Indice
Domande e risposte
Disturbo da Attacchi di Panico (DAP): cos'è
Il
Disturbo da Attacchi di Panico (spesso definito con l’acronimo
DAP) è una
sindrome psicopatologica caratterizzata da ripetuti episodi di
ansia acuta. Fra i disturbi d’ansia è quello caratterizzato dalla
componente fisica più
intensa.
Qual è l’origine del termine panico
Il fatto che si parli di attacchi
spiega l’
impeto caratteristico del disturbo. Inoltre, l’etimologia del vocabolo panico è legata al nome del dio greco
Pan, mezzo uomo e mezzo caprone, che appariva improvvisamente nei boschi, incutendo terrore, per poi sparire con la medesima rapidità.
Chi colpisce il Disturbo da Attacchi di Panico
Il DAP colpisce prevalentemente i giovani e con il tempo tende a diventare cronico. Le statistiche mostrano che il 33% delle persone di età compresa fra 18 e 25 anni ha sperimentato il Panico.
Dieci milioni di italiani, prevalentemente di sesso femminile, lo ha vissuto almeno una volta. Tutti questi dati sottolineano la rilevanza ed i costi sociali ed economici di questa patologia.
Da cosa sono causati gli attacchi di panico
I
fattori scatenanti l’attacco sono normalmente
connessi a vario titolo allo con
stress. Periodi di particolare
tensione,
fatica psicologica,
preoccupazione estrema,
sovraccarico di
responsabilità possono, sebbene non correlabili cronologicamente in senso stretto con l’attacco,
contribuire a scatenarlo.
Anche l’
assunzione di sostanze stupefacenti ne può
favorire l’insorgenza.
Cosa sono le emozioni
Le emozioni sono condizioni scatenate da cambiamenti, che vengono rilevati dai nostri sistemi di regolazione (i cosiddetti fattori omeostatici) e che hanno la funzione di avvertirci che qualcosa, nel mondo esterno o dentro di noi, è cambiato.
La funzione ultima delle emozioni è quella di ripristinare l’equilibrio antecedente oppure di crearne un altro altrettanto valido.
Le emozioni rappresentano uno strumento fondamentale per l’uomo, perché sono un segnale che, correttamente ascoltato, può contribuire a determinare comportamenti e azioni virtuosi.
Come tutte le componenti primordiali subcoscienti dell’uomo, sono di gran lunga più potenti rispetto ai meccanismi coscienti, perché necessarie alla sua sopravvivenza.
Possiamo anche interpretare l’attacco di panico come una condizione estrema nella quale le emozioni prendono completamente il sopravvento ed impediscono a qualunque forma di ragionamento di realizzarsi.
Ansia e panico
Il Disturbo da Attacchi di Panico è fortemente legato all’ansia, un’emozione che può essere interpretata, con un’analisi molto generica, come il retaggio di un sistema di allarme che permetteva ai nostri antenati di essere sempre allerta per potersi mettere in salvo in caso di necessità, un insostituibile sistema di difesa.
Proprio per la sua natura, le neuroscienze sono concordi nell’associare all’ansia la connotazione di disturbo solo quando la sua intensità è sproporzionata rispetto allo stimolo che l’ha generata oppure quando lo stimolo semplicemente non esiste.
Il Disturbo da Attacchi di Panico nasce da una comunicazione falsata
Il Disturbo da Attacchi di Panico è una condizione borderline fra mente e corpo: una sorta di meccanismo attraverso il quale il corpo invia segnali di malfunzionamento alla mente costringendola ad interrompere bruscamente la sua attività per potersene occupare.
Ma si tratta di comunicazioni non completamente attendibili: è come se il corpo si inventasse un malessere gravissimo per attirare l’attenzione della psiche.
È infatti dimostrato che, nei pazienti con DAP, sono rilevabili scostamenti poco più che rilevabili rispetto alla normalità.
Asma e attacchi di panico
L’analisi dei casi riportati in letteratura mostra che le persone che soffrono di
asma tendono ad essere più soggette ad attacchi di panico e che le persone con DAP mantengono una
modalità di respiro sensibilmente irregolare, anche fra una crisi e l’altra.
Questa osservazione suggerisce che potrebbe esserci una
correlazione fra le
due patologie.
Inquietudine, rabbia e vergogna
L’incapacità di dare una spiegazione al panico e, quindi di poterne parlare con le persone care, è causa di forte inquietudine, talora anche di rabbia per il paziente.
