COVID-19, sintomi e cure: intervista a Francesco Broccolo

COVID-19, sintomi e cure: intervista a Francesco Broccolo

Nuovo Coronavirus: i sintomi e le modalità di cura

Intervista a Francesco Broccolo, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Milano Bicocca


Fotografia che ritrae Francesco BroccoloContro il dilagare dell’infezione da coronavirus Sars-Cov-2 non siamo proprio disarmati. La Covid-19 è molto contagiosa, ma si caratterizza per avere sintomi diversi per intensità e gravità, anche a livello respiratorio. “Lo spettro delle manifestazioni cliniche”, spiega Francesco Broccolo, virologo e docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica dell’Università Milano-Bicocca, “va dall’essere asintomatico a un semplice raffreddamento fino a problemi respiratori anche gravi

Oltre ai sintomi tipici del raffreddamento, sono stati individuati anche disturbi lievi meno noti, ma molto importanti per indicare un possibile contagio da Covid-19. 
Il mal di pancia è tra questi. Secondo uno studio su 204 pazienti della provincia cinese dell’Hubei, pubblicato sull’American Journal of Gastroenterology, il 48,5% è arrivato in ospedale con problemi di stomaco come diarrea, vomito o dolore addominale

Un altro dei primi sintomi meno noti di infezione da Covid-19 riguarda un deficit dell'olfatto (anosmia) e un conseguente deficit del senso del gusto (ageusia). Lo rivelano alcuni dati preliminari accumulati su pazienti in diversi paesi del mondo tra cui l'Italia e raccolti da Claire Hopkins, presidente della British Rhinological Society. In base ai dati della Corea del Sud, si stima che il 30% delle persone positive abbia avuto questo disturbo temporaneo, anche in assenza di altri sintomi. La British Association of Otorhinolaryngology, l’Ordine professionale degli Otorinolaringoiatri britannici, ha decretato che chi riscontra una perdita totale di questi sensi dovrebbe auto-isolarsi immediatamente, anche in assenza di altri sintomi.

Un profondo senso di stanchezza psicofisica, che si manifesta prima degli altri disturbi, è un altro sintomo recentemente scoperto e associato all’infezione da coronavirus. Secondo un rapporto pubblicato sul Journal of American Medical Association, fino al 44% dei ricoverati in ospedale con Covid-19 ha riferito un forte senso di stanchezza e affaticamento mentale. Sono in corso ricerche per verificare quanto questi segnali siano comuni senza confonderli con problemi allergici, diffusi in questo periodo dell’anno.

La congiuntivite dell’occhio è un sintomo che può indicare infezione respiratoria da Covid-19, poiché il punto di ingresso per il coronavirus è spesso nelle aree degli occhi, oltre a quelle del naso e della gola. Gli occhi possono essere considerati la porta di ingresso per il Coronavirus, che viene poi trasportato nel corpo tramite le lacrime. Il film lacrimale è composto da tre strati che lubrificano gli occhi con funzioni di idratazione, difesa, pulizia, nutrimento e ottica. Le lacrime vengono poi convogliate, attraverso i canalini lacrimali, nel naso e quindi nella gola. L'American Academy of Ophthalmology ha diramato un Alert ufficiale su congiuntivite da Coronavirus, per rafforzare la cultura della profilassi e la sua ottimale applicazione da attuarsi su larga scala. Una congiuntivite virale è stata registrata tra i pazienti cinesi colpiti in Cina dall’epidemia, anche come sintomo precoce, nei pazienti contagiati. Il sintomo più caratteristico di questa patologia è l’arrossamento dell’occhio: i vasi sanguigni, a causa dell’infiammazione, diventano più visibili, dando all’occhio un caratteristico rossore.
Un motivo in più per ricordare la necessità di non toccare e il viso con le mani. Data la normale predisposizione di tutti nel toccare con le mani gli occhi, soprattutto in caso di lieve irritazione e piccoli disturbi (in questi casi si arriva normalmente a uno sfregamento delle palpebre sicuramente privo di ogni utilità) viene consigliato d lavarsi spesso le mani e di evitare il contatto delle mani con potenziali fonti di infezione.

La metà delle persone positive al tampone restano a casa in quarantena.

Dipende dai sintomi. Nelle forme più lievi c’è rinorrea (naso che cola), un malessere generale, mal di testa, congiuntivite, lacrimazione.
La COVID-9 però dà sempre la febbre che può variare da 37.2 a 39. Ci può quindi essere il coinvolgimento del tratto respiratorio con tosse secca. In alcuni casi - circa il 15% - si presenta anche diarrea - per questo si sta sospettando che la via di trasmissione non sia solo orale, ma anche oro-fecale.
Se l’infezione coinvolge gli alveoli polmonari, si crea una violenta infiammazione che compromette gli scambi gassosi (ossigeno-anidride carbonica) dando difficoltà di respiro, affanno (dispnea). 

Quando è indicato il test per la COVID-19?

