Indice
Domande e risposte
Anticorpi monoclonali: strumenti biotecnologici
Gli
anticorpi sono strumenti biologici di difesa contro i microbi potenzialmente responsabili di infezioni. Ciò che li caratterizza è l’elevata specificità:
ognuno di loro viene messo a punto per attaccare un preciso bersaglio.
Questo aspetto può essere sfruttato per mettere a punto delle terapie mirate con l’impiego delle biotecnologie, gli anticorpi monoclonali. Oggi questi farmaci biologici sono disponibili con
moltissime indicazioni, per uso umano e in veterinaria (nel cane e nel gatto, ma anche in altri animali).
Vengono riconosciuti per una caratteristica presente nei nomi: il suffisso -mab, acronimo dell’espressione inglese
Monoclonal Antibodies (MAb).
Il loro uso non è limitato alla
farmacologia, ma si estende alla produzione di dispositivi medici, in particolare
test diagnostici.
Si stima che più di un quarto dei prodotti biotecnologici in sviluppo in questo momento nel mondo sia rappresentato da anticorpi monoclonali.
Dove trovarli? La maggior parte di questi prodotti
non è in vendita (liberamente o dietro prescrizione) in farmacia, ma viene somministrata in
regime ospedaliero.
Cosa sono gli anticorpi
Gli anticorpi sono proteine che speciali cellule del
sistema immunitario, i linfociti B, producono contro
batteri, virus e funghi. Ciascuno di loro è progettato per mettere fuori uso una parte del microbo penetrato nell’organismo, che viene definita
antigene.
L’epitopo è la porzione più piccola dell’antigene che può essere riconosciuta da un anticorpo. Di solito un antigene è formato da più epitopi.
Per poter sconfiggere un germe, non è sufficiente che il sistema immunitario produca un tipo di anticorpo (clone), che ne aggredirebbe solo un’area. È necessario che siano fabbricati tanti anticorpi, appartenenti a diversi cloni: i cosiddetti anticorpi policlonali, che insieme riconoscono tutte le porzioni dell’antigene indispensabili a realizzare l’infezione.
Il legame fra antigene ed anticorpo scatena tutta una serie di eventi che portano al rilascio di sostanze che neutralizzano il “nemico”.
Cosa sono e a cosa servono gli anticorpi monoclonali
Lo studio della fisiologia degli anticorpi ha ispirato lo sviluppo di
nuovi farmaci biologici. L’idea è quella di sfruttare la specificità di queste proteine per colpire selettivamente bersagli difficilmente raggiungibili.
Un esempio? La terapia dei tumori. Uno dei grossi problemi connessi ai trattamenti oncologici è quello della mancanza di selettività dei farmaci, che è alla base degli effetti collaterali talvolta dirompenti correlati. L’utilizzo di molecole smart prodotte mediante le biotecnologie per il riconoscimento del target permette di portare il medicinale solo là dove serve, riducendo l’impatto delle reazioni avverse.
Anticorpi monoclonali e policlonali. Per le ragioni sopra descritte, gli anticorpi policlonali non sarebbero in grado di riconoscere e attaccare efficientemente ed efficacemente le cellule tumorali. È necessario concentrare gli sforzi mettendo a punto una serie di elementi tutti diretti contro un unico bersaglio. Bisogna cioè produrre anticorpi tutti identici fra loro appartenenti ad un singolo clone, anticorpi monoclonali appunto.
Gli anticorpi monoclonali, secondo la loro definizione, sono molecole biologiche in grado di riconoscere, legare e neutralizzare in maniera specifica un determinato antigene.
Chiaramente, produrre anticorpi monoclonali piuttosto che policlonali è più complesso e costoso. Ma in cambio, i
vantaggi sono
numerosi. La
precisione nel
raggiungimento dell’
obiettivo è massima e le reazioni avverse minime.
Esiste anche un altro aspetto degno di nota: quello delle
reazioni di
ipersensibilità, che sono fra i problemi connessi all’impiego degli anticorpi in terapia. Nel caso degli anticorpi monoclonali utilizzati oggi, il rischio che questi eventi si verifichino è
basso.
Per quanto riguarda le applicazioni in terapia, si tratta di prodotti estremamente versatili, che possono essere utilizzati per trattare numerose condizioni mediche.
È importante sottolineare che quelli i cosiddetti
anticorpi monoclonali gamma (kappa o lambda) non sono farmaci biologici, ma sostanze prodotte in presenza di patologie come il
mieloma multiplo, che vengono per questo definite gammopatie monoclonali.
