Vitamina D: quali proprietà ha? Integratori e carenze

Vitamina D: quali proprietà ha? Integratori e carenze

Indice 

 
Domande e risposte

Che cos’è la vitamina D?

La vitamina D è una vitamina liposolubile, fondamentale per la regolazione della calcemia, la concentrazione di calcio nel sangue, che svolge ruoli in numerosi altri processi dell’organismo.
Con il termine “vitamina D” si fa riferimento ad un gruppo di strutture chimiche che derivano da una struttura comune, il ciclopentanoperidrofenantene. Si tratta di 5 forme con strutture simili (D1, D2, D3, D4 e D5) le cui principali sono l'ergocalciferolo (vitamina D2), di origine vegetale, e il colecalciferolo (vitamina D3), di origine animale. In seguito ad esposizione alla luce solare, nei lieviti e nelle piante si ha la formazione di ergocalciferolo a partire dall'ergosterolo, mentre nell'uomo e negli animali si sintetizza colecalciferolo dal 7-deidrocolesterolo (7-DHC). Da questi composti deriva la 1,25-di-idrossi vitamina D o calcitriolo che è la forma metabolicamente attiva nell'organismo.
La vitamina D è un micronutriente, ne servono cioè piccole quantità per il funzionamento dell’organismo. Come le altre vitamine liposolubili viene accumulata nell’organismo nel tessuto adiposo e non è facilmente eliminabile. Questa caratteristica può da un lato conferire dei vantaggi, visto che permette la formazione di un “riserva” per le necessità dell’organismo anche quando l’assunzione non è elevata. D’altro lato, il non facile smaltimento potrebbe dare problemi di tossicità. 
La vitamina D si assume attraverso l’alimentazione da diverse fonti, si trova:

  • Nel fegato;
  • Nel burro;
  • Nei formaggi grassi;
  • Nelle uova.
Una caratteristica peculiare di questa vitamina è il fatto che il suo fabbisogno è indipendente dall’alimentazione. Infatti, la quantità sintetizzata in seguito all’esposizione ai raggi solari può essere sufficiente per le necessità di base dell’organismo.

Di fatto, alle latitudini temperate e per una normale esposizione al sole, in media l'80% della vitamina D resa disponibile all'organismo proviene dalla sua sintesi cutanea e solo il 20% dagli alimenti. 
La storia della vitamina D ha inizio nel 1919 quando venne evidenziato da Huldschinsky che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce del sole. La struttura chimica della vitamina D viene identificata nel 1930 e negli anni Settanta del Novecento si descrivono i meccanismi biologici che portano alla sua attivazione.
 

