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Domande e risposte
Micuro ti aiuta a trovare le strutture migliori per Aneurisma Cerebrale Non Rotto
Di seguito i dati sulle migliori strutture ospedaliere per aneurisma cerebrale non rotto. La valutazione di queste strutture si basa sui dati del Programma Nazionale Esiti (dati del 2023, riferiti al 2022), resi pubblici per conto del Ministero della Salute. Micuro analizza e sintetizza questi dati per stilare classifiche che ti aiuteranno a individuare la struttura più adatta alle tue esigenze.
Come ha spiegato la Prof.ssa Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e responsabile del Comitato Scientifico di Micuro: “Per orientarsi, è importante innanzitutto osservare l'esperienza maturata dalla struttura. L'alto volume di interventi eseguito in una struttura, infatti, secondo quanto dimostra un'ampia letteratura scientifica, ha un impatto positivo sull'efficacia delle cure. Se un chirurgo esperto opera in diversi ospedali, non è garantito che otterrà gli stessi risultati in tutte le strutture. Questo perché il successo di un intervento complesso dipende non solo dall'esperienza del chirurgo, ma anche dal supporto dell'équipe, dalla tecnologia disponibile e dalla collaborazione con altre parti dell'ospedale”.
Classifica nazionale: le 5 strutture che nel 2022 in Italia hanno effettuato un maggior numero di interventi chirurgici per aneurisma cerebrale non rotto
- Ospedale M. Bufalini di Cesena - AUSL Romagna (n° interventi: 106)
- Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze (n° interventi: 97)
- Ospedale Niguarda di Milano - ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda (n° interventi: 91)
- Azienda Ospedaliera di Perugia (n° interventi: 83)
- IRCCS Neuromed - Istituto Neurologico Mediterraneo di Pozzilli (IS) (n° interventi: 78)
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Introduzione: cos’è l’aneurisma cerebrale non rotto
L’
aneurisma cerebrale non rotto è una dilatazione circoscritta e di varia entità di un’
arteria cerebrale. Nella maggior parte dei casi, questa condizione è asintomatica e solo quando la
dilatazione comprime centri nervosi circostanti può produrre manifestazioni apprezzabili dal punto di vista clinico. Il rischio vero dell’aneurisma cerebrale è rappresentato dalla rottura, che si verifica in una piccola percentuale di casi, prevalentemente nelle dilatazioni di dimensioni maggiori.
Si stima che il 4-5% circa della popolazione sia portatore di aneurisma cerebrale non rotto. Le
aspettative di
vita, in assenza di compressione dei centri nervosi adiacenti o rottura, sono però
analoghe a quelle della popolazione generale.
Tale condizione non dà, di per sé, diritto alla
richiesta di invalidità civile.
La diagnosi, il trattamento e il monitoraggio di questa condizione sono di competenza del
neurochirurgo.
Le arterie cerebrali
Le arterie trasportano il
sangue ossigenato dai
polmoni a tutti i tessuti periferici. La forza motrice che muove il sangue è rappresentata dalla spinta impressa dalle contrazioni cardiache, che sottopongono la parete arteriosa a sollecitazioni relativamente intense. Eventuali aree deboli possono cedere e dare luogo a sfiancamenti locali.
La parete arteriosa è formata da tre strati concentrici; dal più esterno al più interno, essi sono denominati: tonaca avventizia, tonaca media e tonaca intima. La tonaca media è lo strato muscolare, costituito da strati di cellule muscolari lisce e fibre elastiche disposte ad andamento concentrico: tale struttura permette la regolazione del calibro del vaso e, di conseguenza, della pressione che agisce al suo interno. Con l’invecchiamento (o a causa di malattie), la parete arteriosa tende a perdere elasticità e a diventare rigida: ciò la rende meno adattabile agli stress meccanici derivanti dalla pressione cui è sottoposto il sangue e più soggetta a deformazioni e rotture.
Attraverso il circolo cerebrale arterioso, il cervello assorbe il 15% di tutto il sangue circolante nel corpo. Tale circolo è formato da:
- Una porzione anteriore (circolo anteriore), che nasce da suddivisioni delle arterie carotidi interne ed è formato principalmente dall’arteria cerebrale media e dalle arterie cerebrali destra e sinistra;
- Una porzione posteriore (circolo posteriore) che origina dalle arterie vertebrali, ed è formato dall’arteria basilare, dall’arteria cerebellare infero-posteriore, dall’arteria cerebellare infero-anteriore e dall’arteria cerebellare superiore.
