Malattie autoimmuni: le principali, aspettative di vita ed elenco

Malattie autoimmuni: le principali, aspettative di vita ed elenco

Indice

Domande e risposte

Cosa sono le malattie autoimmuni

Le malattie autoimmuni sono disturbi non trasmissibili causati da un errore del sistema immunitario, che scambia elementi innocui per pericolosi nemici e dà il via ad un processo infiammatorio che ha conseguenze più o meno gravi. 

Hanno diverse caratteristiche e differenti età di esordio, a seconda dell’organo coinvolto: alcune compaiono nei bambini (malattie autoimmuni pediatriche), altre nell’adulto. Quasi tutte hanno in comune sintomi quali febbre, linfonodi ingrossati, astenia, malessere generalizzato e inappetenza. 

Alcune di esse interessano principalmente un organo o apparato: ma malgrado siano organo-specifiche, la sclerodermia (malattia autoimmune della pelle), l’artrite reumatoide (delle articolazioni) e altri disturbi coinvolgono molte altre strutture nell’organismo. 
Altre hanno un target localizzato ma producono effetti sistemici: è il caso del diabete

A chi rivolgersi per la diagnosi e il trattamento? Quale specialista? Questi disturbi vengono in genere sospettati durante la visita dal medico di medicina generale, sulla base dei sintomi e del racconto che il paziente ne fa. E poi confermate con l’esecuzione delle analisi del sangue e di ulteriori eventuali procedure prescritte dal reumatologo o dall’immunologo

Anche l’aspettativa di vita, significativamente migliorata negli ultimi anni grazie allo sviluppo di sistemi diagnostici sempre più performanti e di farmaci innovativi, varia. Si tratta comunque di malattie croniche, che necessitano di trattamento per tutta la vita.

I trattamenti tradizionali, cortisonici e altri immunosoppressori, sono oggi affiancati dai farmaci biologici, che, pur non consentendo la guarigione, ne controllano efficacemente i sintomi e hanno grande applicazione in malattie come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante. 

Una vera e propria prevenzione non è al momento nota, ma si è visto che esiste una stretta correlazione fra l’alimentazione e diverse malattie autoimmuni, come le malattie infiammatorie croniche che colpiscono l’intestino (morbo di Crohn, colite ulcerosa), l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico. Si ritiene che un ruolo importante possa essere giocato, in questo senso, dal microbiota intestinale. 

Le persone che soffrono di malattie autoimmuni possono fare richiesta di riconoscimento di invalidità civile e di ottenimento delle agevolazioni previste dalla Legge 104.

Immagine che rappresenta un campionamento in laboratorio di analisi del sangue fatto da una dottoressa

Malattie autoimmuni: cause

In condizioni normali, il sistema immunitario è in grado di distinguere gli elementi che appartengono al nostro corpo (self) da quelli estranei (not self), che possono essere microbi (batteri, virus o funghi) oppure cellule, tessuti o interi organi (pensiamo a ciò che succede quando viene trapiantato un organo o parte di esso). 

Le nostre difese sopportano senza reagire la presenza di elementi self (tolleranza immunologica), ma si oppongono alla presenza di quelli not self. Una volta avvistati, si attivano per isolarli, neutralizzarli ed eliminarli, o comunque renderli inoffensivi. La reazione che ne consegue, e che comporta la produzione di anticorpi diretti contro il falso nemico, quasi mai ha costo zero. In determinate condizioni, il fuoco amico può avere conseguenze drammatiche: è ciò che succede con la reazione di rigetto che può seguire un trapianto d’organo.

La risposta del sistema immunitario ha scopo chiaramente difensivo: potremmo definirla a tutti gli effetti legittima difesa. Ma quando il dispiegamento di forze è eccessivo e immotivato, sconfina nell’eccesso di difesa. Perché il sistema immunitario sbaglia? Per eccesso di zelo e confusione.


