Aggiornato il 18.06.2024
Si definisce dolore cronico un tipo di dolore che persiste o recidiva per un periodo di 3 mesi, persiste 1 mese dopo la risoluzione di un danno tissutale acuto o si associa a una lesione che non guarisce. Da un punto di vista più generale, esso è definito come un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale reale o potenziale.
Gradualmente, nel tempo, si associa a sintomi quali stanchezza e debolezza, disturbi del sonno, inappetenza e perdita della voglia di mangiare, perdita di peso, calo della libido, stitichezza.
Mentre il dolore acuto assume un ruolo di protezione nei confronti di una minaccia che potrebbe pregiudicare la salute dell’individuo e deve in quest’ottica essere ascoltato e non soppresso, quello cronico può essere presente anche al di là di segnali d’allarme.
La costellazione di sintomi e segni e gli aspetti psicologici possono impattare drammaticamente sulle abitudini e le scelte di vita e portare a rinunce professionali, impoverimento della vita relazionale e sociale, isolamento affettivo. La letteratura scientifica mostra che il 41% dei pazienti affetti da questa condizione dichiara di non avere ricevuto un adeguato controllo dei sintomi. In questo senso, il dolore cronico rappresenta un grande bisogno di cura insoddisfatto, che lo Stato ha cercato di incontrare, attraverso l’approvazione della Legge 38/2010 sulle Cure Palliative e la Terapia del Dolore.
La diagnosi viene formulata sulla base di una valutazione clinica completa, benché spesso anche esami molto sofisticati non siano in grado di sciogliere i dubbi sulle reali cause. In questi casi, la raccomandazione dei medici è quella di evitare di ripetere all’infinito test che probabilmente forniranno le stesse risposte e concentrarsi sulle soluzioni disponibili per alleviare i sintomi.
Il trattamento deve necessariamente puntare sulla personalizzazione nell’approccio alla causa di base e al dolore. I diversi interventi disponibili (farmaci, psicoterapia, agopuntura, fisioterapia) producono risultati molto diversi anche in casi analoghi ma in pazienti differenti. Si dovrà, pertanto, procedere a tentativi, allo scopo di individuare la terapia o le terapie che permettono di raggiungere i migliori risultati, stante il quadro clinico di base. Un altro aspetto fondamentale è rappresentato dalla tempestività: si è, infatti, osservato che il trattamento precoce del dolore nella sua fase acuta previene la sensibilizzazione delle vie nervose e, in ultima analisi, lo sviluppo del dolore cronico.
Negli ultimi anni, allo scopo di ridurre il rischio di reazioni avverse e di dipendenza dagli analgesici, l’attenzione della comunità scientifica si sta sempre più focalizzando sugli interventi extra farmacologici.
Fra le cause alla base del dolore cronico, si citano le principali:
In generale, tuttavia, si tratta di una condizione per molti versi poco chiara nel meccanismo con cui si genera e si mantiene. Un esempio paradigmatico di questo concetto è rappresentato dal dolore addominale cronico (non riferibile a stomaco o intestino in particolare), del quale non è noto l’evento di base scatenante.
In questo quadro, è importante sottolineare il ruolo degli aspetti emotivi e psicologici, che possono essere determinanti e attivare circoli viziosi che alimentano il dolore. Il continuo stato di prostrazione del soggetto può, infatti, favorire l’insorgenza di stati di depressione o ansia, frustrazione e rabbia che rendono la percezione del dolore e della condizione di malattia più acuta. Infine, la cronicità del sintomo può promuovere lo sviluppo di dipendenze da farmaci e dall’alcol, l’adozione di comportamenti alimentari svantaggiosi, l’insorgenza di alterazioni del sonno.
Il dolore viene percepito in maniera spontanea e automatica come una minaccia all’integrità del corpo, che si aggiunge a quella derivante dalla malattia o dal trauma che ne sono all’origine. Questo concetto si esprime in maniera evidente nel confronto fra il dolore da parto e il dolore da cancro, che, pur condividendo caratteristiche di intensità, vengono vissuti in maniera radicalmente diversa.
Una componente essenziale di questo sintomo è costituita dall’ansia: a questo proposito, si osserva che il soggetto diagnosticato con dolore cronico è tanto meno ansioso quanto più consapevole di possedere strumenti utili a gestirlo.
