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Domande e Risposte
Cos’è l’acetone?
Con il termine acetone possiamo intendere due cose. La prima è un comune composto chimico liquido, moderatamente tossico, che utilizziamo prevalentemente come solvente (ad es. per le vernici, quali lo smalto per
unghie). La seconda, quella che ci interessa, ha a che fare con una condizione medica, o meglio con un processo metabolico chiamato
chetosi, che può trasformarsi in un disturbo importante.
L’acetone è infatti la
conseguenza di un disordine del metabolismo, molto più comune nei
bambini, ma possibile a qualunque età per cause che a breve vedremo, innescato da una
carenza di zuccheri. Partiamo dal presupposto che l’organismo umano per svolgere le sue normali funzioni fisiologiche ha bisogno di energia, di carburante.
Questa “benzina” la ricaviamo dal cibo che ingeriamo, e in particolare da quei macronutrienti chiamati
glucidi, o
carboidrati. Ve ne sono di due tipi: i carboidrati
semplici (es. frutta e dolci), e i carboidrati
complessi (amidi, pasta, legumi). I primi
forniscono energia immediata, i secondi energia a lento rilascio. Attraverso un complesso processo metabolico, queste sostanze vengono “smontate” dagli organi della digestione e ridotti alle loro componenti di base, ovvero gli zuccheri, nella forma del
glucosio. Ed è proprio quest’ultimo che, una volta riversato nel sangue, fornisce quell’energia necessaria alle cellule del corpo.
Un meccanismo perfetto che, però, per milioni di ragioni potrebbe incepparsi. Una di queste è
l’insufficiente apporto di carboidrati, e quindi di “materia prima”. Cosa accade al nostro corpo quando si ritrova a corto di zuccheri? Non si perde certo d’animo, naturalmente, ma imposta una sorta di
piano B, chiamato chetosi. Si tratta di
un processo che permette di ricavare energia dai grassi accumulati nelle cellule adipose, in particolare i trigliceridi, che vengono a tal fine scomposti dal
fegato. A seguito di questo meccanismo, che si chiama
catabolismo dei grassi, nel sangue si riversano molecole di scarto,
sostanze acide chiamate corpi chetonici: l’
acetone, l’acido acetoacetico e l’acido beta-idrossibutirrico. Il primo viene
eliminato attraverso il respiro e si caratterizza per il particolare odore di frutta matura dell’alito, gli altri due attraverso le
urine. Basta un
test, infatti, per effettuare una immediata diagnosi.
Ma attenzione,
chetosi non coincide con acetone (non l’acido, ma il disturbo metabolico di cui ci stiamo occupando). Infatti fino a un certo limite il nostro corpo può “accettare” le presenza di corpi chetonici al fine di procurarsi l’energia necessaria per svolgere le sue funzioni vitali primarie e secondarie, purché sia in grado di smaltirli. Ma… dal momento che non si tratta di una condizione normale, può essere tollerata fino ad un certo punto prima di trasformarsi in un problema. Se il catabolismo dei grassi aumenta,
il sangue viene “invaso” di corpi chetonici che non riesce a eliminare e subisce un processo di acidificazione che viene chiamato
chetoacidosi (o chetonemia, o, anche, acetonemia) una condizione seria che si manifesta con sintomi violenti quali
vomito e il tipico
alito dolciastro, come di frutta marcia.
Come anticipato, il fenomeno dell’acetone è piuttosto
comune nei bambini e non deve destare particolare preoccupazione; tuttavia, non va neppure sottovalutato. Nell’adulto è invece sintomo secondario di condizioni di sofferenza del corpo riconducibili a varie cause, alcune transitorie, altre croniche. Infine, come vedremo a fine appuntamento, la chetosi può anche essere indotta volontariamente e tenuta sotto controllo nelle diete dimagranti low carb.