Gli anticorpi monoclonali bispecifici
Sono anticorpi che possono legarsi contemporaneamente a
due antigeni diversi e che vengono impiegati nell’immunoterapia dei tumori.
La sigla con cui vengono indicati è
BsMAb.
Gli anticorpi monoclonali bispecifici sono realizzati in maniera tale da legare da un lato il farmaco antitumorale da trasportare e dall’altra la cellula tumorale. In questo modo la terapia viene portata direttamente e precisamente al bersaglio da colpire.
Come vengono prodotti
Il primo anticorpo monoclonale prodotto fu chiamato
ibridoma: la scoperta, che portò alla conquista del premio Nobel gli scienziati Georges Kohler, Niels Kaj Jerne e Cesar Milstein, avvenne nel 1975.
Da allora enormi progressi sono stati fatti. Oggi vengono usate molecole ricombinanti prodotte in laboratorio con tecniche di ingegneria genetica.
Gli anticorpi oggi in terapia sono identici in tutto e per tutto a quelli umani tranne che per i frammenti che devono legarsi al bersaglio. In questo modo si evita che siano riconosciuti come estranei dal sistema immunitario ed eliminati.
Attualmente sono disponibili
4 tipologie di anticorpi monoclonali, la cui origine determina la nomenclatura:
- Anticorpi murini (i loro nomi terminano con il suffisso -omab), che sono interamente derivati da cellule di topo. Sono correlati ad un rischio di reazione allergica che in alcuni casi può essere grave. Il sistema immunitario, infatti, li riconosce come elementi estranei e quindi potenzialmente nocivi e li attacca. La reazione scatenata può essere seria e avere conseguenze severe per il paziente;
- Chimerici (-ximab), che sono di origine umana con piccoli tratti murini; malgrado il rischio sia minore, possono comunque scatenare reazioni allergiche;
- Umanizzati (-zumab), che derivano quasi completamente da cellule umane eccetto per la porzione che si lega al bersaglio;
- Umani (-umab), interamente derivati da cellule umane.
Anticorpi monoclonali per COVID-19: quali sono, quando farli
Durante i passaggi più concitati della
pandemia, quando i vaccini non erano ancora disponibili, si è molto parlato degli anticorpi monoclonali.
Essendo stato il loro percorso di sviluppo relativamente rapido, sono stati usati per trattare molti pazienti quando i medici non avevano molti strumenti a disposizione. Ricordiamo il paziente forse più celebre in quel periodo, l’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che parlò apertamente e con soddisfazione della terapia cui era stato sottoposto. Uno degli anticorpi infusi al Presidente Trump è il bamlanivimab, la cui procedura di valutazione si è però conclusa in Europa a novembre 2021 dopo il ritiro da parte del produttore.
Funzionano? Quanto fanno effetto? Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti: il tempo trascorso ha permesso di esaminare vantaggi e svantaggi di queste molecole. Alcuni degli anticorpi monoclonali sviluppati hanno espresso risultati inferiori alle aspettative, altri hanno confermato le attese. Sul loro utilizzo esperti come Roberto Burioni (docente di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita e Salute San Raffaele) e Matteo Bassetti (Docente di Malattie Infettive presso l’Università degli Studi di Genova) hanno in alcuni frangenti espresso perplessità. In particolare, lo scetticismo era legato alla diffusa convinzione, priva di fondamento scientifico, che gli anticorpi monoclonali potessero sostituire i vaccini. In realtà, tali strumenti biologici sono complementari fra loro e non alternativi.
Attualmente, gli
anticorpi monoclonali approvati dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e da AIFA sono:
- L’associazione casirivimab-imdevimab per il trattamento e la prevenzione di COVID-19;
- Regdanvimab per il trattamento di COVID-19;
- Sotrovimab per il trattamento di COVID-19;
- L’associazione tixagevimab-cilgavimab a lunga durata d’azione, che ha mostrato buoni risultati nella profilassi pre-esposizione di COVID-19, riducendo la possibilità di contrarre la malattia nelle persone immunocompromesse.
Qual è il loro meccanismo d’azione
Gli
anticorpi monoclonali sviluppati per COVID-19 sono diretti contro la proteina Spike, cioè la molecola che il virus usa per infettare le cellule dell’apparato respiratorio.
In mezzo alle tante proteine da cui è formato il virus SARS-CoV-2, perché è stata scelta proprio la Spike?
Poiché tale proteina è indispensabile al virus per esercitare la sua azione nociva nell’organismo, gli anticorpi che la distruggono hanno effetto neutralizzante (anticorpi neutralizzanti).