Questo aspetto può portare ad una forma di chiusura, che acuisce l’isolamento generato dalla malattia in sé. La persona soggetta ad attacchi di panico tende a rinunciare ad impegni fuori casa non inderogabili, a restringere la cerchia delle amicizie, a limitare le attività, nel timore che le crisi si manifestino in presenza di estranei.
Non è raro che i presenti non si accorgano dell’attacco in corso, perché il soggetto, colto dall’urgenza di non lasciare trapelare la sua condizione, riesce a nascondere efficacemente il proprio malessere.
Le alterazioni cerebrali alla base del DAP
Gli studi condotti sui soggetti diagnosticati con Disturbo da Attacchi di Panico evidenziano la presenza pressoché ubiquitaria di alcune alterazioni, sia strutturali che funzionali, del tronco encefalico.
Questa regione del sistema nervoso centrale è collocata fra il cervello ed il midollo spinale e svolge funzioni importantissime per la vita: regola il ritmo della respirazione, la frequenza cardiaca ed è sede del riflesso del vomito (che permette all’uomo di espellere dall’organismo sostanze potenzialmente nocive).
In altre parole, il tronco è l’organo che, per eccellenza, sovrintende all’omeostasi dell’organismo e, per certi versi, il trait d’union fra la mente ed il corpo. Il suo coinvolgimento nella genesi degli attacchi di panico sembra essere confermata anche dalle alterazioni che precedono le crisi. Circa 45 minuti prima che l’attacco si verifichi, il soggetto comincia ad avere lievi, impercettibili anomalie fisiche, in particolare nei parametri cardio-respiratori.
L’attacco potrebbe, dunque, essere letto come una reazione spropositata ad un evento di importanza limitata.
Cos'è un attacco di panico
L’esordio dell’attacco di panico è, almeno apparentemente, improvviso e drammatico.
Chi lo ha sperimentato ne parla come di un fulmine a ciel sereno. Il primo attacco è dirompente e viene ricordato in maniera vivida con espressioni come “da quel momento la mia vita è cambiata”.
Quando vengono gli attacchi di panico
Un altro aspetto caratteristico è che i soggetti colpiti ricordano sempre cosa stavano facendo quando la crisi è subentrata e, generalmente, attribuiscono a questa attività la causa dello scatenamento.
Si convincono che l’attacco sia stato provocato da preoccupazioni di lavoro o di studio, da questioni inerenti la vita privata (liti con il partner, emozioni come la gelosia e la rabbia) o la salute (la paura della morte).
In realtà, l’attacco di panico, per quanto la comunità scientifica ne sa oggi, non è causato da nessun motivo in particolare, o meglio nessuna delle azioni o emozioni sopra elencate, ma è connesso a lievi alterazioni dei parametri cardio-respiratori.
Quando la crisi sopraggiunge, la persona colpita si trova in uno stato fisico di poco alterato rispetto alla perfetta normalità, che viene letto dalla mente come una condizione di emergenza.
Probabilmente a causa di questa interpretazione esagerata, vengono liberati neurotrasmettitori che generano l’ansia nella sua forma più acuta.
Quanto dura un attacco di panico?
Dopo l’
irruzione, l’attacco si
protrae per un
intervallo di
tempo variabile, che può durare fino ad una ventina di minuti, raggiungendo il picco di intensità dopo dieci.
DAP: quali sono i sintomi
L’attacco di panico è un’
esplosione di ansia accompagnata da
sintomi sia
fisici che
psichici,
non sempre tutti presenti.
Non richiede praticamente
mai l’
intervento medico, ma il paziente può essere
spinto a recarsi al
Pronto Soccorso o, comunque, a richiedere indagini diagnostiche e la somministrazione di cure nel timore di essere in pericolo di vita.
I sintomi somatici dell’attacco di panico
I disturbi somatici, sono numerosi e impattanti, a testimoniare l’intensità e la complessità della componente fisica della patologia.
Mentre inizialmente si riteneva che il Disturbo da Attacchi di Panico nascesse dalla mente e si ripercuotesse sul corpo, le ricerche hanno dimostrato l’esatto contrario. La crisi trae origine da sensazioni fisiche: l’importanza di questa acquisizione risiede soprattutto nel fatto che ha portato ad un approccio innovativo, e più efficace, alla terapia.