Le cause
La
chetoacidosi, o acetone, è un disordine metabolico che può avere molte cause, non sempre patologiche. Si origina, come abbiamo capito, da un insufficiente apporto di glucidi, ma questa carenza non sempre è determinata da una effettiva scarsità di zuccheri disponibili. Infatti una delle cause principali di acetone è il
diabete, specialmente la forma più severa, o
diabete mellito di tipo 1. Nel soggetto diabetico, infatti, sia adulto che bambino, può verificarsi una situazione paradossale, ovvero che nel sangue siano presenti
alte concentrazioni di glucosio che, però, non riesce ad essere assimilato per un deficit nella produzione di insulina (l’ormone pancreatico deputato al metabolismo degli zuccheri), o per incapacità della stessa di eseguire questo compito soprattutto nelle zone periferiche del corpo (sindrome da insulino-resistenza). Così accade che l’
energia viene comunque
ricavata dai depositi di grasso, con le conseguenza che abbiamo visto. Non solo i diabetici sono, però, a rischio di acetone. Altre condizioni che possono innescare un processo di chetoacidosi sono:
È molto importante distinguere la chetosi (condizione non preoccupante) dalla chetoacidosi, o acetone propriamente detto, che al contrario può avere
esiti drammatici se non gestita con tempestività, in particolare nei soggetti diabetici (per i quali occorre il ricovero ospedaliero). Quando il corpo inizia a sentirsi “affamato” e a demolire affannosamente molecole di grasso per procurarsi energia in tempi molto rapidi,
non riesce a smaltire i corpi chetonici e si intossica. Ecco perché il vomito rappresenta il sintomo prevalente riconducibile all’acetone. Dicevamo che nei bambini andare in chetoacidosi è più facile. Scopriamo perché, come individuare i sintomi, e come risolvere efficacemente il disturbo riportando il metabolismo dei nostri piccoli/e in equilibrio.
Acetone nei bambini: sintomi e cure
Chi da bambino non ha avuto almeno una volta un episodio di acetone, alzi la mano. Si tratta, infatti, di uno dei disturbi “di stomaco” più comuni in età pediatrica, che in realtà con lo stomaco propriamente detto ha poco a che vedere. Spesso scambiato per indigestione, o comunque associato a stati di malessere, l’acetone in un bambino/a non diabetico/a è un disturbo innocuo e transitorio, che
va comunque trattato subito. Rivediamo le
cause principali di acetone/chetoacidosi nei più piccoli:
- Digiuno. Può capitare che trascorrano troppe ore tra un pasto e l’altro e il bambino/a si ritrovi senza più scorte di glucosio;
- Febbre, infezioni, diarrea. Sono condizioni in cui il bambino/a subisce un forte stress fisico, sovente accompagnato da disidratazione, indebolimento, inappetenza, che a loro volta causano un gap di energia;
-
Intenso sforzo fisico, ad esempio dopo un allenamento sportivo prolungato e senza pause. In questi casi un organismo ancora in crescita brucia moltissime energie che, se non vengono prontamente recuperate, spingono il corpo a desumerle dai grassi;
-
Diabete o altre malattie del metabolismo da accertare;
-
Dieta troppo ricca di grassi saturi e cibi “spazzatura”, ad esempio patatine fritte, carne condita o hamburger, insaccati, cioccolato;
- Eccessiva assunzione di salicilati, farmaci FANS non steroidei a base di acido acetilsalicilico;
-
Shock emotivi;
-
Malattie intestinali, allergie o intolleranze alimentari (es. celiachia), che causino malassorbimento.
Dal momento che l’acetonemia non è una malattia vera e propria, bensì una
condizione di squilibrio metabolico dovuta a una sorta di intossicazione da acidi, si manifesta con
sintomi precisi, che sono:
Vomito violento, che può essere continuo, inarrestabile e che pertanto può prostrare il bambino/a causando
disidratazione e crampi addominali;
tipico alito dolciastro (come di frutta marcia), che come abbiamo anticipato dipende dal fatto che uno dei corpi chetonici (proprio quell’acetone che dà il nome a tutto il disturbo) si elimina per via polmonare, attraverso il respiro;
mal di testa, malessere generale; impossibilità di assumere cibo;
respiro profondo e
accelerato;
lingua patinosa.