Gli anticorpi monoclonali anti COVID
non hanno evidenziato
effetti collaterali importanti nell’uso clinico. Malgrado ciò, non è possibile trovarli in farmacia, ma devono essere prescritti e somministrati in ospedale.
Gli anticorpi monoclonali in oncologia
Nella cura dei tumori il bersaglio è la
cellula tumorale: a differenza della chemioterapia tradizionale, questi farmaci biologici colpiscono solo gli elementi cellulari alterati, risparmiando quelli sani. Per questo rientrano nella categoria dei cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare.
Di solito, questi medicinali vengono progettati per essere diretti contro obiettivi posizionati sulla superficie della cellula, per legarsi ad esse e distruggerle. In questo modo non devono possedere necessariamente i requisiti necessari a penetrare attraverso la membrana cellulare: hanno, per così dire, una strada più breve e facile da percorrere.
I
tumori del sangue,
leucemia e linfoma, sono stati fra le prime patologie a beneficiare dello sviluppo di anticorpi monoclonali. Non per le caratteristiche della malattia in sé, ma per la facilità tecnologica con cui possono essere reperite le cellule tumorali usate in fase di sviluppo e produzione: devono semplicemente essere separate da un campione di sangue prelevato al paziente.
Quali tumori si possono trattare
Questi farmaci hanno di solito via di somministrazione endovenosa e vengono infusi sia da soli che in combinazione con le terapie tradizionali.
Uno dei primi prodotti messi a punto in questo campo è stato il
rituximab, che riconosce un antigene presente sulla superficie esterna delle cellule cancerose nei
linfomi non-Hodgkin.
Sono disponibili MAb diretti contro una molecola espressa in alcuni casi di
tumore della mammella, l’HER-2:
trastuzumab, rituximab, cetuximab, bevacizumab. Nel 2021 una ricerca condotta da un gruppo internazionale guidato dall’Università Campus Biomedico di Roma ha messo in luce come un nuovo anticorpo monoclonale, volociximab, possa arrestare lo sviluppo delle metastasi ossee nel tumore al seno.
I
MAb possono essere utilizzati anche per stanare tumori le cui cellule si mimetizzano efficacemente, nascondendosi al sistema immunitario. In altri casi, si legano sia alle cellule tumorali che a quelle immunitarie, facilitandone il legame e quindi l’attivazione della risposta di difesa.
L’avvento degli anticorpi monoclonali ha permesso lo sviluppo di trattamenti per alcune forme di tumori aggressivi come il
glioblastoma. Il
bevacizumab è un anticorpo umanizzato che blocca un fattore di crescita coinvolto nello sviluppo del tumore.
Sono stati sviluppati anticorpi monoclonali per il trattamento di altri tipi di tumore, fra cui il linfoma di Hodgkin, il melanoma, il
tumore al colon, il
tumore al polmone.
Gli anticorpi monoclonali coniugati
Uno degli utilizzi degli anticorpi monoclonali in oncologia è come
vettori.
Capaci di arrivare diretti al bersaglio, possono essere caricati dei farmaci tradizionalmente somministrati nelle terapie tradizionali e portarli alle cellule tumorali (e solo ad esse), riducendo notevolmente gli effetti collaterali associati al trattamento.
In questi casi, si parla di anticorpi monoclonali coniugati a farmaci (per la
chemioterapia) o a molecola radioattive (per la
radioimmunoterapia).
Anticorpi monoclonali in oncologia: i limiti
Malgrado gli entusiasmi e i risultati che sono stati finora ottenuti, molto lavoro deve essere fatto per migliorare questo tipo di terapia.
Uno dei limiti principali nel trattamento con anticorpi monoclonali in oncologia è rappresentato dal fatto che
non sono disponibili anticorpi efficaci e sicuri contro tutti i tipi di tumore. Esistono aree del corpo difficili da raggiungere che non possono essere ad oggi trattate con queste risorse biologiche.
In secondo luogo, i tumori sono una categoria di malattie estremamente eterogenea, che richiede un
trattamento personalizzato. Non tutti i pazienti con lo stesso tipo di tumore reagiscono allo stesso modo se esposti alla stessa terapia. Anche la somministrazione di farmaci biologici risente di questa variabilità.
Spesso, inoltre, questi medicinali agiscono solo su alcuni degli eventi scatenati dal cancro: diventa quindi necessario associarli ad altre sostanze per avere un’azione più completa.
