Malattie neurologiche: quali sono? Come riconoscerle?

Malattie neurologiche: quali sono? Come riconoscerle?

Indice

Domande e risposte

Introduzione

Per malattie neurologiche si intendono patologie che riguardano il sistema nervoso. Il sistema nervoso è costituito da neuroni, cellule eccitabili che ricevono e trasmettono l’impulso tramite dei prolungamenti (dendriti e assoni) e glia, cellule di sostegno che facilitano l’attività dei neuroni.

Le funzioni del sistema nervoso sono diverse, esso regola per esempio la sensibilità (al tatto, al dolore, al calore), il movimento, le funzioni cerebrali psichiche e cognitive (come il linguaggio, la memoria, il ragionamento, il comportamento) e controlla anche alcune funzioni come il respiro e la frequenza cardiaca.

A seconda della localizzazione e delle funzioni, il sistema nervoso si classifica in centrale e periferico.

Immagince che mostra la composizione del sistema nervosoIl sistema nervoso centrale è costituito dal cervello e dal midollo spinale, posizionati rispettivamente all’interno del cranio e nella colonna vertebrale e circondati dal liquor (liquido protettivo e nutritivo) e dalle meningi. Esso è responsabile delle funzioni cerebrali psichiche e intellettive, riceve le informazioni dall’ambiente esterno e “decide” come agire, ad esempio regola le reazioni di fuga: quando, ad esempio, vediamo un animale feroce (ambiente esterno) il cervello elabora le informazioni visive, le associa alla sensazione di pericolo (elaborazione cognitiva), ed invia l’impulso ai muscoli per iniziare a correre, questo impulso ai muscoli è mediato dal sistema nervoso periferico.

Il sistema nervoso periferico è costituito infatti dai gangli (insieme di neuroni) e nervi (insieme di assoni) che connettono l’informazione del sistema nervoso centrale al resto dell’organismo.
Essi sono responsabili sia della sensibilità e della motilità volontaria, 12 paia di nervi cranici responsabili della sensibilità e dei movimenti del viso e 31 paia di nervi spinali per il resto dell’organismo, che di alcune azioni involontarie che regolano l’attività degli organi interni come aumentare o ridurre il battito cardiaco, controllare l’attività dello stomaco, della vescica, dell’intestino o la secrezione delle ghiandole.

Le malattie neurologiche comprendono malattie che riguardano il cervello ed il midollo spinale, i nervi cranici e spinali, la giunzione neuromuscolare (punto di incontro tra nervo e muscolo che trasmette l’impulso necessario alla contrazione), il muscolo e possono comportare alterazioni della sensibilità, del movimento, delle funzioni cognitive, del sonno.

Epidemiologia

Le malattie neurologiche possono comparire in qualsiasi età. Alcune sono più tipiche dell’età infantile, come l’epilessia, altre più dell’età adulta, come la demenza.
Molte delle patologie neurologiche sono aumentate negli ultimi anni, sia per l’aumento dell’invecchiamento della popolazione che è un fattore di rischio per molte di esse, come la demenza, che per le maggiori conoscenze acquisite nella diagnosi di alcune patologie e nel trattamento.
Esse sono responsabili di circa 9 milioni di morti l’anno (16,8% di tutte le morti) rappresentando la seconda causa di morte nel mondo. Comprendono patologie gravi, potenzialmente mortali (come l’ictus) e patologie meno severe ma con forti ripercussioni sulla qualità della vita (come la cefalea, il comune “mal di testa” che riguarda il 10% della popolazione mondiale).

Esistono più di 600 patologie neurologiche e si dividono in grandi gruppi: malattie vascolari (chiamate anche cerebro-vascolari), infettive e infiammatorie (tra cui quelle autoimmuni), malattie degenerative, tumori, traumi.

Le più importanti, per frequenza e per sintomatologia, sono l’ictus che colpisce circa 15 milioni di persone l’anno causando 5.8 milioni di morti, e le malattie neurodegenerative come Morbo di Parkinson (1-2 persone su 1000 nel mondo) e demenze.

