Burnout o Sindrome da Esaurimento Professionale: sintomi, cause e cura

Burnout o Sindrome da Esaurimento Professionale: sintomi, cause e cura

Indice

Domande e risposte

Che cos’è la sindrome da burnout

La sindrome da burnout, meglio nota come Sindrome da esaurimento professionale, è una patologia con incidenza sempre maggiore in molte professioni: in primis quelle sanitarie, manageriali, ma può riguardare anche dipendenti di aziende, insegnanti. Nel 2019 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito il burnout nell’undicesima revisione dell’International Classification od Disease (Icd), come fenomeno occupazionale legato allo stress da lavoro, per il quale si può cercare una cura. Attenzione: non è comunque ufficialmente considerata una condizione medica o una malattia.
La definizione ufficiale dell’OMS è la seguente: "Il burnout [l’OMS usa la dicirtura burn-out, ndr] è una sindrome concettualizzata come risultante dallo stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo. È caratterizzata da tre dimensioni:
  1. Sentimenti di esaurimento o esaurimento energetico;
  2. Maggiore distanza mentale dal proprio lavoro o sentimenti di negativismo o cinismo legati al proprio lavoro; 
  3. Ridotta efficacia professionale.
Il burnout si riferisce specificamente ai fenomeni nel contesto professionale e non dovrebbe essere applicato per descrivere le esperienze in altri settori della vita."


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Immagine che rappresenta una persona stanca davanti al pc

Le cause del burnout

Ci sono situazioni più a rischio, ma episodi di burnout sul lavoro hanno un loro significato e possono capitare a tutti. Ogni storia personale è a sé, perché ogni persona anche a seconda del momento preciso della propria vita, percepisce le stesse situazioni in modo diverso. 
Le cause che determinano l'insorgenza della sindrome da burnout sono essenzialmente riconducibili a 3 fattori: individuali, culturali e socio-demografici.
  • Individuali: l'ipotetica incapacità di lavorare in gruppo, le aspettative professionali spesso irrealizzabili, lo stress dovuto a uno stile di vita frenetico, l'eccessiva abnegazione nei confronti del lavoro e la tendenza a ritenersi indispensabili;
  • Culturali: l'inadeguata retribuzione, un carico di lavoro eccessivo, scarse risorse materiali, mancati riconoscimenti, difficoltà nella comunicazione fra colleghi e superiori, assenza di stimoli, conflitto di ruolo, turnazione e orario di lavoro inadeguato alle nostre esigenze e condizioni, mancanza di sostegno nei momenti difficili, tradimenti;
  • Socio-demografici: le differenze di genere (gli individui di sesso femminile sono più predisposti di quelli di sesso maschile), l'età (la sindrome si presenta in particolar modo nel corso dei primi anni lavorativi) e lo stato civile (le persone che non hanno legami sentimentali stabili sono più inclini ad ammalarsi).

Come capire se sei a rischio burnout. I sintomi

I sintomi possono essere ricondotti a quattro grandi categorie:
  1. Collasso delle energie psichiche: difficoltà a recarsi al lavoro, problemi nel trovare la giusta concentrazione, irritabilità, incubi notturni, paure prive di fondamento;
  2. Collasso della motivazione: comprende tutte le condizioni psichiche che conducono alla depersonalizzazione del lavoratore e a un progressivo deterioramento della qualità professionale. Si segnalano distacco emotivo, cinismo, pessimismo, rifiuto e/o ostilità nei confronti dei colleghi e del bacino d'utenza. A questi sintomi si possono aggiungere dei segnali fisici, fra cui dolori alla schiena, cefalea, vertigini, nausea, perdita di appetito, crisi di pianto;
  3. Perdita dell'autostima: il soggetto perde fiducia nelle proprie potenzialità, il carico di lavoro risulta insostenibile e le difficoltà quotidiane sembrano insormontabili;
  4. Perdita del controllo: l'individuo non riesce più ad attribuire la giusta importanza alla propria professione e prova un generale senso di malessere anche oltre l'orario lavorativo.

Dal punto di vista comportamentale il burnout si manifesta con:
  • Assenteismo;
  • Difficoltà a relazionarsi con utenti e colleghi;
  • Fuga dalla realtà lavorativa;
  • Perdita improvvisa dell'autocontrollo;
  • Tabagismo;
  • Assunzione di sostanze psicoattive (bevande alcoliche, psicofarmaci, stupefacenti).
 