Esempi di mimetismo molecolare

Capita, ad esempio, che un soggetto contragga una banale infezione virale, di quelle frequenti nella stagione invernale. Mal di gola, qualche linea di febbre, raffreddore: nulla di più. L’infezione guarisce, ma il problema, risolto nella quasi totalità dei casi, in una percentuale molto bassa di casi rimane ed evolve. Se la membrana esterna del virus contiene una sostanza proteica che, per caso, assomiglia ad una proteina presente anche nell’organismo, cioè si verifica un caso di mimetismo molecolare, le cellule del sistema immunitario possono attivarsi per errore contro di essa. E attaccandola, scatenano un processo infiammatorio che può degenerare in una vera e propria patologia: così hanno origine le malattie autoimmuni. Vengono prodotti anticorpi diretti contro la sostanza a torto incriminata (autoanticorpi), che determinano la comparsa dei sintomi. Più la proteina coinvolta è diffusa nel corpo e vitale per il suo funzionamento, più gravi saranno i danni.

Il lupus eritematoso sistemico può coinvolgere qualsiasi parte del corpo, perché correlato all’aggressione del collagene, una proteina presente in numerosi organi e tessuti (pelle, vasi sanguigni, cuore, polmoni, muscoli…). Infatti, la malattia può provocare problemi renali (glomerulonefrite, insufficienza renale), ai vasi sanguigni (vasculite), alle articolazioni (artrite), al cuore (coronaropatia), agli occhi (retinopatia), al cervello (ischemia).

Altro esempio è quello che può verificarsi dopo un’infezione da streptococco, un batterio associato ad una forma di faringite e, nei bambini, un esantema al volto. Sfortunatamente, alcune proteine presenti nel muscolo del cuore, il miocardio, sono simili ad una proteina del batterio. Ecco perché una delle complicanze dell’infezione da streptococco è proprio la miocardite autoimmune. 

Altro caso, molto studiato, è quello dell’artrite reumatoide: i risultati delle ricerche portano a ritenere che un fattore ambientale di tipo virale inganni il sistema immunitario, inducendo un danno al collagene. L’ubiquitarietà di tale proteina spiega perché i sintomi dell’artrite reumatoide non sono limitati ai dolori articolari. 

Il collagene è nel focus di altri disturbi autoimmuni del tessuto connettivo scatenati da virus, come la sclerodermia. Una particolare predisposizione genetica porta all’eccessiva produzione di questa proteina, con ispessimento della pelle e altre alterazioni cutanee. 


Psoriasi e dermatite atopica: quando la patologia dermatologica è autoimmune

La psoriasi è una malattia che colpisce la pelle, ma che, in maniera molto meno evidente dall’esterno, interessa molti tessuti dell’organismo, in particolare le articolazioni. Prova ne è che l’incidenza di alterazioni articolari nei pazienti con psoriasi è significativamente superiore a quella nella popolazione generale.

È dovuta ad una eccessiva stimolazione da parte del sistema immunitario della crescita e della proliferazione di una specifica popolazione di cellule della pelle, i cheratinociti. Queste cellule vengono spinte a moltiplicarsi così rapidamente da superare la capacità di ricambio dei tessuti cutanei. Si formano così scaglie di pelle che si staccano dalla superficie del corpo e rappresentano la manifestazione distintiva della malattia.
Le chiazze di pelle desquamata compaiono soprattutto a livello delle mani, del cuoio capelluto e delle pieghe interne dei gomiti e delle ginocchia.

Nelle forme lievi viene trattata con l’applicazione di creme emollienti e antinfiammatorie, che danno sollievo al prurito e alla secchezza. La malattia risponde bene anche al trattamento laser a eccimeri, che porta rapidamente ad una regressione delle placche di pelle in desquamazione.

Nelle forme più severe, specialmente quando la malattia coinvolge anche le articolazioni, i pazienti vengono sottoposti a terapia con immunosoppressori o con farmaci biologici di recente introduzione, che bloccano le sostanze responsabili dell’infiammazione. I prodotti di ultima generazione sono gli inibitori di IL23. Negli ultimi mesi EMA (Agenzia Europea del Farmaco) ha approvato l’impiego di deucravacitinib, un farmaco per via orale che ha un meccanismo di azione innovativo, quello del blocco di una molecola detta tirosin-chinasi 2 (TYK2), e ha prodotto risultati molto interessanti in fase di sperimentazione.