- Circolo anteriore e circolo posteriore sono collegati fra loro da una struttura chiamata poligono di Willis, che ha la funzione di rendere uniforme la distribuzione del sangue all’interno dell’encefalo.
Inoltre, la circolazione arteriosa del cervello è di tipo terminale: questo significa che, in caso di lesioni di un vaso, non esiste la possibilità che subentri un altro vaso nell’irrorazione del territorio rimasto ischemico, ma si va sempre incontro a fenomeni di necrosi ischemica.
Questi network arteriosi possono essere sede di un aneurisma cerebrale non rotto.
Classificazione
Una
prima classificazione consente di distinguere veri e falsi aneurismi (o pseudoaneurismi) fra loro. Gli aneurismi veri sono dilatazioni progressive di tutti gli strati che compongono la parete dell’arteria (tonaca avventizia, tonaca media e tonaca intima). I falsi aneurismi, invece, non implicano modificazioni nella geometria vascolare rispetto alla fisiologia e sono caratterizzati dalla presenza di una capsula fibrosa che esce di poco dal vaso.
Un’ulteriore classificazione viene fatta in base alle dimensioni, che possono variare da pochi millimetri ai 2,5 centimetri e più. In genere, a destare preoccupazioni sono le dilatazioni superiori ai 5-7 millimetri.
Inoltre, l’aneurisma cerebrale non rotto viene classificato in base alla localizzazione, che spesso è anche una spia dell’origine del problema. Ad esempio, gli aneurismi situati a livello della biforcazione dei vasi cerebrali sono il più delle volte di origine embrionale e quindi già presenti alla nascita.
Gli aneurismi possono essere:
- Sacculari: nel 90% dei casi la forma è sferica, a sacchetto (anche detto a bacca) e coinvolgono solo una porzione della parete del vaso;
- Fusiformi: interessano tutta la parete arteriosa; sono fusiformi soprattutto gli aneurismi correlati alla presenza di placche ateromatose;
- Dissecanti: lesioni interne della parete arteriosa, che si apre e crea sacche di raccolta del sangue; un esempio paradigmatico di questa tipologia è rappresentato dall’aneurisma dissecante dell’aorta.
L’aneurisma cerebrale può essere presente come elemento isolato o multiplo.
Cause e fattori di rischio
La causa principale alla base della formazione di un aneurisma è la debolezza della parete arteriosa. Se questa tendenza a cedere diventa significativa, il vaso si dilata sotto l’azione del sangue in pressione. Nelle fasi iniziali, la deformazione è elastica: la parete arteriosa continua ad opporre resistenza e cerca di recuperare il diametro originario. Ma lo stress meccanico e l’usura cui è soggetta ne provocano l’assottigliamento, che ad un certo momento vince la resistenza: a questo punto, la lesione è plastica, cioè definitiva, e soggetta ad un rischio superiore di rottura.
Una causa nota di questa condizione è data dalla componente genetica: per questo, per chi ha avuto casi in famiglia potrebbe essere utile sottoporsi a controlli neurologici e neuroradiologici, soprattutto dopo una certa età e in presenza di altri fattori di rischio. Alcune forme di debolezza congenita della parete arteriosa che possono predisporre allo sfiancamento di un vaso sono correlate a mutazioni genetiche e condizioni ereditarie quali: deficit di alfa-glicosidasi, deficit di alfa 1-antitripsina, malformazioni artero-venose, sindrome di Ehlers-Danlos e altre patologie del tessuto connettivo, sindrome di Klinefelter, sindrome di Noonan, displasia fibromuscolare, rene policistico, sclerosi tuberosa, teleangectasia emorragica ereditaria.
In altri casi, l’aneurisma si forma a partire da una placca ateromatosa, un deposito di grasso e altri detriti sulla parete interna di un’arteria, che ne indebolisce la struttura. L’aterosclerosi è più frequente nelle persone con alti livelli di colesterolo circolante, a causa di malattie metaboliche (resistenza insulinica, diabete, sindrome metabolica), sedentarietà, obesità o sovrappeso e abitudini alimentari scorrette.
Altri casi ancora sono dovuti ad un’infezione della parete arteriosa sviluppata a seguito di un’iniezione eseguita senza mettere in atto adeguate misure di igiene. L’infezione genera una serie di conseguenze che possono portare all’indebolimento della struttura della parete vasale e al successivo sfiancamento.