Immagine infografica che rappresenta segni premonitori del burnout

Cosa fare per avere una diagnosi di burnout

Il soggetto che accusa sintomi imputabili alla sindrome da burnout deve rivolgersi al proprio medico curante. L’OMS precisa che prima di diagnosticare un burnout è necessario escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come:
  • Il disturbo dell’adattamento;
  • L’ansia;
  • Disordini legati a paure;
  • La depressione.
Inoltre il burnout si può riferire solo a un contesto lavorativo.
Una volta che il medico sospetta che si tratti di burnout, la diagnosi deve essere eseguita da un professionista:
  • Medico del lavoro;
  • Psichiatra;
  • Psicologo, che valuterà anche attraverso l’ausilio di questionari  preposti a livello internazionale, se lo ritiene, se effettivamente la sintomatologia presentata dal paziente rispecchia le caratteristiche descritte dall’OMS.

I tuoi diritti sul posto di lavoro

In ogni caso è il medico a decidere se l’assenza dal lavoro è giustificata. In caso affermativo serve chiedere al medico di base il certificato che andrà inviato all’Inps per via telematica entro il giorno successivo alla diagnosi e avvertire il datore di lavoro comunicando il numero di protocollo telematico del certificato medico.
Non trattandosi di una malattia riconosciuta, ma di un fenomeno, così come lo stress, il burnout non dà diritto automaticamente a giorni di malattia o ad assegni di invalidità, a meno che le conseguenze del burnout non siano talmente esasperate da portare a Mdd, cioè disturbo depressivo maggiore oppure all’esaurimento nervoso.
Le tabelle ufficiali che riportano le percentuali di invalidità indicano, in proposito, questi valori:
  • Sindrome depressiva endoreattiva lieve: 10%;
  • Sindrome depressiva endoreattiva media: 25%;
  • Sindrome depressiva endoreattiva grave: dal 31% al 40%;
  • Sindrome depressiva endogena lieve: 30%;
  • Sindrome depressiva endogena media: dal 41% al 50%;
  • Sindrome depressiva endogena grave: dal 71% all’80%;
  • Nevrosi fobico ossessiva e/o ipocondriaca di media entità: dal 21% al 30%;
  • Nevrosi fobico ossessiva lieve: 15%;
  • Nevrosi fobico ossessiva grave: dal 41% al 50%;
  • Nevrosi ansiosa: 15%;
  • Psicosi ossessiva: dal 71% all’80%.

La prima forma di cura della sindrome da burnout è la prevenzione, ma non tutte le aziende sono attente a questo aspetto e poche prevedono delle figure specifiche a cui i dipendenti possono rivolgersi in caso di malessere.
Aziende e organizzazioni dovrebbero, infatti, prevedere:
  • L'inserimento di una figura di sostegno (counselor) nel proprio organico;
  • L'istituzione di corsi per i dipendenti su questo argomento;
  • La definizione di nuove metodologie di recruitment del personale per individuare tutti i soggetti a rischio;
  • L’istituzione di procedure di valutazione prima dell'attribuzione di un nuovo incarico a una persona.

Come si cura il burnout

La prima cosa da fare se si presentano dei sintomi simili a quelli citati è andare dal medico per sottoporsi a una diagnosi. Una volta in possesso di diagnosi, la terapia dipende dalla storia personale e professionale del paziente. L'obiettivo finale resta quindi la risoluzione definitiva del problema, abbattendo i livelli di stress, ansia e depressione. 
Spesso ci sono dei comportamenti pericolosi da correggere, come l’abuso di alcol, farmaci o sostanze.
Il medico suggerirà alla persona lo specialista più indicato (psicoterapeuta), affiancandolo eventualmente con dei farmaci per supportare il paziente in questa prima fase. Il processo di guarigione è, inoltre, fortemente influenzato dalla buona volontà del malato: egli deve, infatti, comprendere pienamente la necessità di cambiare stile di vita e abitudini (talvolta anche lavoro) al fine di azzerare lo stress lavorativo.
 
Immagine che rappresenta come prevenire la sindrome da Burnout

Il burnout del personale sanitario (medici, infermieri, OSS)

Immagine che rappresenta una persona stancaUna delle categorie più a rischio di burnout è quella sanitaria, che si trova a gestire lo stress oltre che di ritmi di lavoro spesso molto pesanti, anche il dolore e la frustrazione dei propri pazienti. Oltre a gestire quotidianamente il rapporto con la morte.

