Aggiornato il 07.03.2025
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L’ipoacusia è definita come una condizione che indica una riduzione della capacità uditiva e si manifesta in genere nella sua fase iniziale con la difficoltà a sentire determinati suoni ad una certa distanza. Per farle un esempio, è il classico caso in cui una persona non sente il campanello di casa o lo squillo del telefono da una stanza all’altra, oppure non è in grado di capire i dialoghi, specialmente se si trova in un ambiente rumoroso. Ciò, purtroppo, determina conseguenze, sia da un punto di vista anatomo-fisiologico sia a livello emotivo e sociale, che limitano la comunicazione. La prima cosa che pensano le persone che soffrono di disturbi dell’udito è che sono gli altri a parlare a voce troppo bassa o a scandire male le parole. Ma via via che il tempo passa, di fatto tendono ad evitare le occasioni di convivialità e progressivamente vanno incontro a problemi di isolamento sociale. Temono di non riuscire a seguire le conversazioni, vivono l’imbarazzo di dover chiedere agli altri di ripetere ciò che hanno detto, fingono di capire ma ne rimangono di fatto escluse.
Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno provato che l’ipoacusia è associata a sentimenti di paura, frustrazione e insicurezza. Questa condizione produce, quindi, un impatto sulla salute mentale, tanto che in alcuni casi i soggetti che ne soffrono possono arrivare a sviluppare stati di ansia o depressione. Inoltre, esiste una correlazione fra ipoacusia e sviluppo precoce di patologie cognitive, come la demenza senile. Più in generale, i problemi di udito possono peggiorare in maniera significativa la qualità di vita, perché costringono ogni giorno a rinunciare a cose come il piacere della convivialità, di guardare la televisione o di andare al cinema, a teatro, di partecipare ad eventi sociali. D’altro lato, se una persona che ha problemi di udito sceglie di fare comunque ciò a cui tiene spesso si fa accompagnare da una persona vicina, che possa ripeterle in maniera discreta ciò che viene detto da altri e che non è stato capito. Da qui nasce una condizione di dipendenza che peggiora la situazione.
Occorre, poi, affrontare il tema dello stigma sociale che aleggia intorno all’ipoacusia, ritenuta erroneamente un problema legato alla vecchiaia. In realtà, si tratta di una patologia che può insorgere a tutte le età. Interessa, infatti, anche i bambini che, quando ne soffrono, possono andare incontro al rischio di ritardo nello sviluppo linguistico e, di conseguenza, di un ritardo nello sviluppo cognitivo e delle cosiddette abilità comunicative. Senza contare tutti i problemi legati alle limitazioni nella vita sociale, nella quotidianità e nelle opportunità di carriera da adulti. [Isabella Caligaris]
Purtroppo, sì. Perché, come prima anticipavo, è scientificamente dimostrata la correlazione tra ipoacusia e insorgenza precoce di problemi come il deficit di attenzione, disturbi di tipo depressivo e demenza senile. Ci tengo a precisare che l’ipoacusia non è la causa di queste condizioni, ma concorre ad accelerare processi di declino cognitivo già avviati. Quando non sentiamo i suoni, al nostro cervello non arrivano (o non vengono correttamente decodificati) dei segnali importanti per il suo sviluppo e la sua funzionalità. Di conseguenza, alcune aree cerebrali tendono ad andare in atrofia, a ridursi di dimensioni: un processo che riduce le attività cognitive. Si ha, nella sostanza, quello che viene definito invecchiamento precoce del cervello causato da inattività o da un'attività parziale. [Isabella Caligaris]
Il test dell'udito, che chiamiamo più precisamente esame audiometrico, valuta la capacità uditiva sia da un punto di vista quantitativo (dice qual è il livello di perdita dell'udito) che qualitativo (indica qual è il livello di comprensione del parlato). Inoltre, valuta l'impatto che questa condizione ha sullo stile di vita della persona. Possiamo incentivare la popolazione a sottoporsi a questo tipo di esame facendo informazione, educando e sensibilizzando quante più persone possibile sull'importanza della prevenzione. Dobbiamo trasmettere al pubblico il valore di un intervento precoce, prima che l’ipoacusia si manifesti come tale e attraverso le ricadute psicologiche e sociali che abbiamo visto. Da questo punto di vista, la collaborazione con la classe medica è fondamentale, proprio perché oggi purtroppo sulla salute dell'udito pesa ancora un grave stigma. Il pregiudizio deriva in gran parte dalla scarsa conoscenza della materia: una informazione chiara e corretta ci permette, invece, di trasmettere il messaggio della prevenzione a quante più persone possibile. [Isabella Caligaris]
Nella realtà dei fatti, l'impatto dell’uso dell’apparecchio acustico è solo positivo, perché permette di risolvere tutte le conseguenze dell’ipoacusia: ripristinare la possibilità di colloquiare con le persone, partecipare alle conversazioni, tutti aspetti che un problema di udito rende complessi e faticosi. Allo stesso tempo esso permette di ridurre o risolvere completamente le difficoltà legate all'isolamento sociale. Pertanto, l'utilizzo dell'apparecchio acustico non causa delle limitazioni, ma abbatte le limitazioni connesse all’ipoacusia.