Infine, anche gli anticorpi monoclonali possiedono effetti collaterali, anche se minori rispetto alle terapie tradizionali. Fra gli eventi indesiderati più diffusi:
- Allergie, che in alcuni casi possono essere gravi;
- Eruzioni cutanee (orticaria) e mucosali (che possono colpire le gengive);
- Anemia, scatenata soprattutto da trattamenti come la radioimmunoterapia;
- Emorragie;
- Sintomi di tipo influenzale (dolore articolare, brividi, freddo, stanchezza);
- Nausea;
- Diarrea;
- Disturbi cardiaci (ipertensione, insufficienza cardiaca);
- Disturbi respiratori (infiammazioni dei polmoni).
- Abbassamento della pressione arteriosa.
Anticorpi monoclonali immunosoppressori
Vengono usati per trattare le malattie autoimmuni e agiscono disattivando un sistema immunitario troppo reattivo. Comprendono farmaci come il
rituximab, il
basiliximab e l’
omalizumab, impiegato per il trattamento dell’asma allergica.
Una delle malattie autoimmuni trattate con anticorpi monoclonali è la
sclerosi multipla.
Pur avendo a disposizione molti farmaci per questo disturbo, nessuno di essi è realmente efficace nel rallentare la progressione delle forme più aggressive.
Gli anticorpi monoclonali hanno permesso di
offrire una
risposta anche ai
pazienti colpiti dalle
forme più
severe.
Gli anticorpi monoclonali appartenenti a questa categoria sono usati anche per prevenire la reazione di rigetto dopo il trapianto.
Anticorpi monoclonali ad azione antinfiammatoria
Sono disegnati per dirigersi contro le molecole che partecipano al fenomeno dell’infiammazione, che hanno il compito di neutralizzare.
Una delle sostanze colpite da questa categoria di farmaci è il
TNF-alfa, fra le sostanze responsabili dei sintomi delle malattie infiammatorie croniche, come l’
artrite reumatoide.
Esempi di anticorpi usati in reumatologia sono l’
infliximab e l’
adalimumab.
Poiché queste malattie sono molto più frequenti nelle donne che negli uomini, si pone il problema della sicurezza di questi farmaci biologici in
gravidanza. Occorre, come spesso accade, fare un attento bilancio fra i rischi e i benefici che se ne possono trarre. Un’intensa attività infiammatoria, infatti, può portare ad un parto pretermine e un basso peso del neonato alla nascita.
Inoltre, la maggior parte dei farmaci antireumatici non è indicata in gravidanza, perché correlata allo sviluppo di
malformazioni fetali.
Il fatto che l’uso degli anticorpi monoclonali in gravidanza non sia stato valutato non permette tuttavia di avere risposte chiare in merito.
Altre patologie curabili con gli anticorpi monoclonali
Sono stati sviluppati anche anticorpi anti CGRP, una sostanza coinvolta nella genesi dell’
emicrania. Anche se in maniera impropria, questi medicinali vengono percepiti come una sorta di vaccino contro le crisi di mal di testa. Sono indicati per le persone che soffrono di emicrania cronica resistente alle terapie tradizionali, vengono somministrati ogni 30-90 giorni, a seconda dei casi, e sono ben tollerati (non sono correlati ad effetti collaterali importanti).
I nomi sono tanti (
erenumab, fremanezumab, eptinezumab).
Quanto costano? Il grosso problema associato a questi farmaci è il costo, che attualmente li rende non sostenibili dai servizi sanitari.
Nel 2018 sono stati approvati anticorpi monoclonali anti
colesterolo (
evolocumab e alirocumab), che agiscono inibendo recettori che mantengono in circolazione il colesterolo (PCSK9). Queste molecole possono ridurre i livelli di colesterolo nel sangue fino al 75% del loro valore. Si somministrano per via sottocutanea una o due volte al mese. Poiché esistono già farmaci approvati efficaci e sicuri per ridurre l’ipercolesterolemia, gli anticorpi monoclonali vengono riservati ai pazienti con le forme più gravi e resistenti alle statine.
Anche le
patologie dermatologiche hanno trovato vantaggi nelle applicazioni degli anticorpi monoclonali. Un esempio è rappresentato dalla
dermatite atopica, per la quale è stato approvato
dupilumab, indicato nei casi di malattia da moderata a severa nella quale i trattamenti tradizionali si sono rivelati inefficaci. Viene somministrato per via sottocutanea ogni 15 giorni.
Per quanto riguarda
HIV,
ibalizumab è stato di recente approvato da AIFA, in associazione ad uno o altri antivirali, nei pazienti resistenti ai medicinali tradizionali.
Belimumab è il primo anticorpo monoclonale espressamente mirato per il
lupus eritematoso sistemico, una malattia rara (in generale, ma relativamente frequente in Europa) nella quale risulta particolarmente efficace nella riduzione del danno d’organo.
