Malattia di Kawasaki e Coronavirus: c'è una relazione?

Malattia di Kawasaki e Coronavirus: c'è una relazione?

Indice

Domande e risposte

Cos’è la sindrome di Kawasaki

Immagine che ritrae gli effetti di una vasculite sulle maniLa Sindrome di Kawasaki (o Malattia di Kawasaki) è una vasculite (infiammazione dei vasi sanguigni) dei vasi arteriosi di medio calibro, che colpisce i bambini al di sotto dei dieci anni.
Anche se non è possibile stabilire fino a che età si possa manifestare, generalmente la Sindrome di Kawasaki compare dagli 1 agli 8 anni.
La Malattia di Kawasaki è la prima causa di malattia cardiaca acquisita nei bambini.

Si tratta di una patologia diffusa in tutto il mondo. In Italia, alla luce dei suoi numeri esigui, è considerata una malattia rara, mentre la sua incidenza in Estremo Oriente è ben più consistente. In Giappone, in particolare, sono presenti cluster della patologia, probabilmente per la circolazione intensa di alcuni virus endemici, che agiscono come induttori della Sindrome di Kawasaki.

Questa malattia prende il nome dal pediatra giapponese che per primo la osservò e la descrisse circa 50 anni fa, Tomisaku Kawasaki. In terra nipponica le epidemie dell’omonima sindrome sono state tre nel corso del ‘900 (1979, 1982, 1986).

Malgrado i bambini siano colpiti in maniera marginale dal SARS-CoV-2, un numero anomalo di casi di Sindrome simile alla Kawasaki è stato osservato nella provincia di Bergamo e in altri ospedali europei. La questione è tuttora allo studio, anche se sembra esserci un legame stretto fra le due patologie: un link che potrebbe essere costituito dall’infiammazione.



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Come si manifesta la sindrome di Kawasaki

La Sindrome di Kawasaki è una vasculite che progredisce per stadi, il primo dei quali è caratterizzato dalla febbre
I suoi sintomi tipici sono:
  • Febbre elevata (superiore a 39°C) persistente, che si protrae per almeno 5 giorni e in genere non remittente (si abbassa solo a seguito della somministrazione di antipiretici); più a lungo dura la febbre, maggiore è il rischio di complicazioni cardiache;
  • Irritabilità; talvolta subentra invece letargia del bambino, che non risponde agli stimoli;
  • Dolore addominale di tipo colico intermittente;
  • Esantema: l’eruzione cutanea compare entro 5 giorni dall’insorgenza della febbre compare sul tronco un'eruzione polimorfa eritematosa e maculare, che successivamente si estende a tutto il corpo; l’esantema della Kawasaki può essere confuso con un’orticaria, con l’eruzione del morbillo oppure quella della scarlattina;
  • Iperemia faringea: l’arrossamento della gola accompagna l’eruzione cutanea; le labbra appaiono arrossate e secche; la lingua, rossa e con le papille rilevate, assume l’aspetto a fragola;
  • Alterazioni infiammatorie delle estremità: durante la prima settimana della malattia, le unghie delle mani e dei piedi possono apparire pallide nella porzione prossimale (quella vicina alla matrice), un aspetto noto come leuconichia parziale. Intorno al terzo-quinto giorno i palmi delle mani e le piante dei piedi, edematosi, si coprono di un eritema color rosso-porpora. Verso il decimo giorno dall'esordio, ha inizio una desquamazione di mani e piedi; 
  • Congiuntivite: entro uno o due giorni dall'inizio della febbre insorge una congiuntivite bilaterale senza essudato;
  • Linfoadenopatie: nel 50% circa dei pazienti è presente, per tutto il decorso della malattia, una linfoadenopatia (gonfiore dei linfonodi) cervicale dolente; 
  • Artrite o artralgie: fenomeni di infiammazione delle articolazioni e dolore articolare si verificano in circa il 33% dei pazienti;
  • Sintomi del tratto respiratorio superiore.
La malattia può durare da 2 a 12 settimane o più a lungo.
Esistono casi di Sindrome di Kawasaki atipica, detta anche incompleta. I bambini colpiti hanno febbre, ma non presentano tutti i criteri diagnostici richiesti. Le forme atipiche della malattia sono comunque a rischio di complicazioni vasculitiche, compresi gli aneurismi coronarici

