Fecondazione con gameti donati: cosa significa, come avviene e qual è la percezione in Italia
Intervista alla dottoressa Chiara Ascone, ginecologa presso il Centro Demetra di Firenze

Dottoressa Ascone, si parla ancora di fecondazione con gameti donati come di una scelta difficile: in un’epoca che ha infranto molti tabù, perché è ancora così complicato affrontare il tema dell’infertilità?
Accedere alla procreazione medicalmente assistita è una
scelta difficile, che la coppia deve maturare: a volte si impiegano anni prima di accettare la necessità di un aiuto. Ancora più forte è la difficoltà di accettare un
percorso di PMA con gameti donati, siano essi femminili o maschili. Le coppie temono molto il giudizio dei familiari, degli amici e della società e spesso si sentono costrette ad affrontare il percorso in segreto per la paura di doversi proteggere e, soprattutto, proteggere il figlio che nascerà. Il
tema della fertilità è molto personale: è difficile parlarne in famiglia e con gli amici, in particolare se questi non conoscono il mondo dell’infertilità. Per molti diventare genitori non rappresenta un diritto garantito dalla natura, ma una lotta senza garanzie di successo. Per quanto la scienza abbia compiuto enormi passi avanti, le
coppie infertili vengono spesso giudicate per le scelte che compiono, ma questo
tabù andrebbe
infranto, parlando di questi temi fin dall’età scolare, facendoli diventare argomenti di conversazione comune.
Cosa si intende per fecondazione eterologa e perché fino al 2014 la legge la vietava in Italia?
Per
fecondazione eterologa si intende la possibilità di ricercare una
gravidanza attraverso l’utilizzo di una tecnica di fecondazione assistita che prevede l’impiego di gameti donati esterni alla coppia. Si parla di
eterologa femminile quando i
gameti donati sono gli
ovociti, di
eterologa maschile quando i
gameti donati sono gli
spermatozoi e di
doppia eterologa quando i
gameti donati sono
sia gli
ovociti che gli
spermatozoi. La fecondazione eterologa è stata vietata in Italia con la
Legge 40 del 2004, che all’articolo 4 comma 3 vietava l’applicazione di tecniche con gameti di terzo donatore (quindi le tecniche eterologhe) e di fatto negava la possibilità a migliaia di coppie sterili di avere figli. La Legge 40 è stata un provvedimento etico, che ha imposto una
visione conservatrice applicata alla scienza, contro la quale si sono battute le coppie, arrivando alla modifica da parte della Corte Costituzionale. La
modifica che riguarda l’eterologa
risale al 9 aprile 2014; con quella sentenza è stata dichiarata l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa.
Quali sono le patologie per le quali le persone si rivolgono più frequentemente al vostro Centro?
Le
patologie per cui le coppie si rivolgono più spesso al nostro Centro sono
diverse. Per quanto riguarda le
donne, l’
endometriosi, i
disordini dell’ovulazione (fra cui la sindrome dell’ovaio policistico), le
amenorree primarie o secondarie, le
alterazioni della funzionalità tubarica, la
ridotta riserva ovarica sine causa o per età materna avanzata, per precedenti trattamenti che impattano sulla funzionalità dell’ovaio (come nel caso della chemioterapia) o per
malattie infiammatorie dell’apparato genitale. Nell’ambito
maschile, le cause possono essere rappresentate da malattie pretesticolari (patologie ipotalamiche, ipofisarie o endocrinologiche), malattie testicolari (riduzione della produzione di spermatozoi) o post testicolari (alterazioni delle vie seminali, disfunzioni sessuali). Molte coppie accedono al nostro Centro anche per cause genetiche, chiedendo di eseguire la diagnosi preimpianto.
Com’è noto, i gameti che vengono impiegati per la donazione arrivano prevalentemente da Paesi esteri: come viene tutelata la sicurezza nei passaggi intermedi?
È vero, in Italia la maggior parte dei gameti coinvolti nei percorsi di eterologa arriva dall’estero. Purtroppo, nel nostro Paese, le donatrici e i donatori non sono molti, perché le persone non vengono informate della possibilità di donare i propri gameti. Quindi, i centri collaborano con banche che si trovano all’estero. In questo percorso, tuttavia, i livelli di sicurezza sono altissimi. Ricordo, infatti, che tutte le banche di gameti devono sottostare alle direttive europee emanate ormai da diversi anni. I criteri di tutela e la sicurezza previste per i passaggi intermedi nella donazione eterologa prevedono quindi la tracciabilità della documentazione medica dal Centro alla banca dei gameti collaborante esterna, un controllo costante durante il trasporto dei gameti stessi, con l’obbligo della presenza di sonde specifiche per il monitoraggio della temperatura e di tutti gli altri parametri importanti ai fini della conservazione. I donatori vengono sottoposti ad uno screening che prevede una valutazione dello stato di salute e alcuni accertamenti genetici. Il tutto per la massima tutela dei riceventi, ai sensi del Decreto Legislativo 191/07 e della Direttiva 17/2006 allegato 3 con le modalità e le condizioni previste dai protocolli medici descritti dalle direttive europee. Infine, sottolineo la presenza di adempimenti in merito alla tutela dei dati e della riservatezza, alla somiglianza fra genitori e figli, al numero massimo di donazioni possibili per i donatori e all’anonimato del donatore.
Quali sono le percentuali di successo della procedura di fecondazione eterologa?
La percentuale di successo della fecondazione eterologa è pari a circa il 60% per ogni tentativo, se si utilizzano ovociti donati crioconservati. La stima è globale e non include fattori specifici di coppia che possono interferire con la percentuale di successo, come la qualità del seme, l’età femminile, problematiche anatomiche uterine, fibromatosi, endometriosi, patologie sistemiche, ematologiche e metaboliche. Per tale ragione, la fase diagnostica che precede trattamento è fondamentale ai fini della garanzia della maggiore possibilità di riuscita.
Sulla base della sua esperienza, quanto conta l’aspetto psicologico in questi ambiti?
L’
aspetto psicologico è in questi ambiti fondamentale e non tanto nell’ottica del successo o insuccesso della procedura, quanto dal punto di vista della possibilità per la coppia di comprendere e quindi meglio affrontare il proprio destino biologico. Lo stesso percorso può essere vissuto con paura, ansia e solitudine o in serenità e condivisione. Qualsiasi sia l’esito del percorso riproduttivo, che si spera
sempre positivo, non sarebbe meglio accompagnato da un sorriso di sostegno e condivisione? Festeggiare al successo sarebbe in questo modo ancora più bello e rialzarsi dopo una sconfitta più semplice. Ci sarebbe così anche spazio per la libertà dei genitori di raccontare ai propri figli le loro origini: questo diventerebbe un diritto che nessuno vedrebbe negato.
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