Aggiornato il 07.05.2025
Il Manuale identifica i diversi livelli di gravità dell’autismo e le loro correlazioni con la necessità di supporto e con le interferenze nella vita:
Le manifestazioni dello spettro autistico possono essere anche classificate in base al funzionamento:
I disordini dello spettro autistico (DSA) formano una categoria di condizioni ad ampio spettro.
Cosa significa? Che due soggetti con la stessa diagnosi possono manifestare sintomi molto diversi tra di loro. Questo fenomeno, tuttavia, non impedisce di individuare alcuni tratti caratteristici di questa malattia neuropsichica che interessano diverse aree dello sviluppo, e che si manifestano tipicamente prima del compimento dei 3 anni di vita del bambino. Vediamoli tutti.
Sono i sintomi più peculiari associati all’autismo e includono segnali specifici che il bambino invia e che vanno immediatamente rilevati in quanto del tutto atipici rispetto ai comportamenti standard dei coetanei “sani”.
Molti genitori sono preoccupati perché osservano nel proprio figlio quelli che ritengono essere atteggiamenti autistici, ma in realtà spesso si tratta di comportamenti normali. Come riconoscerlo, quindi?
In caso di dubbi a riguardo, ricorda che solo uno specialista può diagnosticare l’autismo, ma tu puoi prestare attenzione ad alcuni comportamenti del tuo bambino e segnalarglieli. In particolare, osserva se il piccolo:
Fin dalla tenera età, i soggetti autistici si identificano con comportamenti singolari, diversi da quelli degli altri bambini. In genere sono automatismi, tic, gesti compulsivi e ripetitivi che perdurano fino all’età adulta e che contribuiscono a definire quelli che comunemente vengono identificati come comportamenti autistici.
Vediamo i più comuni e facili da identificare:
Questa sintomatologia con il passare degli anni può accentuarsi o – al contrario – tendere a normalizzarsi, ma questo dipende sia dalla gravità della forma autistica, che dalla tempestività della diagnosi e del trattamento terapeutico conseguente. Alcune forme di autismo, tipicamente la sindrome di Asperger, non impediscono una vita “normale” e, anzi, in molti casi chi ne sia colpito manifesta attitudine brillante allo studio e notevoli capacità intellettive. Con le necessarie terapie è altresì possibile costruirsi una rete di relazioni e di affetti duraturi e appaganti.
Questa definizione include tutti quei quadri sintomatologici che si manifestano solo dopo i 3 anni e rappresentati da situazioni in cui non sono soddisfatti tutti i criteri diagnostici dell’autismo.
Mentre le cause specifiche sono ancora controverse, il coinvolgimento diretto di alcuni fattori di rischio è stato provato.
Si tratta di:
Dall’autismo, anche se diagnosticato in forma lieve, non si può guarire. Ad oggi, non sono infatti disponibili terapie risolutive. Ma si può imparare a gestirlo in maniera che impatti il meno possibile sulla vita quotidiana e sulle relazioni sociali e attività professionale.
Quando si diagnostica? Quanto prima si giunge ad una diagnosi di autismo, tanto più efficace sarà la terapia perché si potrà iniziare a trattare il bambino nel modo più corretto per il suo specifico disturbo. A tal riguardo, come abbiamo visto, è particolarmente importante che i genitori o caregiver osservino i comportamenti del piccolo dalla nascita fino ai 3 anni. È in questa fascia di età, infatti, che si manifestano quelli che vengono comunemente definiti comportamenti autistici e che, se notati, devono essere valutati nell’ambito di una visita neurologica specialistica.
L’esame da parte del neurologo comprende l’esecuzione di test accurati che sono in grado di rilevare ritardi cognitivi, nell’apprendimento del linguaggio e nelle abilità sociali anche prima dei 2 anni di età. A questi test di solito si associano anche analisi genetiche per una conferma più robusta della diagnosi.
Una volta giunti a quest’ultima, cosa fare quindi?