Dal punto di vista estetico, ormai nel mercato sono disponibili soluzioni acustiche molto discrete, dispositivi che passano per lo più inosservati. La resistenza nell’indossarli è più che altro di tipo culturale. Ritorna il tema dello stigma di cui si parlava prima: a spaventare non è tanto l’impatto estetico quanto la paura che, vedendo l’apparecchio, le altre persone intuiscano l’ipoacusia e la ricolleghino all’invecchiamento. Ma dobbiamo chiarire che, in realtà, la perdita di udito si nota molto di più in assenza di un apparecchio acustico: per chi osserva è, infatti, molto più facile accorgersi dell’isolamento, della difficoltà di comprensione, dei malintesi e delle risposte fuori contesto di una persona con ipoacusia. Dobbiamo quindi abbattere le resistenze culturali se vogliamo che gli apparecchi acustici siano visti come soluzioni e non come problemi. [Enrico Maria Colombo]
L'intelligenza artificiale viene utilizzata da moltissimi anni per produrre le soluzioni acustiche, in particolare per elaborare le grandi quantità di dati che permettono di farle funzionare al meglio. In sostanza, un apparecchio acustico contiene al suo interno una sorta di computer che elabora le informazioni in entrata e consente di migliorare continuamente la capacità di adattamento alla situazione d'ascolto. Nel tempo, migliora la percezione del suono e la sua distinzione rispetto al rumore di fondo, che si sovrappone e confonde l’ascolto.
Più recente l’introduzione di chip basati sui sistemi DNN (Deep Neuronal Network), che ha permesso di fare un ulteriore passo in avanti e intervenire in modo molto più incisivo ed efficace nelle situazioni più complesse, quelle che possono richiedere uno sforzo uditivo più intenso. Sarà capitato anche a lei, che immagino sia normoudente, di trovarsi in un ambiente estremamente rumoroso, come può essere un ristorante molto affollato, in presenza di rumore di fondo (musica ad alto volume, vociare dei clienti, …): avrà notato che, in una situazione di questo tipo, l’ascolto richiede un livello di attenzione molto alto. Ecco, il fatto che sia richiesto un livello di attenzione alto per un ipoacusico diventa un grandissimo ostacolo all’ascolto: il rumore di fondo si sovrappone e causa un forte affaticamento mentale. Queste nuove tecnologie supportano la capacità del cervello di adattarsi alle condizioni esterne e selezionare l'ascolto in base a quello che serve realmente (cioè, quello che chiamiamo segnale) rispetto ai fattori di disturbo (il rumore). La tecnologia ci aiuta a ridurre il più possibile il rumore di fondo e mettere in primo piano la voce di conversazione. [Enrico Maria Colombo]
Partiamo da un assunto iniziale: più precocemente si interviene e tanto più facile è abituarsi. Le faccio un esempio. Se mi infortuno un ginocchio e sono costretto a rimanere fermo per un certo periodo di tempo, quando è terminata la fase acuta posso pensare di riprendere l’attività fisica. Ma se questo infortunio non è stato curato subito e ha provocato danni ai tessuti vicini, il periodo di convalescenza si allungherà. Allo stesso modo, lo scopo riabilitativo dell’apparecchio acustico viene raggiunto tanto prima e tanto meglio quanto più tempestivo è stato il suo impiego. Ciò richiede uno sforzo da parte del paziente, che però può contare sul supporto dell'audioprotesista, così come la persona infortunata al ginocchio cui facevamo riferimento prima può ricorrere all’assistenza di un fisioterapista. L'audioprotesista aiuta il soggetto con ipoacusia ad ottenere risultato ottimale dall’uso dell’apparecchio acustico. Quindi sì, è vero che abituarsi all’uso del dispositivo richiede impegno e buona volontà, ma i risultati che vengono gradualmente ottenuti premiano lo sforzo.
Quanto tempo dura questa fase?
I tempi di recupero sono molto variabili e dipendono sia dalla gravità del problema che dal periodo di tempo che è passato da quando è comparso a quando si è cominciato ad utilizzare l’apparecchio acustico. Un disturbo più severo, o su cui l’intervento è stato più tardivo, richiede un impegno maggiore da parte del paziente e, in modo reciproco, dell'audioprotesista.