I sintomi fisici sono tali da causare, in qualche caso, lo svenimento (il corto circuito per antonomasia) e comprendono:
- Sudorazione profusa;
- Tachicardia oppure irregolarità nel battito del cuore o ancora la sensazione di avere il cuore in gola;
- Nausea e vertigini (sintomi che dimostrano il coinvolgimento del sistema vestibolare che determina l’equilibrio del corpo nello spazio);
- Brividi di freddo o vampate di calore;
- Disturbi psicosensoriali come parestesie (torpore e formicolii) e tremore;
- Sensazione di soffocamento, come di avere un nodo alla gola, respiro affannoso e superficiale;
- Dolore al petto.
I sintomi psichici dell’attacco di panico
Tra le manifestazioni psichiche troviamo:
- Paura di morte imminente o di essere colpiti da una grave malattia (tumore al cervello, problemi cardiaci, sclerosi multipla, epilessia);
- Paura di impazzire, di perdere il controllo delle proprie azioni: ad esempio di comportarsi in maniera imbarazzante o di vomitare in pubblico;
- Vergogna per il timore di essere considerati malati di mente;
- Percezione alterata dell’ambiente esterno;
- Stordimento;
- Depersonalizzazione;
- Pensieri catastrofici impossibili da razionalizzare;
- Stato di profonda impotenza.
I sintomi negli adolescenti
Gli
attacchi di
panico possono comparire anche nei più giovani, nelle loro
attività quotidiane (a casa, a scuola, con gli amici).
Negli adolescenti di
13, 14 e 15 anni si manifestano con
nausea,
cefalea,
difficoltà a respirare e sensazione di nodo alla gola,
crisi di
pianto inconsolabile,
irrequietezza e
nervosismo.
Nei più grandi (16, 17, 18 anni) i sintomi sono
analoghi a quelli degli adulti.
Attacchi di panico in gravidanza
Secondo le stime dell’
Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (ONDA), circa 90.000 donne soffrono di sintomi d’ansia e depressione nel periodo
perinatale, ossia immediatamente precedente e seguente il parto, con percentuali che variano dal 10 al 23% in
gravidanza e dal 10 al 40% nel
post-partum.
Dati che sono ritenuti
sottostimati, perché solo la
metà delle donne con questi disturbi si rivolge al medico e riceve diagnosi e trattamento adeguato.
Malgrado gli
attacchi di
panico possano
verificarsi anche in gravidanza, generalmente le donne che ne soffrono notano un sostanziale
miglioramento durante questo periodo.
Si pensa che questo possa essere spiegato con la teoria del
false suffocation alarm, che interpreta il Disturbo da Attacchi di Panico come la conseguenza di un’
abnorme sensibilità alla CO₂, dovuto ad
un’alterazione (come spiegato nei paragrafi precedenti) del
tronco encefalico. In questi soggetti, anche livelli fisiologici di CO₂ scatenerebbero un segnale di
pericolo di
soffocamento, responsabile dell’attacco.
Durante la gravidanza, l’
aumento dei livelli di progesterone, che ha un effetto stimolante la respirazione, tende ad aumentare la ventilazione e quindi a ridurre la concentrazione di anidride carbonica. Inoltre, sia gli estrogeni che il
progesterone hanno
effetto ansiolitico e di potenziamento della risposta allo stress.
Il problema vero, se mai, si manifesta nel post-partum, quando la brusca riduzione dei livelli ormonali determinerebbe un
aumento dei
sintomi di
panico.
Le conseguenze sul feto
Gli attacchi di panico in gravidanza fanno male al bambino? Non si può dire con certezza, ma in generale l’ansia materna è associata a una serie di
esiti negativi della gravidanza, tra cui
aborto spontaneo e
ipertensione durante la gravidanza, con forti
evidenze di
parto prematuro e
basso peso del neonato alla nascita.
Per queste ragioni, l’
ansia e il
panico (ma anche i sintomi depressivi) che si
presentano durante la
gravidanza meritano sempre un approfondimento, per
non esporre
mamma e
bambino al rischio di conseguenze negative.
Attacchi di panico e vomito
Una delle possibili manifestazioni dell’ansia, soprattutto nelle persone che soffrono di attacchi di panico, è la paura di vomitare in pubblico, che si unisce alla paura di impazzire e di morire caratteristica del DAP.
