Indice
Domande e Risposte
HIV e AIDS: che differenza c’è?
C’è ancora
molta confusione a proposito di HIV, AIDS e sieropositività, ritenendole "la stessa cosa". Si tendono a
confondere queste due condizioni come se aver contratto il virus dell’HIV equivalesse ad aver sviluppato la malattia, mentre va chiarito che essere sieropositivi, cioè avere il virus dell’HIV, non significa avere l’AIDS. L'HIV (
Human immunodeficiency virus) è un virus che attacca una tipologia di
globuli bianchi, i linfociti CD4, che hanno il compito di regolare la risposta immunitaria dell’organismo, indebolendolo e rendendo quindi l’organismo molto vulnerabile all’attacco di patogeni.
L’AIDS (
Acquired Immune Deficiency Syndrome, Sindrome da Immunodeficienza acquisita), è lo
stadio clinico terminale dell’infezione da HIV. L'AIDS
inizia a manifestarsi quando queste cellule CD4 del sistema immunitario calano drasticamente, e
possono volerci anche diversi anni dal contagio. Si diagnostica l’AIDS quando la conta dei linfociti CD4 T risulta inferiore a 200 unità, oppure quando si manifestano in modo drammatico le complicanze della malattia.
Le cose sono cambiate radicalmente negli ultimi 20 anni: oggi una persona sieropositiva può tenere sotto controllo farmacologicamente l’infezione di modo sia da non sviluppare mai la malattia ossia l’AIDS, che per non essere un problema per altre persone.
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano una Visita infettivologica:
Come agisce l’HIV nel corpo umano?
Il
microrganismo dell’HIV, una volta entrato nel corpo, agisce sul sistema immunitario
danneggiandolo e
impedendogli di difendere il corpo dalle malattie.
Il
virus dell’HIV, anche
senza trattamenti farmacologici, può impiegare diversi anni prima di
indebolire il sistema immunitario al punto da sfociare nell’AIDS conclamato, ma a quel punto la malattia diventa letale nel giro di pochi anni.
Attenzione: inutile fare il test il giorno dopo un
rapporto sessuale non protetto o un altro comportamento a rischio. Gli anticorpi impiegano almeno 12 settimane per essere prodotti dal nostro organismo.
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano una visita ginecologica:
Che cos’è l’AIDS
Un’altra
bufala che si sente spesso in giro è che l’
AIDS è una malattia autoimmune. Non è così. Sebbene, infatti, sia coinvolto il sistema immunitario dell’organismo che ne viene colpito,
la causa è sempre l’azione patogena del virus. Le malattie autoimmuni, invece, sono scatenate da una reazione anomala del
sistema immunitario contro cellule sane dell’organismo stesso, per ragioni ancora
non del tutto note, ma in cui certamente
gioca un ruolo chiave la componente genetica.
Quali sono i sintomi iniziali dell'HIV?
L'infezione da HIV non ha una propria specifica manifestazione, ma si rivela attraverso gli effetti che provoca sul sistema immunitario. Si parla di sieropositività quando si rileva la presenza di anticorpi anti-HIV nel sangue. Si può vivere anni senza manifestare alcun sintomo e accorgersi della sieropositività solo al manifestarsi di una malattia. Per scoprire l’infezione è quindi fondamentale sottoporsi al test HIV.
La fase di incubazione del virus HIV è di durata variabile e dipende anche dallo stato generale di salute di partenza della persona colpita, ma di solito va da un minimo di 2 ad un massimo di 6 settimane. In questo periodo la contagiosità è massima, ma fino ai 3 mesi dall’infezione è possibile che al test per l’HIV risultiamo ancora sieronegativi. Significa che sebbene il virus sia presente nel nostro organismo e abbia già iniziato la sua azione distruttiva, gli anticorpi specifici non sono “dosabili”. Si tratta del periodo definito “finestra”.