Questa sintomatologia può non essere presente tutta insieme e può essere più o meno acuta. Ad esempio, il bambino/a potrebbe non vomitare, ma avere l’alito fruttato e manifestare malessere generale e rifiuto per il cibo. Solo
in rari casi si manifestano condizioni più serie, quali perdita della coscienza e svenimento, e se ciò dovesse avvenire, occorre recarsi subito al pronto soccorso. In generale, però, una crisi di acetone in età pediatrica non ha nessun significato patologico, e
si supera nel giro di 24 ore, con il ripristino delle normali funzioni metaboliche e gastriche.
Ci sono dei “fattori di rischio”, se possiamo definire così delle
precondizioni che rendono più probabili episodi di chetoacidosi in età infantile, che sono:
- Avere un’età compresa tra i 2 e i 7 anni. Molti bambini in questa fascia di età non hanno ancora sviluppato in modo maturo le loro funzioni metaboliche, e questa “immaturità” del fegato si manifesta anche con la facilità a consumare rapidamente tutte le riserve di energia disponibili e a cercarne di “nuove” dal catabolismo dei grassi, processo che viene innescato in modo rapido e improvviso. In linea di massima, dopo i 12 anni è molto più difficile che insorgano disordini metabolici quali la chetoacidosi;
- Essere di costituzione magra. Sono, in genere, più predisposti a episodi di acetone i bimbi e le bimbe esili rispetto ai coetanei più robusti, con una ridotta massa muscolare;
- Avere un’indole impressionabile, un carattere ansioso ed emotivo. I piccoli/e con questa personalità sono più facilmente colti da disturbi metabolici originati da stati di stress psichico ed emotivo.
Il trattamento per l’acetonemia nei bambini/e prevede innanzi tutto l’accertamento del disturbo. Per la diagnosi è sufficiente fare un piccolo
test delle urine (che si acquista in farmacia). Basteranno poche gocce di pipì sullo stick reattivo per ottenere un responso pressoché immediato. Occorre, naturalmente, informare il/la
pediatra, e richiedere un consiglio su come intervenire.
In generale il disturbo si risolve da solo, ma è opportuno agire per rimettere a posto lo stomaco del bambino/a con
farmaci antiacido (es. Biochetasi o Citrosodina) e fermare i sintomi, in particolare il vomito.
A volte è sufficiente ripristinare rapidamente i livelli di glucosio, somministrando al bambino/a del
succo di frutta (si assorbe meglio e più in fretta di un cibo). Dal momento che il vomito conduce a disidratazione, è molto importante anche far bere a più riprese il piccolo/a. Per il resto, una volta che l’episodio di acetone sia stato superato, sarà sufficiente fare attenzione a che non si ripresentino le condizioni che favoriscono l’insorgenza del disturbo. Ad esempio, far seguire al bambino/a una
dieta bilanciata, non troppo ricca di grassi, ed
evitare che rimanga troppo a lungo a digiuno, soprattutto quando svolge attività fisica.
Ricordiamo che in età infantile si ha bisogno di regolari “ricariche” di cibo, in particolare di
carboidrati, per favorire la crescita e reintegrare le tante energie spese.
Senza esagerare con le calorie, quindi, è bene programmare la dieta dei bimbi/e in modo da considerare sempre
cinque pasti al giorno, con due spuntini energetici a metà mattina e a metà pomeriggio. Durante gli allenamenti i bambini e le bambine devono avere a disposizione sempre dell’acqua e magari un succo di frutta.
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano Urine Esame Parziale (acetone e glucosio quantitativo):
Dove effettuare Urine Esame Parziale?
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano Esame Colturale delle Urine (urinocoltura):Dove effettuare Esame Colturale delle Urine?
Acetone negli adulti: sintomi e cure
Se nei bambini gli episodi di acetone sono relativamente comuni e innocui,
nell’adulto questo disturbo può avere significati diversi. Può infatti rappresentare un sintomo o una
complicanza di sofferenza metabolica patologica, conseguente a diabete, o altre malattie di fegato/pancreas. Può anche originarsi da diete del tutto sbilanciate e in questo caso si manifesta con sintomi più sfumati e a lungo termine rispetto agli episodi in età infantile. Se, però, il catabolismo dei grassi e il conseguente accumulo di corpi chetonici nel sangue si associa a iperglicemia e quindi ad una crisi diabetica (
chetoacidosi diabetica), i sintomi possono essere drammatici e chi ne è colpito deve essere immediatamente sottoposto a trattamento insulinico in regime di ricovero, per evitare di entrare in coma diabetico.