Altri importanti fattori di rischio acquisiti per la genesi (ma anche per la rottura) degli aneurismi sono rappresentati da:
- Fumo;
- Ipertensione: lo stress indotto da un aumento patologico della pressione del sangue nelle arterie può, nel tempo, causare lesioni nella parete dei vasi e favorirne lo sfiancamento;
- Assunzione di stupefacenti;
- Traumi cranici pregressi;
- Età: con il passare degli anni le pareti dei vasi sanguigni, come tutti i tessuti, invecchiano e diventano meno elastici e resistenti.
Aneurisma cerebrale non rotto: sintomi
Gli aneurismi non rotti
sono spesso asintomatici e possono rimanerlo per tutta la vita. Se non aumentano di dimensioni in maniera tale da interferire con altre strutture anatomiche, difficilmente danno segno di sé.
Diverso il caso di dilatazioni che fanno massa e comprimono vasi o nervi: in questo caso possono scaturirne sintomi più o meno intensi e specifici. Un aneurisma non rotto che preme sul nervo oculomotore (III paio di nervi cranici) può provocare ad esempio alterazioni della motilità oculare, diplopia (sdoppiamento della vista), ptosi palpebrale (chiusura della palpebra). Se comprime, invece, il nervo ottico (II paio di nervi cranici) può causare disturbi visivi.
In altri casi, la compressione dei centri nervosi può scatenare crisi epilettiche, episodi di cefalea, di solito avvertita come martellante e pulsante, fotofobia, perdita di equilibrio, afasia o vertigini.
Diagnosi
Il riscontro di un aneurisma non rotto avviene per lo più nel corso di un esame eseguito per altre ragioni mediche. Segni della presenza dell’anomalia possono emergere durante la visita neurochirurgica, nella quale viene ripercorsa la storia clinica del paziente, insistendo sui dettagli inerenti eventuali casi analoghi in famiglia.
La presenza di una dilatazione anomala della parete di un’arteria può essere studiata tramite esecuzione di:
- Angio RM: indagine dei vasi sanguigni con RM;
- Angio TC: indagine dei vasi sanguigni con TC;
- Angiografia cerebrale: si esegue iniettando nel circolo arterioso (a livello dell’arteria femorale) un catetere e un mezzo di contrasto che si diffonde all’interno dei vasi cerebrali, rendendone possibile lo studio (di sede, morfologia, grandezza, base di impianto) dall’esterno.
Gli aneurismi infetti sono particolarmente rischiosi e richiedono una diagnosi tempestiva e un trattamento precoce. Possono essere visualizzati con angio TC, esami del sangue (con VES, PCR e altri parametri dell’infiammazione alti) ed emocolture (colture di campioni di sangue arterioso).
Terapia: come si cura l’aneurisma cerebrale non rotto
Contrariamente a quanto si potrebbe credere, l’intervento chirurgico non è sempre la soluzione ottimale: spesso non viene praticato, perché comporterebbe rischi di gran lunga superiori a quelli associati all’aneurisma.
L’operazione viene disposta quando l’aneurisma interferisce con le strutture anatomiche circostanti e crea pressione sui centri nervosi in esse localizzati, oppure quando esiste un rischio significativo di rottura. Al di sotto dei 7 millimetri di diametro, il rischio di sanguinamento è in genere molto basso e il neurochirurgo prescrive un monitoraggio della lesione nel tempo.
Il trattamento degli aneurismi cerebrali non rotti è di tipo microchirurgico oppure endovascolare, a seconda del tipo di lesione: la chirurgia permette di ottenere percentuali di successo maggiori in termini di chiusura definitiva (oltre il 90% dei casi), ma le metodiche endovascolari sono correlate a rischi minori di complicanze (inferiori al 7%).
La terapia antimicrobica viene istituita quando l’aneurisma è infetto e può essere composta da antibiotici (se l’infezione è di origine batterica) o antifungini (se a causarla è una micosi).
Clipping chirurgico
Le metodiche microchirurgiche oggi disponibili permettono di
raggiungere la
sede della
dilatazione attraverso un piccolo
foro praticato nel
cranio (craniotomia) utilizzando il microscopio chirurgico. La riparazione richiede il posizionamento di un apposito dispositivo medico (clipping chirurgico) sul colletto dello sfiancamento, per prevenire che esso si riempia di sangue e che possa andare incontro a rottura.
Embolizzazione
Il trattamento endovascolare (coiling endovascolare o embolizzazione), invece, consiste nell’inserimento di un catetere nelle arterie cerebrali per raggiungere l’aneurisma e chiuderlo inserendovi dispositivi specifici (coils, microspirali di platino). Viene effettuato in anestesia generale. In alcuni casi, è necessario somministrare al paziente una terapia a base di vasodilatatori (nimodipina) e di anticoagulanti, per prevenire la formazione di trombi. Nel post-chirurgico, il paziente viene sottoposto a TC cerebrale al fine di verificare lo stato del cervello e l’eventuale comparsa di complicanze (sanguinamenti, ischemie, edema, spasmi).
