale può segnalare uno stato di impoverimento dell’osso) e delle
urine (ad esempio la quantità di calcio eliminata con le urine, che può segnalare un problema renale) utili a misurare il livello dei minerali essenziali per la salute dell’osso e delle sostanze che si formano quando l’osso viene riassorbito.
La fosfatasi alcalina ossea è un marcatore della malattia, in particolare dell’attività degli osteoblasti.
L’OMS ha definito i
valori di T-score (livelli) della densità minerale ossea (
Bone Mineral Density, BMD) sulla base dei quali una persona può essere ritenuta normale oppure avente una massa ossea ridotta (osteopenia) o una vera e propria osteoporosi:
- Normale: T-score maggiore di -1;
- Con osteopenia: T-score compreso fra -1 e -2,5;
- Con osteoporosi: T-score inferiore a – 2,5;
- Con osteoporosi grave: T-score inferiore a – 2,5 e almeno una frattura da fragilità (conseguente a un trauma molto lieve o non dovuta a trauma).
Non vi sono analogie tra osteoporosi e tumore dell’osso o metastasi tumorali che interessano le ossa, condizioni che non alterano la densità ossea e che vengono diagnosticate e studiate non con la densitometria ma attraverso indagini quali la risonanza magnetica.
Questa procedura diventa invece utile in un caso specifico della patologia, quello dell’osteoporosi regionale migrante, una forma localizzata, che non coinvolge tutto l'apparato scheletrico (interessa aree specifiche, fra cui l’anca) ed è tipicamente transitoria.
Trattamento: l’osteoporosi può essere curata?
L’osteoporosi può e deve essere curata, ma non può ad oggi essere guarita definitivamente.
Può regredire, migliorare: è reversibile?
Si tratta di una
malattia cronica che tuttavia, trattata in maniera appropriata con le terapie oggi disponibili, può rallentare la sua progressione ed essere correlata ad un minor rischio di fratture.
Chi la cura?
Questa patologia è di pertinenza dell’endocrinologo; ma, essendo una patologia cronica che attraversa fasi di progressione, può essere necessario coinvolgere altre figure, fra cui il reumatologo, l’ortopedico, il fisiatra, il radiologo e il fisioterapista.
Cosa fare?
L’aspetto principale delle cure consiste nelle modifiche alle abitudini, secondo le indicazioni precisate nel
paragrafo relativo alla prevenzione.
Vengono poi
consigliati integratori alimentari e farmaci a seconda dei casi, e sedute di fisioterapia specifiche. In alcuni casi, la magnetoterapia è indicata per rallentare il processo di diminuzione della densità ossea.
Non esistono cure naturali (né rimedi di omeopatia o medicina cinese) per questa malattia al di là delle abitudini virtuose indicate per la prevenzione.
Integratori di calcio e vitamina D e trattamenti naturali
Alcune persone non riescono ad assumere calcio a sufficienza con la dieta. Ciò può accadere a causa di intolleranze o allergie alimentari o nel corso di diete dimagranti particolarmente restrittive.
In questi casi, vengono prescritti
integratori specifici, di solito a base di calcio citrato, la forma che viene assorbita meglio ed è più tollerata. Può essere utile prendere prodotti che contengano anche vitamine (come la vitamina D e la vitamina K) e altri minerali (magnesio e potassio). Uno studio ha dimostrato la riduzione della percentuale di fratture in donne giapponesi in menopausa che assumevano un’integrazione di vitamina K.
Questi
trattamenti possono essere
sufficienti nelle persone che hanno un’osteoporosi iniziale. In quelli negli stadi più avanzati della malattia devono essere associati al trattamento farmacologico.
È importante
non ricorrere al fai da te nell’assunzione degli integratori, ma farsi consigliare e seguire dal medico, per massimizzare i benefici e prevenire reazioni avverse.
Farmaci
Le
strategie del trattamento farmacologico sono:
- Prevenzione della perdita di osso: i cosiddetti farmaci anticatabolici (o antiriassorbitivi) modulano l’attività delle cellule che eliminano l’osso, gli osteoclasti; questa categoria comprende i bifosfonati (alendronato, risedronato, acido zoledronico, ibandronato), fra i quali il medico sceglie la tipologia più adatta date le condizioni del paziente. Esistono poi i modulatori selettivi del recettore estrogenico (SERM), che mimano l’azione di inibizione della degradazione dell’osso esercitata dagli estrogeni;
- Aumento della deposizione di nuovo osso: l’unico farmaco approvato in questa categoria è la teriparatide, che viene prescritto solo a pazienti che abbiano già avuto una o più fratture spontanee. Questo composto si comporta come l’ormone paratiroideo (paratormone), stimolando l’azione delle cellule incaricate di formare nuovo osso, gli osteoblasti.