Un ulteriore fattore di rilevo è quello legato alla dimensione temporale, che il paziente sa essere impattante. La sua esperienza viene fortemente influenzata dalla consapevolezza delle difficoltà a lungo termine e vive il dolore come una minaccia alla propria libertà, alle proprie prospettive.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale rappresenta il gold standard per il trattamento del dolore cronico, in quanto intervenendo sugli aspetti emotivi e migliorando il tono dell’umore si riesce ad ottenere spesso anche una modulazione della percezione del dolore. Dal punto di vista psichico, il dolore cronico viene interpretato come un’esperienza complessa e multidimensionale (creata dall’interazione di component cognitive, motivazionali, affettive e sensoriali) nella cui espressione e mantenimento i fattori psicologici personali giocano un ruolo rilevante. La psicoterapia deve pertanto assumere un approccio bio-psico-sociale nella valutazione della persona, cogliendone, oltre al sintomo, i comportamenti, il retaggio culturale e le abituali risposte agli stimoli emotivi. Si ritiene infatti che anche i modelli culturali a cui l’individuo è stato esposto interferiscano con l’esperienza dolorosa, poiché è dalla società e dalla famiglia che l’individuo impara a sperimentare il dolore, a manifestarlo, a tollerarlo e a modularlo.
L’assessment iniziale si basa anche sulla compilazione di questionari, che forniscono dati oggettivi sulla condizione del paziente e sul ruolo che il dolore ricopre nelle sue attività quotidiane e nelle sue scelte di vita.
La terapia agisce dunque fornendo al soggetto strumenti utili per l’autocontrollo, la ristrutturazione cognitiva e l’educazione terapeutica sul sintomo, coinvolgendo il caregiver laddove si renda necessario. Il paziente impara a riconcettualizzare il dolore, a vederlo in modo diverso e apprende tecniche di rilassamento e di gestione dello stress, come la Respirazione Diaframmatica Controllata e il Biofeedback. La mindfulness è una tecnica mente-corpo che comporta una meditazione finalizzata all’osservazione della situazione presente, spogliata di pregiudizi e retaggi. Può essere di supporto nella separazione del sintomo effettivo da quelle che sono le sovrastrutture emotive che lo rendono più intenso e impattante.
In genere, il terapeuta consiglia al paziente la compilazione di un diario giornaliero delle attività finalizzata all’individuazione dei punti che possono essere modificati per migliorare la qualità di vita. L’obiettivo non è quello di fare in modo che il dolore scompaia, ma piuttosto che non rappresenti un fattore determinante le scelte e le abitudini.
È importante ricordare, soprattutto ai caregiver, che alcuni comportamenti assunti nell’intento di fare stare meglio il paziente possono in realtà essere controproducenti. Rientrano fra questi l’impulso a frenare le attività per evitare un peggioramento del dolore e a riportare con una certa frequenza la mente del soggetto sul dolore chiedendo spesso se è migliorato.
La fisioterapia permette al paziente di partecipare ad un percorso di riabilitazione che gli offre strumenti per comprendere quali sono le posture e gli atteggiamenti che peggiorano il sintomo e quali quelli che gli danno sollievo. Ciò lo fa sentire più attivo nel controllo del dolore e migliora il suo livello di coinvolgimento nella gestione quotidiana del problema.
Il protocollo previsto ha inizio con la valutazione del soggetto, nella sua integrità, focalizzata sulla sua percezione e sulla sua capacità di riferire il dolore. Devono anche essere considerati fattori quali la sua reticenza a muoversi (nel timore che il movimento possa scatenare o peggiorare il dolore), un’eventuale condizione familiare sfavorevole e la presenza di quadri psicologici problematici. Alcuni elementi vengono raccolti in un colloquio e altri attraverso la compilazione di schede con punteggi oggettivi e classificabili secondo scale internazionali.
Il paziente deve essere convinto ad uscire dalla dimensione del dolore acuto: tende infatti a limitare i movimenti per paura di causare un danno maggiore di quello che ritiene di avere. Ma il fisioterapista deve spiegargli che non usando una determinata parte del corpo rischia di perderne definitivamente la funzionalità. E che il fatto che avverta il sintomo in un determinato punto non significa né che il problema risieda esattamente lì né che non interagendo con quel punto si possa mettere a riposo il tessuto locale al fine di preservarne la salute. È anche importante che il soggetto apprenda il concetto secondo il quale l’esercizio fisico indice analgesia, attraverso la stimolazione del rilascio di endorfine, potenti oppiacei naturali. Il carico previsto nelle sedute deve vincere tutte le resistenze psicologiche dell’individuo ed è crescente nel tempo con velocità variabile.