Per molti il contagio è del tutto asintomatico, mentre per altri i sintomi della sindrome retrovirale acuta includono:
- Febbre;
- Mal di testa;
- Eritema;
- Mal di gola e comparsa di ulcere dolorose all’interno della bocca;
- Dolori muscolari e articolari;
- Ingrossamento dei linfonodi, soprattutto del collo;
- Problemi al tubo digerente. Tra i sintomi precoci dell’infezione, successivi al periodo “finestra”, ci sono anche problemi al primo tratto del tubo digerente, ovvero bocca, gola ed esofago, dove è possibile che compaiano lesioni infiammatorie a carico delle mucose. A causa di questo mangiare potrebbe diventare complicato. È altresì possibile avere meno appetito e quindi dimagrire;
- Alterazioni della pelle (sintomi cutanei dell'infezione da HIV): lesioni da Herpes virus (Fuoco di Sant’Antonio che rappresenta un'infezione da Herpes Zoster) e infezioni fungine ricorrenti provocate proprio da un abbassamento delle difese immunitarie;
- Infezioni urinarie (IVU). Anche le vie urinarie possono subire danni dall’azione infettiva del virus dell’HIV e risentire di difese immunitarie deficitarie. La conseguenza sono possibili infiammazioni e IVU ricorrenti come cistiti e uretriti, fino a malattie renali più serie;
- Tosse e malattie alle vie respiratorie. Sempre per “colpa” di un sistema immunitario indebolito, è comune ammalarsi in modo ricorrente di bronchiti e infezioni agli organi della respirazione (fino al caso più grave rappresentato dalle polmoniti, una comune complicanza) con sintomo principale rappresentato da una tosse che non guarisce;
- Senso di spossatezza. L’infezione da HIV sottrae, come abbiamo visto, energia vitale all’organismo, con conseguente affaticamento e sensazione di stanchezza cronica.
Attenzione: avere questi sintomi non significa affatto che abbiamo contratto l’AIDS.
Purtroppo, però, anche una volta che questa fase “acuta” di risposta dell’organismo sia passata, il virus dell’HIV, seppur lentamente, continua a moltiplicarsi e a distruggere sistematicamente le cellule T del sistema immunitario. Si entra allora nella fase definita di “latenza clinica”, che può durare anche un decennio. In un soggetto in buone condizioni fisiche di partenza, specie se giovane, la replicazione del virus può essere quasi irrilevante per molto tempo.
Convivere con l'HIV è possibile
I
progressi della ricerca scientifica e l'uso della terapia antiretrovirale hanno reso possibile alle persone con HIV di avere una buona qualità di vita, grazie anche al minor impatto sull’organismo e ai minori effetti collaterali.
Le evidenze scientifiche dicono che le
prospettive di vita per chi oggi scopre di avere l’Hiv ed entra subito in terapia sono simili a chi non ha l’HIV.
La
terapia che da almeno 6 mesi mantiene persistentemente la carica virale (cioè la quantità di virus presente nel sangue/secrezioni) a livelli non misurabili
rende altresì nulla la possibilità di trasmettere il virus ad altri. In questo caso si parla di U=U
Undetectable =
Untrasmittable o in italiano Non rilevabile = Non trasmissibile.
Come si trasmette il virus dell'HIV
Il virus dell’HIV si trasmette da persona a persona
prevalentemente attraverso i rapporti sessuali non protetti o il contatto diretto con il
sangue, inoltre
una madre infetta può contagiare il feto durante la gravidanza, o il bambino durante il parto o l’allattamento. Sebbene trasmettere il virus dell’HIV (da soggetto sieropositivo a soggetto sano) non sia così facile come accade, ad esempio, per i virus dell’influenza o i coronavirus, si tratta comunque di una infezione contagiosa, e il fatto che oggi si tenda a parlarne di meno rispetto a qualche decennio fa, non significa che il pericolo sia minore o che la malattia sia “scomparsa”.
I c
omportamenti a rischio per contrarre l’HIV sono i seguenti:
- Rapporti sessuali non protetti, cioè senza uso di preservativo. Il virus dell’HIV da soggetto infetto può essere trasmesso a un soggetto sano attraverso un rapporto vaginale, anale o orale in cui il liquido seminale, le secrezioni vaginali o il sangue entrino nel corpo. Inoltre, il virus può introdursi in un organismo umano anche attraverso piccole ulcerazioni o ferite della bocca o di altre parti del corpo che entrino in contatto con i fluidi del soggetto infetto. Attenzione a chi soffre di una malattia venerea. Molte infezioni sessualmente trasmesse producono verruche e lesioni nei genitali, che rappresentano una “porta” di accesso preferenziale per il virus dell’HIV;
- Trasfusioni di sangue. Attualmente non può più accadere che un soggetto sano venga contagiato da sangue infetto durante una trasfusione, perché i prodotti ematici da donazione vengono esaminati al fine di scoprire proprio eventuali microrganismi patogeni, tra cui il virus dell’HIV. Purtroppo in passato molte persone sono state infettate in questo modo;
- Condivisione di siringhe. Una delle ragioni per cui le persone con una dipendenza da droghe iniettabili sono considerati ad alto rischio di contrarre il virus dell’HIV è proprio l’abitudine di scambiarsi le siringhe;
- Gravidanza, parto o allattamento al seno. Purtroppo una madre infetta può trasmettere il virus al suo bambino, ma se trattata con i farmaci anti HIV durante la gestazione il rischio viene abbattuto significativamente.