Lo studio REGAIN condotto in pazienti affetti da
miastenia gravis generalizzata con recettore acetilcolina positivo (AChR +) refrattaria ha mostrato che il trattamento con
eculizumab è associato ad una risposta clinica.
Anche patologie piuttosto diffuse come l’
osteoporosi possono beneficiare di anticorpi monoclonali, come
denosumab e
romosozumab.
Anticorpi monoclonali in diagnostica
Come si possono sfruttare le caratteristiche di specificità degli anticorpi monoclonali in diagnostica? Usandoli per il riconoscimento di sostanze all’interno di un campione.
Un esempio è rappresentato dai test di gravidanza e dai kit diagnostici per il riconoscimento della presenza di virus (ad esempio Herpes virus) o batteri.
In questi casi, l’anticorpo viene progettato perché sia in grado di riconoscere e legarsi ad un ormone presente nel sangue delle donne in attesa o ad un antigene posto sulla superficie esterna del microbo.
Anticorpi monoclonali per altre patologie: quando saranno disponibili?
Molti gruppi di ricerca nel mondo sono impegnati nello sviluppo di soluzioni a malattie fino ad oggi senza cura basate sull’utilizzo degli anticorpi monoclonali. Ma si tratta di progetti ancora in fase di sperimentazione.
Una di queste è l’
Alzheimer. Uno studio coordinato dall’Istituto di sistemi complessi e dall’Istituto di Farmacologia traslazionale del CNR in collaborazione con IRCCS Fondazione S. Lucia e Fondazione Ebri ha mostrato come l’
anticorpo monoclonale 12°12 determini miglioramenti significativi nelle principali alterazioni prodotte dalla malattia. Naturalmente servono altri test e valutazioni per capire se e come potrà essere prodotto un farmaco a partire da questi dati, ma è comunque una buona notizia.
È in fase di approfondimento l’efficacia di
teplizumab per il trattamento del
diabete di tipo 1. Nelle sperimentazioni cliniche in cui è stato testato, ha mostrato di ritardare la perdita della produzione di insulina tipica della malattia.
Sono stati studiati anche anticorpi monoclonali anti
BPCO, al fine di prevenire la fibrosi polmonare che penalizza la capacità respiratoria, ma senza risultati tali da portare all’approvazione per questa indicazione.
Sono in corso di sviluppo soluzioni biologiche per il trattamento della
glomerulonefrite membranosa, una sindrome nefrosica: Oms721 (narsoplimumab) è attualmente in fase di sperimentazione.
Sono al vaglio della ricerca anche anticorpi diretti contro l’alfa-sinucleina, la proteina che si accumula nel cervello delle persone malate di
Parkinson.
Domande e risposte
Cosa sono i triptani?
Sono farmaci tradizionalmente usati nel trattamento dell’emicrania. Molti pazienti che non tollerano questi medicinali o che manifestano reazioni avverse durante la terapia possono beneficiare dell’infusione degli anticorpi monoclonali anti CGRP.
Non tutti i casi di emicrania possono essere trattati con anticorpi monoclonali.
Quali anticorpi monoclonali agiscono sul recettore CGRP?
Sono stati sviluppati diversi anticorpi in grado di riconoscere e legarsi al recettore CGRP: erenumab, fremanezumab, galcanezumab, eptinezumab.
Quali tumori si possono curare con l’immunoterapia?
Sempre più tumori possono essere trattati con l’immunoterapia. La tendenza degli ultimi anni è quella di trasformare le forme tumorali più aggressive e mortali che ancora non hanno terapia risolutiva in malattie croniche, che consentono al paziente di sopravvivere un numero aggiuntivo di anni con una qualità di vita soddisfacente. Congiuntamente ad altre soluzioni innovative, l’immunoterapia ha permesso di raggiungere questo obiettivo in molti casi.
Quando si possono usare gli anticorpi monoclonali?
In alcuni casi di COVID-19 (sia per trattare che per prevenire la malattia, a seconda del tipo di anticorpi) in persone fragili.
In molti tipi di tumore: linfomi non-Hodgkin, tumore della mammella, glioblastoma, linfoma di Hodgkin, melanoma, tumore al colon, tumore al polmone.
Vengono usati per trattare alcune malattie dovute ad una reazione esagerata del sistema immunitario (come l’asma allergica) e autoimmuni (sclerosi multipla), patologie infiammatorie croniche (artrite reumatoide).
Sono anche disponibili anticorpi monoclonali per la terapia di alcune forme di emicrania, ipercolesterolemia, dermatite atopica, infezione da HIV, lupus eritematoso sistemico, miastenia gravis, osteoporosi.