Aggiornato il 29.10.2024
Di seguito i dati sulle migliori strutture per ictus ischemico. La valutazione di queste strutture si basa sui dati del Programma Nazionale Esiti (dati del 2023, riferiti al 2022), resi pubblici per conto del Ministero della Salute. Micuro analizza e sintetizza questi dati per stilare classifiche che ti aiuteranno a individuare la struttura più adatta alle tue esigenze.
Come ha spiegato la Prof.ssa Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e responsabile del Comitato Scientifico di Micuro:“È stato dimostrato in letteratura che all’aumentare del numero di casi di ictus trattati da una struttura sanitaria aumenta la sopravvivenza dopo il ricovero. Perciò, è importante scegliere le strutture che raggiungono le soglie minime fissate dal gruppo di lavoro del Programma Nazionale Esiti (n.50 ricoveri/anno) al di sotto delle quali il rischio di esiti negativi aumenta notevolmente. Oltre al numero totale di ricoveri eseguiti in un anno è fondamentale considerare anche la percentuale di sopravvivenza a 30 giorni dal ricovero che dovrebbe essere superiore al 90%”.
Classifica nazionale: le 5 strutture che nel 2022 in Italia hanno effettuato un maggior numero di ricoveri per ictus ischemico
L’ischemia cerebrale, anche definita senza differenza ictus ischemico o infarto cerebrale (ictus cerebri), è causata dall’interruzione della circolazione sanguigna in un’area più o meno estesa del cervello dovuta all’occlusione di una delle arterie che nutrono l’organo. Differisce dall’ictus emorragico per l’assenza di sanguinamento.
Il termine è latino e significa colpo. Stroke è il termine inglese con cui si identifica l’ictus; da qui il nome di Stroke Unit attribuito ai dipartimenti di medicina d’emergenza che si occupano del trattamento delle persone colpite da questa patologia.
Dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, in Italia l'ictus è la terza causa di morte (10-12% di tutti i decessi) e può impattare significativamente sull’aspettativa di vita.
L’occlusione di un’arteria può essere compensata dall’apertura di circoli collaterali di riserva, che garantiscono l’irrorazione se lo stop è breve. Tuttavia, se l’ischemia cerebrale persiste per più di 15-30 minuti, la richiesta di ossigeno e glucosio non viene soddisfatta: si verifica l’ictus e i danni possono essere permanenti. Gli effetti a lungo termine dell’ictus ischemico dipendono dall’area del cervello che è stata danneggiata e dalla sua estensione e possono coinvolgere il movimento, il linguaggio (quando l’ictus prende la parola, per usare un’espressione di largo impiego nel linguaggio comune), il pensiero.
L’ictus ischemico è associato ad una mortalità del 20%, che aumenta con l’età.
L’ictus ischemico è causato generalmente dall’occlusione di un'arteria che irrora il cervello; di solito viene colpita una ramificazione di una delle carotidi interne.
Le conseguenze dell’ischemia cerebrale possono essere molto diverse e interessare le capacità motorie, la percezione della sensibilità, la memoria o altro. In alcuni casi, i danni causati sono lievi e completamente reversibili, in altri invece sono permanenti, ma la riabilitazione può migliorare i deficit funzionali (non solo motori, ma anche del linguaggio per il recupero della parola e altro). In taluni casi, l’ischemia può essere fulminante.
Per ottenere il rilascio di una patente speciale, i pazienti portatori di handicap a seguito di ischemia cerebrale devono seguire la procedura prevista (riconoscimento di idoneità alla guida, esame di guida, rinnovo).
La mancanza di ossigeno e glucosio che si verifica a causa dell’ischemia cerebrale porta i neuroni alla morte in un intervallo di tempo relativamente breve.
Malgrado alcune recenti acquisizioni scientifiche dimostrino come la capacità di rigenerazione neuronale sia in parte conservata nell’adulto (grazie alla presenza di residui di cellule staminali), per qualche ragione non ancora compresa dagli studiosi il cervello sceglie di non usufruire di questa possibilità.
Quando si verifica un evento traumatico come l’ictus, vengono rilasciate sostanze che portano alla morte programmata dei neuroni danneggiati, un fenomeno definito apoptosi, una sorta di suicidio cellulare.