Se il piccolo non viene diagnosticato tempestivamente e, di conseguenza, non riceve un adeguato trattamento può andare incontro ad alterazioni irreversibili dello sviluppo, tra cui:
L’approccio multidisciplinare precoce permette di fornire al piccolo gli strumenti adatti a capire e gestire al meglio la propria disabilità. In questo senso, consente di ridurre al minimo le conseguenze del suo disturbo e gli offre una concreta speranza di condurre un’esistenza quanto più “normale” possibile. Le terapie indicate sono di tipo psicologico e comportamentale, prettamente cognitivo, e solo in minima parte farmacologiche.
Attualmente si punta molto anche sullo sport, sull’arte terapia e sulla pet therapy (terapia con gli animali), che sembra sortire effetti molto positivi.
Gli esperti concordano sull’importanza del coinvolgimento di tutta la famiglia nel percorso terapeutico del bambino, perché essa costituisce la prima rete di supporto e di apprendimento e l’affetto non è sufficiente ad aiutare chi sia portatore di questo tipo di disabilità. L’apprendimento, da parte dei genitori e di eventuali fratelli o sorelle, delle modalità corrette con cui relazionarsi con il soggetto autistico permette di fornirgli un ulteriore supporto nello sviluppo delle sue abilità sociali e cognitive.
I disturbi dello spettro autistico devono essere trattati con percorsi integrati che prevedono interventi educativi, pedagogici, riabilitativi, psicoterapeutici e, se necessario, farmacologici.
Attualmente non esistono farmaci per la cura dell’autismo, ma vengono impiegati alcuni medicinali per controllare alcuni sintomi come l’auto ed etero-aggressività, l’iperattività e l’insonnia. Purtroppo, non sono disponibili terapie farmacologiche per trattare quelli che sono i sintomi principali dello spettro autistico (restrizione sociale, deficit nel linguaggio e stereotipie), soprattutto perché i meccanismi con cui si sviluppa e mantiene la malattia non sono noti.
Due studi recenti hanno registrato risultati incoraggianti in merito all’impiego di un farmaco per l’autismo che ha come bersaglio la vasopressina, noto come ormone della socialità. Questa sostanza è infatti in grado di modulare i circuiti neurali coinvolti nell’ansia, nell’aggressività e negli atteggiamenti sociali.
Anche se non è ancora chiaro come la vasopressina intervenga nella patofisiologia dell’autismo, è noto che la via biologica di questo neuropeptide può costituire un promettente target nella terapia farmacologica dell’autismo.
Il primo di questi studi ha testato un farmaco (Balovaptan), che aumenta la concentrazione di vasopressina, su adulti maschi con disturbi dello spettro autistico.
Il secondo, condotto presso la Stanford University, ha coinvolto una trentina di bambini con autismo di età compresa tra i 6 e i 12 anni, in cura presso l’Autism and Developmental Disorders Clinic (ADDC), a cui è stata somministrata vasopressina per via intranasale per quattro settimane. Si tratta di un approccio innovativo, su base biologica, per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico.
Uno studio italiano condotto da un team interdisciplinare di scienziati dell’Università Statale di Milano, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e di Human Technopole (HT) ha permesso di individuare un nuovo target farmacologico su cui agire per trattare l’autismo. Si è, in pratica, scoperto che inibendo uno specifico gene (GTF2I) con un farmaco si ottiene la regressione dei sintomi principali dell’autismo.
I risultati prodotti da questa ricerca sono di estremo rilievo per la comunità scientifica, ma sono necessari ulteriori approfondimenti per arrivare allo sviluppo di soluzioni utilizzabili nella pratica clinica.
In assenza di terapie farmacologiche, il desiderio di curare un disturbo così impattante sulla qualità di vita, non solo del piccolo ma di tutta la famiglia spinge molti a cercare cure alternative.
Ad oggi, però, non sono disponibili dati che dimostrino l’efficacia di approcci quali l’integrazione di omega3, probiotici o l’adozione di regimi alimentari quali la dieta ketogenica o l’alimentazione priva di caseina.