Possiamo definire questa fase iniziale come un training?
Assolutamente sì. È proprio un training, un training riabilitativo. [Enrico Maria Colombo]
In primo luogo, vorrei ricordare che lo stigma sociale legato agli apparecchi acustici è ancora fortissimo. Le persone ancora oggi identificano questi dispositivi con l’età avanzata, non riconoscendo di fatto che è proprio l’ipoacusia a determinare un invecchiamento precoce. È importante che si capisca che l’ipoacusia non è sinonimo di vecchiaia: d'altronde, se ciò non fosse vero, non ci sarebbero persone giovani con problemi di udito. Lo stigma è dovuto ad una resistenza prevalentemente culturale. Un secondo aspetto è quello dell’accesso indiscriminato, da parte dei non addetti ai lavori, ad una enorme mole di informazioni sull’argomento. Informazioni che non sono sempre verificate e che possono essere fuorvianti, soprattutto per chi non ha gli strumenti giusti per filtrarle. Nascono così condizionamenti e paure prive di fondamento scientifico che possono scoraggiare dal sottoporsi ai test audiometrici. Di fatto, però, in questo modo si rimanda un problema di salute destinato a progredire nel tempo e a provocare ricadute negative su un futuro percorso riabilitativo.
Devo anche sottolineare che spesso l'ipoacusia non viene vista come un problema, soprattutto come un problema di salute, almeno inizialmente, perché può essere compensata con molti espedienti. Trucchetti come farsi ripetere una frase detta, leggere il labiale, guardare la TV con le cuffie rendono in qualche modo accessibili le informazioni desiderate. Ciò può dare la sensazione illusoria di poter fare a meno degli apparecchi acustici.
Di fatto, però, le persone sono in grado di apprezzare il passo avanti compiuto nel momento in cui tornano a sentire grazie ad essi. Il percorso riabilitativo permette, infatti, di riappropriarsi di valori importanti per le persone, come la propria sicurezza e quella delle persone che sono vicine; perché sentire bene significa anche accorgersi dei pericoli, come ad esempio rendersi conto di una bicicletta che sta arrivando alle proprie spalle quando si è per strada. Le relazioni sociali costituiscono un altro valore importantissimo, che viene fortemente minato dall'ipoacusia. Più in generale, le persone apprezzano un miglioramento della qualità della vita che non è fatto solo di reintroduzione nella vita sociale (torno al cinema, frequento di nuovo il teatro, vado a cena con gli amici, …), ma anche del recupero di un’autonomia venuta a mancare. [Isabella Caligaris]
Racchiuderei le motivazioni in due parole: inconsapevolezza e stigma.
Spesso, le persone che hanno un problema di ipoacusia non sono consapevoli della reale difficoltà che vivono. Possono compensare la perdita di udito con i piccoli espedienti di cui parlava prima la collega. Però, come abbiamo visto, questo è un problema che tende a peggiorare nel tempo: è difficile ottenere risultati ottimali se l’intervento è tardivo. Per questo è fondamentale promuovere una consapevolezza: l’ipoacusia è un problema di salute importante e deve essere risolto per evitare di arrivare al punto di perdere il piacere della socialità.
Dall’altro lato, lo stigma sociale ancora oggi presente fa sì che le persone abbiano paura di mostrare di avere un problema, già in termini generali ma ancora di più se si tratta di un elemento che inconsciamente viene ricollegato alla vecchiaia.
Sono principalmente l’inconsapevolezza della reale dimensione del problema e la resistenza sociale ad accettarlo a tenere le persone lontane dalla soluzione acustica. Ma una volta che entrano in un centro acustico, i soggetti con ipoacusia prendono coscienza della situazione e, con l’impiego dell’apparecchio acustico, capiscono cosa vuol dire tornare a sentire. Solo allora ci dicono: “Ma perché non l'ho fatto prima?”. [Enrico Maria Colombo]
È vero in generale, ma esistono alcune differenze sostanziali fra i deficit visivi e l’ipoacusia. Anzitutto, un calo della capacità visiva viene in genere percepito immediatamente, mentre un peggioramento dell’udito non scatena un allarme istantaneo. Inoltre, l’occhiale corregge dal punto di vista meccanico senza intervenire nei processi neurosensoriali. Prova ne è che le maculopatie, che sono un problema neurosensoriale, non possono essere corrette con l’occhiale. Invece, l'apparecchio acustico interviene sugli aspetti neurosensoriali che coinvolgono anche il cervello. [Isabella Caligaris]
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