Mesotelioma: intervista all'Istituto Candiolo

Mesotelioma: intervista all'Istituto Candiolo

Intervista a Chiara Lazzari, Oncologa presso l’IRCSS Istituto Candiolo
 

Ne abbiamo sentito parlare qualche mese fa, quando i media hanno diffuso la notizia della malattia del celebre giornalista Franco Di Mare. 
Ma cos’è il mesotelioma? E perché i tassi di sopravvivenza sono ancora così bassi?
Ne abbiamo parlato con Chiara Lazzari, Oncologo presso l’IRCCS Istituto Candiolo.

Oncologia - Istituto di Candiolo

Immagine che rappresente Chiara Lazzari, Oncologo presso l’IRCCS Istituto Candiolo.

Dottoressa Lazzari, che tipo di tumore è il mesotelioma e perché è così aggressivo? 

Il mesotelioma è un tumore estremamente raro, se pensiamo che, per incidenza, rappresenta meno dell’1% di tutte le neoplasie. È una malattia molto particolare, che colpisce le cellule mesoteliali, quelle che rivestono le cavità sierose del nostro corpo e sono presenti quindi nelle membrane di rivestimento, in particolare nella pleura (membrana che riveste i polmoni), nel peritoneo (riveste la cavità addominale) e nel pericardio (riveste il cuore). Nella maggior parte dei casi, questo tumore interessa la pleura, mentre raramente coinvolge il peritoneo e il pericardio

Il tipo di mesotelioma più frequente è quello epitelioide; più rari sono il mesotelioma sarcomatoide e il mesotelioma misto, che è caratterizzato dalla presenza di entrambe le componenti (epitelioide e sarcomatoide) ed è anche definito bifasico. Generalmente, la forma con la prognosi migliore è quella epitelioide, mentre le altre due sono caratterizzate da maggiore aggressività. 

Dal punto di vista del trattamento, fino a poco tempo fa l’unica opzione disponibile era rappresentata dalla chemioterapia a base di sali di platino e Permetrexed. Solo di recente sono state sviluppate altre opzioni di cura, in particolare l’immunoterapia. Si tratta di un tipo di trattamento che sta dando ottimi risultati in molti tipi di tumore e che funziona attivando il sistema immunitario. Sappiamo, infatti, che sulle nostre difese immunitarie agiscono diversi elementi di attivazione ma anche elementi che intervengono spegnendone l’attività. Si tratta di meccanismi che hanno la funzione di prevenire eventuali danni causati da una attivazione eccessiva o troppo duratura. Si è scoperto che talvolta i tumori sfruttano i sistemi di spegnimento del sistema immunitario per eludere la sua sorveglianza, proliferare e crescere. L’immunoterapia viene progettata proprio per riaccendere il meccanismo di riconoscimento del tumore da parte del sistema immunitario. Nell’ambito del mesotelioma, questa opzione terapeutica può ad oggi essere utilizzata solamente in un sottogruppo specifico i pazienti, quelli affetti da mesotelioma non epitelioide. Si è visto, infatti, a livello sperimentale che solo nei pazienti colpiti da questa forma di mesotelioma l’immunoterapia è più efficace rispetto alla chemioterapia standard (sali di platino e Permetrexed). È importante ricordare che, quando si parla di efficacia, nel caso dei tumori si fa riferimento non solo alla guarigione ma anche al prolungamento della sopravvivenza. 


Come si riconosce il mesotelioma? 

Anzitutto, partiamo da quelli che possono essere i sintomi di questa malattia. Quando è legittimo preoccuparsi e quindi sentire il parere di uno specialista? In caso di dispnea, cioè difficoltà respiratoria, tosse e dolore toracico. Sappiamo poi che la causa principale di questo tumore è l’esposizione all’asbesto: per questa ragione, le persone che hanno avuto esperienze professionali a contatto con questo materiale e presentano tale sintomatologia dovrebbero sottoporsi a controlli mirati. In ogni caso, in presenza delle manifestazioni sopra citate, il primo esame a cui sottoporre il paziente è una radiografia del torace. Questo esame è in grado di evidenziare un eventuale versamento pleurico, cioè una raccolta di liquido a livello toracico, che ostacola la respirazione e contemporaneamente ci dice che la patologia è localizzata a livello della pleura. Il passaggio successivo è quello di eseguire una TC del torace con mezzo di contrasto e, eventualmente, una PET total body per ottenere una conferma della presenza del versamento pleurico e di eventuali lesioni a carico della pleura. 
La diagnosi più accurata arriva però dalla sala operatoria: lo scopo della procedura non è solo quello di arrivare all’accertamento della malattia attraverso l’esecuzione di una biopsia, ma anche di rimuovere il liquido pleurico in eccesso (toracentesi) ed effettuare una procedura di talcaggio, nel corso della quale il chirurgo toracico insuffla talco localmente allo scopo di prevenire un nuovo versamento pleurico. 


Quali sono i tassi di guarigione e sopravvivenza?

Purtroppo, la prognosi di questa malattia è severa: l’obiettivo dei trattamenti, ad oggi, non è guarire il paziente ma trasformare il mesotelioma in una malattia cronica. Sulla base dello stadio, e quindi dell'estensione di malattia al momento della diagnosi, e anche in funzione della risposta che il paziente esprime alle cure, la sopravvivenza può variare da pochi mesi ad un periodo più lungo, ma sempre dell’ordine dei mesi. In alcuni casi gravi, quando il tumore è particolarmente aggressivo e non risponde ai trattamenti, la sopravvivenza può scendere a 4-5 mesi. In media, si parla di 14-18 mesi.


In che senso si dice che il mesotelioma è una malattia professionale?

Nel senso che la causa principale, sulla base delle evidenze di cui oggi disponiamo, è rappresentata dall’esposizione all’asbesto, un materiale utilizzato soprattutto negli anni ‘70 e ’80 nelle costruzioni edilizie, nei cantieri navali, nella produzione dei treni, dei freni e delle frizioni delle auto e dei rivestimenti isolanti. Talvolta veniva anche impiegato per la realizzazione di tessuti speciali: un tempo, le divise dei vigili del fuoco contenevano amianto, per via delle proprietà ignifughe di questo materiale. La correlazione fra esposizione all’asbesto e sviluppo del mesotelioma dipende anche dal tipo di fibre che compongono il materiale e dalla loro dimensione, oltre che dal tempo di esposizione. Sappiamo infatti che per il 70% le fibre di amianto vengono eliminate attraverso le vie respiratorie o il sistema gastroenterico. Tuttavia, una quota di fibre non viene espulsa: queste fibre residue penetrano nei tessuti, si accumulano nel polmone, si infiltrano nella pleura e da lì possono dare origine al tumore. Il rischio che penetrino nella pleura è maggiore per le fibre più sottili, perché queste riescono a raggiungere le vie respiratorie terminali e a depositarsi negli alveoli e, con il tempo, possono portare alla formazione di placche pleuriche, che possono poi evolvere in mesotelioma.


Le statistiche ci dicono che il numero dei casi in Italia è in calo (dati Eurostat), ma che restiamo il Paese meno virtuoso d’Europa da questo punto di vista: cosa potremmo fare per migliorare la situazione?

Bisognerebbe implementare le iniziative ed i programmi previsti dalle normative e finalizzati alla rimozione dell’asbesto che, essendo stato utilizzato moltissimo in passato nell’edilizia, spesso è ancora presente nelle case e nelle costruzioni in generale, soprattutto nelle coperture.

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