Ci sono invece dei
comportamenti che non trasmettono l’HIV!
- L’HIV non si trasmette con un bacio perché non si trasmette attraverso la saliva, nemmeno nel caso in cui la persona non è consapevole di essere sieropositiva, e quindi non assumendo i farmaci antiretrovirali abbia una carica virale molto elevata. Il virus tuttavia può introdursi in un organismo umano anche attraverso piccole ulcerazioni o ferite della bocca o di altre parti del corpo che entrino in contatto con i fluidi del soggetto infetto;
- L’HIV/AIDS non si trasmette con gli abbracci, le strette di mano, i colpi di tosse e gli starnuti né con il contatto con le urine;
- L’HIV/AIDS non si trasmette mangiando cibo crudo, mal lavato o altro;
- L’HIV/AIDS non viene trasmesso dagli insetti (zanzare o mosche possono trasmettere altre malattie infettive tra cui la malaria, ma non il virus dell’HIV);
- L’HIV/AIDS non si trasmette da animale a essere umano. I gatti con l’immunodeficienza felina non sono contagiosi!
Come e dove fare il test per l’HIV
Il test si effettua attraverso un
normale prelievo di sangue per rilevare la presenza di anticorpi.
Se si sono avuti comportamenti a rischio è opportuno eseguire il test dopo uno-tre mesi dall’ultima esposizione a rischio.
La legge italiana (Legge 135, giugno 1990) garantisce che il test HIV sia gratuito, anonimo e non richiede ricetta medica. Il risultato del test viene comunicato esclusivamente alla persona che lo ha effettuato. Oggi, è inoltre possibile eseguire un
test rapido per l’HIV a casa proprio, acquistandolo in farmacia.
Il test si può eseguire anonimamente negli ospedali, nei centri diagnostici pubblici e privati autorizzati.
Nel sito
Uniticontrolaids è possibile visionare la lista di centri in tutta Italia dove è possibile eseguire il test.
Come si cura l’HIV?
Oggi, a differenza di quel che accadeva 30-40 anni fa, esistono dei
farmaci specifici in grado di fermare la riproduzione del virus nelle cellule, riducendo quindi la quantità di virus che circola nell’organismo e permettendo alle persone con HIV una buona qualità di vita. Le prospettive di vita per chi oggi scopre di avere l’HIV e inizia subito la terapia – che dura per tutta la vita - sono simili a chi non ha l’HIV.
A seconda della fase dell’infezione e dalla maggiore o minore resistenza ad alcuni dei farmaci antiretrovirali, si modulerà il
protocollo terapeutico per ciascun paziente, ma in linea di massima i farmaci da assumere sono almeno tre in combinazione per garantire la massima efficacia. Naturalmente, il trattamento si intende a vita, e una volta che la terapia si comincia è necessario sottoporsi costantemente ad esami di controllo ogni 3-6 mesi – in particolare la carica virale e la conta dei linfociti TD4 T – per verificare l’efficacia delle cure.
Convivere al meglio con la sieropositività e con le terapie antiretrovirali significa quindi
adottare uno stile di vita e comportamenti quanto più salutari possibile, al fine di attenuare gli effetti collaterali delle cure e migliorare il proprio stato di salute in generale.
Puntare quindi su
buona alimentazione, con l’eventuale assunzione di integratori concordati con i medici affinché non confliggano con i farmaci, fare attività fisica e vaccinarsi contro le infezioni più comuni sono la via elettiva per garantirsi buone aspettative di vita. A proposito di vaccini, quelli raccomandati per le persone infettate dal virus dell’HIV saranno a base di microrganismi inattivi (altrimenti potrebbero nuocere gravemente a chi abbia un sistema immunitario poco reattivo), da somministrarsi in soggetti che abbiano avuto una diagnosi precoce di sieropositività e abbiano
iniziato tempestivamente la terapia antiretrovirale.
Rapporti intimi e HIV: come proteggere il partner
Se si ha una relazione con una persona sieropositiva che assume correttamente la terapia antiretrovirale, non ci sono rischi di contagio durante i rapporti sessuali. Se invece la persona non è ancora in terapia e ha una carica virale rilevabile nel sangue, allora è necessario l’uso del profilattico. Questo perché i farmaci contro l’HIV mantengono bassissima la quantità di virus circolante da rendere praticamente pari a zero il rischio di trasmissione del virus.