Le demenze, tra cui il morbo di Alzheimer che è responsabile del 60-70% dei casi, interessano 47 milioni di persone nel mondo e 600.000 in Italia (il 4% degli over 65) con importanti disabilità e ripercussioni sociali.

Altre patologie di cui si sente spesso parlare sono l’epilessia che riguarda più di 50 milioni di persone nel mondo, la sclerosi multipla, patologia autoimmunitaria più tipica delle donne (con rischio 2/3 volte maggiore rispetto agli uomini) e con picco di presentazione tra i 20 e i 40 anni, e la sclerosi laterale amiotrofica.

Quest’ultima patologia è più rara (1-2 casi su 100.000 all’anno), ha esordio più tipico nell’età adulta (50-60 anni) ed è leggermente più frequente nei maschi (1.5 volte rispetto alle femmine), limita i movimenti volontari (come camminare, parlare, iniziare la deglutizione) e ha decorso progressivo con purtroppo ancora nessuna cura efficace, seppur vi siano promettenti ricerche in corso.

Eziologia

L’eziologia può essere diversa, tra le cause maggiori riportiamo le cause vascolari e degenerative, le infezioni, le infiammazioni, ma anche traumi spinali (colonna vertebrale) o cranici (testa). Spesso può esservi anche una concausa di tali fattori, come nella demenza (che può essere dovuta a cause vascolari e degenerative).

Riguardo le malattie cerebrali vascolari, ruolo predominante rivestono l’ictus ischemico, l’ictus emorragico (meglio noto come emorragia cerebrale) ed il TIA (attacco ischemico transitorio).
Con il termine di ictus si intende un esordio improvviso di sintomi neurologici attribuito ad una causa vascolare, i sintomi saranno diversi a seconda della localizzazione dei neuroni interessati. L’ictus ischemico è dovuto una riduzione del flusso di sangue e dunque anche di ossigeno e nutrimento. Se l’interruzione dura più di qualche minuto si va incontro ad infarto cerebrale, ossia la morte delle cellulare cerebrali, se l’occlusione dei vasi sanguigni è invece temporanea, i sintomi del paziente scompaiono nel giro di 24 ore e si parla di TIA.

Le cause maggiori di ictus ischemico sono problemi cardiovascolari come la fibrillazione atriale o l’aterosclerosi carotidea (accumulo di placche di colesterolo, e cellule morte) che favoriscono la partenza di un embolo (parte di tessuto che si distacca dalle pareti del vaso) che raggiunge uno dei vasi cerebrali bloccando o riducendo il flusso di sangue.

Altre patologie che possono aumentare il rischio di ictus ischemico sono quelle che aumentano il rischio di trombosi, ossia della formazione di coaguli (agglomerati) di sangue che possono ostruire i vasi cerebrali. Queste patologie sono rappresentate da situazioni congenite (deficit proteina C), malattie reumatiche e molte altre condizioni come l’uso indiscriminato di alcuni contraccettivi orali.
L'emorragia cerebrale è dovuta alla rottura e sanguinamento dei vasi all’interno del tessuto cerebrale o tra le meningi che lo rivestono. Vengono classificate in base alla sede, andando dall’esterno del cranio verso l’interno possono essere epidurali, subdurali e subaracnoidee se interessano lo spazio compreso tra le meningi, intraparenchimali se riguardano il tessuto cerebrale. Le cause maggiori di emorragia cerebrale sono rappresentate da traumi, ipertensione, ma anche tumori e malformazioni dei vasi cerebrali e, non ultimo, il consumo di droghe come la cocaina. 

Riguardo alle patologie neurodegenerative (demenza, morbo di Parkinson, SLA) in tali casi, per ragioni non sempre chiare e spesso su una predisposizione genetica, si formano degli agglomerati di cellule e parti di cellule che alterano il normale funzionamento cerebrale portando alla morte le cellule neuronali. Le principali cause di demenza sono degenerativa (come l’Alzheimer) e vascolare che colpisce soggetti con precedenti ischemie cerebrali, altre cause più rare sono rappresentate da infezioni croniche (come HIV), deficit vitaminici, alcolismo, utilizzo di droghe, traumi, tumori.

