Ischemia cerebrale: sintomi iniziali, piccole ischemie e conseguenze

Ischemia cerebrale: sintomi iniziali, piccole ischemie e conseguenze

Indice

Domande e risposte

L’ictus ischemico, anche detto infarto cerebrale (ictus cerebri) è causato dall’interruzione della circolazione sanguigna in un’area più o meno estesa del cervello dovuta all’occlusione di una delle arterie che nutrono l’organo. 

Perché si chiama ictus. Il termine è latino e significa colpo. Stroke è il termine inglese con cui si identifica l’ictus; da qui il nome di Stroke Unit attribuito ai dipartimenti di medicina d’emergenza che si occupano del trattamento delle persone colpite da questa patologia. 
Dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, in Italia l'ictus è la terza causa di morte (10-12% di tutti i decessi). 

Quando si manifesta. Un’occlusione arteriosa può essere compensata dall’apertura di circoli collaterali di riserva, che garantiscono l’irrorazione a fronte di un breve stop. Tuttavia, se l’ischemia persiste per più di 15-30 minuti la richiesta di ossigeno e glucosio non viene soddisfatta: si verifica l’ictus e i danni possono essere permanenti. Le conseguenze dell’ictus dipendono dall’area del cervello che è stata danneggiata e dalla sua estensione e possono coinvolgere il movimento, il linguaggio (quando l’ictus prende la parola, per usare un’espressione di largo impiego nel linguaggio comune), il pensiero. 

Quando è mortale. L’ictus ischemico ha una mortalità del 20%, che aumenta con l’età.

Dove viene l’ictus? L’ictus ischemico è causato generalmente dall’occlusione di un'arteria che irrora il cervello, di solito viene colpita una ramificazione di una delle carotidi interne.


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Cosa comporta l'ictus

La mancanza di ossigeno e glucosio che si verifica a causa dell’ischemia porta i neuroni alla morte in un intervallo di tempo relativamente breve. 
Malgrado alcune recenti acquisizioni scientifiche dimostrino come la capacità di rigenerazione neuronale sia in parte conservata nell’adulto (grazie alla presenza di residui di cellule staminali), per qualche ragione non ancora compresa dagli studiosi il cervello sceglie di non usufruire di questa possibilità. 
Quando si verifica un evento traumatico come l’ictus, vengono rilasciate sostanze che portano alla morte programmata dei neuroni danneggiati, un fenomeno definito apoptosi, una sorta di suicidio cellulare. 
L’apoptosi rappresenta probabilmente un meccanismo di protezione vantaggioso dal punto di vista evoluzionistico, con il quale questo straordinario organo elimina il tessuto leso per non compromettere quello sano residuo.

Immagine che rappresenta un ictus al cervello

Esistono fattori modificabili, sui quali è possibile intervenire mettendo in atto strategie di prevenzione, e fattori non modificabili, sui quali non è possibile agire ma che devono essere monitorati nel tempo.

I fattori di rischio modificabili

I punti sui quali si può intervenire modificando il comportamento e le abitudini oppure assumendo un’opportuna terapia farmacologica sono:

  • sedentarietà: l’esercizio fisico, sia direttamente che indirettamente, mantiene il metabolismo attivo, riduce i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue (lipidemia) e, di conseguenza, il rischio di deposizione delle placche ateromatose sulle pareti delle arterie
  • fumo: aumenta il rischio cardiovascolare e di sviluppo di diversi tipi di tumore, per i quali il fumo da sigaretta è un agente cancerogeno accertato 
  • alcol: anche a basse dosi è tossico per l’organismo, in particolare per il sistema cardiovascolare (per la sua azione di aggregazione piastrinica e dunque di promozione della formazione di coaguli) ed il rischio di tumore
  • ipertensione: la pressione arteriosa viene mantenuta in equilibrio grazie a fattori quali l’elasticità dei vasi sanguigni; la vasodilatazione produce una riduzione delle resistenze periferiche e quindi un abbassamento della pressione, mentre, al contrario, la vasocostrizione è associata ad un aumento delle resistenze periferiche e dunque ad un incremento della pressione. Quando, in età più mature o per l’esposizione a fattori di rischio quali una dieta ricca di grassi saturi, il sovrappeso, il diabete, la parete vasale perde elasticità, viene meno uno dei meccanismi fondamentali di regolazione. L’irrigidimento delle arterie mantiene la pressione sempre alta (ipertensione), sottoponendo a stress la loro parete. Nel lungo periodo, queste sollecitazioni aumentano le probabilità di formazione di placche e di coaguli. Perché l’ipertensione causa l’ictus ischemico? Se ad essere colpita è una delle grandi arterie che portano sangue al cervello, l’ostacolo al flusso di sangue produce ischemia nelle aree di questo organo che ne vengono irrorate
  • diabete: l’iperglicemia, una condizione che si realizza quando il diabete non viene adeguatamente controllato, porta alla deposizione degli zuccheri in eccesso a livello della parete arteriosa; queste alterazioni vascolari aumentano il rischio di ictus
  • sovrappeso: sovrappeso e obesità sono quasi sempre correlati ad elevati livelli ematici di colesterolo e trigliceridi e ad insulino-resistenza, condizioni che aumentano il rischio di formazione di placche arteriose; volendo identificare gli alimenti contro l’ictus (ossia i cibi che contribuiscono alla prevenzione dei disturbi cerebrovascolari) potremmo citare prima di tutto quelli di origine vegetale (ortaggi, frutta, semi oleosi, frutta a guscio) e il pesce (in particolare quello ricco di acidi grassi polinsaturi della linea omega-3)
  • fibrillazione atriale: si tratta di una forma di aritmia che facilita la formazione di coaguli nei vasi sanguigni; per prevenire conseguenze gravi (fra le quali l’ictus) è necessaria una diagnosi tempestiva e l’istituzione di una terapia anticoagulante.
La prevenzione contro l’ictus prevede l’eliminazione, per quanto possibile, dei fattori modificabili. 

I fattori non modificabili
I fattori su cui non è possibile intervenire comprendono:
  • età: il rischio di ictus ischemico aumenta con l’età (a 85-90 anni è comprensibilmente superiore rispetto a 20-30 anni, soprattutto alla luce dello stato di salute del sistema circolatorio). A che età viene l’ictus? A partire dai 55 anni, il rischio raddoppia per ogni decade; la maggior parte degli episodi si verifica dopo i 65 anni
  • sesso: l’ictus ischemico ha un’incidenza superiore nei maschi 
  • familiarità: la presenza di precedenti in famiglia aumenta il rischio di essere soggetti a ictus.
Ictus giovanile. Si parla di ictus giovanile quando la sua insorgenza si verifica prima dei 45 anni. 

Quali sono le cause dell'ictus ischemico

Le cause principali dell’ictus ischemico sono:

  • trombosi cerebrale: l’occlusione delle grandi arterie che nutrono il cervello, specialmente delle carotidi, è di solito provocata dall’ipertensione; quando questa patologia non viene controllata adeguatamente con la terapia farmacologica, può danneggiare le pareti interne dei vasi, creando le condizioni perché si formino le placche ateromatose. Tale evenienza è più probabile in presenza di ulteriori fattori di rischio, come il sovrappeso o il fumo. Perché viene di notte? Gli ictus ischemici di tipo trombotico si manifestano prevalentemente al risveglio, perché i trombi di solito si formano durante la notte;
  • embolia cerebrale (infarto embolico): gli emboli possono verificarsi ovunque nella complessa circolazione cerebrale, quasi sempre durante il giorno. L’infarto embolico è generalmente preceduto da intensa cefalea. Gli ostacoli alla circolazione sanguigna cerebrale possono anche provenire da trombi che si sono staccati dal cuore a seguito di circostanze patologiche quali fibrillazione atriale, cardiopatia reumatica, infarto miocardico, alterazioni delle valvole cardiache. Possono anche derivare da fratture delle ossa lunghe, da bolle d’aria (malattia da decompressione) o coaguli venosi. L’ictus embolico può essere accompagnato o seguito da convulsioni, causate della formazione di cicatrici nelle aree lese;
  • infarto lacunare: si tratta dell’occlusione delle piccole arterie cerebrali profonde che irrorano la corteccia cerebrale non dovuta alla presenza di trombi: la causa più frequente dell’infarto lacunare è la lipoialinosi, la degenerazione della parete arteriosa con deposizione di collagene e lipidi; le conseguenze di questa forma di ictus sono: paralisi motoria, paralisi sensitiva, demenza;
  • stenosi arteriosa: il restringimento del diametro di una delle arterie che nutre il cervello riduce il flusso di sangue all’organo; si parla, in questo caso, di ictus emodinamico.