L’apoptosi rappresenta probabilmente un meccanismo di protezione vantaggioso dal punto di vista evoluzionistico, con il quale questo straordinario organo elimina il tessuto leso per non compromettere quello sano residuo.
Esistono fattori modificabili, sui quali è possibile intervenire mettendo in atto strategie di prevenzione, e fattori non modificabili, sui quali non è possibile agire ma che devono essere monitorati nel tempo.
I punti sui quali si può intervenire modificando il comportamento e le abitudini oppure assumendo un’opportuna terapia farmacologica sono:
La prevenzione dell’ischemia cerebrale prevede l’eliminazione, per quanto possibile, dei fattori modificabili.
I fattori su cui non è possibile intervenire comprendono:
Ictus giovanile. Si parla di ictus giovanile quando la sua insorgenza si verifica prima dei 45 anni.
Studi recenti mostrano che le persone che soffrono di emicrania, in particolare della forma con aura, hanno un rischio più elevato di andare incontro a ictus ischemico dopo un intervento chirurgico.
Le cause più comuni dell’ictus ischemico sono:
L’ischemia può essere causata da un tumore che ostacola la circolazione locale del sangue.
L’ictus ischemico è ereditario? No, in sé, ma lo possono essere alcuni dei fattori genetici di rischio che aumentano le possibilità di andare incontro ad un ictus.
I sintomi dell’ictus ischemico possono essere molto diversi da individuo a individuo e dipendono dalla gravità dell’evento ma anche dall’area del cervello colpita.
Quindi, come riconoscere l’ischemia cerebrale? Di seguito alcuni dei più comuni:
Spesso l’ictus sopraggiunge senza alcun segno prodromico. In alcune circostanze, tuttavia, può essere preceduto da un TIA (Attacco Ischemico Transitorio, anche definito nel linguaggio comune ischemia cerebrale transitoria ovvero momentanea), l’omologo dell’angina per l’ictus.
In questi casi, la riduzione dell’ossigenazione di alcuni neuroni non è tanto grave da provocarne la morte ma scatena sintomi quali:
Una persona su 3 colpita da TIA va incontro successivamente ad ictus vero e proprio: in un caso su 5 l’ictus compare entro un anno.
È possibile che l’ictus non sia accompagnato da sintomi evidenti e TC negativa: in questo caso, l’ischemia si è presumibilmente verificata in un’area non strategica e l’ictus si verifica senza causare danni cerebrali.
Fondamentale dunque riconoscerlo, per scongiurare il peggio. In caso di sintomi che possono indurre a sospettare un ictus, occorre recarsi subito in un ospedale attrezzato per il soccorso neurologico d’emergenza.
Pochi minuti, e comunque in genere mai più di un’ora. Superato questo intervallo di tempo, si parla di ictus vero e proprio.
Dal punto di vista della localizzazione, esistono due tipi di ischemia.
Si definisce ischemia cerebrale focale l’evento che rimane localizzato in un'area limitata del cervello; la causa, in questo caso, è rappresentata da un trombo o un embolo che ostacolano il passaggio del sangue in un’arteria.
L'ischemia cerebrale globale, invece, interessa più aree del cervello e costituisce la forma più grave di questa condizione, correlata ad un rischio maggiore di conseguenze in termini di disabilità e mortalità.
Dove andare? La diagnosi di ischemia cerebrale si effettua su base clinica presso una Stroke Unit, ma le indagini strumentali e le analisi del sangue sono utili per confermarla, escludere un’emorragia e distinguere la tipologia di ictus:
Mentre l’ictus ischemico è causato dall’occlusione di un’arteria che porta sangue al cervello, l’emorragia cerebrale (o ictus emorragico) è provocata da un versamento di sangue nell’encefalo, che crea un effetto massa e comprime le strutture nervose adiacenti.
L’aneurisma è una dilatazione patologica di un’arteria dovuta allo sfiancamento della sua parete. Può avere origine congenita oppure essersi formata in seguito ad una patologia del sistema cardiovascolare. La rottura di un aneurisma a livello cerebrale provoca un ictus emorragico.