Prevenzione del contagio. Che cos'è la terapia PrEP?
Come posso proteggermi dall'HIV se il mio partner è sieropositivo? L’acronimo PrEP sta per Profilassi Pre-Esposizione (PrEP) e indica la possibilità di assumere un farmaco da parte di un soggetto non sieropositivo ma che abbia rapporti sessuali a rischio, perché decide di non usare il profilattico. Si tratta di farmaci da assumere in compresse, quindi per bocca, e che riduce sostanzialmente (anche se non annulla completamente!) il rischio di infettarsi con l’ HIV dopo un rapporto a rischio.
L’acronimo PEP invece sta per Profilassi Post-Esposizione e indica la possibilità di assumere un farmaco dopo che è avvenuta l’esposizione a rischio.
Una persona sieropositiva può avere figli?
Sì. Le persone – uomini e donne - con HIV che seguono la terapia e che quindi hanno una carica virale negativa
possono oggi avere figli in modo naturale senza che si presentino dei rischi né per la madre né per il bambino.
Una persona sieropositiva può lavorare?
Certo che sì! Lo Statuto dei lavoratori vieta al datore di lavoro ogni accertamento sullo stato di salute del lavoratore, e la Legge 135/90 vieta espressamente al datore di lavoro di effettuare indagni per accertare la sieropositività di un dipendente o di una persona in fase di assunzione.
Anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa del mondo del lavoro – impone che a nessun lavoratore debba essere richiesto di effettuare il test HIV o di rilevare il proprio stato sierologico.
Dal lato pratico però è capitato che datori di lavoro chiedessero il test Hiv al lavoratore. Come spiegano gli esperti della Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS, una circolare congiunta del Ministero della Salute e del Ministero del Lavoro del 2013 si sottolinea che l’HIV non si trasmette attraverso il contatto occasionale e che la presenza sul luogo di lavoro di persone con HIV non è un rischio per la sicurezza, anche perché comunque se sussiste un rischio professionale, vige comunque l’obbligo di adottare precauzioni per tutti. Il test HIV non può dunque essere richiesto indiscriminatamente a tutti i lavoratori.Si specifica che eventuali norme specifiche di settore, che richiedano l’accertamento della negatività all’HIV come condizione di idoneità ad uno specifico servizio (come per esempio l’esercito), devono essere motivate da una effettiva condizione di rischio nei confronti di terzi e bisogna valutare caso per caso anche in relazione alla qualifica professionale e alle condizioni di salute del singolo lavoratore. Rimane l’obbligo di fornire al lavoratore tutte le informazioni sugli accertamenti sanitari e di ottenere il suo consenso per il test HIV.
Quante sono le persone sieropositive in Italia?
I dati epidemiologici aggiornati e diffusi dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità) ci informano che:
- Nel 2021, sono state effettuate 1.770 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 3 nuovi casi per 100.000 residenti;
- L’incidenza (casi/popolazione) osservata in Italia è inferiore rispetto all’incidenza media osservata tra le nazioni dell’Unione Europea (3,3 nuovi casi per 100.000). L’incidenza delle nuove diagnosi Hiv è in diminuzione dal 2012;
- L’83% dei casi di Aids segnalati nel 2021 era costituito da persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nei sei mesi precedenti alla diagnosi di Aids.
Aspetti psicologici: come affrontare una diagnosi di HIV
Un
problema enorme che vivono le persone che ricevono una diagnosi di sieropositività da HIV è lo
stigma sociale, che
spesso porta all’isolamento, specie in realtà dove c’è poca consapevolezza su quali siano le possibilità oggi di convivenza con la malattia. Molti ancora pensano che anche solo stare accanto a una persona con HIV sia un rischio per se stessi, mentre non è così. L’HIV si trasmette solo se la persona non sta seguendo la terapia con antiretrovirali ha un rapporto sessuale non protetto.
Molti inoltre associano la sieropositività con comportamenti sociali considerati ancora da molti non positivi, colpevolizzando il paziente e il risultato è che comunicare la propria sieropositività può diventare un’agonia continua perché non troviamo il coraggio e le parole per raccontarci.
Inoltre, una piccola percentuale di persone sieropositive presenta alessitimia, la difficoltà nel riconoscere, descrivere ed esprimere le proprie emozioni. Questa condizione sembra essere associata fra le altre cose alla scarsa aderenza al trattamento. Quando si vive una situazione difficile da questo punto di vista è importante cercare un sostegno psicologico e oggi sono sempre di più i professionisti specializzati nel supportare le persone che vivono una diagnosi di HIV. Un primo passo può essere contattare le associazioni pazienti per essere indirizzati verso lo specialista più indicato per le nostre necessità.