L’epilessia è spesso di natura idiopatica, ossia di causa sconosciuta, in tali casi compare spesso in età infantile-adolescenziale e può anche regredire con l’età adulta; vi sono però casi di epilessia secondaria ad altre cause, come tumori e traumi, aspetti sempre da indagare.
Tra le patologie infettive cerebrali riportiamo le meningiti (sia batteriche che virali) e le encefaliti virali (per esempio dovute al virus del morbillo).

Altre forme di patologie neurologiche sono rappresentate dalle forme autoimmunitarie come la sclerosi multipla in cui un’attivazione anomala dei linfociti provoca la distruzione della sostanza (mielina) che riveste alcune fibre nervose, o la miastenia gravis in cui anticorpi bloccano i recettori dei neurotrasmettitori e alterano la contrazione muscolare. Vi sono poi le forme irritative come la nevralgia, ad esempio quella trigeminale o la sciatalgia, dove una compressione dei nervi provoca un’eccitazione e conduzione sregolata dell’impulso nervoso, associata spesso a forte dolore.

Sintomatologia

La sintomatologia neurologica può essere diversa, dipende dalla sede e dalla funzione interessata e può essere acuta e di breve durata, come nel caso dell’epilessia, o cronica ed ingravescente. Alcuni dei segni e sintomi che riportiamo sono:
  • paralisi (incapacità di movimento) o deficit di forza di una o più parti del corpo,
  • alterata sensibilità cutanea (il soggetto non riesce a discriminare chiaramente il tatto),
  • cefalea prolungata,
  • alterata coordinazione dei movimenti e/o tremore
  • dolore (come nell’infiammazione del nervo sciatico),
  • visione doppia (diplopia),
  • deficit di memoria, attenzione e orientamento spazio-temporale,
  • alterazioni dello stato di coscienza fino allo stato di coma,
  • difficoltà nella deglutizione, e/o nel linguaggio,
  • crisi epilettiche.

Diagnosi

La diagnosi è clinica, basata sull’anamnesi ed esame obiettivo del medico, che valuterà l’insorgenza, la durata e l’evoluzione dei sintomi e segni e analizzerà aspetti come la sensibilità, la motilità, i riflessi, lo stato di coscienza, l’orientamento spazio-temporale, la parola, la deambulazione (ossia il modo di camminare), la coordinazione.

La diagnosi è inoltre supportata da indagini strumentali (TAC, RMN). In alcuni casi ci si avvale anche di analisi apposite (come l’analisi chimico fisica e microbiologica del liquor, per esempio in casi sospetti di meningite) e da appositi esami strumentali come l’elettromiografia e l’elettroencefalogramma, che misurano rispettivamente l’attività nervosa che raggiunge il muscolo e l’attività nervosa cerebrale.

Trattamento

Il trattamento è variabile a seconda della causa. Quello farmacologico e chirurgico mira a controllare i sintomi e/o a rimuovere la causa che ha scatenato la patologia, si pensi ad esempio all’utilizzo di antibiotici in caso di meningite batterica o intervento chirurgico in caso di emorragia cerebrale o di decompressione dei nervi (per esempio nella sindrome del tunnel carpale).

I farmaci sono dunque diversi a seconda della patologia e vanno ad agire su diversi neurotrasmettitori, tra questi ricordiamo ad esempio i farmaci per il trattamento dell’epilessia, dell’emicrania, del Parkison o farmaci immunomodulanti per la sclerosi multipla. Diverso è il trattamento di patologie acute gravi come i traumi e l’ictus, trattati in sede ospedaliera. La riabilitazione è un aspetto importante in neurologia per migliorare e/o mantenere le funzioni sia motorie che intellettive.