L’ictus ischemico è ereditario? No, in sé, ma lo possono essere alcuni dei fattori di rischio che aumentano le possibilità di andare incontro ad un ictus.

Ictus o TIA
Spesso l’ictus sopraggiunge senza alcun segno prodromico. In alcune circostanze, tuttavia, può essere preceduto da un TIA (Attacco Ischemico Transitorio), l’omologo dell’angina per l’ictus. 
In questi casi, la riduzione dell’ossigenazione di alcuni neuroni non è tanto grave da provocarne la morte ma scatena sintomi quali:

  • la perdita di coscienza;
  • l’intorpidimento o il formicolio di un braccio o di una gamba o la difficoltà nel muoverli;
  • una cefalea violenta e acuta (la cefalea è il sintomo più ricollegato a questa patologia, ma si può avere un ictus senza mal di testa né dolore in altre parti del corpo: per questa ragione è bene non sottovalutare altri sintomi più subdoli ma che potrebbero essere comunque significativi);
  • un’improvvisa difficoltà nel parlare, soprattutto nell’articolazione del linguaggio;
  • un aspetto anomalo nell’espressione del volto (bocca storta, occhio semichiuso);
  • un calo della vista. 

Una persona su 3 colpita da TIA va incontro successivamente ad ictus vero e proprio: in un caso su 5 l’ictus compare entro un anno.

È possibile avere l’ictus senza accorgersene? È possibile che l’ictus non sia accompagnato da sintomi evidenti e TC negativa: in questo caso, l’ischemia si è presumibilmente verificata in un’area non strategica e l’ictus si verifica senza causare danni cerebrali.

Come guarire evitando l’ictus? Fondamentale dunque riconoscerlo, per scongiurare il peggio. In caso di sintomi che possono indurre a sospettare un ictus, occorre recarsi subito in un ospedale attrezzato per il soccorso neurologico d’emergenza.

Come si diagnostica l'ictus ischemico

Dove andare? La diagnosi di ictus si effettua su base clinica presso una Stroke Unit, ma le indagini strumentali e gli esami ematochimici sono utili per confermarla, escludere un’emorragia e distinguere la tipologia di ictus:

  • TC: permette la diagnosi differenziale con l’emorragia, l’ematoma subdurale e il tumore a rapido accrescimento, che possono manifestarsi con analoghe modalità. La TC cerebrale senza contrasto è indicata nelle prime 24 ore; se l’episodio è stato grave, una seconda TC è indicata entro 7 giorni
  • RM: può essere effettuata immediatamente dopo la TC per avere una ricostruzione più precisa del quadro clinico
  • ecografia carotidea: è utile a diagnosticare eventuali occlusioni delle carotidi
  • ecodoppler carotideo: è indicato per lo studio della circolazione carotidea nei pazienti candidati alla chirurgia
  • esami ematochimici: glicemia, emocromo, conta piastrinica, PT/PTT, profilo lipidico.

Ictus ischemico o emorragia cerebrale. Mentre l’ictus ischemico è causato dall’occlusione di un’arteria che porta sangue al cervello, l’emorragia cerebrale (o ictus emorragico) è provocata da un versamento di sangue nell’encefalo, che crea un effetto massa e comprime le strutture nervose adiacenti.

Ictus ischemico o aneurisma. L’aneurisma è una dilatazione patologica di un’arteria dovuta allo sfiancamento della sua parete. Può avere origine congenita oppure essersi formato in seguito ad una patologia del sistema cardiovascolare. La rottura di un aneurisma a livello cerebrale provoca un ictus emorragico. 

