Calcio e infortuni: dai più comuni ai più gravi, e cosa fare con l’assicurazione

Calcio e infortuni: dai più comuni ai più gravi, e cosa fare con l’assicurazione
Indice Domande e risposte

Gli infortuni più comuni tra i calciatori

Il calcio è uno sport di contatto, e gli infortuni sono molto frequenti, specie alle gambe, in particolare al ginocchio (crociato e menisco) e ai tendini.
Ci sono spesso casi di contusione, trauma cranico, rottura delle ossa di braccia e mani, problemi allo sterno causati dal contrasto con altri giocatori. Infortuni dovuti a un passo falso o a un fallo aggressivo, o anche solo un problema muscolo scheletrico, obbligano l’atleta a fermarsi per qualche tempo, altre volte per tutto il resto della stagione, oltre a produrre stop e squalifiche per chi li provoca. Nei casi gravissimi costringe a un ritiro anticipato, e non si distingue fra dilettanti e giocatori di serie A.

I traumi che subiscono i calciatori possono essere cronici o acuti, diretti o indiretti. Solitamente si suddividono i traumi in due grandi categorie: i traumi da contatto, e i traumi non da contatto, a seconda che siano stati o meno provocati dal contatto con un calciatore avversario, con la palla o con il terreno di gioco.

Le gambe sono – si diceva – le più colpite. Un infortunio molto frequente, dovuto soprattutto alle cattive condizioni del terreno di gioco o a movimenti innaturali dell'articolazione, è la rottura del legamento crociato anteriore, la cui terapia impone un intervento chirurgico volto alla ricostruzione del legamento stesso con una particolare e lunga fase riabilitativa. Occhio al calcio femminile: per loro conformazione fisica le donne hanno un rischio aumentato di 3-4 volte di rottura del crociato anteriore rispetto al maschio.
Un altro grave infortunio è la rottura della tibia e del perone subito da molti calciatori, come ad esempio dallo svedese Larsson e dall'italiano Mattiello.  


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Assicurazione e risarcimento danni: come funziona

 

In Italia solo gli atleti professionisti, per i quali l’attività calcistica è considerata un lavoro, e che quindi sono considerati lavoratori subordinati, hanno diritto di default a una copertura assicurativa che viene garantita dalla società.
L’art. 8 della legge 91 prevede che “le società sportive debbano stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell’attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all’età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d’intesa con i rappresentanti delle categorie interessate”.

Gli atleti non professionisti invece, pur potendo stabilire un compenso per lo svolgimento della loro attività sportiva, non sono legati da alcun rapporto di lavoro con la società e quindi non hanno questo diritto. La possibilità di assicurarsi è lasciata all’autonomia dei singoli giocatori.

Tuttavia, la Lega Nazionale Dilettanti prevede una convenzione assicurativa generale e in questo caso con il tesseramento ogni calciatore che risulti idoneo all’attività sportiva viene automaticamente assicurato per i casi di infortunio, avendo quindi diritto a rimborso per le spese mediche nei limiti dei massimali previsti.
In ogni caso non trattandosi di un rapporto di lavoro vero e proprio con la società, l’infortunio non può essere considerato indennizzabile come malattia o infortunio professionale. È quindi bene informarsi presso la propria società, e in ogni caso è possibile per il singolo dilettante stipulare una propria polizza assicurativa.

Strappi e contusioni muscolari

Tra i traumi più diffusi, vanno citati gli strappi e le contusioni muscolari, che non derivano necessariamente da un trauma da contatto, ma possono originarsi anche per un movimento improvviso del muscolo, non sufficientemente preriscaldato, o per una sua eccessiva sollecitazione.

I sintomi più frequenti sono dolore acuto e pungente in un area corrispondente alla zona colpita, ma anche edema, gonfiore ed ematoma in conseguenza della rottura delle fibre muscolari. Il primo rimedio da adottare è fermarsi immediatamente, e applicare del ghiaccio sulla zona interessata.
L’importante nelle prime 24-36 ore, è limitare al massimo il danno ematico. È sempre consigliato recarsi dal medico, che può procedere con un bendaggio compressivo, e con un controllo con ecografia per valutare l’entità della lesione.

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Pubalgia

Molto dolorosa e frequente è la pubalgia, che si caratterizza da un persistente dolore nella zona inguinale e pubica, o sulla parte interna della coscia.
La causa è da ricercarsi dalla produzione di microtraumi a carico dei muscoli adduttori della coscia e il particolare trattamento cui si è sottoposti (riposo assoluto e terapia medica) costituisce un vero e proprio incubo per i calciatori.

Patologie da sovraccarico e tendine d’Achille

 Oltre agli infortuni, sussistono problematiche di salute correlate in modo diretto alla pratica sportiva in sé stessa: tra le patologie da sovraccarico funzionale, le più comuni sono le tendiniti. Da sole rappresentano il 50% di tutte le lesioni sportive. A causa della ripetizione esasperata e costante nel tempo di alcuni gesti sportivi, possono verificarsi azioni traumatiche che producono, nei tessuti, una sorta di processo difensivo che siamo soliti definire infiammazione.