La forma grave come si cura?
Ai pazienti con osteoporosi severa nei quali i medicinali di cui sopra non abbiano efficacia viene prescritto il
ranelato di stronzio, un farmaco che rallenta l’attività degli osteoclasti e stimola gli osteoblasti.
In presenza di fratture può essere indicata la chirurgia e, successivamente, la riabilitazione.
Di osteoporosi gravidica si guarisce?
Oggi sono disponibili tecniche diagnostiche compatibili con la gestazione per consentire ai ginecologi di intervenire tempestivamente sulle donne ad alto rischio di sviluppare questa patologia. Il riconoscimento precoce permette di prendere decisioni consapevoli in merito al parto e all’allattamento, per poi passare alle terapie farmacologiche.
Farmaci nuovi
Poiché i bisfosfonati non possono essere usati per più di 5 anni, la comunità scientifica si è impegnata nella ricerca e nello sviluppo di terapie alternative. Sono stati così messi a punto gli anticorpi monoclonali come il denosumab e il romosozumab, che godono anche del vantaggio di essere assunti solo poche volte l’anno (ad esempio, un’iniezione ogni 6 mesi).
L’aderenza alla terapia
Oltre ai numeri, che parlano chiaro sulla diffusione di questa patologia, allarmano anche i dati sull’aderenza alla terapia.
Dopo una prima frattura solo la metà dei pazienti aderisce alle cure prescritte per contrastare l’osteoporosi e la fragilità ossea, con aumento del rischio di fratture successive. Per prevenire la recidiva di frattura è essenziale avviare un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) corretto, assumere le terapie prescritte dallo specialista e sottoporsi agli esami con la regolarità prevista a seconda dei casi.
È dimostrato che
sospendere autonomamente il trattamento o non assumerlo secondo le modalità prescritte, un
fenomeno che riguarda il 50% dei pazienti, ne compromette l’efficacia. Per questo, le istituzioni e le associazioni pazienti stanno investendo risorse preziose nell’educazione della fetta di popolazione potenzialmente interessata.
Per monitorare l’aderenza alla terapia, viene anche promossa l’attività delle
Fragility Fracture Unit, nelle quali operano medici specializzati nella gestione della patologia osteoporotica, e del
Fracture Liaison Service.
L’analisi della situazione sul territorio ha portato all’identificazione di quelle che appaiono essere le
ragioni del fenomeno:
- Il paziente non percepisce il beneficio della terapia nel breve periodo;
- L’importanza della terapia antiosteoporotica non viene percepita correttamente;
- La presenza di familiari o amici che minimizzano il valore del trattamento nel tentativo di sdrammatizzare le preoccupazioni per la malattia influenza negativamente l’aderenza alle prescrizioni;
- Spesso sono i medici stessi a sottovalutare il ruolo della terapia, soprattutto quando prescrivono farmaci che possono avere effetto di degradazione dell’osso senza associarli a medicinali antiriassorbitivi.
Osteoporosi ed esenzione
I
criteri per ottenere l’esenzione dal pagamento del ticket sui farmaci sono
contenuti nella Nota AIFA 79.
Nei casi che non rientrano fra quelli ricompresi,
i farmaci possono essere prescritti ma il loro acquisto è totalmente a carico del cittadino.
La Nota 96 ha modificato le modalità di prescrizione a carico del SSN per i farmaci classificati in fascia A a base di vitamina D.
Complicanze e conseguenze: osteoporosi e invalidità
L’osteoporosi non rientra di per sé nelle
condizioni che consentono l’ottenimento dell’invalidità. Può, invece, rientrare se comporta conseguenze che incidono pesantemente sulle azioni quotidiane o sulla capacità lavorativa.
Se ritieni di appartenere a questa categoria di pazienti, devi
rivolgerti al tuo medico di medicina generale e
compilare il certificato medico introduttivo, per l’attestazione della patologia invalidante. Il certificato
deve poi essere trasmesso all’INPS, che fisserà una
visita medica di accertamento presso la Commissione ASL di competenza. L’invalidità civile viene riconosciuta solo nelle circostanze in cui il paziente non riesce a deambulare senza il supporto di un altro soggetto e non può compiere da solo moltissimi gesti della vita quotidiana.