Prognosi

La prognosi dipende dal tipo di patologia.
Nel caso di eventi acuti come ictus o trauma cerebrale per esempio, se gran parte delle attività cerebrali sono compromesse irreversibilmente possono portare alla morte e/o coma il soggetto. Se il tessuto cerebrale riesce invece a riprendere la sua funzionalità grazie anche a terapie tempestive, il soggetto può riacquistare le capacità (ad esempio motorie, di linguaggio, etc.). Anche meningiti ed encefaliti se individuate in tempo e trattate possono guarire positivamente.

Alcune patologie croniche sono ben controllate dai farmaci, come l’emicrania e l’epilessia che è ben controllata nell’80% dei casi e anche la sclerosi multipla dopo i nuovi farmaci introdotti sul mercato.

Nelle patologie neurodegenerative come alcune forme di demenza, il supporto farmacologico/riabilitativo può essere funzionale a mantenere il più a lungo possibile il funzionamento cerebrale, senza purtroppo guarire la patologia. Riguardo la SLA, promettenti ricerche farmacologiche sono in corso, come quella della molecola RNS60 che coinvolgerà 18 centri italiani e 1 centro americano.

Sclerosi multipla

Malattia degenerativa del sistema nervoso, la sclerosi multipla (qui puoi leggere un approfondimento dedicato: "La Sclerosi Multipla (SM): cause, sintomi e diagnosi") si caratterizza per la perdita di funzionalità dei nervi a causa di lesioni (placche) a livello della struttura protettiva delle cellule nervose (mielina).

È la principale causa di disabilità neurologica nei giovani tra i 20 e i 40 anni e colpisce più le donne che gli uomini. Attualmente hanno ricevuto diagnosi di sclerosi multipla 118.000 italiani. Si stima che ci sia una nuova diagnosi ogni quattro ore. Nell’85% si tratta di forme recidivanti  e nel 15% di forme progressive, che di solito si manifestano molto tempo dopo l’esordio della malattia, in una forma più subdola perchè non ci sono i tipici attacchi e le remissioni che indicano la presenza della malattia, quindi la diagnosi delle forme progressive arriva quando sono già in fase avanzata.

Del resto, anche la malattia nella forma più comune, all’esordio mostra sintomi poco specifici, che vanno dal disturbo visivo ai formicolii degli arti.
Nonostante oggi siano noti dei fattori che possono favorire la comparsa della sclerosi multipla (condizioni genetiche e ambientali), restano ancora sconosciute le cause all’origine di questa patologia che scatena il sistema immunitario contro la mielina, compromettendo la trasmissione dell’impulso nervoso.
Anche se non esiste una cura, attualmente ci sono in commercio 17 farmaci in grado di ridurre la frequenza delle ricadute e l’accumulo di nuove lesioni.

Gli anticorpi monoclonali hanno di fatto rivoluzionato la cura di questa malattia. Impiegati con schemi terapeutici personalizzati in base allo stadio della patologia e alle recidive, questi farmaci complessi si rivelano utili, a fronte di un profilo  di sicurezza accettabile. Le terapie anti linfocitarie B, cellule immunitarie che sostengono l’infiammazione che distrugge la guaina mielinica del nervo, sono molto efficaci nelle forme di sclerosi multipla recidivante e remittente, ma anche nelle primariamente progressive, tutte condizioni per le quali, fino a poco tempo fa non erano disponibili terapie soddisfacenti.

Ultimamente, anche per le forme secondariamente progressive di malattia, ci sono dati confortanti per l’impiego di farmaci che agiscono sui recettori della sfingosina 1 fosfato, molecola chiave nella progressione della malattia. Nelle forme particolarmente aggressive, sta dando risultati soddisfacenti il trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe, cioè dello stesso paziente. Data la particolare complessità della patologia, è importante che il paziente sia seguito in Centri specialistici per la sclerosi multipla anche perché le prospettive vanno ben oltre la sola gestione della malattia.