Immagine che rappresenta dei medici che stanno studiando il cervello

Ictus e COVID

Il primo fattore di impatto della pandemia sull’ictus è indiretto e legato alla reticenza con cui le persone colpite da sintomi che richiederebbero l’intervento sanitario d’emergenza si sono recate in ospedale durante le fasi acute della pandemia. Alcuni di quelli che, invece, si sono recati in un Pronto Soccorso non hanno comunque potuto accedere ad un trattamento tempestivo a causa del sovraccarico e dell’indisponibilità del personale sanitario.
Di fatto, le circostanze hanno portato ad una riduzione del 50% dei ricoveri per ictus e a numerosi casi di ritardo nei soccorsi, con aumento della gravità delle conseguenze e della mortalità. 
Esiste, poi, una correlazione diretta fra l’infezione da SARS-CoV-2 e l’insorgenza dell’ictus ischemico, determinata dall’aumento della coagulabilità del sangue. Questo rischio interessa prevalentemente persone già esposte a fattori di rischio cardiovascolare e comporta una mortalità più elevata rispetto ai soggetti non-COVID. 

Ictus e pillola anticoncezionale

Stando ai dati emersi da una metanalisi pubblicata nel 2017, il rischio di ictus ischemico potrebbe aumentare nelle donne che assumono la pillola anticoncezionale e che soffrono di emicrania. 
Tuttavia, la relativa scarsità di dati disponibili rimanda alla necessità di ulteriori studi.

Ictus ischemico e sonnolenza

I legami fra ictus e sonno sono numerosi. 
Uno studio pubblicato sulla rivista Neurology nel 2020 ha messo in relazione la tendenza a dormire sonni lunghi (più di 9 ore), a parità di esposizione a fattori di rischio cerebrovascolare, e l’aumento del rischio di ictus. Ma gli scienziati ritengono che siano necessari ulteriori approfondimenti per poter trarre una conclusione.
In termini generali, l’ischemia può causare alterazioni del ritmo sonno-veglia e sonnolenza. Quindi, se presente unitamente ad un sintomo preoccupante oppure se compare improvvisamente una sonnolenza insolita è bene ricorrere ad un consulto d’emergenza.

Ictus ischemico e crisi epilettiche

Una delle conseguenze dell’ictus ischemico può essere l’epilessia, in particolare quando l’evento cerebrovascolare interessa l’arteria cerebrale media (MCA). L’ictus ischemico MCA può produrre come esiti la deviazione della testa e degli occhi, la paralisi di un sito del corpo, deficit sensoriali severi e afasia. Si possono anche verificare perdita di coscienza e una ridotta capacità ventilatoria. 
Alcuni studi hanno messo in relazione l’insorgenza dell’epilessia con l’esecuzione dell’intervento chirurgico di decompressione che viene talvolta effettuato per ridurre le conseguenze dell’ictus. 
Ma in altri casi, le crisi epilettiche compaiono anche senza che sia stata eseguita la chirurgia. Per stabilire criteri predittivi di questo rischio è stato messo a punto il sistema SeLECT score, che permette l’applicazione di un approccio personalizzato alla terapia. 

Come si cura l’ictus 

Il trattamento dell’ictus comprende la somministrazione di farmaci e l’esecuzione di procedure mirate al rispristino della corretta circolazione sanguigna. 

Chi cura l’ictus? Il neurologo con un’esperienza nell’ambito della patologia cerebrovascolare. Nel caso in cui il paziente sia esposto a fattori di rischio cardiovascolari, il neurologo lavora a stretto contatto con il cardiologo o il cardiochirurgo. Nel caso in cui si renda necessario l’intervento chirurgico, se ne occupa il neurochirurgo.

Cosa fare subito? Qualsiasi segno che può indurre a ipotizzare un problema di tipo neurologico acuto in una persona non affetta da patologie specifiche merita un approfondimento in emergenza (difetti di articolazione del linguaggio, difficoltà nel muovere un arto, sensazione di intorpidimento ad un arto o al viso, amnesia, disorientamento, cefalea violenta e improvvisa, calo della vista…). Il tempo è una variabile fondamentale nel determinare l’estensione delle lesioni e il livello di recupero funzionale. 