La dermatite atopica è dovuta invece ad una reazione autoimmune che porta al deterioramento del rivestimento superficiale della pelle, noto per il suo importante effetto barriera per gli strati più profondi. Non più riparata dal fisiologico strato lipidico, la cute perde idratazione e appare desquamata, irritata e arrossata. Parallelamente, diventa più sensibile e vulnerabile rispetto all’attacco da parte di germi patogeni che possono provocare eczemi infetti. Il prurito è il sintomo più caratteristico di questo disturbo.

La patologia viene trattata con emollienti, in grado di ripristinare lo strato protettivo superficiale e ridurre il ricorso ai cortisonici, usati nelle forme moderate e severe. Da qualche anno sono disponibili farmaci biologici innovativi (come il dupilumab, da poco approvato anche in Europa) che consentono di inibire l’infiammazione scatenata dalla reazione immunitaria anomala. 


Malattie autoimmuni o allergie?

L’iperreattività vista in queste malattie è simile a quella delle reazioni allergiche? 

Anche nelle allergie il sistema immunitario scatena il rilascio di sostanze infiammatorie in presenza di stimoli innocui. Ma questa reazione non è diretta contro strutture appartenenti all’organismo e, quindi, le conseguenze sono ben diverse. 

Fattori di rischio delle malattie autoimmuni

Perché non si sviluppa una malattia autoimmune ogni volta che si verifica un caso di mimetismo molecolare? Nella stragrande maggioranza dei casi le cose procedono come dovrebbero. Di solito qualcosa va storto quando subentrano condizioni che possono, per così dire, interferire con la lucidità del sistema immunitario. 

I fattori confondenti possono essere di tipo ambientale, genetico, immunitario e ormonale. Di seguito, un breve approfondimento su ciascuna categoria. Malgrado sia riconosciuto che lo stato psicologico di una persona è in grado di influenzare la sua suscettibilità alle malattie, non esiste una prova scientifica del coinvolgimento diretto di cause psicologiche nella genesi dell’autoimmunità.


Fattori ambientali

Determinate sostanze, ad esempio pesticidi la cui presenza oggi è proibita negli alimenti, possono contribuire a scatenare l’autoaggressione dell’organismo. Lo stesso si verifica per alcuni farmaci, come il litio, usato per trattare alcune patologie psichiatriche.

Fra i fattori ambientali, spiccano i microorganismi. Oltre allo streptococco di cui si è parlato nei paragrafi precedenti, altri batteri e virus sono implicati nella genesi delle reazioni autoimmuni. Un caso emblematico è quello del virus di Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi e coinvolto nell’insorgenza della sclerosi multipla. L’azione degli anticorpi diretti contro la guaina che riveste i nervi (guaina mielinica) ne provoca la distruzione e le conseguenti difficoltà nella trasmissione del segnale nervoso, correlata a sintomi quali difficoltà di movimento, alterazioni visive, deficit di sensibilità nel tronco e negli arti. 

Un altro virus tirato di frequente in ballo quando si parla di malattie autoimmuni è il citomegalovirus, correlato allo sviluppo del diabete

Un’infezione da virus della poliomielite può portare alla comparsa della miastenia gravis, attraverso la produzione di anticorpi diretti contro la struttura che collega il nervo al muscolo e che consente il movimento. Il risultato è la paralisi. 

La sindrome di Sjögren è provocata da un insieme di stimoli ambientali, genetici e ormonali: si ritiene che un’infezione virale, in persone predisposte, possa attivare l’autoimmunità, danneggiando le ghiandole lacrimali e salivari. I sintomi sono, quindi, occhio secco, secchezza della bocca e un aumento del rischio di infezioni dell’occhio. Possono essere coinvolti anche altri organi, come polmoni, intestino e reni. 

Le infezioni microbiche sono correlate anche alle malattie autoimmuni del fegato (cirrosi biliare primitiva, epatite autoimmune, colangite sclerosante primitiva, che risentono anche però di una componente ormonale), del sangue (anemia emolitica) e dei vasi sanguigni (morbo di Kawasaki). 