Grazie a nuove terapie, la donna che volesse avere un figlio, per esempio, può assumere farmaci che non influenzano la fertilità e che può continuare a prendere anche durante la gravidanza. In ogni caso, la dieta e l’attività fisica adeguate possono aiutare a controllare i sintomi e rallentare il decorso della malattia. Sul fronte dell’alimentazione, ad esempio, grazie a dati recenti, si è notato che, in questi pazienti, è preferibile mantenere basso il consumo di proteine e di grassi animali (carne, pesce, formaggi e latticini), di pane, pasta e di cereali raffinati, mentre va favorito un alto consumo di alimenti di origine vegetale come legumi e verdure.

Malattia di Parkinson

Patologia neurodegenerativa progressiva del cervello, la malattia di Parkinson si manifesta come un disturbo del movimento, ma nel tempo può interessare anche altre funzioni cerebrali come l’apprendimento e la memoria.
Per avere informazioni più precise relativamente alla Malattia di Parkinson ti suggeriamo la lettura del nostro approfondimento: "Il Morbo di Parkinson: sintomi, diagnosi e terapia".

In Italia colpisce circa 300.000 persone, soprattutto con più di 60 anni, ma il 5% dei pazienti può ricevere la diagnosi prima dei 50. Sono gli uomini i più esposti alla malattia, con un’incidenza da 1,5 a 2 volte maggiore rispetto alle donne.

Negli ultimi dieci anni si è scoperto che all’origine di questa condizione giocano un ruolo fondamentale alcuni fattori, tra cui una proteina, l’alfa sinucleina (prodotta nell’intestino), la quale si accumulerebbe nel cervello dando effetti tossici e danni soprattutto nei neuroni  che si trovano nell’area dei nuclei della base che controllano il movimento. Attualmente l’approccio terapeutico ottimale, nei centri di riferimento per il Morbo di Parkinson, prevede uno stretto monitoraggio dei sintomi, l’impiego mirato dei farmaci, il coinvolgimento attivo del paziente, l’esercizio fisico (il ballo ad esempio è un aiuto da non sottovalutare) e una adeguata nutrizione.

La levodopa è il farmaco di riferimento per il controllo dei sintomi motori e di solito è efficace per 5-10 anni. Altri farmaci, tutti molto vecchi, possono essere associati alla levodopa per ottimizzare la terapia, prolungarne l’efficacia e controllarne meglio gli effetti collaterali. Esistono anche terapie che impiegano dispositivi medici che, attraverso la stimolazione cerebrale profonda, possono risolvere alcuni sintomi motori, in particolare il tremore.

La nutrizione, anche in questo contesto, ha un ruolo importante per garantire l’apporto di sostanze utili a mantenere, in particolare, la struttura ossea e muscolare e a non compromettere l’attività dei farmaci.
Alcune proteine della carne, infatti, interferiscono con la levodopa e andrebbero evitate, mentre le verdure e la frutta sarebbero particolarmente utili per meglio gestire un altro disturbo tipico del Parkinson, cioè la costipazione.

La ricerca farmacologica è attualmente volta allo sviluppo di anticorpi monoclonali che, nel prossimo futuro, potrebbero bloccare l’accumulo di alfa sinucleina e delle altre proteine che diventano tossiche per il cervello.
Una vera rivoluzione nella gestione della malattia di Parkinson è attesa dal mondo digitale grazie a sistemi di telemonitoring (monitoraggio da remoto) e teleassistenza. Sono infatti in arrivo dispositivi sempre più precisi, che si possono indossare e che registrano come cambiano, nelle ore del giorno, tono della voce, mobilità delle dita, cammino, equilibrio e tempi di reazione (tipicamente rallentati). La possibilità del paziente di interagire con il medico da remoto, cioè da casa o da dove si trovi, può migliorare sia la valutazione clinica sia la terapia, ma anche fornire indicazioni sull’attività fisica da svolgere per una adeguata riabilitazione. Il sistema, inoltre, ha la potenzialità di essere applicato anche in altre malattie del sistema nervoso.