L’ansia anticipatoria
L’ansia anticipatoria è, in generale, una sensazione di malessere che subentra al solo pensiero di affrontare una situazione percepita come pericolosa o spiacevole. L’effetto sortito da questa emozione può essere duplice. Normalmente, nel senso che questa sarebbe la sua funziona fisiologica, il fastidio percepito spinge a prepararsi e a mettere in atto tutte le azioni necessarie ad evitare i pericoli connessi.
Talvolta, però, viene interpretata come un allarme: in questi casi spinge all’evitamento, ossia la rinuncia a compiere le attività o a frequentare i luoghi responsabili dello scatenamento dell’ansia.
Una delle conseguenze dell’attacco di panico è proprio la condotta di evitamento, una strategia comportamentale che induce ad evitare, le situazioni, i luoghi ma anche i pensieri che si teme possano scatenare generano il disturbo.
A causa di questa condotta il soggetto riesce ad evitare il cosiddetto panico situazionale, quello che si manifesta in luoghi che presentano determinate problematicità, ad esempio quelli affollati o che non presentano vie di fuga, ritenuti la causa primaria dell’attacco.
Se l’evitamento, migliora in un primo momento lo stato d’animo e le condizioni del paziente, nel lungo periodo aumenta il rischio di dipendenza da familiari o amici stretti. Diventa così impensabile uscire, allontanarsi da casa, recarsi in luoghi non famigliari senza il supporto e la compagnia di una persona riconosciuta come amica e fidata.
Secondo le stime, nel 30% circa dei casi questo aspetto è talmente marcato e invalidante, anche dal punto di vista professionale, da essere causa di una depressione secondaria. In questo specifico stato depressivo è presente e forte la convinzione dell’individuo di essere destinato a stare male per sempre, affetto da una malattia che non ha cure né speranza di guarigione e per la quale non potrà mai sperare nella comprensione da parte di amici e parenti.
L’aborto dell’attacco di panico
Per aborto dell’attacco di panico si intende la sensazione che l’attacco stia per partire ma non esplode: non si tratta “solo” della paura dell’attacco, ma della percezione chiara del complesso di alterazioni somatiche ed emotive che normalmente precedono l’attacco, senza che questo poi si realizzi.
L’ombra del panico
L’ombra del panico è una forma di pre-panico, nella quale si avvertono le alterazioni fisiche che precedono l’attacco (anomalie del battito cardiaco, aumento della frequenza del respiro, sensazione di mancanza d’aria e nodo alla gola, giramenti di testa e vertigini, disturbi della motilità gastro-intestinale).
Attacchi di panico e agorafobia
In molti casi, la paura di trovarsi in spazi ampi e affollati nei quali sia verosimilmente impossibile essere raggiunti da amici o familiari per essere soccorsi in caso di bisogno.
L’agorafobia è presente nel 70% delle persone che soffrono del Disturbo da Attacchi di Panico e contribuisce al peggioramento della condotta di evitamento.
Attacchi di panico e ipocondria
Ipocondria e
attacchi di panico hanno un aspetto in comune: l’
interpretazione catastrofica di normali funzioni somatiche.
Qual è la
differenza fra ipocondria e attacchi di panico. Nelle persone ipocondriache la sensazione di malattia è permanente nel tempo e si manifesta con una forma di preoccupazione intensa e sofferenza. Al contrario, la
persona colta da
attacco di
panico si attende un
esito catastrofico (morte o follia) immediato.
La
paura di morire improvvisamente a causa di
infarto o
ictus permane anche negli intervalli fra un
attacco e l’
altro. Il paziente è
sfiduciato per le ricerche vane e l’impossibilità di trovare una causa precisa, fisica, diagnosticabile al proprio inabilitante disturbo.
Attacchi di panico e insonnia
La metà dei pazienti con DAP ha sperimentato almeno una volta un attacco, anche se solo il 10% circa di tutti gli attacchi di panico si verifica durante la notte. In generale, un attacco notturno genera maggiore preoccupazione. La persona che lo ha vissuto lo teme molto più che una crisi diurna. È spaventata dalla notte, teme di perdere il controllo e di avere un infarto o un ictus nel sonno.
Gli studi condotti in polisonnografia indicano che gli attacchi di panico notturni non sono conseguenza di sogni.
Come si diagnostica il Disturbo da Attacchi di Panico
La diagnosi del DAP viene posta dallo specialista sulla base dei criteri del Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Psichici (DSM) IV.