Immagine infografica che rappresenta dove viene contenuto nella vitamina D
 

Ruolo biologico della vitamina D

La vitamina D svolge un ruolo biologico molto importante, esercitando una duplice funzione ormonale e paracrina. L’attività ormonale endocrina permette di mantenere l'equilibrio calcio-fosforo e di regolare quindi la mineralizzazione dell'osso. A livello intestinale, la vitamina D stimola l’assorbimento del calcio e del fosforo nell'orletto a spazzola, mentre nel tessuto osseo favorisce la differenziazione degli osteoclasti e incrementa di conseguenza il riassorbimento del minerale osseo e la liberazione di calcio in circolo. In collaborazione con l’azione di un altro ormone, il paratormone originato dalla paratiroide, la vitamina D permette il mantenimento della calcemia. Quando questa si abbassa, la vitamina D promuove l’assorbimento di calcio a livello intestinale, la mobilitazione dalle ossa al plasma e il riassorbimento a livello renale. Quando il livello di calcio nel plasma è ottimale, il calcio assorbito viene depositato nelle ossa.
La funzione paracrina è stata recentemente indagata, e se sembra di origine più primordiale rispetto a quella ormonale, concetto suggerito dall’attività sulle cellule del sistema immunitario con funzione di protezione verso gli organismi patogeni. La funzione paracrina assimila il ruolo della vitamina D ad una citochina, che si lega a specifici recettori VDR in tessuti e cellule. Esistono evidenze che la produzione di vitamina D avvenga a carico di cellule come i macrofagi e in tessuti come:
Questa sintesi localizzata non contribuisce all’omeostasi del calcio, ma pare coinvolta nella regolazione di funzioni cellulari molto diverse tra loro. In particolare, la vitamina D regola la biosintesi e il rilascio di insulina da parte delle cellule insulari pancreatiche e influenza significativamente la sensibilità dei tessuti periferici all'insulina stessa.
La vitamina D è anche importante per il corretto funzionamento dell'apparato muscolare. Essa non solo stimola la sintesi di proteine muscolari ma partecipa anche all'attivazione di alcuni meccanismi di trasporto del calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico, essenziali per la contrazione muscolare.
Come ormone, la vitamina D può inoltre regolare la trascrizione genica. In particolare, è descritto il suo ruolo sul gene della renina, attraverso l’azione sul fattore di trascrizione CREB. 
Alla vitamina D sono associate anche proprietà antinfiammatorie che svolgono un'efficace azione di protezione della parete vasale. Inoltre, la vitamina D regola la pressione sanguigna attraverso l’azione diretta sulle cellule endoteliali e muscolari lisce dei vasi sanguigni.  
Il sistema vitamina D-VDR regola infine l'espressione genica dei peptidi natriuretici, che non sono semplicemente dei marcatori di ipertrofia cardiaca ma anche fattori autocrino-paracrini in grado regolare lo sviluppo della massa cardiaca in risposta a stimoli fisiologici e patologici.
La vitamina D ha anche potenziali effetti anticarcinogenetici da imputare a meccanismi quali:
  • Stimolo della risposta immunitaria;
  • Inibizione enzimatica;
  • Modulazione dei fattori di crescita;
  • Promozione dei meccanismi pro-apoptosi;
  • Inibizione dei meccanismi di carcinogenesi;
  • Inibizione dell'angiogenesi;
  • Riduzione dell'invasione locale e della metastasi del tumore;
  • Induzione dell'autofagia;
  • Aumento dell'attività antiossidante;
  • Riparazione del DNA.
Per quanto interessa la risposta immunitaria, l'azione della vitamina D è stata associata con un aumento dell'immunità innata nei confronti di differenti infezioni, in particolare la tubercolosi, l'influenza e le infezioni virali delle prime vie respiratorie.
 

Carenza

Immagine che rappresenta dei raggi solari che si intravedono dall'integratoreIl fatto che la struttura della vitamina D la renda affine ai lipidi le permette di essere immagazzinata nel tessuto adiposo nei momenti di massima sintesi, ossia durante la stagione dell’anno in cui l’esposizione ai raggi solari è massima.
La sintesi di vitamina D è influenzata da diversi fattori, alcuni legati alle caratteristiche dell'individuo come sesso e fototipo, altri ambientali come:
  • Attività fisica;
  • Eccesso ponderale;
  • Tempo di esposizione alla luce solare, latitudine, stagione;
  • Inquinamento;
  • Utilizzo di filtri solari;
  • Consumo di supplementi e integratori.
Un livello di 1,25-di-idrossi vitamina D maggiore di 30 ng/mL è necessario per mantenere una concentrazione adeguata di vitamina attiva e quindi assicurare una buona salute dell’organismo. Quando questo livello si abbassa si può andare incontro a ipovitaminosi.
Alcuni dei segni di carenza di vitamina D sono:
  • Diminuita concentrazione sierica di calcio e fosforo;
  • Iperparatiroidismo;
  • Aumento della fosfatasi alcalina.
In caso di bassa vitamina D possono manifestarsi delle convulsioni. I segni evidenti di una carenza a lungo termine sono dei difetti nella mineralizzazione delle ossa, che si manifestano in patologie come il rachitismo, evidente nei bambini che non beneficiano di esposizione ai raggi solari. Inoltre, con la mancanza di vitamina D possono insorgere debolezza muscolare e dolori. La condizione di ipovitaminosi severa può portare alla miopatia dei muscoli prossimali, all’astenia agli arti, alla sarcopenia e alla riduzione della forza muscolare, con conseguenti disturbi dell'equilibrio osseo, cadute accidentali e aumento di fratture. 
Nel corso dell'invecchiamento, i meccanismi di sintesi della vitamina D da parte dell'epidermide diventano progressivamente meno efficienti. In età avanzata, la mancanza di vitamina D può dare origine ad una situazione di osteoporosi, una condizione molto diffusa che riguarda una porzione sempre più ampia della popolazione, visto il progressivo invecchiamento della stessa.
I dati più recenti indicano che in Italia l’osteoporosi colpisca circa 5.000.000 di persone, di cui l’80% donne in post menopausa. Diverse evidenze della letteratura indicano come nell'anziano l’integrazione con vitamina D, in associazione al calcio, riduca il rischio di fratture, in particolare quella dell'anca. 
Anche patologie da malassorbimento (celiachia, fibrosi cistica, morbo di Crohn e retto colite ulcerosa), patologie del fegato, o dei reni, e l'uso di alcuni farmaci (come corticosteroidi e anticonvulsivanti) possono contribuire o essere causa diretta della carenza di vitamina D. 
La supplementazione di vitamina D è la terapia più indicata per far fronte alla sua carenza. La quantità di vitamina D necessaria per ripristinare i livelli di omeostasi può essere diversa a seconda del grado della deficienza. Alcuni studi clinici riportano come la supplementazione giornaliera di vitamina D diminuisca il grado di mortalità ed anche il rischio di cancro al seno e al colon-retto, specialmente in donne in post-menopausa. Interessante è anche il ruolo evidenziato dall’integrazione di vitamina D nella diminuzione degli episodi di esacerbazione nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (COPD). Dato il suo ruolo nella regolazione della pressione sanguigna, si riporta come la sua mancanza sia associata di un maggiore rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. L'ipovitaminosi D rappresenta infatti un potente fattore di rischio di sviluppare un primo evento cardiovascolare nei pazienti ipertesi. 
La condizione di ipovitaminosi D, infine, aumenta significativamente il rischio di morte in pazienti diabetici, con sindrome metabolica, scompenso cardiaco o insufficienza renale cronica. 
 