In situazioni meno acute e non associate a diabete, una acetonemia nell’adulto si può manifestare con
sintomi quali:
-
Alito che sa di frutta;
-
Dolori addominali;
- Difficoltà di concentrazione, confusione mentale;
-
Disidratazione, secchezza cutanea;
-
Bocca asciutta e arsura;
-
Respiro accelerato e profondo;
-
Spossatezza e senso di malessere generale;
-
Aumento della minzione;
-
Nausea e/o vomito.
Un adulto in buona salute, che segua una dieta bilanciata, difficilmente può andare incontro a un episodio di chetoacidosi, a meno che non sia sottoposto a forti stress psico-fisici o a un digiuno prolungato, o abbia assunto sostanze stupefacenti. Al contrario, soggetti diabetici o che soffrano di scompensi metabolici sono senza dubbio più a rischio.
In ogni caso, le soluzioni in termini pratici per superare la crisi di chetonemia, prevedono:
- Una pronta reintegrazione degli zuccheri (ad esempio attraverso un tè zuccherato o un succo di frutta);
- L’assunzione di un antiacido adeguato al caso (basta chiedere in farmacia, ma vanno bene gli stessi farmaci da banco indicati per l’acetone nei bambini) o di un antiemetico. Un ottimo rimedio anti nausea naturale è, ad esempio, il tè allo zenzero;
- Un reintegro dei liquidi persi (prevalentemente attraverso il consumo di acqua).
- Una dieta bilanciata povera di grassi. A tal riguardo, le indicazioni dietetiche di massima sugli alimenti da privilegiare e quelli da evitare sono:
- Cibi sì: pasta, riso, carne bianca, pesce, legumi, patate e altri amidi (carote, batate, zucca), polenta, verdure e frutta di ogni tipo, yogurt;
- Cibi da limitare: bevande alcoliche, cibi confezionati, merendine, cioccolati, patate fritte, carni grasse e insaccati, formaggi.
Superfluo specificare che crisi di
chetoacidosi ripetute in un individuo adulto con una sintomatologia che rivela scompensi metabolici e indebolimento generale, vanno indagate senza perdere tempo, soprattutto perché
potrebbero essere causate da un diabete non ancora diagnosticato.
La dieta chetogenica per dimagrire e i rischi per la salute
Di gran moda negli ultimi anni, la dieta chetogenica (tra i programmi protetti da brand si annoverano la
Keto diet e Dieta Atkins), è un regime alimentare dimagrante che sfrutta proprio il meccanismo fisiologico della chetosi per aiutarci a smaltire il peso in eccesso. Ora che abbiamo capito come funziona il catabolismo del grassi, e che si innesca quando abbiamo esaurito le scorte di zuccheri, è più facile intuire anche come agisce questo tipo di dieta e perché “funziona”. Senza portare il corpo alla pericolosa condizione di chetoacidosi, se
si riduce drasticamente l’apporto dei carboidrati semplici e complessi sì da non superare la soglia dei 50 g al giorno (ma l’ideale è mantenersi intorno ai 20 g),
si spinge l’organismo a intaccare le riserve lipidiche in eccesso per ricavarne energia. In tal modo, possiamo perdere peso facilmente e piuttosto rapidamente.
Cosa è concesso mangiare a chi segue la dieta chetogenica? Ovviamente tutti i cibi che non contengano carboidrati, e in particolare carne, pesce, legumi tra cui la soia e i suoi derivati, uova, yogurt magro, verdure come i finocchi, le zucchine, le insalate a foglia, le bietole, i cavoli, il radicchio, l’invidia belga, i cetrioli, il sedano.
Limitatissimi i cereali e derivati, per cui si dovrà rinunciare alla pasta, ma si potrà far colazione con qualche fetta biscottata, meglio se integrale. Semaforo rosso anche per carote cotte e patate, così come zucca o mais, ma soprattutto per dolci e alimenti zuccherini, inclusa la frutta, con pochissime concessioni.