Importanti anche le connessioni fra il fumo e l’autoimmunità: come testimoniato da diversi studi, la sigaretta può agire stimolando lo sviluppo di autoanticorpi e generare uno sbilanciamento del sistema immunitario.


Fattori genetici

Alcune persone hanno caratteristiche genetiche tali che possono predisporre all’insorgenza delle patologie autoimmuni; ecco perché si osserva spesso la presenza di più casi di malattia autoimmune nella stessa famiglia (familiarità). Ciò spiega anche perché le persone che sviluppano un disturbo autoimmune sono più suscettibili al rischio di svilupparne un altro. 

Una specifica predisposizione genetica è alla base dello sviluppo del diabete di tipo 1, dovuto alla distruzione delle cellule del pancreas incaricate di produrre l’insulina da parte di autoanticorpi. Ma nella genesi della patologia ai fattori genetici si sommano fattori ambientali (infezioni, esposizione ad agenti chimici). Si stima che il 10% delle persone con diabete di tipo 1 vada incontro, nell’arco della vita, allo sviluppo di un’altra malattia autoimmune (tiroidite di Hashimoto, morbo di Basedow-Graves, miastenia gravis).  

Una anomalia genetica sembra essere nascosta anche dietro il morbo di Crohn: causando l’incapacità di produrre una proteina utile al riconoscimento dei batteri, questo difetto espone al rischio che siano erroneamente prodotti anticorpi diretti contro le cellule della parete dell’intestino e che essa ne sia danneggiata. 


Fattori immunitari

Specifici difetti del sistema immunitario possono causare errori che sfociano nella produzione di autoanticorpi e nel danno a determinati tessuti o organi.

La presenza di disturbi autoimmuni può aumentare il rischio che ne compaiano altri. È ciò che sembra succedere per la tiroidite di Hashimoto, un’infiammazione della tiroide che provoca inizialmente uno stato di ipertiroidismo e successivamente evolve verso l’ipotiroidismo. Questa malattia è in molti casi parte di una sindrome più complessa, la sindrome polighiandolare autoimmune di tipo 2, che comporta l’insufficienza surrenalica (morbo di Addison, noto anche per la celebrità di un paziente, John Fitzgerald Kennedy, JFK) e il diabete di tipo 1, ma mostra correlazioni anche con il lupus eritematoso sistemico, l’anemia perniciosa e la malattia celiaca. 

La tiroide è fra gli organi bersaglio del maggior numero di malattie autoimmuni. Un altro disturbo caratteristico di questa ghiandola è il morbo di Basedow-Graves, nel quale autoanticorpi diretti contro le sue cellule provocano un eccessivo rilascio di ormoni tiroidei (ipertiroidismo).

Un’alterazione nel funzionamento del sistema immunitario è alla base della uveite autoimmune. L’uveite è un’infiammazione della membrana dell’occhio che contiene i vasi sanguigni, che può portare alla perdita della vista. Le forme autoimmuni sono dovute alla erronea fabbricazione di autoanticorpi scatenata da eventi quali traumi o infezioni.


Fattori ormonali: l’incidenza nelle donne

L’ipotesi che nella produzione di autoanticorpi potessero avere un ruolo anche gli ormoni è nata osservando la maggiore incidenza che i disturbi autoimmuni hanno nelle donne. Ciò ha fatto pensare che gli estrogeni possano assumere una funzione strategica nel determinare errori del sistema immunitario. 
Una delle malattie più studiate in tal senso è il lupus eritematoso sistemico, che compare sempre nel periodo fertile e peggiora durante la gravidanza.  

Malattie autoimmuni: come si riconoscono

Non esistono esami da fare specifici per la diagnosi. In genere, il medico sospetta che possa trattarsi di autoimmunità sulla base dei sintomi e del racconto del paziente. Successivamente, prescrive approfondimenti mirati alla conferma. 

Di solito è il medico di medicina generale a intercettare sintomi sospetti e ad inviare per visite più approfondite il paziente all’immunologo o al reumatologo, gli specialisti a cui rivolgersi in caso di disturbi autoimmuni.