Le complicazioni della sindrome di Kawasaki

Immagine che ritrae un professionista al microscopio in laboratorioMalgrado la Sindrome di Kawasaki sia una patologia facilmente curabile con la terapia standard, possono verificarsi casi resistenti al trattamento iniziale con le immunoglobuline. Si tratta di un’evenienza che interessa il 10% circa dei pazienti. 
Sembra che la resistenza all’azione delle immunoglobuline rappresenti l’espressione dell’intensità dell’infiammazione generata dalla malattia.
I bambini resistenti alle immunoglobuline possono essere trattati con cortisonici o altri farmaci immunosopressori o immunomodulatori (come infliximab, ciclosporina-A, metotrexato).

La complicazione più grave di questa patologia è rappresentata dall’infiammazione delle arterie del cuore, le coronarie. Questa condizione è presente nel 20% dei pazienti non trattati. I bambini più piccoli presentano un rischio più elevato di sviluppare la malattia coronarica, che comprende: miocardite (infiammazione del muscolo del cuore, il miocardio) acuta con insufficienza cardiaca, aritmie (alterazione del ritmo cardiaco), endocardite (infiammazione del foglietto interno di rivestimento del cuore) e pericardite (infiammazione del foglietto esterno di rivestimento del cuore).
Generalmente, le manifestazioni cardiache compaiono a circa 1-4 settimane dall'esordio della malattia, quando tutti i sintomi cominciano a regredire.
L’infiammazione delle coronarie può causare lo sfiancamento della parete arteriosa con formazione di dilatazioni permanenti a forma di sacchetto, gli aneurismi. Queste formazioni sono soggette a rischio di rottura e aumentano la probabilità di un infarto miocardico. L'aneurisma gigante dell'arteria coronaria, che per definizione ha diametro superiore a 8 mm (misurato durante l'ecocardiografia) è un’evenienza molto rara che può verificarsi in questa circostanza. 
L’interessamento cardiaco della Sindrome di Kawasaki può condurre anche all’insorgenza di forme anginose in età pediatrica.

Possono anche verificarsi forme che inducono nel bambino una severa ipotensione, dovuta a diversi fattori, fra cui la sintesi di sostanze promotrici dell’infiammazione, le alterazioni miocardiche e lo squilibrio citochinico. 

Sindrome di Kawasaki e infiammazione sistemica

L’apparato cardiovascolare non è l’unico ad infiammarsi nel corso della patologia. Anche il tessuto extravascolare, incluse le alte vie respiratorie, il pancreas, l'albero biliare, i reni, le mucose e i linfonodi sono soggetti a infiammazione. Proprio l’infiammazione sembra essere il parametro distintivo della malattia.

La Sindrome da Shock connessa alla Sindrome di Kawasaki (Kawasaki Disease Shock Syndrome, KDSS) è una condizione caratterizzata da instabilità emodinamica associata a rischio di insufficienza valvolare cardiaca e prolungata disfunzione miocardica. I bambini con KDSS possono essere resistenti al trattamento con le immunoglobuline e richiedere una somministrazione addizionale di antiinfiammatori.

Raramente, i bambini colpiti dalla Sindrome di Kawasaki possono andare incontro a Sindrome da Attivazione Macrofagica (Macrophage Activation Syndrome, MAS), una grave malattia reumatologica, anch’essa dalla spiccata componente infiammatoria.
La MAS si presenta con febbre alta non remittente, alterazioni della funzionalità epatica, iperfibrinogenemia (eccesso di sostanze pro-coagulanti nel sangue), pancitopenia (riduzione dei livelli di tutte le cellule del sangue, globuli bianchi, rossi e piastrine).

Come si riconosce la sindrome di Kawasaki

La Sindrome di Kawasaki viene diagnosticata principalmente sulla base di criteri clinici: viene riconosciuta in funzione dei suoi sintomi. A questo proposito, se viene sospettata questa malattia, è importante consultare un cardiologo pediatrico esperto ed è anche fondamentale che l’equipe che ha in cura il bambino comprenda uno specialista di infettivologia pediatrica ed un reumatologo pediatrico. 