La sindrome da burnout che insorge negli operatori sanitari presenta quattro diverse fasi:
  1. Entusiasmo realistico: racchiude tutte le motivazioni (consapevoli e inconsce) che hanno indotto il soggetto a scegliere una professione assistenziale;
  2. Stagnazione: il lavoratore si rende conto, con il passare del tempo, che le sue aspettative non collimano con la realtà lavorativa vissuta;
  3. Frustazione: l'individuo prova un profondo senso di inadeguatezza e crede di non riuscire più ad aiutare alcun paziente; spesso non si sente apprezzato dai propri superiori, dai colleghi e dagli utenti. Può assumere atteggiamenti aggressivi anche nei confronti degli altri e mettere in atto comportamenti di fuga;
  4. Apatia: si tratta della vera e propria morte professionale con conseguente perdita totale di ogni interesse.
Per facilitare il lavoro degli operatori sanitari in emergenza, a maggio 2020 il Gruppo di lavoro  dell’Istituto Superiore di Sanità su Salute mentale ed emergenza COVID-19 ha prodotto delle Indicazioni ad interim per la gestione dello stress lavoro-correlato negli operatori sanitari e socio-sanitari durante lo scenario emergenziale SARS-COV-2 (link nelle fonti). 

 
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Quali sono i sintomi del burnout?

I sintomi possono essere ricondotti a quattro grandi categorie:

  1. Collasso delle energie psichiche: difficoltà a recarsi al lavoro, problemi nel trovare la giusta concentrazione, irritabilità, incubi notturni, paure prive di fondamento;
  2. Collasso della motivazione: comprende tutte le condizioni psichiche che conducono alla depersonalizzazione del lavoratore e a un progressivo deterioramento della qualità professionale. Si segnalano distacco emotivo, cinismo, pessimismo, rifiuto e/o ostilità nei confronti dei colleghi e del bacino d'utenza. A questi sintomi si possono aggiungere dei segnali fisici, fra cui dolori alla schiena, cefalea, vertigini, nausea, perdita di appetito, crisi di pianto;
  3. Perdita dell'autostima: il soggetto perde fiducia nelle proprie potenzialità, il carico di lavoro risulta insostenibile e le difficoltà quotidiane sembrano insormontabili;
  4. Perdita del controllo: l'individuo non riesce più ad attribuire la giusta importanza alla propria professione e prova un generale senso di malessere anche oltre l'orario lavorativo.
Dal punto di vista comportamentale il burnout si manifesta con: assenteismo, difficoltà a relazionarsi con utenti e colleghi, fuga dalla realtà lavorativa, perdita improvvisa dell'autocontrollo, tabagismo, assunzione di sostanze psicoattive.

Chi colpisce il burnout?

La sindrome da burnout, meglio nota come Sindrome da esaurimento professionale, è una patologia con incidenza sempre maggiore in molte professioni: in primis quelle sanitarie, manageriali, ma può riguardare anche dipendenti di aziende, insegnanti. Una delle categorie più a rischio di burnout è quella sanitaria, che si trova a gestire lo stress oltre che di ritmi di lavoro spesso molto pesanti, anche il dolore e la frustrazione dei propri pazienti. Oltre a gestire quotidianamente il rapporto con la morte.

Cosa è la sindrome di burnout?

La definizione ufficiale dell’OMS è la seguente: "Il burnout [l’OMS usa la dicirtura burn-out, ndr] è una sindrome concettualizzata come risultante dallo stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo. È caratterizzata da tre dimensioni:

  • Sentimenti di esaurimento o esaurimento energetico;
  • Maggiore distanza mentale dal proprio lavoro o sentimenti di negativismo o cinismo legati al proprio lavoro;
  • Ridotta efficacia professionale.
Il burnout si riferisce specificamente ai fenomeni nel contesto professionale e non dovrebbe essere applicato per descrivere le esperienze in altri settori della vita.”

Come diagnosticare il burnout?

Il soggetto che accusa sintomi imputabili alla sindrome da burnout deve rivolgersi al proprio medico curante. L’OMS precisa che prima di diagnosticare un burnout è necessario escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come il disturbo dell’adattamento, l’ansia o disordini legati a paure o la depressione. Inoltre il burnout si può riferire solo a un contesto lavorativo. Una volta che il medico sospetta che si tratti di burnout, la diagnosi deve essere eseguita da un professionista: medico del lavoro, psichiatra, psicologo, che valuterà anche attraverso l’ausilio di questionari  preposti a livello internazionale, se lo ritiene, se effettivamente la sintomatologia presentata dal paziente rispecchia le caratteristiche descritte dall’OMS.

Come prevenire il burnout?

La prima cosa da fare è dare peso ai sintomi di burnout quando iniziano a comparire in forma leggera, e parlarne, con il medico, uno psicologo, o anche solo con una persona amica, per capire come ridimensionare prima di tutto il peso della nostra vita professionale all’interno della nostra vita privata, dando alla prima lo spazio di cui necessita senza che inondi l’intera nostra esistenza. A partire dalla gestione delle email, degli orari di lavoro, di eventuali relazioni tossiche.

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