Perché sia riconosciuto come DAP, si devono verificare crisi acute di intensa paura, durante la quale si manifestano almeno 4 fra questi sintomi:
- Tachicardia;
- Sudorazione;
- Tremori;
- Sensazione di fiato corto o di fatica nel respirare;
- Sensazione di soffocamento;
- Dolore retrosternale;
- Nausea o dolori addominali;
- Vertigini;
- Sensazione di instabilità;
- Testa leggera o sensazione di svenimento;
- Brividi o vampate di calore;
- Parestesie (sensazioni di formicolio o di intorpidimento);
- Derealizzazione (sensazioni di irrealtà) o depersonalizzazione (sentirsi separato da se stesso);
- Sensazione di perdita del controllo o di “diventare matti”;
- Paura di morire.
Inoltre, secondo il DSM V, la diagnosi è confermata se:
- Più attacchi di panico improvvisi e ricorrenti hanno luogo (uno non è sufficiente a confermare la diagnosi);
- Gli attacchi non sono causati direttamente dall’assunzione di una sostanza specifica (stupefacente o medicinale);
- Gli attacchi non sono legittimati da altre patologie psichiche.
Come si cura il Disturbo da Attacchi di Panico
Esistono vari approcci per il trattamento del Disturbo da Attacchi di Panico, legittimati dalle diverse componenti della sindrome, che possono essere agganciate con modalità differenti.
L’aspetto fondamentale è che il trattamento sia stabilito in maniera personalizzata, ritagliato sulle esigenze del singolo paziente.
La psicoterapia cognitivo comportamentale
La psicoterapia cognitivo comportamentale è da molti riconosciuta come il trattamento più efficace, per la sua capacità di agire non solo sulla sintomatologia ma anche sulle cause del Disturbo da Attacchi di Panico.
La terapia adeguata è in genere breve (come prescritto dalle linee guida internazionali), a cadenza settimanale o con sedute più diradate. Lo scopo di questa terapia, che richiede il coinvolgimento attivo del paziente, è il, superamento dei comportamenti di tipo fobico attraverso diverse tecniche:
- Riconoscimento delle cause della tensione e individuazione, in condivisione fra analista e paziente, delle sue più opportune modalità di gestione: la partecipazione attiva del paziente e la sua collaborazione alla terapia sono indispensabili per il raggiungimento di risultati soddisfacenti;
- Sviluppo della resilienza personale, attraverso tecniche quali la mindfulness (che migliora la consapevolezza del paziente): emerge qui il valore aggiunto della personalizzazione del trattamento, che viene cucito addosso al paziente come un abito, in maniera che si adatti al suo personale modo di vivere la malattia e risponda alle sue specifiche esigenze (aspetto che asseconda il trend attuale della Medicina Personalizzata);
- Smascheramento delle minacce poste dai sintomi, depotenziamento del pericolo della sintomatologia e attribuzione ad essa di significati più logici. In questo frangente (definito ricostruzione cognitiva), lo psicologo aiuta il paziente a capire che i terribili sintomi dell’attacco sono le modalità attraverso le quali l’ansia si esprime e a non percepirli come gravemente lesivi della propria incolumità. Gli studiosi evidenziano come, statisticamente, il paziente non diventa pericoloso per sé o per gli altri durante l’attacco: anche se colto da attacco di panico al volante, non perde il controllo della guida;
- Riduzione del ricorso all’evitamento e alle rassicurazioni: il paziente impara a “stare” nell’ansia, ad accettarla attivamente e a capire che può conviverci, che non è una minaccia per la sua Salute. Gli esercizi di esposizione enterocettiva o graduata in vivo e l’utilizzo della realtà virtuale suscitano volontariamente sintomi simili a quelli del Panico, perché il soggetto possa allenarsi a gestirli senza ricorrere all’evitamento;
- Prevenzione delle ricadute: il terapeuta prescrive al paziente la compilazione di un diario delle informazioni apprese nelle varie fasi del trattamento ed elabora insieme a lui strategie per l’adozione di abitudini di vita sane. È infatti importante che il soggetto dorma un numero di ore adeguate, che si nutra in maniera bilanciata e faccia esercizio fisico regolarmente.
Cosa fare durante un attacco di panico
Una volta iniziata, la crisi non può essere interrotta: sfugge al controllo del paziente, che avverte la sua posizione di vulnerabilità e passività, la quale acuisce l’ansia già presente.