La conferma della diagnosi proviene dalla ecocardiografia, che evidenzia la presenza di eventuali aneurismi coronarici, insufficienza valvolare, pericardite, miocardite. Nel periodo che segue la diagnosi, occorre eseguire ecocardiografie ed elettrocardiogrammi seriati (a distanza di 2-3, di 6-8 settimane e anche a 6-12 mesi dall'esordio).

Vengono poi eseguiti esami del sangue per escludere altre patologie: emocromo (che segnala una trombocitosi, ossia un numero elevato di piastrine), VES, proteina C-reattiva, Ac antinucleo, fattore reumatoide, albumina, enzimi epatici, emocoltura. Il bambino viene sottoposto al tampone faringeo
La diagnosi differenziale si pone nei confronti di malattie esantematiche che producono un’eruzione cutanea analoga (come la scarlattina) oppure di reazioni cutanee a farmaci o ancora di artrite idiopatica giovanile.

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La terapia della sindrome di Kawasaki

Immagine che ritrae le immunoglobuline nel sangueSenza terapia, la mortalità della Sindrome di Kawasaki si avvicina all'1% ed è principalmente conseguenza delle complicanze cardiache della malattia. Di solito il decesso subentra, nelle forme gravi non trattate, entro 6 settimane dall'esordio. 
In presenza di una terapia adeguata, il tasso di mortalità è dello 0,2% circa. 
La Sindrome di Kawasaki risponde molto bene alle cure, se prestate tempestivamente. 
La maggior parte dei pazienti ha una risposta significativa nelle prime 24 ore dall'istituzione della terapia. In assenza di malattia coronarica, la prognosi per una completa guarigione è eccellente. 

La terapia, che segue le linee guida dell’American Heart Association, si avvale della somministrazione di:
  • Immunoglobuline: vengono somministrate ad alte dosi per infusione intravenosa. I bambini che ricevono immunoglobuline possono avere una risposta ridotta ai vaccini prodotti a partire da virus vivi: questo aspetto deve essere tenuto in considerazione nella pianificazione delle vaccinazioni successive alla malattia;
  • Acido acetilsalicilico: viene somministrato ad alte dosi, perché il metabolismo di questo farmaco nella Sindrome di Kawasaki è imprevedibile; per la sua azione antitrombotica, l’acido acetilsalicilico viene dato al bambino con alterazioni coronariche a tempo indefinito;
  • Cortisonici: vengono utilizzati soprattutto nelle forme resistenti alle immunoglobuline;
  • Farmaci che supportano la pressione arteriosa;
  • Terapia fibrinolitica: il paziente viene trattato con fibrinolitici, farmaci che rompono il coagulo che si forma all’interno delle arterie infiammate, se si verifica una trombosi coronarica. I bambini con aneurisma coronarico gigante possono richiedere una terapia anticoagulante aggiuntiva, con medicinali quali il warfarin o molecole antiaggreganti.
Con il trattamento appropriato, somministrato in tempi rapidi, praticamente tutti i bambini guariscono.

Le cause della sindrome di Kawasaki

Malgrado sia stata descritta ormai più di 50 anni fa, le cause della Sindrome di Kawasaki sono ancora in gran parte ignote
Le informazioni epidemiologiche a disposizione suggeriscono che possa essere causata da un’infezione virale che, in bambini geneticamente predisposti, causa una risposta infiammatoria alla base del quadro clinico. Fra i virus induttori, potrebbe esserci anche il SARS-CoV-2.
Un’ulteriore ed alternativa ipotesi è quella dell’autoimmunità.
Per quanto riguarda eventuali modalità di contagio, la Sindrome di Kawasaki può diffondersi in cluster nell’ambito di comunità, ma non sembra potersi trasmettere da persona a persona.

Sindrome di Kawasaki e COVID-19 in Italia

L’infezione COVID-19 ha impattato in maniera relativamente lieve sulla popolazione pediatrica, sia in termini di numeri di soggetti colpiti che dal punto di vista della sintomatologia sviluppata. Ma, a valle delle ultime notizie sulle possibili correlazioni fra Coronavirus e Sindrome di Kawasaki, due importanti punti si affacciano nel dibattito scientifico.
Il primo aspetto riguarda il ruolo dei bambini nella pandemia da Coronavirus. Frequentemente asintomatici, stanno condizionando i protocolli di riapertura dopo il lockdown, poiché è ancora da comprendere chiaramente il loro impatto sulla salute degli adulti con i quali vengono in contatto.
Immagine che ritrae una bambina con la mascherina in ospedale In seconda battuta, occorre considerare il numero significativo di casi anomali che si sono manifestati nella provincia di Bergamo di una malattia se non coincidente molto simile alla Sindrome di Kawasaki. 