Questo
regime restrittivo low carb (a ridotto apporto di carboidrati) punta tutte le sue carte sull’introito di
proteine, che dovranno fornire circa il
20% dell’intero introito calorico quotidiano, ma soprattutto sui
grassi, come ad esempio l’olio extravergine d’oliva, il grasso del pesce, della carne, della frutta secca e di altri alimenti come l’avocado, fino ad ottenere da questi macronutrienti il
75% delle calorie giornaliere. È consigliato bere molta
acqua e tisane drenanti non zuccherate per aiutare i reni a smaltire i corpi chetonici, ma sono
abolite le bevande alcoliche, i drink e le bibite di ogni tipo.
Pertanto, un pasto tipo sarà composto da una pietanza principale proteica – es. un filetto di carne o di pesce – con un contorno di verdure crude e cotte ben condite, oppure da un minestrone di verdure con legumi, o da una frittata con funghi o ortaggi etc.
l minimo introito di carboidrati (circa il 5% di tutto l’apporto calorico) si dovrà concentrare
nella prima parte della giornata, quando il corpo ne ha più bisogno e brucia calorie più facilmente.
La dieta chetogenica va seguita per periodi limitati di tempo, vedremo più avanti perché, e soprattutto
impostata e monitorata da un dietologo o nutrizionista di professione.
Cosa accade al nostro corpo se di punto in bianco modifichiamo il nostro regime alimentare orientandoci verso una dieta low carb? Che
inizialmente otteniamo una serie di benefici, ma questo solo se siamo realmente in sovrappeso, e pertanto abbiamo accumulato molti trigliceridi nelle nostre cellule adipose, o se siamo a rischio di
diabete di tipo 2. Oltre al dimagrimento, però, chi segue la dieta chetogenica e pertanto innesca nel suo corpo il processo di chetosi, afferma di ottenere altri vantaggi in termini di salute e di benessere, quali, ad esempio,
migliori performance mentali e fisiche, e una riduzione dell’appetito. Vi sono studi che dimostrano come un regime di questo tipo abbia ricadute positive anche nei
malati oncologici, nelle donne giovani che soffrono di
sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), e persino nei pazienti anziani che abbiano un principio di demenza o
malattia di Alzheimer.
Attenzione, però, a non andare in chetosi per troppo tempo, e soprattutto a non esagerare con la restrizione dei carboidrati, perché il rischio di acetonemia è dietro l’angolo, ma soprattutto si può compromettere il proprio stato di salute nel medio e lungo termine con sintomi tra cui:
- Affaticamento generale, senso di spossatezza;
- Disturbi ai reni;
- Disturbi all’apparato digerente tra cui stitichezza e nausea;
- Disturbi nervosi e insonnia;
-
Difficoltà respiratorie;
-
Affaticamento cardiocircolatorio.
A questi malesseri si associa sempre un aumento dei corpi chetonici nel sangue un po’ borderline, ovvero un po’ sopra la soglia di tolleranza. Un alito fruttato e un test delle urine sono sufficienti a fornirci una prima diagnosi da verificare con il nostro medico. Episodi di acetone, in questi casi, possono anche verificarsi e rappresentare un importante campanello di allarme che va ascoltato. È possibile che si sia verificato un
eccesso nell’introito dei grassi a scapito dei carboidrati, e che il sistema metabolico dell’organismo stia iniziando a soffrirne. In questi casi, specialmente se il primo obiettivo del dimagrimento è stato almeno in parte centrato, è opportuno
modulare la dieta in modo da aumentare l’apporto di carboidrati giornalieri e “uscire” dallo stato di chetosi.
Domande e risposte
Cosa provoca l'acetone nei bambini?