Gli esperti consigliano di controllare, il più possibile, il respiro, rallentandone il ritmo ed approfondendolo. Se si è nelle condizioni di farlo, può essere utile fare qualche passo lentamente, distendendo la muscolatura. Rallentare il flusso dei pensieri è un altro consiglio che viene spesso dato ai pazienti.
La crisi è seguita da una fase, lunga fino a qualche ora, di spossatezza e stordimento, confusione e sbandamento.
Quali farmaci per il Disturbo da Attacchi di Panico
Per tenere sotto controllo la
sintomatologia del Disturbo da Attacchi di Panico, può essere utile integrare la psicoterapia con la
terapia farmacologica che deve essere in ogni caso prescritta,
gestita e
monitorata dallo
specialista.
Il
medico, in fase
diagnostica e anche durante il follow up della patologia, considera la
possibilità che siano presenti
altre componenti psichiatriche, come quella
depressiva, modulando la terapia in maniera più completa ed efficace.
Una delle categorie di farmaci più utilizzata per la gestione del
DAP è rappresentata dalle
benzodiazepine. Si tratta di
medicinali che hanno un
effetto sintomatico: non intervengono sulle cause, ma migliorano la sintomatologia, abbreviando la crisi.
Per
questo disturbo vengono
impiegati anche gli
antidepressivi, in particolare gli SSRI, i cosiddetti antidepressivi di
nuova generazione (citalopram, paroxetina). Solo nel caso in cui la risposta agli SSRI non sia soddisfacente, vengono prescritti antidepressivi triciclici (come l’imipramina).
Le terapie somatiche riabilitative
Le strategie più recenti, che fanno riferimento alla spiccata propensione fisica della malattia a manifestarsi nel fisico sintomatologia, sono le terapie somatiche riabilitative, che modulano i sistemi coinvolti nell’attacco e massimizzano l’efficacia di psicoterapia e farmacologia.
Gli studi condotti sui pazienti con Disturbo da Attacchi di Panico hanno messo in luce alterazioni fisiche che possono essere riequilibrate con sessioni di allenamento fisico aerobico (corsa, cyclette, nuoto, danza).
L’efficacia dell’esercizio fisico nel trattamento del Disturbo da Attacchi di Panico si presta ad una duplice interpretazione.
- La prima coincide con la capacità dello sport, in generale, di indurre benessere;
- La seconda, più specifica, sembra confermare le connessioni fra le lievi alterazioni cardio-respiratorie (che potrebbero essere migliorate dall’allenamento aerobico) e l’insorgenza dell’attacco di panico.
Lo stile di vita
È
raccomandata l’astensione dall’assunzione di
stupefacenti e dal
fumo di sigaretta.
Spesso, il
disagio del paziente, che
non trova
spiegazioni al suo
malessere e
non può parlarne con le
persone a lui
vicine (perché se ne vergogna), lo spinge all’
abuso di alcol o ansiolitici, questi ultimi assunti in un maldestro tentativo di automedicazione che
peggiora drammaticamente la situazione.
Sono guarito dagli attacchi di panico: è possibile?
È importante ricordare che il DAP è una patologia curabile e guaribile al 100%. L’aspetto sul quale gli esperti insistono è che il paziente non deve abbandonare il trattamento dopo averne ottenuto benefici parziali. Se persistono manifestazioni, seppure più lievi, come l’ombra del panico, significa che la guarigione non è stata raggiunta e quindi che il trattamento deve essere proseguito.
Iperventilazione: cosa fare e non fare?
Per
iperventilazione s’intende l’aumento della
frequenza degli atti respiratori in condizioni di riposo: una situazione che porta a un aumento della concentrazione di ossigeno nel
sangue e a un calo dell'anidride carbonica. L'evento può comportare l'instaurarsi di una sorta di circolo vizioso in cui la persona colpita, andando in agitazione, tende a respirare sempre più affannosamente. Spesso l'iperventilazione è associata ad
attacchi di panico o a
situazioni particolarmente ansiogene, ma può essere anche il sintomo di malattie, ad esempio
cardiache o
polmonari, o di
infezioni. Vediamo cosa fare e non fare in questa eventualità e quando
rivolgersi al
medico.
Sintomi
Alcuni
sintomi possono associarsi all'iperventilazione.