Ictus e FAST
Per essere d’aiuto a chi è alle prese con i sintomi di un possibile ictus, è stato creato l’acronimo FAST:

  • Face drooping: per verificare la presenza di un’alterazione di metà della faccia (uno dei sintomi più frequenti dell’ictus) chiedere al soggetto di sorridere
  • Arm weakness: per mettere alla prova la forza delle braccia, farle sollevare una alla volta per metterle dietro alla testa
  • Speech difficulty: chiedere al soggetto di parlare mette in evidenza eventuali alterazioni dell’articolazione delle parole 
  • Time: se anche uno solo di questi sintomi è presente, occorre chiamare con urgenza il 118.

Quali farmaci contro l’ictus trombotico

  • acido acetilsalicilico: si tratta del farmaco più usato, un antiaggregante per il quale sussistono numerose evidenze di efficacia
  • cortisonici: vengono usati, ma con scarse prove di efficacia e a fronte di numerosi effetti collaterali
  • diuretici osmotici: il loro impiego è su base empirica e riservato ai casi di edema cerebrale
  • terapia trombolitica: può essere istituita solo nella fase acuta e solo in selezionati gruppi di pazienti: la maggior parte delle persone colpite da ictus non è candidata a questo trattamento e deve ricevere, al momento del ricovero in ospedale, l’antiaggregante; la terapia trombolitica è controindicata in caso di allergie specifiche al farmaco o sanguinamento gastrointestinale acuto o contemporaneo uso di warfarin; i trombolitici vengono prescritti, per bocca, anche dopo le dimissioni, allo scopo di prevenire successivi episodi di ictus non embolico
  • anticoagulanti: vengono talvolta somministrate molecole anticoagulanti quali eparina, eparina a basso PM (in caso di trombosi cerebrale) e warfarin; prima di somministrare anticoagulanti, occorre verificare che non sia in atto una emorragia
  • terapia antipertensiva acuta: la terapia antipertensiva deve essere somministrata in emergenza solo in determinate circostanze. La terapia antipertensiva cronica, quando necessaria, viene istituita in fase non precoce
  • riperfusione con attivatore del plasminogeno tissutale (tPA) ricombinante per trombectomia: viene effettuata nei pazienti con ictus ischemico acuto. A causa del fatto che può causare emorragia cerebrale fatale, solo medici esperti possono somministrarla. Inoltre, la riperfusione con tPA può essere realizzata solo entro 4-5 ore dall’esordio della sintomatologia, in pazienti in cui non si sono verificate emorragie (quindi è necessario avere già effettuato l’imaging diagnostico) e con pressione arteriosa inferiore a 185/110 mmHg
  • statine: vengono prescritte per la prevenzione delle recidive di ictus, quando indicate, grazie alla loro azione nella riduzione dei livelli di lipidi circolanti.

In aggiunta, vengono prescritti ai pazienti reduci da ictus ischemico le calze elastiche a compressione graduata, la mobilizzazione precoce (per prevenire la formazione di ulteriori trombi) e la corretta idratazione

Magnesio contro l’ictus
Stando alle conclusioni di una review sistematica i cui risultati sono stati pubblicati nel 2019 sulla rivista scientifica Frontiers in Neurology, l’aumento dell’apporto di magnesio con la dieta potrebbe avere un ruolo cruciale nella prevenzione dell’ictus. 
Ma la limitazione dettata dal fatto che si tratta di uno studio osservazionale impone la necessità di effettuare ulteriori ricerche. 

Ictus ischemico: come intervenire
In aggiunta alla somministrazione di medicinali, vengono eseguite procedure che hanno lo scopo di monitorare le condizioni del paziente e rimuovere gli ostacoli alla circolazione.