Il candidato al tampone deve avere almeno alcuni di questi sintomi, la dispnea e il contatto con una persona positiva. Se non c’è dispnea e non c’è contatto con un positivo non è sospetto, ma si fa una quarantena fiduciaria.

Come si curano i sintomi in casa?

A domicilio si può usare l’antipiretico, ma solo se la temperatura è oltre i 38 gradi perchè la febbre è il primo meccanismo di difesa immunitaria che serve per bloccare la replicazione del virus. Anche la tosse secca non andrebbe sedata perché aiuta a espellere il virus 

Quando è necessario il ricovero?

Se oltre ai sintomi c’è difficoltà respiratoria, si può prevedere il ricovero in un reparto di malattie infettive e, nei casi più gravi, in terapia intensiva. Va però accertato che non si tratti di panico. Molti chiamano chiedendo il tampone per sintomi respiratori, ma con il triage sanitario si scopre che sono dovuti a uno stato di ansia

A cosa è dovuta la gravità della COVID-19?

Dalla presenza di polmonite. La radiografia, ma soprattutto la Tac, mostrano un infiltrato infiammatorio a livello dei polmoni tipico, a vetro smerigliato, per la presenza di un essudato, un liquido interstiziale dovuto alla violenta risposta immunitaria che casa una forte infiammazione.
Il virus distrugge le cellule degli alveoli polmonari nei lobi posteriori inferiori e richiama l’arrivo in massa delle cellule immunitarie per riparare il danno. Si forma così un infiltrato infiammatorio che produce un essudato a livello degli interstizi che riduce la capacità respiratoria e dà un’immagine tipica. Gli ultimi studi dimostrano che la Tac è più sensibile dei raggi X a individuare anche le fasi iniziali.

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Quali cure ci sono?

La terapia è ossigenare il sangue con la ventilazione assistita con maschere o caschi. Diamo ossigeno perché il paziente si riprenda e si ricostruisca il tessuto polmonare per lo scambio dei gas (ossigeno-anidride carbonica). Ovviamente ci vogliono settimane per riparare il danno.

Ci sono farmaci efficaci?

Non esiste un antivirale specifico per distruggere il virus, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha autorizzato tre farmaci: remdesivir e altri due (lopinavir e ritonavir) usati nell’HIV. In vitro (in test di laboratorio, Ndr), si è visto che bloccano anche il coronavirus.

È la stessa cosa accaduta con il remdesivir. Sviluppato con poco successo per l’ebola, ha dimostrato di inibire il coronavirus della Sars.

C’è poi la clorochina, usato da 70 anni come antimalarico. Non c’entra niente con il coronavirus, ma è un immunomodulatore che, nell’artrite reumatoide, blocca una pompa cellulare che espelle i farmaci. L’uso è quindi per aumentare l’efficacia degli antivirali evitando che vengano eliminati. Possono essere impiegati perchè la Covid-19 causa una distruzione del tessuto, ma anche il richiamo di liquido. Il cortisone calma, attenua questa risposta immunitaria violenta. 

Sono efficaci queste cure?

Gli studi sono ancora in corso. Allo Spallanzani sono stati dati ai due cinesi gli antivirali, ma è stato dato soprattutto il supporto respiratorio. Ad oggi non sappiamo quale sia la loro reale efficacia anche nei pazienti che ce l’hanno fatta. 
In Cina hanno usato anche il plasma “L’idea è di infondere gli anticorpi sviluppati da chi è guarito, ma non so quanto sia efficace in un paziente che continua a produrre virus”.
Secondo l’ Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ci sono 70 farmaci potenzialmente efficaci contro la Covid-19.
“Per approvare una antivirale ci vuole del tempo, come per il vaccino. Servono test di sicurezza ed efficacia che richiedono almeno un anno. La strategia in questo momento di emergenza è l’uso di farmaci che, già testati per la sicurezza sull’uomo, dimostrino una qualche efficacia in laboratorio

Intanto qualche speranza arriva dal tocilizumab, farmaco che viene usato per l'artrite reumatoide, e che potrebbe essere utile perchè blocca la sindrome da rilascio da citochine che è simile da quella che causa l'insufficienza respiratoria da Covid-19.  
Tra le sostanze implicate nella violenta risposta immunitaria, che pare colpire più gli uomini per una maggiore presenza di recettori per il virus a livello alveolare, c’è l'interleuchina 6, sostanza viene bloccata da tocilizumab. Lo sta sperimentando Paolo Ascierto, Direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del Pascale di Napoli insieme all'Azienda Ospedaliera dei Colli.
L'ha usato in sei pazienti con risultati incoraggianti. Medici cinesi hanno testato il farmaco in 21 pazienti e tutti quanti hanno recuperato. Due pazienti selezionati al Cotugno tra i più critici, uno intubato e uno da reparto, con più di 60 anni, in meno di 24 ore hanno avuto un miglioramento importante dei parametri respiratori. L'azienda farmaceutica Roche lo fornirà gratis. Ora anche altri ospedali, tra i quali il San Raffaele di Milano, il Sacco, quello di Bergamo e di Fano stanno provando a testare il tocilizumab. 

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