Il decadimento mentale

Il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale, nel 2050, triplicherà il numero di persone con diagnosi di demenza, passando dagli attuali 46,8 milioni a 131,5 milioni con una velocità di diagnosi pari a una ogni tre secondi (fonte Global impact of dementia).

In assenza di una cura, attualmente la ricerca è focalizzata nella prevenzione della malattia. Dati recenti indicano che, agendo nelle fasi iniziali del declino della memoria (declino cognitivo lieve, in inglese mild cognitive impairment, Mci) i farmaci potrebbero rallentare la progressione verso la demenza conclamata, perché si sono dimostrati efficaci nel bloccare i meccanismi biologici della progressione della Mci.

Soprattutto nei centri all’avanguardia per il decadimento mentale ci sono strumenti diagnostici come la Pet (positron emission tomography )che si dimostrano particolarmente utili per stabilire il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer prima della comparsa di gravi deficit cognitivi. E' possibile leggere l'approfondimento sull'Alzheimer: "La malattia di Alzheimer: cause, sintomi e diagnosi".

Tale pratica permette di attivare strategie terapeutiche preventive, basate su molecole che determinano una riduzione della produzione della proteina beta amiloide, il cui accumulo è tra le cause della malattia. Sono infatti disponibili farmaci che bloccano gli enzimi che la producono (beta-secretasi) e anticorpi monoclonali (i costosi farmaci biologici) capaci di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado di penetrare nel cervello e rimuovere la proteina prima del pericoloso accumulo.

Cefalee

Finalmente riconosciute per la gravità che hanno, le cefalee, spesso liquidate con un semplice mal di testa, secondo l’Oms, sono al terzo posto tra le peggiori malattie in termini di disabilità vissuta dal paziente giovane/adulto. Sono 26 milioni gli italiani che soffrono di cefalea, quasi uno su due.

L’emicrania è una patologia che interessa soprattutto le donne: due su tre, per un totale di 4 milioni. Con questi presupposti è chiaro che la sfida del futuro è uscire dalla triste classifica, grazie anche all’attività di centri di primaria importanza per cefalea. Qualche passo è stato fatto ultimamente proprio per i pazienti con emicrania grazie all’arrivo di una nuova categoria di farmaci (anti-Cgrp), anche questi della famiglia degli anticorpi monoclonali. Sono molecole che bloccano l’attività della Cgrp, una proteina responsabile dell’esplosione dell’attacco emicranico, con un rapporto costi/benefici che non teme confronto perché coniugano efficacia e tollerabilità.
È nuova anche la modalità di somministrazione: una sola iniezione al mese per tre mesi che migliora l’aderenza alla terapia e, di riflesso, l’efficacia.

Un’altra novità riguarda la valutazione delle cefalee, che un tempo consisteva nella sterile conta dei giorni con o senza dolore. Oggi si valuta il paziente nel suo insieme, a partire dalla qualità della vita e dalla sua capacità funzionale. Anche l’approccio terapeutico è arricchito di aspetti formativi, educativi e di indicazioni per favorire un’alimentazione e uno stile di vita utili a favorire il benessere del paziente.

Ictus ischemico

Il trattamento di riperfusione nell’ictus ischemico acuto è la novità più importante sul versante dello stroke cerebrovascolare.  Quest’anno sono stati pubblicati due trial, Dawn e Defuse 3, che hanno studiato la possibilità di sottoporre a rivascolarizzazione meccanica - la cosiddetta trombectomia - pazienti con ictus ischemico visti per l’ultima volta in buona salute da 16 a 24 ore prima. Tale procedura è realizzata in alcuni centri di riferimento per l'ictus ischemico.

Nel caso in cui un coagulo blocchi il flusso sanguigno all’interno di una grande arteria cerebrale, la tecnica di rimozione del coagulo con un sistema simile a quello impiegato nello stent cardiaco permette di recuperare il corretto flusso di sangue in tempi più brevi e ridurre le aree del cervello in sofferenza, quindi i danni neurologici.