Il primo fattore di impatto della pandemia sull’ictus è indiretto e legato alla reticenza con cui le persone colpite da sintomi che richiederebbero l’intervento sanitario d’emergenza si sono recate in ospedale durante le fasi acute della pandemia. Alcuni di quelli che, invece, si sono recati in un Pronto Soccorso non hanno comunque potuto accedere ad un trattamento tempestivo a causa del sovraccarico e dell’indisponibilità del personale sanitario.
Di fatto, le circostanze hanno portato ad una riduzione del 50% dei ricoveri per ictus e a numerosi casi di ritardo nei soccorsi, con aumento della gravità delle conseguenze e della mortalità.
Esiste, poi, una correlazione diretta fra l’infezione da SARS-CoV-2 e l’insorgenza dell’ictus ischemico, determinata dall’aumento della coagulabilità del sangue. Questo rischio interessa prevalentemente persone già esposte a fattori di rischio cardiovascolare e comporta una mortalità più elevata rispetto ai soggetti non-COVID.
Stando ai dati emersi da una metanalisi pubblicata nel 2017, il rischio di ictus ischemico potrebbe aumentare nelle donne che assumono la pillola anticoncezionale e che soffrono di emicrania.
Tuttavia, la relativa scarsità di dati disponibili rimanda alla necessità di ulteriori studi.
I legami fra ictus e sonno sono numerosi.
Uno studio pubblicato sulla rivista Neurology nel 2020 ha messo in relazione la tendenza a dormire sonni lunghi (più di 9 ore), a parità di esposizione a fattori di rischio cerebrovascolare, e l’aumento del rischio di ictus. Ma gli scienziati ritengono che siano necessari ulteriori approfondimenti per poter trarre una conclusione.
In termini generali, l’ischemia cerebrale può causare alterazioni del ritmo sonno-veglia e sonnolenza. Quindi, se presente unitamente ad un sintomo preoccupante oppure se compare improvvisamente una sonnolenza insolita è bene ricorrere ad un consulto d’emergenza.
Una delle conseguenze dell’ictus ischemico può essere l’epilessia, in particolare quando l’evento cerebrovascolare interessa l’arteria cerebrale media (MCA). L’ictus ischemico MCA può produrre come esiti la deviazione della testa e degli occhi, la paralisi di un sito del corpo, deficit sensoriali severi e afasia. Si possono anche verificare perdita di coscienza e una ridotta capacità ventilatoria.
Alcuni studi hanno messo in relazione l’insorgenza dell’epilessia con l’esecuzione dell’intervento chirurgico di decompressione che viene talvolta effettuato per ridurre le conseguenze dell’ictus.
Ma in altri casi, le crisi epilettiche compaiono anche senza che sia stata eseguita la chirurgia. Per stabilire criteri predittivi di questo rischio è stato messo a punto il sistema SeLECT score, che permette l’applicazione di un approccio personalizzato alla terapia.
Il trattamento comprende la somministrazione di farmaci e l’esecuzione di procedure mirate al rispristino della corretta circolazione sanguigna.
Il neurologo con esperienza nell’ambito della patologia cerebrovascolare.
Nel caso in cui il paziente sia esposto a fattori di rischio cardiovascolari, il neurologo lavora a stretto contatto con il cardiologo o il cardiochirurgo. Nel caso in cui si renda necessario l’intervento chirurgico, se ne occupa il neurochirurgo.
Qualsiasi segno che può indurre a ipotizzare un problema di tipo neurologico acuto in una persona non affetta da patologie specifiche merita un approfondimento in emergenza (difetti di articolazione del linguaggio, difficoltà nel muovere un arto, sensazione di intorpidimento ad un arto o al viso, amnesia, disorientamento, cefalea violenta e improvvisa, calo della vista…). Il tempo è una variabile fondamentale nel determinare l’estensione delle lesioni e il livello di recupero funzionale.
Per essere d’aiuto a chi è alle prese con i sintomi di un possibile ictus, è stato creato l’acronimo FAST:
In aggiunta, vengono prescritti ai pazienti reduci da ictus ischemico le calze elastiche a compressione graduata, la mobilizzazione precoce (per prevenire la formazione di ulteriori trombi) e la corretta idratazione.