Il vaccino contro l’HIV
Fino ad oggi la
ricerca farmacologica non è riuscita a sintetizzare e sperimentare con successo un vaccino unico contro il virus dell’HIV, ma la tecnologia a RNA messaggero, usata anche per sviluppare i
vaccini anti Covid-19, sembra una
prospettiva promettente. Diverse aziende stanno lavorando allo sviluppo di un vaccino anti virus HIV.
Purtroppo nel 2024 una ricerca che era apparsa promettente è stata abbandonata perché i risultati non erano quelli sperati, ma continua a esserci speranza rispetto a una strategia chiamata
Germline Targeting.
A un certo punto la ricerca scientifica ha osservato che
il 10% circa delle persone sieropositive produce, seppur tardivamente,
anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro, chiamati
broadly neutralizing Ab, bnAbs, estremamente
efficaci nel tenere sotto controllo l’infezione. I ricercatori hanno iniziato a
studiare questi anticorpi, cercando di capire quali porzioni di antigene (epitopi)
sono riconosciuti. La sfida è quella di indurre i linfociti B specifici a produrre anticorpi neutralizzanti a sempre maggior affinità per l’antigene riconosciuto. Una nuova strategia chiamata Germline Targeting, ha appunto l'obiettivo di stimolare i linfociti B vergini (naive) perché producano anticorpi precursori dei bnAbs desiderati.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Domande e risposte
Quali sono i sintomi dell'HIV?
Per molti il contagio è del tutto asintomatico, mentre per altri i sintomi della sindrome retrovirale acuta includono:
- Febbre;
- Mal di testa;
- Eritema;
- Mal di gola e comparsa di ulcere dolorose all’interno della bocca;
- Dolori muscolari e articolari;
- Ingrossamento dei linfonodi, soprattutto del collo;
- Problemi al tubo digerente;
- Alterazioni della pelle: lesioni da Herpes virus (Fuoco di Sant’Antonio che rappresenta un'infezione da Herpes Zoster) e infezioni fungine ricorrenti provocate proprio da un abbassamento delle difese immunitarie;
- Infezioni urinarie (IVU);
- Tosse e malattie alle vie respiratorie;
- Senso di spossatezza.
Quanto tempo impiega l'HIV a mostrare sintomi?
Si può vivere anni senza manifestare alcun sintomo e accorgersi della sieropositività solo al manifestarsi di una malattia. Per scoprire l’infezione è quindi fondamentale sottoporsi al test HIV. La fase di incubazione del virus HIV è di durata variabile e dipende anche dallo stato generale di salute di partenza della persona colpita, ma di solito va da un minimo di 2 ad un massimo di 6 settimane. In questo periodo la contagiosità è massima, ma fino ai 3 mesi dall’infezione è possibile che al test per l’HIV risultiamo ancora sieronegativi. Significa che sebbene il virus sia presente nel nostro organismo e abbia già iniziato la sua azione distruttiva, gli anticorpi specifici non sono “dosabili”. Si tratta del periodo definito “finestra”.
Posso convivere normalmente con l'HIV?
Sì. I progressi della ricerca scientifica e l'uso della terapia antiretrovirale hanno reso possibile alle persone con HIV di avere una buona qualità di vita, grazie anche al minor impatto sull’organismo e ai minori effetti collaterali.
Le evidenze scientifiche dicono che le prospettive di vita per chi oggi scopre di avere l’Hiv ed entra subito in terapia sono simili a chi non ha l’HIV.
La terapia che da almeno 6 mesi mantiene persistentemente la carica virale (cioè la quantità di virus presente nel sangue/secrezioni) a livelli non misurabili rende altresì nulla la possibilità di trasmettere il virus ad altri. In questo caso si parla di U=U Undetectable = Untrasmittable o in italiano Non rilevabile = Non trasmissibile.
L’HIV si trasmette con un bacio?
No. L’HIV non si trasmette attraverso la saliva, nemmeno nel caso in cui la persona non è consapevole di essere sieropositiva, e quindi non assumendo i farmaci antiretrovirali abbia una carica virale molto elevata. Il virus tuttavia può introdursi in un organismo umano anche attraverso piccole ulcerazioni o ferite della bocca o di altre parti del corpo che entrino in contatto con i fluidi del soggetto infetto.