L’acetone (chetoacidosi) nei bambini è di norma un disturbo innocuo, che si risolve nel giro di 24 ore al massimo. Si tratta di un disordine metabolico che si verifica quando il corpo va a corto di zuccheri, per lo più a causa di sforzi prolungati, febbre, digiuno, indigestione o shock emotivi. Per procurarsi energia, il corpo utilizza le riserve di grasso al posto degli zuccheri, un processo metabolico che comporta la formazione di molecole di sostanze acide di scarto chiamate corpi chetonici, di cui una è proprio l’acetone. Questi acidi, quando si accumulano nel sangue, hanno un effetto tossico e generano sintomi tipici tra cui il vomito e l’alito che sa di frutta (dovuto al fatto che l’acetone si elimina per via aerea, attraverso il respiro). Se il disturbo è associato ad altri sintomi tra cui forte sete, bisogno di urinare spesso, sonnolenza o addirittura perdita di conoscenza, significa che il bambino/a sta andando in crisi diabetica, ovvero che il suo pancreas non produce abbastanza insulina per metabolizzare gli zuccheri. In questi casi occorre avvisare subito il/a pediatra o recarsi al pronto soccorso.
Cos'è l'acetone negli adulti?
Sebbene più comune nei bambini, l’acetone può insorgere anche negli adulti, specialmente se diabetici o con disturbi metabolici quali la sindrome da insulino-resistenza. Le cause sono le stesse che nei bambini, ovvero un accumulo di corpi chetonici nel sangue a seguito di un processo metabolico chiamato catabolismo dei grassi, che si innesca nel momento in cui il corpo non riesce a ricavare energia dagli zuccheri. Negli adulti in buona salute la chetoacidosi è un fenomeno raro, può verificarsi in condizioni di grave denutrizione o disidratazione, o dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti. Talvolta episodi di acetonemia insorgono quando si seguono diete a ridotto introito di carboidrati, ovvero quei regimi alimentari dimagranti in cui si provoca il processo di chetosi per spingere l’organismo a smaltire le riserve di grasso per ottenere energia. Quando però si riduce eccessivamente l’introito dei carboidrati, i corpi chetonici derivati dalla degradazione dei grassi non vengono correttamente smaltiti e intossicano l’organismo provocando l’acetone. In questi casi è opportuno modificare la dieta aumentando il consumo di carboidrati.
Cos'è l'acetone nelle urine?
L’acetone è un corpo chetonico, ovvero un composto chimico acido che, insieme con l’acido acetoacetico e con l’acido beta-idrossibutirrico, deriva dal catabolismo dei grassi, un processo metabolico regolato da alcuni ormoni (tra cui glucagone e adrenalina) e gestito dal fegato, che ricava energia dai grassi (in particolare dai trigliceridi) dei depositi adiposi. Si tratta di un meccanismo di emergenza, chiamato chetosi, che viene innescato dalla carenza di zuccheri nel corpo, i quali rappresentano la fonte primaria di energia. I corpi chetonici, tra cui l’acetone, vengono smaltiti in parte dai reni e in parte dalle vie respiratorie: per questa ragione una concentrazione di questi composti acidi nelle urine (chetonuria), riscontrabile attraverso un semplice test reattivo, può essere sintomo di acetonemia (o chetoacidosi), condizione in cui il sangue diventa troppo acido e può creare intossicazione.
L'acetone è una malattia?
La chetoacidosi, ossia l’accumulo di corpi chetonici nel sangue a seguito del catabolismo dei grassi, un processo metabolico che permette al corpo di ricavare energia dai grassi e non dagli zuccheri quando vi sia carenza o indisponibilità di questi ultimi, non è una malattia vera e propria. Piuttosto, si tratta di una condizione sintomatica di un disordine metabolico che può essere del tutto benigno e transitorio (come accade spesso ai bambini dopo una gastroenterite virale, o quando vanno in crisi ipoglicemica per sforzi fisici prolungati), oppure rappresentare un campanello d’allarme. Episodi di acetone associati ad iperglicemia, ad esempio, si verificano in caso di diabete, sia di tipo 1 giovanile, che di tipo 2 nell’adulto. La chetoacidosi, popolarmente chiamata acetone, può anche dipendere da altre malattie del metabolismo, dal malfunzionamento del pancreas o del fegato. Nell’adulto può essere una conseguenza di assunzione di stupefacenti, cirrosi epatica, forti stress o digiuno prolungato.