La genetica svolge un ruolo chiave nello sviluppo dell’autismo e, nel corso degli anni, sono stati condotti numerosi studi con lo scopo di identificare le mutazioni correlate alla patologia. Uno studio recente ha identificato 102 geni associati al rischio di sviluppare disturbi dello spettro dell’autismo.
Si tratta dello studio genetico più vasto condotto ad oggi sull’autismo. I ricercatori del Mount Sinai School of Medicine hanno raccolto e analizzato i dati di oltre 35.000 persone, di cui 12.000 affette da autismo. I ricercatori hanno usato un sistema di analisi avanzato, che permette di associare delle mutazioni ereditarie e delle mutazioni de novo (mutazioni presenti solo nei gameti dei genitori e che sono quindi trasmesse al figlio pur non essendo presenti nei genitori). In questo modo hanno individuato i geni associati al rischio di autismo e, tra questi, ne hanno identificati 49 associati anche ad altri disturbi dello sviluppo. I geni associati al disturbo influiscono sullo sviluppo o sulla funzione del cervello, e riguardano sia i neuroni eccitatori (che stimolano l’attivazione di altri neuroni) che i neuroni inibitori (che portano all’inattivazione dei neuroni con cui comunicano). Da queste ricerche può partire una fase importante per lo sviluppo di farmaci su base molecolare.
Un nuovo metodo per rafforzare l’imitazione automatica delle emozioni è al centro di uno studio che mostra come si potrebbero aiutare persone con autismo o con diagnosi di schizofrenia.
La tendenza innata a imitare le espressioni facciali altrui (facial mimicry) è un meccanismo alla base del riconoscimento delle emozioni e del contagio emotivo, forme basilari di empatia che precedono quelle più complesse. Tale abilità è modulata da fattori sociali di alto livello quali appartenenza al gruppo, familiarità, cooperazione o competizione. Questo meccanismo si deve ai cambiamenti fisiologici scatenati da un’emozione che però in chi soffre di autismo o schizofrenia sono alterati.
Il gruppo di ricerca coordinato da Salvatore Maria Aglioti, Ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con Fondazione Santa Lucia Irccs ha testato la possibilità di migliorare l’imitazione automatica delle emozioni facciali attraverso l’enfacement, una semplice ma efficace illusione corporea che viene indotta dalla stimolazione tattile del volto del partecipante mentre osserva la medesima stimolazione effettuata sul volto di un’altra persona. Diversi studi hanno dimostrato che, in seguito a tale stimolazione visuo-tattile, i partecipanti tendono a percepire l’altro più simile a sé su diversi livelli, dall’identità visiva ai comportamenti sociali. Nello studio, i ricercatori hanno utilizzato il metodo dell’enfacement, toccando la faccia dei partecipanti contemporaneamente alla faccia di un attore che, in un secondo momento, mostrava specifiche emozioni, mentre venivano registrate le risposte neurofisiologiche facciali dei partecipanti. I risultati, pubblicati sulla rivista Cortex, mostrano per la prima volta che l’illusione dell’enfacement aumenta significativamente l’imitazione automatica delle emozioni altrui. Questi dati possono rappresentare la base per l’ideazione di interventi clinici innovativi volti a ridurre le difficoltà empatiche e di riconoscimento delle emozioni in condizioni del neurosviluppo come l’autismo e la schizofrenia.
Il possibile legame tra insorgenza dell’autismo e vaccini è stato uno degli argomenti di maggior dibattito sociale, al centro di un allarmismo del tutto ingiustificato e un altrettanto ingiustificato (nonché pericoloso) terrore di sottoporre i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie o facoltative.
Lo studio da cui tutto era partito ormai decenni fa è stato smentito e ritirato perché frutto di una frode scientifica.
Di solito, i disturbi del neurosviluppo si manifestano in età infantile. Purtroppo, però, non sono rari i casi in cui la diagnosi arriva in età adolescenziale, ma anche ben oltre i 18 anni.