Benché la maggior parte di questi disturbi sia ormai nota, in un certo numero di casi (ormai sempre più rari) che non vengano riconosciuti tempestivamente e che il ritardo nell’istituzione della cura provochi danni irreversibili.


Esami del sangue

Di solito vengono prescritti per verificare la presenza di uno stato infiammatorio, tipico delle malattie autoimmuni.

Includono la rilevazione della VES e della PCR (parametri indicativi dell’infiammazione) e l’emocromo. Vengono eseguiti gli esami delle urine.

Si cercano anche gli autoanticorpi della malattia sospettata. Ecco alcuni esempi: 
  • Anticorpi antinucleo (ANA): per la diagnosi di lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjögren, epatiti autoimmuni;
  • Fattore reumatoide: per la diagnosi dell’artrite reumatoide;
  • Anticorpi citoplasmatici antineutrofili (ANCA): per la diagnosi della granulomatosi di Wegener e della sindrome di Churg-Strauss;
  • Anticorpi anti-DNA a doppio filamento (anti-dsDNA): per la diagnosi delle malattie reumatiche;
  • Anticorpi anti-istone: per la diagnosi del lupus eritematoso sistemico correlato a farmaci e di alcune vasculiti;
  • Anticorpi anti-citrullina (anti-CCP): per la diagnosi dell’artrite reumatoide;
  • Anticorpi anti-reticolina (ARA): per la diagnosi di celiachia, morbo di Crohn, sindrome di Sjögren e artrite reumatoide;
  • Anticorpi anti-mitocondrio (AMA): per la diagnosi di lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, anemia perniciosa e morbo di Addison;
  • Anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTG) e anti-gliadina: per la diagnosi della malattia celiaca. 
  • Anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina (AChR): per la diagnosi della miastenia gravis. 
È utile ricordare che la presenza di autoanticorpi non implica necessariamente la diagnosi di un disturbo autoimmune: tali proteine possono essere presenti anche indipendentemente da una patologia. È per questa ragione che la diagnosi si basa sull’analisi di tutti gli elementi emersi dalla visita e dagli esami svolti.


Altri esami

Nel caso la malattia in questione colpisca un solo organo, è anche possibile studiarlo (con un’ecografia o altre procedure di imaging) per escluderne o confermarne la presenza. 
È il caso della tiroidite di Hashimoto e del morbo di Basedow-Graves, che interessano la tiroide.

Chi cura le malattie autoimmuni (e come)

Ad oggi non esistono cure definitive: le malattie autoimmuni sono malattie croniche e richiedono una terapia che dura tutta la vita del paziente.ù

Alcune di esse comportano fasi di remissione dei sintomi, nei quali le condizioni generali migliorano e i farmaci possono essere sospesi oppure ridotti nel dosaggio, mentre in altri casi ciò non è possibile e le terapie non possono essere interrotte (è il caso del diabete di tipo 1).

Poiché, come abbiamo visto, l’autoimmunità può essere associata a diversi organi e, quindi, produrre diversi effetti, i farmaci variano a seconda del disturbo e del target colpito. Ma, in generale, alcuni trattamenti sono comuni a tutte le malattie autoimmuni.

Dal momento che l’autoimmunità è dovuta all’infiammazione, un intervento in grado di modulare o spegnerlo può migliorare i sintomi. A questo scopo vengono prescritti farmaci antinfiammatori di vario tipo. Il più usato è il cortisone, che deprime la reattività delle difese (effetto immunosoppressore), con non pochi effetti collaterali, legati soprattutto al fatto che la terapia deve essere protratta nel tempo.

Altri trattamenti immunosoppressori sono il metotrexate, la ciclosporina e il tacrolimus, sostanze usate anche per inibire la reazione di rigetto post trapianto d’organo.