- Respiro innaturalmente accelerato, corto, veloce e affannoso;
- Sensazione di “fame d'aria”;
- Sensazione di confusione e stordimento;
- Formicolii soprattutto al viso e alle mani.
Cosa fare
- Respirare con una sola narice, tappandosi l'altra e la bocca per ridurre l'ossigeno introdotto nei polmoni;
- Isolarsi in un luogo tranquillo;
- Respirare lentamente tentando di ristabilire un ritmo regolare;
- Un volta terminata la crisi, rivolgersi al medico.
Cosa non fare
- Non respirare in un sacchetto di plastica nel tentativo di ridurre l'ossigeno introdotto nei polmoni: potrebbe aderire alla bocca o alle narici e creare soffocamento;
- Non ignorare il problema una volta passata la crisi.
Quando contattare il medico
È opportuno
rivolgersi al
medico se il disturbo si presenta per la prima volta, se l'iperventilazione è associata a
febbre,
dolore,
emorragie o altri sintomi e se non passa o tende a peggiorare. In questi casi è giustificato anche un consulto al
Pronto Soccorso.
Prevenzione
- Se la causa della crisi è un attacco di panico valutare l'opportunità di consultare uno specialista (ad esempio uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, uno psicoterapeuta esperto di ansia o uno psichiatra) per imparare a gestire eventuali crisi future;
- Imparare a riconoscere i sintomi per distinguere l'attacco di panico da altri disturbi;
- Apprendere gli esercizi di respirazione per limitare la risposta fisica al fenomeno.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Come superare la paura degli attacchi di panico?
Questa paura deve essere affrontata e gestita, perché rappresenta il fattore responsabile della genesi di un circolo vizioso che sfocia nell’attacco di panico. Gli strumenti utili a raggiungere questo scopo vengono forniti dalla psicoterapia cognitivo comportamentale.
Qual è il farmaco migliore per gli attacchi di panico?
La terapia farmacologica viene in alcuni casi, non sempre, abbinata alla psicoterapia per migliorarne i risultati. I farmaci più usati sono le benzodiazepine (molecole ad azione ansiolitica), ma possono funzionare anche gli antidepressivi, in particolare gli SSRI, i cosiddetti antidepressivi di nuova generazione (citalopram, paroxetina). Solo nel caso in cui la risposta agli SSRI non sia soddisfacente, vengono prescritti antidepressivi triciclici (come l’imipramina).
La scelta prescrittiva deve essere effettuata sulla base di criteri di personalizzazione della terapia: non esiste un farmaco adatto a tutti i pazienti.
Come si cura l’attacco di panico?
Nei casi in cui il medico lo ritiene opportuno, l’attacco di panico può essere trattato con un farmaco (benzodiazepina, antidepressivo SSRI o triciclico, a seconda dei casi). Per curare il Disturbo da Attacchi di Panico è necessaria la psicoterapia cognitivo comportamentale. Gli esperti consigliano anche l’esecuzione di esercizio fisico aerobico, che agendo sui parametri funzionali cardio-respiratori, può contribuire a migliorare la gestione degli attacchi.
Come mai vengono gli attacchi di panico?
Nonostante non sia ancora stata identificata con certezza la causa precisa, gli attacchi di panico sembrano essere una risposta esasperata ad un cambiamento ai limiti della percettibilità che si verifica nei parametri cardiaci e respiratori. In alcune persone, si attiverebbero dei meccanismi di allarme in risposta a stimoli al di sotto della soglia di attenzione.
Una delle teorie più accreditate per spiegare la genesi degli attacchi di panico è quella del false suffocation alarm: nei soggetti predisposti, un aumento lieve e non preoccupante dei livelli di CO₂ nel sangue verrebbe letto dai sensori presenti nel tronco cerebrale come un rischio di soffocamento e scatenerebbe una risposta d’ansia acuta associata al timore per la vita.
Cosa fare per evitare gli attacchi di panico?
Il primo consiglio che viene dato ai soggetti che soffrono di attacchi di panico è quello di evitare di evitare. Una delle conseguenze del Disturbo da Attacchi di Panico è la sindrome da evitamento: il soggetto colpito tende a evitare tutte le situazioni che ritiene fonti di stress per prevenire possibili attacchi. Questo comportamento, però, pur generando una certa serenità immediata, si rivela peggiorativo nel lungo periodo, perché spinge all’isolamento e, in definitiva, al peggioramento dei sintomi.