Aggiornato il 05.04.2023
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La buona salute di mamma e bambino a cavallo della nascita dipende da molti fattori, primi fra tutti gli strumenti di prevenzione, che sono di competenza non tanto della medicina ospedaliera quanto dell’assistenza territoriale composta da medici di base, pediatri, ostetriche e altri operatori socio-sanitari.
L’introduzione di pratiche preventive, talvolta anche di semplice adozione, come quelle relative all’uso di integratori alimentari durante la gravidanza, ha permesso in molti Paesi di ridurre l’incidenza di malformazioni alla nascita (es. spina bifida associata a carenza di acido folico e folati) e il rischio di aborti spontanei.
Al miglioramento degli standard di sicurezza hanno contribuito inoltre le iniziative di prevenzione di malattie generalmente non pericolose per la donna in periodi normali (es. rosolia, toxoplasmosi, alcune infezioni sessualmente trasmissibili) ma rischiose per il neonato se contratte in gravidanza.
Al di là della qualità della struttura scelta per partorire, vi possono essere rischi sia per la mamma che per il bambino se la gravidanza non viene seguita in maniera adeguata, se l’alimentazione della donna è non equilibrata, se essa fuma o assume alcolici. Va da sé, quindi, che le iniziative di engagement femminile nell’informazione in materia rappresentino uno strumento importante nell’ottica della prevenzione.
Vi sono, poi, situazioni di pericolo connesse all’operatività del parto e che possono essere ridotte al minimo partorendo presso un Centro Nascite attrezzato.
Il rischio infettivo, ad esempio, può realizzarsi in caso di rottura delle membrane prima del travaglio, evento che implica quello che comunemente viene definito parto asciutto. Per prevenire possibili infezioni, se il travaglio non ha inizio subito dopo la rottura delle membrane e la gravidanza è almeno di 34 settimane, il parto viene indotto.
Altre situazioni di rischio possono essere rappresentate dal parto con ventosa e con forcipe.
Il parto con ventosa (parto operativo vaginale mediante ventosa ostetrica, POV) è ancora praticato nei casi in cui le cose non vanno come dovrebbero (parto eutocico) e il parto è non fisiologico (parto distocico), soprattutto al fine di evitare le complicanze correlate al taglio cesareo. Un parto difficile può avere conseguenze pesanti per il bambino e per la mamma. Il ricorso al POV è estremamente variabile nelle diverse Regioni, con una media compresa fra il 4 ed il 5%: data la sporadicità del suo utilizzo, può verificarsi che gli operatori non siano sufficientemente educati ad eseguirlo e può essere esso stesso fonte di complicanze e rischi.
Allo stesso modo, il parto con forcipe è indicato nei casi in cui è necessario abbreviare la durata della fase espulsiva, per ragioni legate alla tutela della salute della mamma e del bambino.
L’anestesia epidurale, che può essere eseguita al fine di alleviare il dolore, è una procedura sicura, ma comunque (come tutti i trattamenti medici e farmacologici) associata al rischio (estremamente basso, si stima 1 caso ogni 200.000 epidurali) di trombosi, meningite e danni neurologici permanenti.
Oggi sono molte le donne che chiedono di partorire in casa propria, anche sull’onda del trend indotto da alcune celebrità. Alcuni ospedali mettono a disposizione equipe in grado di recarsi a domicilio ed assistere mamma e bambino durante l’evento, ma solo in casi specifici e comunque laddove la partoriente e il feto siano in buone condizioni di salute generale e non vi siano rischi specifici.
Malgrado possa essere attraente l’idea di vivere il parto a casa propria, in maniera naturale, occorre ricordare che la situazione può precipitare con estrema rapidità e la tempestività di intervento realizzabile nei centri nascita non ha paragoni con quella ottenibile in una sede dislocata. Di recente Alice Campello, moglie del calciatore Alvaro Morata, ha raccontato di avere avuto una grave emorragia durante il parto della figlia più piccola, avvenuto fortunatamente in ospedale. La donna ha precisato di essere stata sottoposta d’urgenza a numerose trasfusioni, che le hanno salvato la vita.
I Sustainable Development Goals 2016-2030 delle Nazioni Unite chiamano all’azione anche i Paesi europei con l’obiettivo di azzerare le morti materne e infantili evitabili: il primo passo è il miglioramento del monitoraggio e del reporting dei dati affinché ogni donna, feto o neonato che muore a seguito della nascita non passi inosservato.
È stato avviato un sistema di sorveglianza dall’Istituto Superiore di Sanità nelle diverse Regioni italiane sulla mortalità materna, atto a:
Il primo mese è il periodo più cruciale per la sopravvivenza infantile: il 45% dei decessi si verifica in questo intervallo di tempo, nel quale perdono la vita (appena conquistata) 2 milioni e 700.000 bambini ogni anno. La mortalità neonatale in Italia nel 2019 era pari a 1,7 morti ogni 1000 nati vivi a partire da 22 settimane di gravidanza contro 2,2 della mediana europea.
Secondo gli ultimi dati diffusi da UNICEF, OMS, Banco Mondiale e Un Desa nel rapporto Levels & Trends in Child Mortality - Report 2021, circa 5 milioni di bambini sono morti prima di compiere 5 anni nel 2021.