La terapia manuale inibisce il dolore mediante l’attivazione dei sistemi di modulazione dello stimolo nocicettivo e ha l’obiettivo di desensibilizzare le strutture nervose. Il target deve essere raggiunto alzando progressivamente la soglia della sensibilità al dolore senza mai superarla. Parte da un’attivazione motoria minima e, contestualmente, con esercizi di riallineamento dell’immagine motoria cerebrale, per proseguire con movimenti immaginati ed esercizi che utilizzano gli specchi. Solo dopo avere prodotto una parziale desensibilizzazione, si procede con l’attività muscolare di intensità gradualmente in aumento.
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano la Seduta di fisioterapia:
Dove effettuare una Seduta di fisioterapia?
La tecnica dello spray and stretch si è mostrata efficace nell’alleviare i trigger point miofasciali, cioè aree di elevata sensibilità situate nel tessuto connettivo che avvolge i muscoli. Consiste nell’applicazione combinata di crioterapia (ad azione anestetica) e manovre di stretching passivo al fine di ottenere una modificazione plastica dei tessuti contratti.
Il piede rappresenta una delle sedi più colpite dall’artrite reumatoide. Le alterazioni strutturali e funzionali che ne derivano sono accompagnate da intenso dolore, che la terapia farmacologica non è in grado, da sola, di contrastare.
Poiché la presenza delle deformità spinge il paziente a camminare sull’avampiede, l’applicazione di una ortesi (terapia ortesica) sarà utile al fine di alloggiare le sporgenze e prevenire dolorosi attriti e pressioni.
Per la produzione di queste ortesi (plantari) vengono utilizzati materiali tecnologici in grado di aumentare la superficie di appoggio e favorire il riequilibrio delle pressioni plantari. Le ortesi con azione antalgica sono dette palliative (o accomodative).
Sono oggi disponibili, e in alcuni casi anche rimborsabili dal servizio sanitario, trattamenti di elettro-analgesia (o elettroterapia antalgica) che vengono effettuati tramite applicazione di elettrodi. La Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation (TENS) si basa sulla riproduzione artificiale degli impulsi elettrici che regolano la comunicazione fisiologica fra il cervello e i muscoli attraverso le fibre nervose.
Il debole flusso di corrente agisce sui recettori delle fibre C, che trasmettono il dolore in modo lento e profondo, per ingannare il sistema nervoso sulla reale intensità del dolore, modulandone la percezione. Inoltre, promuove la sintesi e il rilascio di endorfine, sostanze naturalmente prodotte dall’organismo che hanno un effetto analgesico.
Le procedure prevedono un certo numero di sedute, con l’obiettivo di rimodellare i circuiti sensoriali alterati e ridurre la sensibilizzazione agli stimoli dolorosi.
Cosa si cura con la TENS? Questa tecnica trova le sue principali applicazioni nella terapia del dolore neuropatico periferico (artrite reumatoide, dolore lombare cronico, dolore neuropatico, nevralgia del trigemino, nevralgia post herpes zoster, dolore al nervo sciatico, dolore pelvico cronico, Complex Regional Pain Syndrome, Failed Back Surgery Syndrome).
Quante volte si può fare? Una seduta dura almeno 30/40 minuti; sono necessari, mediamente, 10/12 trattamenti con frequenza giornaliera per cominciare a percepire i benefici, per un costo di 15-20 euro a seduta.
Quando non usare la TENS? La terapia è controindicata nei pazienti portatori di dispositivi impiantabili (pacemaker, defibrillatori automatici, valvole cardiache, stimolatori midollari, clip vascolari), diagnosticati con epilessia e in gravidanza.
La ionoforesi è un tipo di elettrostimolazione antalgica che permette di veicolare soluzioni farmacologiche nelle zone doloranti attraverso l’utilizzo di flussi di corrente.
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano l'Elettroterapia Antalgica TENS:
Dove effettuare l'Elettroterapia Antalgica TENS?
L’agopuntura è una tecnica non farmacologica che si è dimostrata efficace nel trattamento del dolore cronico e nella riduzione degli stati di infiammazione e che viene eseguita inserendo attraverso la pelle aghi sterili e sottili in punti specifici chiamati agopunti.