Tossicità

Seguendo una corretta alimentazione e una normale esposizione alla luce solare è improbabile incorrere in un accumulo di vitamina D tale da causare fenomeni di tossicità. L’alimentazione contribuisce solo per il 20% all’aumento della vitamina e l’esposizione solare, anche eccessiva, non è in grado di supportare fenomeni di ipervitaminosi.
Fenomeni di tossicità sono descritti in caso di inappropriata assunzione di dosi cento volte superiori all'apporto giornaliero raccomandato per l'età adulta. La diagnosi di intossicazione da vitamina D viene posta sulla base di una concentrazione sierica >150 ng/mL e il parametro clinico indice di un accumulo eccessivo è l’ipercalcemia (calcio superiore 11mg/dl). 
L’intossicazione acuta può derivare da assunzione errata ed eccessiva di integratori a base di vitamina D. 
I sintomi di intossicazione acuta e cronica sono rappresentati da:
  • Nausea;
  • Diarrea;
  • Poliuria;
  • Perdita di peso;
  • Ipercalcemia;
  • Ipercalciuria (escrezione eccessiva di calcio nelle urine);
  • Nefrocalcinosi (eccesso di calcio depositato nei reni);
  • Ridotta funzione renale;
  • Calcificazioni nei tessuti molli.

Fonti alimentari

Immagine che rappresentadei cibi che contengono vitamina DLa vitamina D è una vitamina che si può ricavare sia da fonti vegetali che animali. 
Un alimento particolarmente ricco di vitamina D è l'olio di fegato di merluzzo, ma di norma esso viene consumato solo come integratore; contengono discrete quantità di vitamina D i pesci, specialmente quelli grassi come l'aringa, lo sgombro, il tonno fresco e il salmone. Tra le carni, quantità apprezzabili di vitamina D si ritrovano nel fegato
Molti paesi arricchiscono alcuni alimenti di uso comune (ad es. latte e margarine) con la vitamina D, poiché le condizioni ambientali −scarsità di luce solare durante l'inverno− sono particolarmente sfavorevoli per la sua sintesi endogena. Da alcuni anni sono presenti, anche in Italia, prodotti lattiero-caseari arricchiti, in concentrazioni variabili, con vitamina D e calcio.
Burro, formaggi grassi, uova (il tuorlo) sono altre fonti alimentari ricche di vitamina D.
Quanta vitamina D è necessaria per una buona funzionalità dell’organismo e per mantenere la calcemia?
Le quantità sono strettamente legate allo stato di sviluppo dell’individuo. Buoni livelli di vitamina D sono raccomandati per un corretto sviluppo delle ossa nei bambini. I bambini erano infatti i soggetti principalmente colpiti da rachitismo in assenza di esposizione solare adeguata e quindi in caso di carenza di vitamina D.