Se il decorso post-operatorio dopo il risveglio è regolare e non subentrano complicazioni, la degenza
dura circa 4-5 giorni.
La convalescenza in seguito alla chirurgia dipende dalla metodica applicata, dalle condizioni generali del paziente e dalle caratteristiche dell’aneurisma. Possono comparire dolore, ematomi, reazioni allergiche al mezzo di contrasto, paralisi o altre alterazioni neurologiche (disturbi del linguaggio, della personalità, della memoria, della vista, a seconda della localizzazione) legate alla procedura oppure alla migrazione di materiale di embolizzazione, complicanze generiche (cefalea, crisi vagali, crisi ipertensive).
A distanza di un mese dall’intervento, viene prescritta l’esecuzione di esami quali TC cerebrale, angiografia; nei mesi e anni successivi devono essere eseguite angiografia e angio-RM.
Prevenzione
La
debolezza della
parete arteriosa, in quanto congenita, non può essere prevenuta. Ma possono essere eliminati i
fattori di
rischio modificabili, come il fumo e l’assunzione di droghe. Può, inoltre, essere adottata una
alimentazione bilanciata, povera di zuccheri e di grassi di origine animale, per mantenere livelli di colesterolo e trigliceridi nella norma e ridurre il rischio di deposizione delle placche ateromatose.
Se presente, l’ipertensione deve essere controllata, in maniera da
ridurre le
sollecitazioni meccaniche cui sono
sottoposte le
arterie.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Come si cura un aneurisma cerebrale non rotto?
L’intervento chirurgico non è sempre la soluzione ottimale, perché spesso comporta rischi maggiori rispetto a quelli associati all’aneurisma. Viene disposto quando l’aneurisma comprime i centri nervosi adiacenti o quando esiste un rischio significativo di rottura; quando questi rischi non sussistono, il neurochirurgo in genere prescrive un monitoraggio della lesione nel tempo. Il trattamento è di tipo microchirurgico o endovascolare, a seconda del tipo di lesione: la chirurgia permette di ottenere percentuali di successo maggiori in termini di chiusura definitiva (oltre il 90% dei casi), ma le metodiche endovascolari sono correlate a rischi minori di complicanze (inferiori al 7%). La terapia antimicrobica viene istituita quando l’aneurisma è infetto e può essere composta da antibiotici (se l’infezione è di origine batterica) o antifungini (se a causarla è una micosi).
Come capire se si ha un aneurisma non rotto?
Gli aneurismi non rotti sono spesso asintomatici e possono rimanerlo per tutta la vita. Diverso il caso di dilatazioni che fanno massa e comprimono vasi o nervi, da cui possono generarsi sintomi più o meno intensi e specifici. Un aneurisma non rotto che preme sul nervo oculomotore, ad esempio, può provocare alterazioni della motilità oculare, diplopia (sdoppiamento della vista), ptosi palpebrale (chiusura della palpebra). Se comprime, invece, il nervo ottico può causare disturbi visivi. In altri casi, la compressione dei centri nervosi può scatenare crisi epilettiche, episodi di cefalea, di solito avvertita come martellante e pulsante, fotofobia, perdita di equilibrio, afasia o vertigini.
Quando un aneurisma va operato?
Quando le sue dimensioni sono importanti, quando le sue dimensioni non sono importanti ma comprime i centri nervosi adiacenti, quando (per le caratteristiche dell’aneurisma) il rischio di rottura è elevato.
Come si opera un aneurisma alla testa?
Il trattamento degli aneurismi cerebrali non rotti è di tipo microchirurgico o endovascolare, a seconda del tipo di lesione: la chirurgia ha percentuali di successo maggiori (oltre il 90% di successi nella chiusura definitiva), ma le metodiche endovascolari hanno rischi minori di complicanze (meno del 7%). Le metodiche microchirurgiche oggi disponibili permettono di raggiungere, in anestesia generale, la sede della dilatazione attraverso un piccolo foro praticato nel cranio (craniotomia) e di riparare la deformazione tramite posizionamento di una clip (clipping chirurgico). Il trattamento endovascolare (coiling endovascolare, embolizzazione) consiste nell’inserimento di un catetere nelle arterie cerebrali per raggiungere l’aneurisma e nella sua chiusura mediante inserimento di microspirali di platino(coils).