Negli studi presentati al congresso #Sin2018 i pazienti da trattare sono stati selezionati utilizzando tecniche avanzate di neuroimmagini, ovvero la Tc di perfusione o la risonanza magnetica (Rm) con sequenze in diffusione e perfusione.
Quasi il 90% dei pazienti del trial Dawn e circa il 65% dei pazienti del trial Defuse 3 avevano avuto un ictus al risveglio o in assenza di testimoni, per cui era possibile che la reale ora d’esordio dell’evento fosse anche ben oltre la finestra temporale delle 6 ore entro cui, prima dell’avvento di questa tecnica, si poteva avere il migliore recupero per il contenimento dei danni causati dalla mancata perfusione cerebrale.

Entrambi gli studi hanno dimostrato che con queste modalità di indagine è possibile identificare pazienti con ‘penombra ischemica’ anche dopo molte ore dal teorico esordio dei sintomi e che è possibile ricanalizzare le arterie occluse con esito clinico favorevole in circa il 45-50 per cento dei casi anche dopo 24 ore dall’esordio.

Alimentazione e Sport per prevenire le malattie neurologiche

Alimentazione

Per mantenere in salute il Sistema Nervoso è bene seguire una dieta sana ed equilibrata, per fornire un costante apporto di macronutrienti e micronutrienti, per questo motivo per prevenire molte malattie neurologiche si raccomanda di avere una corretta alimentazione.

Un principio fondamentale è garantire al proprio corpo un equilibrato apporto vitaminico, specie del complesso B. Inafatti, oggigiorno molti seguono diete strettamente prive di alimenti di derivazione animale: questo fatto provoca un deficit di vitamina B12 che, in parte, potrebbe essere responsabile di patologie come neuropatie e mielopatie secondarie.

Studi neuroepidemiologici hanno evidenziato in modo consolidato come micronutrienti (folati, vitamine del complesso B, vitamina D, vitamina E), macronutrienti (acidi grassi poliinsaturi) e antiossidanti (polifenoli) svolgano un ruolo protettivo nello sviluppo di patologie di tipo neurodegenerativo, cerebrovascolare e infiammatorio.

La Dieta che per eccellenza riassume in se stessa le proprietà sopracitate è quella mediterranea. Essa infatti è composta sia da alimenti ricchi di acidi grassi poliinsaturi (omega 3 e omega 6, presenti nel pesce azzurro, nell’olio d’oliva e nei legumi), sia da antiossidanti (polifenoli come il resveratrolo, presente nel vino rosso, o le antocianine, presenti in frutta e verdura).
Inoltre, la dieta include un basso contenuto di sodio e di grassi saturi di derivazione animale, molto importanti per prevenire l’ictus. Di recente è stato evidenziato che, su oltre 100.000 donne americane, chi seguiva strettamente la dieta mediterranea riduceva del 18% il rischio di ictus ischemico.
Infine, un altro studio americano ha evidenziato il rapporto tra dieta mediterranea e Alzheimer: in coloro che la seguono, il rischio di sviluppare la malattia si è ridotta del 40%; risultati analoghi sono stati riscontrati anche per i malati affetta da Parkinson.

Sport

Anche lo sport è un mezzo attraverso il quale prevenire le malattie neurologiche.
La malattia di Alzheimer colpisce un anziano su quattro di età superiore agli 80 anni. La causa di questa forma di demenza è l’accumulo progressivo nel cervello di beta-amiloide: questa è una proteina che si deposita in modo anomalo, a causa di un danno vascolare.

In Italia 1 milione di persone soffrono di Alzheimer, così come anche più genericamente di demenza. Prevenire questo tipo di patologie è possibile intervenendo sulle buone abiturini die singoli, limitando abitudini come quella del fuomo e della scarsa attività fisica. Inoltre, modificando questi comportamenti viene ridotto anche il rischio di patologie vascolari come ipertensione, diabete e obesità.