Oggi sono disponibili nuove cure, farmaci innovativi in grado di modulare la reattività immunitaria, evitando così alcune delle reazioni avverse tipiche delle terapie tradizionali. Si tratta principalmente di farmaci biologici che inibiscono l’azione delle sostanze che mantengono viva l’infiammazione:
  • Inibitori dell’interleuchina-1 (Il-1): anakinra, usato nell’artrite reumatoide;
  • Inibitori dell’interleuchina-6 (Il-6): tocilizumab, usato nel trattamento dell’artrite reumatoide e divenuto noto al grande pubblico anche durante la pandemia per i suoi effetti antinfiammatori nella COVID;
  • Inibitori del Tumor Necrosis Factor α (TNF-α): adalimumab (usato nella psoriasi, nel morbo di Crohn e nell’uveite), etanercept (artrite reumatoide, psoriasi, artrite psoriasica), infliximab (artrite reumatoide, morbo di Crohn, colite ulcerosa, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, psoriasi).
Non esistono prove scientifiche dell’efficacia di prodotti di omeopatia nel trattamento delle malattie autoimmuni. 


Il futuro della cura è nei big data

L’innovazione nel trattamento dell’autoimmunità va nella direzione di una sempre maggiore personalizzazione. La conoscenza non solo dei difetti eventualmente presenti nel DNA di uno specifico soggetto ma anche di altre caratteristiche che potrebbero predisporre ad una malattia porterà allo sviluppo di trattamenti su misura, ad hoc. 

Per raggiungere questo obiettivo, però, saranno necessarie ulteriori ricerche e la raccolta di grandi quantità di dati, i cosiddetti big data. Avere a disposizione data base con le informazioni genetiche sui pazienti già trattati consentirà infatti di stabilire rapidamente quali sono le terapie più verosimilmente efficaci stante le caratteristiche del paziente e risparmiare tempo e denaro preziosi.

Come prevenire le malattie autoimmuni

Un vero e proprio protocollo di prevenzione non è disponibile. Ma alcune ricerche hanno messo in luce una stretta relazione fra la dieta e l’insorgenza di alcune malattie autoimmuni. Questa considerazione vale soprattutto per i disturbi dell’intestino (morbo di Crohn, colite ulcerosa), il lupus eritematoso sistemico e l’artrite reumatoide.

Com’è noto, il microbiota ha un ruolo diretto nel mantenimento del benessere immunitario. Le sue alterazioni (disbiosi) possono provocare numerose ripercussioni per la salute, anche riguardanti organi distanti dall’intestino, come il cervello. Le disbiosi possono infatti portare al rilascio di sostanze che favoriscono l’infiammazione, innescando, negli individui predisposti, un primo germe di autoimmunità.

Cosa mangiare dunque per proteggere il microbiota? Cereali integrali, pesce ricco di omega-3 (pesce azzurro, come lo sgombro, il tonno, le alici), legumi, ortaggi, frutta e carne magra. Ridurre il consumo di zuccheri, specialmente di quelli semplici, contribuisce ad abbassare i livelli di infiammazione. 



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Quali sono le malattie autoimmuni più comuni?

Fra le più comuni, l’artrite reumatoide, l’anemia emolitica, la tiroidite di Hashimoto, il diabete mellito di tipo 1, la malattia di Basedow-Graves e le vasculiti.

Cosa vuol dire avere una malattia autoimmune?

Significa che il proprio organismo produce anticorpi diretti contro strutture appartenenti al corpo stesso. Ciò attiva uno stato infiammatorio che ha conseguenze più o meno gravi. 

Qual è la causa delle malattie autoimmuni?

Di base, la causa è un errore del sistema immunitario, che scambia proteine innocue per frammenti di pericolosi nemici. I fattori di rischio, che concorrono a creare le condizioni per il loro sviluppo, sono di tipo ambientale (esposizione a sostanze, virus o batteri), genetico (alcune persone sono predisposte su base genetica allo sviluppo dell’autoimmunità), ormonale (prova ne è che nelle donne tali disturbi sono più frequenti) e immunologico (anomalie delle difese immunitarie).

Quali sono gli esami da fare per le malattie autoimmuni?

Non esiste una serie di esami specifici da fare per la diagnosi. Di solito è il medico di base ad accorgersi che qualcosa non va, sulla base dei sintomi del paziente e del suo racconto. In genere, prescrive esami del sangue per dosare i parametri dell’infiammazione (VES, PCR), esami delle urine e, nel caso fosse necessario, altre procedure diagnostiche. 

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