  • trombolisi in situ: viene eseguita sotto guida angiografica negli ictus maggiori, se i sintomi sono iniziati meno di 6 ore prima; è disponibile solo nelle Stroke Unit più attrezzate
  • trombectomia meccanica: si tratta della rimozione del trombo effettuata dall’interno dell’arteria sotto guida angiografica, che viene eseguita solo negli ictus gravi
  • endoarterectomia carotidea: è un trattamento a lungo termine degli ictus recenti ad esito non invalidante indicato nei casi di ostruzione carotidea; richiede una professionalità specifica elevata
  • angioplastica
  • controllo dell’iperglicemia e della febbre per limitare il danno cerebrale
  • controllo a lungo termine dei fattori di rischio.

Cosa succede dopo: come riprendersi dall'ictus

Oltre alla terapia farmacologica, nel caso in cui il paziente sia fuori pericolo imminente di vita ma abbia riportato danni permanenti, è importante che proceda verso la riabilitazione per recuperare il più possibile le funzioni compromesse dall’evento.
Quanto tempo ci vuole per guarire? Il livello di recupero funzionale, quando si realizza, dipende dal singolo caso, così come i tempi nei quali avviene.

Pazienti celebri

Fra i personaggi popolari colpiti da ictus e il cui caso è stato trattato dalle cronache, anche il fondatore della Lega Umberto Bossi. Nel 2004 Bossi è stato vittima di un ictus, che ha richiesto un ricovero di 50 giorni ed una lunghissima convalescenza e che ha comportato una serie di recidive e qualche lesione residua (problemi motori agli arti e qualche difficoltà di comunicazione).

Più recente il caso di Pierluigi Bersani, colpito però da ictus emorragico e ripresosi completamente dopo l’intervento neurochirurgico. 

Recentemente scomparso, Jean Paul Belmondo è stato colpito da ictus ischemico nel 2001, mentre si trovava in vacanza in Corsica. Per lui, 68enne all’epoca, ebbe inizio un lungo periodo di riabilitazione per il recupero delle funzioni del linguaggio. La convalescenza impegnativa diede tuttavia i suoi frutti: Bebel, come era soprannominato all’epoca dei suoi straordinari successi cinematografici, tornò a recitare qualche anno fa. 

Ancora alle prese con il recupero Keith Jarrett, reduce da due ictus e affetto da grossi problemi di deambulazione.

Domande e risposte

Quali sono i segni che possono precedere l'ictus?

Generalmente l’ictus non viene anticipato da segni o sintomi. Tuttavia, in taluni casi, può essere preceduto da segni quali difficoltà nel linguaggio, capogiri, confusione mentale e intorpidimento di un arto. Nel complesso, queste manifestazioni vengono definite come TIA (Attacco Ischemico Transitorio). Se adeguatamente riconosciuto, il TIA permette un intervento rapido e una sopravvivenza migliore.

Quali tipi di ictus esistono?

L’ictus può essere emorragico o ischemico; è quest’ultimo ad essere definito anche infarto cerebrale. A sua volta, l’ictus ischemico può essere trombotico, embolico, emodinamico, lacunare.

Cosa succede dopo un ictus ischemico?

Dopo la terapia in acuto, è necessario affrontare una riabilitazione, la cui lunghezza e complessità dipende dal danno residuo.

Qual è la differenza fra ictus e ischemia?

L’ischemia è dovuta all’interruzione o alla riduzione dell’afflusso di sangue in un’area del cervello. Se la circolazione viene ripristinata entro un tempo sufficientemente breve, grazie all’intervento tempestivo dei soccorsi o all’apertura di circoli collaterali normalmente chiusi, l’evento può risolversi senza causare lesioni permanenti. Quando, invece, l’ischemia causa la morte per necrosi dei neuroni nell’area colpita si parla di ictus.

Come si cura l’ictus ischemico?

Il trattamento dell’ictus comprende la somministrazione di farmaci (acido acetilsalicilico, trombolitici, anticoagulanti, antipertensivi) e l’esecuzione di procedure mirate al rispristino della corretta circolazione sanguigna, come la trombolisi e la trombectomia (per la rimozione del trombo che ostacola la circolazione del sangue) o l’angioplastica (finalizzata alla riapertura dell’arteria occlusa). È fondamentale che sia un neurologo con un’esperienza nell’ambito della patologia cerebrovascolare nell’ambito di una Stroke Unit ad occuparsi della cura in emergenza dell’ictus.

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