Stando alle conclusioni di una review sistematica i cui risultati sono stati pubblicati nel 2019 sulla rivista scientifica Frontiers in Neurology, l’aumento dell’apporto di magnesio con la dieta potrebbe avere un ruolo cruciale nella prevenzione dell’ictus.
Ma la limitazione dettata dal fatto che si tratta di uno studio osservazionale impone la necessità di effettuare ulteriori ricerche.
In aggiunta alla somministrazione di medicinali, vengono eseguite procedure che hanno lo scopo di monitorare le condizioni del paziente e rimuovere gli ostacoli alla circolazione.
Oltre alla terapia farmacologica, nel caso in cui il paziente sia fuori pericolo imminente di vita ma abbia riportato danni permanenti, è importante che proceda verso la terapia riabilitativa per recuperare il più possibile le funzioni compromesse dall’evento.
Quanto tempo ci vuole per guarire? Il livello di recupero funzionale, quando si realizza, dipende dal singolo caso, così come i tempi nei quali avviene.
La vasculopatia cerebrale, condizione causata dal disturbo dovuto ad un apporto di sangue ridotto o assente in una o più zone del cervello (su base ischemica e/o embolica) dà diritto ad un'esenzione dal pagamento del ticket su visite ed esami.
Dal punto di vista dell’invalidità, questa patologia rappresenta una delle maggiori cause di disabilità.
Fra i personaggi popolari colpiti da ictus e il cui caso è stato trattato dalle cronache, anche il fondatore della Lega Umberto Bossi. Nel 2004 Bossi è stato vittima di un ictus, che ha richiesto un ricovero di 50 giorni ed una lunghissima convalescenza e che ha comportato una serie di recidive e qualche lesione residua (problemi motori agli arti e qualche difficoltà di comunicazione).
Più recente il caso di Pierluigi Bersani, colpito però da ictus emorragico e ripresosi completamente dopo l’intervento neurochirurgico.
Recentemente scomparso, Jean Paul Belmondo è stato colpito da ictus ischemico nel 2001, mentre si trovava in vacanza in Corsica. Per lui, 68enne all’epoca, ebbe inizio un lungo periodo di riabilitazione per il recupero delle funzioni del linguaggio. La convalescenza impegnativa diede tuttavia i suoi frutti: Bebel, come era soprannominato all’epoca dei suoi straordinari successi cinematografici, tornò a recitare qualche anno fa.
Ancora alle prese con il recupero Keith Jarrett, reduce da due ictus e affetto da grossi problemi di deambulazione.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Generalmente l’ictus non viene anticipato da segni o sintomi. Tuttavia, in taluni casi, può essere preceduto da segni quali difficoltà nel linguaggio, capogiri, confusione mentale e intorpidimento di un arto. Nel complesso, queste manifestazioni vengono definite come TIA (Attacco Ischemico Transitorio). Se adeguatamente riconosciuto, il TIA permette un intervento rapido e una sopravvivenza migliore.
L’ictus può essere emorragico o ischemico; è quest’ultimo ad essere definito anche infarto cerebrale. A sua volta, l’ictus ischemico può essere trombotico, embolico, emodinamico, lacunare.
Dopo la terapia in acuto, è necessario affrontare una riabilitazione, la cui lunghezza e complessità dipende dal danno residuo.
L’ischemia è dovuta all’interruzione o alla riduzione dell’afflusso di sangue in un’area del cervello. Se la circolazione viene ripristinata entro un tempo sufficientemente breve, grazie all’intervento tempestivo dei soccorsi o all’apertura di circoli collaterali normalmente chiusi, l’evento può risolversi senza causare lesioni permanenti. Quando, invece, l’ischemia causa la morte per necrosi dei neuroni nell’area colpita si parla di ictus.
Il trattamento dell’ictus comprende la somministrazione di farmaci (acido acetilsalicilico, trombolitici, anticoagulanti, antipertensivi) e l’esecuzione di procedure mirate al rispristino della corretta circolazione sanguigna, come la trombolisi e la trombectomia (per la rimozione del trombo che ostacola la circolazione del sangue) o l’angioplastica (finalizzata alla riapertura dell’arteria occlusa). È fondamentale che sia un neurologo con un’esperienza nell’ambito della patologia cerebrovascolare nell’ambito di una Stroke Unit ad occuparsi della cura in emergenza dell’ictus.
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