Particolarmente "debole" per un calciatore è il tendine d'Achille, la cui integrità è minata sostanzialmente dai movimenti particolari degli atleti, come torsioni improvvise, squilibri muscolari, una non precisa coordinazione motoria. La sua infiammazione è un disturbo che colpisce la struttura fibrosa ed elastica sita tra il muscolo tricipite e l'osso calcaneare.
La terapia della tendinite consiste nel riposo, nell'uso del ghiaccio sulla zona interessata e nell'assunzione di antinfiammatori sotto controllo medico.

Immagine che ritrae l'anatomia 3D di un piede

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Traumi non da contatto

 

Oltre ai traumi determinati da fattori esterni (superficie di gioco, contatto con l'avversario, movimenti innaturali delle articolazioni) vi sono anche sindromi non da contatto quali la sindrome di Osgood-Schlatte e la malattia di Sever-Blanke.


Sindrome di Osgood-Schlatte

La Sindrome di Osgood-Schlatter consiste in un processo degenerativo (osteocondrosi) subito della tuberosità tibiale e si sviluppa, di solito, negli adolescenti (10-14 anni).
La "gonalgia" (ossia il gonfiore del ginocchio) negli adolescenti è spesso associata a questa sindrome, altrimenti conosciuta come apofisite tibiale anteriore. Perché colpisce soprattutto bambini e ragazzi che fanno sport? Perché negli adolescenti il processo di ossificazione della tuberosità tibiale è ancora in formazione e il praticare un’attività fisica come il calcio (ma interessa tutti gli sport ove siano previsti salti o eccessivi sovraccarichi da trazione) tende a sottoporre a un eccessivo stress meccanico poco tollerato dall’articolazione. In sostanza con la contrazione del quadricipite, il tendine rotuleo va in trazione in direzione della sua inserzione tibiale; questo meccanismo comporta uno spostamento dell’apofisi tibiale, e da qui la comparsa della protuberanza.

In questi casi il primo esame consigliato è la radiografia al ginocchio in modo da confermare la presenza della sporgenza ossea sotto la rotula. Nella maggior parte dei casi la sindrome di Osgood-Schlatter ha una risoluzione spontanea in coincidenza con il completamento della crescita ossea.
Spesso i medici, a seconda del dolore provato e della situazione, prescrivo riposo, totale o parziale, terapie fisiche (fisioterapia e stretching), ghiaccio locale o, in casi particolari, antidolorifici.


Malattia di Sever-Blanke

Come per la sindrome di Osgood-Schlatter anche per questa malattia i soggetti particolarmente vulnerabili sono i ragazzi che praticano attività sportiva.
Si tratta di una forma di osteocondrosi che colpisce il tallone, una sorta di versione infantile della tallonite.

È nella fase della pubertà il momento in cui le ossa possono avere la tendenza crescere di più rispetto ai muscoli e i tendini, con l'inevitabile conseguenza che i tendini diventano più stretti mentre l’area del calcagno assume una minor flessibilità. Nel corso dell’attività fisica, i tendini pressano in modo eccessivo la parte posteriore del calcagno (dove si inserisce il tendine di Achille) causando così l’alterazione dello stesso. Non è una malattia che richiede intervento chirurgico; è spesso sufficiente sospendere temporaneamente lo sport e applicare del ghiaccio nella parte interessata cosi come prescrivere dei plantari adatti al ragazzo.
In caso di persistenza del dolore è opportuno somministrare del paracetamolo.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Domande e risposte

Quali sono le peggiori lesioni nel calcio?

Per quanto riguarda i traumi da contrasto, le lesioni più gravi sono la rottura del femore, delle costole, del coccige, del tendine d’achille, distorsione della caviglia, lesione al ginocchio, rottura del crociato anteriore e gomito lussato.

Come si verificano le lesioni nel calcio?

Gli infortuni durante le partite di calcio si verificano a causa della combinazione pericolosa di contatto diretto e violento fra giocatori e corsa ad alta velocità. Esistono numerose altre possibili cause, dal trauma improvviso e dalla commozione cerebrale da caduta, all'abuso di sostanze, alle patologie non da contatto (come la Malattia di Sever-Blanke) fino al colpo di calore.

Perché i calciatori si infortunano così facilmente?

Oltre ai frequenti episodi di contrasto, tipici in questa attività, il calcio è uno sport che prevede bruschi movimenti, scatti improvvisi, e non sempre i soggetti sono ben allenati oppure il terreno di gioco è ottimale (si veda il caso di distorsioni alla caviglia o al ginocchio). 

Quali sono i maggiori pericoli del giocare a calcio?

I traumi possono portare con sé conseguenze importanti sull’individuo, anche a lungo termine. Diversi studi hanno trovato alti tassi di commozioni cerebrali, lesioni cerebrali traumatiche e un grave disturbo cerebrale chiamato encefalopatia traumatica cronica negli ex giocatori. Queste lesioni possono avere effetti terribilmente debilitanti con il passare del tempo, anche a carriera finita.

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