Ogni anno nel mondo nascono circa 13 milioni di bambini pretermine (prematuri).
In Italia, i parti pretermine costituiscono il 10% delle nascite totali, incidendo sulla mortalità neonatale per il 50% e su quella infantile per il 40%, con un forte impatto sul SSN.
Il parto viene definito pretermine quando si verifica prima delle 37 settimane di gestazione. Fin dai primi istanti di vita, i neonati pretermine hanno bisogno di terapie intensive neonatali adeguate poiché non hanno ancora maturato del tutto organi e apparati e non sono ancora capaci di adattarsi alla vita fuori dal grembo materno.
In questi piccolini, l’ittero ha un’incidenza maggiore e dura di più e si verifica un calo ponderale superiore rispetto a quello dei bambini a termine. Essi hanno, inoltre, bisogno di stare per un periodo in incubatrice, perché hanno più difficoltà rispetto ai bambini nati a termine nel regolare la loro temperatura corporea.
A causa dell’immaturità dei loro polmoni, possono sviluppare patologie come la cosiddetta malattia delle membrane ialine o la displasia broncopolmonare, che devono essere trattate con ossigenoterapia e supporto alla ventilazione. Vi possono anche essere complicanze a carico del cervello, fra cui l’emorragia endocranica: in questi casi, le conseguenze dipendono dall’entità e dalla localizzazione del tessuto interessato. Per via dell’immaturità delle loro difese immunitarie, i neonati pretermine sono anche più soggetti alle infezioni.
Un ulteriore problema che deve essere gestito nelle nascite pretermine è rappresentato dalla difficoltà di questi piccolini ad alimentarsi. Nei casi critici, il latte materno può essere somministrato utilizzando un sondino e in qualche caso è comunque richiesta una supplementazione di nutrienti (fortificazione). Oppure si può ricorrere all’alimentazione parenterale (per via endovenosa).
In particolare, l’assistenza e le cure per garantire la sopravvivenza e per ridurne le possibili disabilità future sono fondamentali per quelli più piccoli, che rientrano nelle categorie dei neonati molto pretermine (venuti al mondo dopo meno di 32 settimane di gestazione) o dei neonati estremamente pretermine (dopo le 28 settimane di gestazione).
Uno dei parametri che può fare la differenza nella sopravvivenza di un neonato prematuro è il peso alla nascita, che può essere considerato:
I casi di basso peso alla nascita sono oggi più frequenti rispetto al passato, a causa della diffusione delle gravidanze multiple correlate alle tecniche di fecondazione assistita e al miglioramento della qualità dell’assistenza ostetrica.
In generale, alcuni problemi di salute della mamma possono aumentare il rischio che un piccolino nasca prematuro. Si tratta di malattie metaboliche (diabete), cardiovascolari (ipertensione, cardiopatia) o ormonali (ipertiroidismo). Anche il fumo e l’assunzione di alcol o droghe può anticipare il parto.
I neonati prematuri hanno bisogno, come già precisato nei paragrafi precedenti, di trascorrere qualche tempo in incubatrice, un ambiente controllato che consente un controllo della temperatura. Pertanto, è necessario che stiano ricoverati in ospedale più tempo rispetto alle loro mamme.
Ma la vicinanza della mamma e il calore del suo abbraccio sono parte degli elementi indispensabili per affrontare le prime fasi di vita, specialmente in condizioni critiche come può esserlo la prematurità.
È dunque importante che mamma e bambino passino del tempo insieme, che il piccolo possa sentire la voce dei genitori e il contatto fisico con essi.
In genere, è il dolore il segnale che il parto è imminente. La contrazione di solito coglie la donna di sorpresa. Può trattarsi di un fenomeno compatibile con le ultime fasi della gravidanza e, in questo caso, non si ripete oppure essere l’inizio del travaglio.
Il parto naturale è un evento fisiologico ma doloroso. L’intensità del dolore da parto è elevata e può essere alleviata con la somministrazione dell’anestesia epidurale, nei casi in cui è indicata.
Benché si tratti di un evento naturale, il parto è ancora associato ad una certa mortalità, molto ridotta peraltro nei Paesi più avanzati.
Il parto più sicuro è quello fisiologico, definito anche eutocico. Un parto distocico, cioè che va incontro a problemi, è correlato ad un maggiore rischio per la salute sia della mamma che del bambino. Procedure come l’utilizzo della ventosa, del forcipe e il ricorso al taglio cesareo vengono messe in atto quando la fase espulsiva si sta prolungando troppo, mettendo a rischio la loro vita.
Un parto distocico può avere ripercussioni di tipo diverso per il bambino. Se durante la fase espulsiva il piccolo non viene ossigenato correttamente, ad esempio perché il cordone ombelicale si stira e i vasi sanguigni che passano in esso si restringono, possono verificarsi episodi di ipossia, con conseguenze neurologiche di diversa entità a seconda della durata del fenomeno. Il bambino può andare incontro a danno dovuti all’uso di forcipe o ventosa o ad altre complicanze che dipendono dal tipo di problema.
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