Osteoporosi e legge 104. Le tutele previste da questa norma vengono applicate solo in alcuni specifici casi di pazienti diagnosticati con crollo vertebrale, condizione può compromettere seriamente le attività lavorative e quotidiane. Nel caso in cui il soggetto abbia un’invalidità del 100% ha diritto a un’indennità, cioè un assegno garantito.
Osteoporosi e medicina di genere
L’osteoporosi è una malattia paradigmatica per la
medicina di genere.
Per molti anni la si è
ritenuta una malattia esclusivamente (o quasi) femminile. I casi, meno frequenti ma pur sempre esistenti, di osteoporosi maschile non venivano diagnosticati, se non molto tardivamente, con conseguenze facilmente immaginabili.
Oggi, dunque, l’importanza di un approccio di genere rimane, anche se per ragioni diverse. È importante sospettare la malattia, se sono presenti i fattori di rischio ad essa correlati, anche negli uomini, per arrivare rapidamente alla diagnosi e istituire una terapia adeguata.
Osteoporosi maculata: cos’è
La sindrome algodistrofica è una affezione dolorosa regionale che può associarsi a manifestazioni locali quali edema, alterazioni vasomotorie, rigidità articolare e osteoporosi.
Quest’ultima condizione prende qui il nome di
osteoporosi maculata, cioè disomogenea, che si manifesta con aree in cui il riassorbimento osseo è maggiore inframmezzate ad aree in cui è meno evidente.
Per la presenza di questo sintomo caratteristico, l’algodistrofia
viene anche definita osteoporosi transitoria.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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- La sindrome algodistrofica. SIMMG;
- Linee guida per la prevenzione dell’osteoporosi. Ministero della Salute.
Domande e risposte
Quali sono i sintomi per l’osteoporosi?
All’osteoporosi non sono associati sintomi. Il dolore, l’unico sintomo indirettamente correlato alla malattia, compare in caso di frattura, cioè in uno stadio comunque già avanzato.
Qual è la cura per l’osteoporosi?
La cura prevede l’utilizzo di integratori di calcio e vitamina D per prevenire carenze che potrebbero compromettere la salute dell’osso. Nelle forme iniziali e lievi l’integrazione, associata all’adozione degli stili di vita raccomandati per quanto riguarda alimentazione e attività fisica, può essere sufficiente.
Nei casi più avanzati, e a discrezione dello specialista, vengono prescritti farmaci, che possono avere diversi meccanismi d’azione. Esistono farmaci antiriassorbitivi, che inibiscono l’attività degli osteoclasti, le cellule incaricate di riassorbire l’osso. A questa categoria appartengono i farmaci più usati per il trattamento dell’osteoporosi, i bifosfonati, e l’anticorpo monoclonale denosumab. Sono poi disponibili farmaci che stimolano l’azione di deposizione di nuovo osso: ad oggi un unico farmaco approvato rientra in questa categoria, la teriparatide. Nei casi di osteoporosi severa viene impiegato il ranelato di stronzio, che ha azione sia antiriassorbitiva che di stimolazione degli osteoblasti.
Cosa succede se si ha l’osteoporosi?
La malattia provoca una riduzione della densità ossea e un più elevato rischio di fratture.
Quanti anni si può vivere con l’osteoporosi?
L’aspettativa di vita è impattata dalla malattia. Negli uomini intorno ai 50 anni che hanno iniziato la terapia è intorno ai 18 anni (nelle donne 26,4 anni), mentre a 75 anni è 7,5 (nelle donne 13,5).
Quando preoccuparsi?
Non esiste un segno o un sintomo che deve essere associato a preoccupazione e alla necessità di approfondimenti. La presenza di fattori di rischio, sia modificabili che non, merita attenzione e un approccio personalizzato in termini di prevenzione.
Cosa non si deve fare con l’osteoporosi?
In presenza di fattori di rischio o di malattia accertata è importante seguire le raccomandazioni contenute nelle linee guida. Ai fini del rallentamento della progressione della malattia e della minimizzazione del rischio fratture è utile eliminare fumo e alcol e adottare abitudini alimentari e sportive adeguate. È inoltre essenziale rivolgersi al proprio medico in merito all’assunzione di una cura preventiva se si soffre di patologie che possono impattare sull’osso o si assumono farmaci a rischio per la stessa condizione.
Cosa non bisogna mangiare con l’osteoporosi?
Non ci sono veri e propri alimenti vietati, ma è importante non associare a cibi ricchi di calcio alimenti che contengono ossalati, come spinaci, cioccolato, pomodori, rapanelli e uva.