Queste condizioni sono al centro delle analisi contenute in un articolo pubblicato sula rivista scientifica The Lancet
L’allerta giunta ai pediatri contiene informazioni che rimandano a una possibile connessione diretta della Sindrome di Kawasaki con la COVID-19 oppure ad una patologia sistemica affine alla Sindrome di Kawasaki associata al SARS-CoV-2.
Un numero di casi preoccupanti di questo disturbo è stato registrato in Lombardia, Piemonte, Liguria.

La prima diagnosi è stata effettuata il 21 marzo scorso all’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo da parte del cardiologo pediatrico Matteo Ciuffreda. Un bambino 9 anni affetto da miocardite, febbre molto alta e ipossia è giunto in Pronto Soccorso ed è stato sottoposto ad ecografia. L’esame ha evidenziato l’ingrossamento di una coronaria ed una infiammazione violenta multiorgano.
Malgrado la gravità della sintomatologia, con la terapia standard il bambino si è ristabilito in pochi giorni. Nella maggiorparte dei casi trattati, la ripresa dei piccoli pazienti è stata anche più veloce rispetto a quella che normalmente si verifica con la Sindrome di Kawasaki.
Il Presidente della Società Italiana di Pediatria Alberto Villani ha dichiarato: “Abbiamo avviato una fase di monitoraggio e abbiamo cominciato a raccogliere, da qualche settimana, una serie di dati, che indicano la presenza della Malattia di Kawasaki in alcune aree del paese, in particolare in Lombardia, Piemonte e Liguria. Al momento però non è dimostrato nessun nesso”.
Altri pediatri in altri Paesi europei hanno fatto osservazioni simili. In particolare, alcuni specialisti del servizio sanitario britannico (NHS) hanno rilevato un numero significativo di casi analoghi. Ma occorre uno studio scientifico organizzato per valutare la effettiva correlazione.

Agli inizi degli anni 2000 la Sindrome di Kawasaki era stata collegata a un altro Coronavirus, noto con la sigla NL63, anche se il legame non è mai stato dimostrato. Ciò che lasciano supporre le prime informazioni è che il recettore usato dal virus NL63 per infettare gli uomini potrebbe essere lo stesso del SARS-CoV-2.

La sindrome di Kawasaki e il cluster di Bergamo

La provincia di Bergamo è stata colpita duramente ed estesamente dalla pandemia COVID-19.
“Si è molto parlato dei fattori di rischio che rendono una persona più suscettibile alla malattia e si è detto che i bambini sono protetti dallo sviluppare forme gravi di polmonite da COVID-19” – spiega Lorenzo D’Antiga, direttore della Pediatria dell’ASST Papa Giovanni XXIII. “Nonostante ciò, stiamo imparando che questo virus può causare anche altre patologie, attivando il sistema immunitario dell’ospite e inducendo una risposta infiammatoria che può interessare qualsiasi organo, anche a distanza di tempo dall’infezione”.

“Negli ultimi due mesi”, aggiunge Lucio Verdoni, reumatologo pediatra del Papa Giovanni XXIII “ci siamo accorti che giungevano al pronto soccorso pediatrico diversi bambini che presentavano una malattia nota come Malattia di Kawasaki. In un mese il numero dei casi di Malattia di Kawasaki ha eguagliato quelli visti nei tre anni precedenti. Si è calcolato che l’incidenza di questa malattia, nell’ultimo mese, è stata di 30 volte superiore al passato”.