Recenti evidenze hanno mostrato come la combinazione dell'agopuntura con altre terapie (analgesia farmacologica, programmi terapeutici secondo la scala analgesica, training riabilitativo) possa portare a risultati migliori riducendo il dosaggio dei farmaci e migliorando il sollievo dal dolore.
Il meccanismo d’azione preciso non è noto, ma sono stati messi in evidenza aspetti che coinvolgono l’aumento del flusso sanguigno nel punto in cui è stato inserito l’ago (mediato dal rilascio di adenosina), la stimolazione degli strati profondi e superficiali miofasciali e l’interazione con il rilascio di endorfine.
Le indicazioni riguardano il trattamento del dolore cronico in condizioni quali il mal di schiena, la fibromialgia, la capsulite della spalla (spalla congelata) e l’artrite reumatoide (che comporta dolore cronico a gambe, caviglia, ginocchia, anca, braccia e dita). Il NICE britannico raccomanda l’agopuntura per il trattamento preventivo di alcune forme croniche di emicrania e cefalea. In alcune Regioni italiane il trattamento è mutuabile con costi a carico del servizio sanitario nel caso di sciatalgia, profilassi della cefalea muscolo-tensiva, profilassi della cefalea emicranica.
Sono ancora però poco chiari i risultati ottenibili, che devono essere indagati con specifiche sperimentazioni cliniche dedicate.
Consulta le Strutture Sanitarie che effettuano la Seduta di agopuntura:
Dove effettuare una Seduta di agopuntura?
Alcune forme di dolore beneficiano dell’applicazione di impacchi caldi (ad esempio quando il dolore cronico è associato ad una componente di contrattura muscolare) o freddi (come nel caso in cui la componente infiammatoria è preponderante).
Su questi punti, tuttavia, è strettamente necessario chiedere consiglio al proprio Medico, per evitare di ottenere, con metodi fai-da-te, un inasprimento della sintomatologia.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
I dolori cronici sono dolori che persistono o recidivano per un periodo 3 mesi, persiste 1 mese dopo la risoluzione di un danno tissutale acuto o si associano a una lesione che non guarisce. È associato a sintomi quali stanchezza e debolezza, disturbi del sonno, inappetenza e perdita della voglia di mangiare, perdita di peso, calo della libido, stitichezza. Poiché si stima che il 41% dei pazienti affetti da questa condizione dichiari di non avere ricevuto un adeguato controllo dei sintomi, il dolore cronico rappresenta un grande bisogno di cura insoddisfatto, che lo Stato ha cercato di incontrare, attraverso l’approvazione della Legge 38/2010 sulle Cure Palliative e la Terapia del Dolore.
Il trattamento del dolore cronico punta sulla personalizzazione nell’approccio alla causa di base e al sintomo stesso. I diversi interventi disponibili (farmaci, psicoterapia, agopuntura, fisioterapia) producono risultati molto diversi anche in casi analoghi ma in pazienti differenti: è quindi necessario procedere a tentativi per individuare la terapia o le terapie che permettono di raggiungere i migliori risultati, stante il quadro clinico di base. Negli ultimi anni, allo scopo di ridurre il rischio di reazioni avverse e di dipendenza dagli analgesici, l’attenzione della comunità scientifica si sta sempre più focalizzando sugli interventi extra farmacologici.
Si definisce dolore cronico un tipo di dolore che persiste o recidiva per un periodo 3 mesi, persiste 1 mese dopo la risoluzione di un danno tissutale acuto o si associa a una lesione che non guarisce.
Si definisce dolore cronico un tipo di dolore che persiste o recidiva per un periodo 3 mesi, persiste 1 mese dopo la risoluzione di un danno tissutale acuto o si associa a una lesione che non guarisce. Il dolore cronico è anche definito come un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale reale o potenziale.
Non esiste una deadline oltre la quale possono essere apprezzati i risultati. Esiste un percorso, modulabile in maniera personalizzata. Ed esiste un paziente, che è un unicum e vive la sua esperienza, influenzata da più fattori.
Il numero di sedute varia a seconda del singolo caso.
Alcuni tipi di dolore cronico possono essere trattati con l’agopuntura, anche se il ricorso a tale terapia è supportato da deboli evidenze scientifiche. Il tempo necessario per ottenere benefici è variabile.
Il costo è estremamente variabile, da un minimo di 70 euro ad un massimo di 200.
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