Una recente revisione di circa 100 studi effettuati su oltre 100.000 anziani ha evidenziato come l’attività fisica aerobica moderata (almeno 3 ore alla settimana per almeno 25 settimane consecutive) possa migliorare le prestazioni cognitive nei soggetti in salute così come in quelli con deficit cognitivi.
Inoltre è stato scoperto che il fattore neurotrofico BDNF, prodotto dai muscoli durante l’attività fisica, riduce la produzione nel cervello della proteina beta amiloide, causa dell'Alzheimer.

Ma l'allenamento fisico non è l'unico ad aiutare: infatti anche l’allenamento mentale, come leggere, studiare una nuova lingua o uno strumento musicale, o anche con cruciverba, aiuta il nostro cervello e ritarda la comparsa di demenza. Tutto ciò è dovuto al fatto che tutte le attività cognitive richiedono una continuta creazione di connessione cerebrali che costituiscono una “riserva cognitiva” capace di contrastare il danno di alcuni circuiti cerebrali.

Lo sai che…

Per alcune patologie neurologiche come l’emicrania è molto importante lo stile di vita! In soggetti che soffrono di emicrania, alcuni fattori scatenanti, chiamati “triggers” sembrano innescare le crisi dolorose.
Questi fattori possono variare da soggetto a soggetto ma gli studi riportano che alimenti come il cioccolato, agrumi, formaggi, alcool, cibi grassi e fritti possono scatenare le crisi, insieme a fattori ormonali, come le mestruazioni, la mancanza o l’eccesso di sonno, l’eccessivo stress e fattori ambientali come luce intensa, rumori e profumi!


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Quali sono le malattie neurologiche più comuni?

Tra le malattie neurologiche più comuni rientrano le lesioni cerebrali, l’ictus, la sclerosi multipla, i tumori, l’epilessia, i traumi cerebrali o del midollo spinale e il morbo di Parkinson e di Alzheimer.

Quali sono i segni e sintomi delle malattie neurologiche?

I sintomi fisici delle malattie neurologiche possono includere:

  • Paralisi parziale o completa
  • Debolezza muscolare
  • Alterazione o perdita di sensibilità parziale o completa
  • Cefalea
  • Alterata coordinazione dei movimenti e/o tremore
  • Dolore inspiegabile
  • Crisi epilettiche, convulsioni
  • Difficoltà di lettura e scrittura
  • Visione doppia (diplopia)
  • Scarse abilità cognitive
  • Deficit di memoria, attenzione e orientamento spazio-temporale
  • Alterazioni dello stato di coscienza fino allo stato di coma
  • Difficoltà nella deglutizione, e/o nel linguaggio

Come si diagnostica una malattia neurologica?

Il medico eseguirà probabilmente un esame neurologico per verificare la sensibilità, la motilità, i riflessi, lo stato di coscienza, l’orientamento spazio-temporale, la parola, la deambulazione (ossia il modo di camminare), la coordinazione e l’equilibrio. Il medico può anche aiutarsi nella diagnosi attraverso indagini diagnostiche. Gli strumenti di imaging diagnostico più comuni sono le scansioni TAC e RMN. In alcuni casi il medico potrebbe anche aver bisogno di analisi del liquor o di altri esami strumentali come l’elettromiografia e l’elettroencefalogramma.
 

Cosa può rilevare una risonanza magnetica del cervello?

Con la risonanza il radiologo confronta le dimensioni e la distribuzione di aree chiare e scure per determinare se un tessuto è sano. La risonanza magnetica può essere utilizzata ad esempio per rilevare tumori cerebrali, lesioni cerebrali traumatiche, anomalie dello sviluppo, sclerosi multipla, ictus, demenza, infezione o le cause del mal di testa.

Le malattie neurologiche si possono curare?

A seconda della malattia e della sua causa le malattie neurologiche possono avvalersi di terapie farmacologiche, chirurgiche oppure riabilitative. La prognosi varia molto in base alla patologia.

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