La giovane attivista climatica Greta Thunberg soffre della sindrome di Asperger, diagnosticata a 13 anni. La scrittrice Susanna Tamaro ha ricevuto la diagnosi di DSA dopo i 40 anni.
Molti adulti convivono inconsapevoli con questa condizione soffrendo delle proprie difficoltà emotive, del sentirsi diversi e incapaci di stabilire relazioni con gli altri. Le persone con sindrome di Asperger hanno tipicamente scarse capacità di interazione sociale, sono spesso chiuse in un loro mondo e hanno difficoltà di comunicazione con gli altri, hanno una bassa autostima, interessi limitati e a tratti ossessivi, con un grande bisogno di routine fisse.
Le persone che arrivano all'età adulta senza essere state sottoposte a test e senza una diagnosi possono non sospettare il loro problema, ma semplicemente trovare molto faticosa la vita e le sfide di tutti i giorni. Anche per questo molti non chiedono aiuto: in questo modo la diagnosi corretta arriva magari dopo la rilevazione o l’esclusione di altre malattie, fra cui depressione, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo bipolare. Spesso i soggetti con sintomi ma non diagnosticati vengono trattati con antipsicotici (risperidone e aripiprazolo) per il controllo dell'irritabilità, dell’aggressività e i disturbi del comportamento. In attesa dei risultati di alcuni studi su farmaci specifici per il controllo degli aspetti emotivi che interagiscono con il meccanismo della vasopressina, in alcuni Paesi del mondo sono state approvate terapie digitali mirate a facilitare il riconoscimento degli stati emotivi altrui e a migliorare l'efficacia degli interventi psicologici, aspetti fondamentali per una buona interazione sociale.
La Legge 104 riguarda l’accertamento della condizione di disabilità e il riconoscimento di una invalidità civile.
La richiesta di invalidità deve essere presentata online e prevede un accertamento medico legale.
Non è possibile stabilire la percentuale di invalidità per l'autismo di livello 1 o di livello 2, ad esempio, in quanto essa dipende da vari fattori (età, gravità dei sintomi, presenza di eventuali comorbidità, fra cui ansia, depressione, disturbi dell’apprendimento).
Sono oggi disponibili numerose app per potenziare le abilità sociali dei bambini autistici. Si tratta di giochi educativi che stimolano l’apprendimento oppure finalizzati ad accelerare la creazione di agende visive utili per organizzare le routine quotidiana o come supporto alla comunicazione. Una di queste è PictogramAgenda.
Esistono, poi, applicazioni gratuite con attività di apprendimento strutturate gamificate che possono essere utili per migliorare le capacità linguistiche, l’attenzione e le abilità visive. Un esempio è MITA, capace di adattarsi alle capacità del bambino autistico e proporgli giochi di livello adeguato, non troppo poco stimolanti ma neppure troppo difficili.
Il sito di Autism Speaks (organizzazione costituita allo scopo di promuovere la consapevolezza sulla malattia, l’inclusione sociale e lo sviluppo di trattamenti) fa riferimento a numerosi strumenti e risorse a supporto delle persone con autismo e delle loro famiglie.
L'autismo è un disturbo del neurosviluppo che coinvolge linguaggio, socialità e comunicazione ed è caratterizzato da interessi limitati, difficoltà di interazione e comportamenti ripetitivi.
Movimenti ripetitivi (anche di tipo autolesionistico, come sbattere la testa contro il muro), comportamenti routinari, crisi di rabbia, attrazione verso i dettagli, eccezionale sensibilità a luci e suoni e al contatto fisico, disinteresse verso giochi di ruolo e preferenze spiccate per i cibi in base a caratteristiche come forma e colore.
Prima dei 3 anni.
Le cause non sono ancora state identificate con certezza, ma è emerso che siano una combinazione di fattori genetici (mutazioni genetiche ereditarie o de novo) e ambientali (esposizione ad agenti inquinanti o tossici in gravidanza). Più chiari i fattori di rischio: sesso (i maschi sono più a rischio delle femmine), familiarità, età del padre (i figli di padri più anziani sono più a rischio), prematurità.
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