Verdoni, D’Antiga e l’allergologo Angelo Mazza hanno approfondito i casi e individuato elementi che potrebbero confermare, per la casistica degli ultimi due mesi, la responsabilità del nuovo Coronavirus. Inoltre, si è osservato che i pazienti coinvolti hanno manifestato forme più severe di questa malattia, che coinvolgono l’apparato cardiocircolatorio e talora necessitano di cure intensive.
Dai dati emersi, si deduce che solo una piccola minoranza di bambini infettati da SARS-CoV-2 sviluppa la Malattia di Kawasaki, sicuramente meno dell’1%

Il ruolo dell’infiammazione: le analogie fra COVID-19 e sindrome di Kawasaki

L’esperienza dei pediatri dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo è stata pubblicata sullo stesso Lancet, il 13 maggio scorso.
I bambini diagnosticati con infezione da SARS-CoV-2 che hanno manifestato una risposta immunitaria anomala all’azione del virus presentano caratteristiche specifiche. Non sono piccoli, hanno avuto un’elevata frequenza di fattori di coinvolgimento cardiaco e aspetti della MAS (la Sindrome da Attivazione Macrofagica già approfondita nei paragrafi precedenti) molto simili alla tempesta citochinica osservata nei pazienti positivi al nuovo Coronavirus, la drammatica e anomala reazione del sistema immunitario che causa nei pazienti danni estesi e gravi a molti apparati. 

Dalle informazioni emerse, appare che il virus SARS-CoV-2 può causare una forma grave di Sindrome Kawasaki-like.
I pazienti pediatrici valutati presentavano caratteristiche cliniche analoghe a quelli affetti da COVID-19 e un decorso della Kawasaki più grave rispetto alla media, con segni di resistenza alla somministrazione intravenosa di immunoglobuline e la richiesta di cortisonici aggiuntivi. Questo lascia intuire una particolare reazione infiammatoria della malattia. Non è dunque chiaro se si tratti di Sindrome di Kawasaki con SARS-CoV-2 come agente induttore oppure se siano casi di una variante emergente della stessa patologia caratterizzata da un’infiammazione multisistemica.
Altri parametri significativi sono la presenza di MAS e manifestazioni della Sindrome da Shock correlata alla Kawasaki (KDSS).

Sindrome di Kawasaki e COVID-19: le implicazioni sul vaccino

Contestualmente alla segnalazione dei casi di Sindrome di Kawasaki da parte dei pediatri di Bergamo, un gruppo di colleghi britannici ha notificato al servizio sanitario la presentazione di una patologia atipica. Le osservazioni tratte dall’esperienza sono successivamente state pubblicate su The Lancet, nel già citato articolo.

L’assenza di replicazione virale nei bambini esaminati a Bergamo lascia supporre che il meccanismo d’azione sia mediato da anticorpi. Questo aspetto potrebbe avere ripercussioni sullo sviluppo del vaccino
Inoltre, spiegherebbe perché mentre la quasi totalità dei bambini è asintomatica o paucisintomatica, alcuni di loro si ammalano gravemente.

Domande e risposte

Come si prende la Sindrome di Kawasaki?

La Sindrome di Kawasaki non sembra trasmettersi di persona in persona. Tuttavia, una delle ipotesi formulate sulle sue cause riconosce la presenza di virus induttori che possono, in bambini predisposti, causarne l’insorgenza. Questi virus possono essere trasmessi da soggetti infetti.

Quanto è pericolosa la Sindrome di Kawasaki?

La Sindrome di Kawasaki è una malattia potenzialmente molto grave, che tuttavia guarisce completamente se trattata tempestivamente. Può manifestare diverse complicazioni, anch’esse trattabili farmacologicamente.

La Sindrome di Kawasaki guarisce spontaneamente?

La Sindrome di Kawasaki è autolimitante, ma nei casi non trattati la mortalità aumenta.

La Sindrome di Kawasaki è una malattia autoimmune?

Si tratta di un disturbo le cui cause non sono ancora note. Una delle ipotesi a riguardo è che riconosca una genesi autoimmunitaria. Oppure potrebbe essere scatenata da banali infezioni virali.

Qual è il legame fra COVID-19 e Sindrome di Kawasaki?

Malgrado i bambini siano colpiti in maniera marginale dal SARS-CoV-2, un numero anomalo di casi di Sindrome simile alla Kawasaki è stato osservato nella provincia di Bergamo e in altri ospedali europei. La questione è tuttora allo studio, anche se sembra esserci un legame stretto fra le due patologie: un link che potrebbe essere costituito dall’infiammazione.

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