Lattanti (6-12 mesi)

La concentrazione di vitamina d nel latte umano è molto bassa e assolutamente insufficiente a soddisfare le necessità dei lattanti, che inoltre sono di frequente poco esposti alla luce diretta del sole. Per il secondo semestre di vita si indica un fabbisogno pari a 8,5-10 microgrammi/giorno. Tale apporto è sufficiente a garantire concentrazioni sieriche di >20ng/ml, che non si associano ad alcun segno clinico di carenza. Data l'alta incidenza di rachitismo in assenza di supplementazione con vitamina D, l'assunzione regolare di vitamina d di fatto assume nei lattanti una particolare importanza, perché permette di garantire una normale crescita dell'osso.


Bambini e adolescente (1-17 anni)

In una fase di accrescimento scheletrico, bambini e adolescenti hanno necessità particolarmente elevate di vitamina D. Le evidenze relative alla prevenzione del rachitismo, all'assorbimento frazionale del calcio e al contenuto minerale osseo, portano a indicare un valore di 10 microgrammi/giorno.


Adulti (18-59 anni)

In questa fascia d'età, l'obiettivo è quello di mantenere al meglio l'integrità anatomica e funzionale dell'osso. Si indicano per entrambi i sessi un fabbisogno pari a 10 microgrammi/giorno. Tale valore non si modifica per le donne in menopausa.


Età geriatrica (60 anni)

Nell'anziano si mira innanzi tutto a rallentare la perdita di massa ossea e a ridurre il rischio di fratture. Per gli uomini e le donne di 60-74 anni, in assenza di dati specifici, si riconfermano i valori già indicati per la popolazione adulta. Per la fascia d'età >75 anni, tenendo conto che possono essere presenti un certo numero di individui anziani le cui necessità per la vitamina d sono particolarmente elevate, secondo un criterio di prudenza si adotta una un percentuale di vitamina D più elevata rispetto a quella della popolazione adulta, pari a 20 microgrammi/giorno.

 

Gravidanza

Nelle donne in gravidanza si ha un aumento dei valori plasmatici di vitamina D a causa della sintesi placentare di tale molecola, mentre fattori indipendenti dalla vitamina d sono responsabili del trasferimento di calcio dalla madre al feto. Si suggerisce un apporto di circa 12 microgrammi di vitamina D al giorno per le donne in gravidanza. L’integrazione di vitamina D durante la gravidanza ha un effetto positivo sulla madre, con un possibile ruolo nella riduzione del rischio di pre-eclampsia, basso peso del nascituro e nascita pretermine. Non sono tuttavia disponibili delle evidenze cliniche sufficienti per stabilire il rapporto benefici/tossicità dovuto esclusivamente alla supplementazione di vitamina d in gravidanza, nella definizione della salute della madre e del nascituro. Pertanto, le linee guida dell’organizzazione mondiale della sanità non suggeriscono una supplementazione di vitamina D come regola generale per tutte le donne in gravidanza.
 

Integratori di vitamina D

L’uso di integratori per sopperire al fabbisogno giornaliero di vitamina D deve essere attentamente ponderato. Dato il processo di sintesi della vitamina D, risulta chiaro che un buon approvvigionamento nei mesi Marzo/Aprile-Settembre in cui l’esposizione ai raggi solari è più elevata, possa costituire una riserva sufficiente di vitamina per i mesi inverali. Quando possibile, è meglio dare la precedenza all’assunzione della vitamina D (come di ogni altro nutriente) direttamente dall’alimentazione.
Esistono tuttavia delle condizioni, sia fisiologiche che patologiche, in cui sia necessaria una integrazione dell’assunzione di vitamina D.
Non tutti gli interventi in supplementazione producono reali benefici ed è importante farne uso solo in seguito a consiglio del medico. Per l’integrazione dei livelli di vitamina D sono disponibili in farmacia numerosi prodotti, che si possono assumere per via orale come gocce o capsule molli.
L’assunzione errata di integratori di vitamina D può portare ad effetti tossici ed è pertanto sconsigliato l’utilizzo di supplementazioni senza aver verificato prima un reale bisogno
I numerosi benefici associati all’assunzione di questa vitamina sono spesso male interpretati e considerati quasi come un suggerimento ad aumentarne il consumo per limitare i rischi di malattie cardiovascolari e cancro. 
 

Immagine che rappresenta delle pastiglie integratori di. vitamina D
 

Altri ruoli della Vitamina D 

Vitamina D e cancro

Esistono sudi che mettono in relazione la vitamina D con lo sviluppo di cancro. In particolare, alcuni studi epidemiologici svolti negli anni 80 e nei primi anni 90 del Novecento hanno messo in evidenza la relazione inversa esistente tra l’esposizione alla luce solare e l’incidenza di cancro al colon e alla prostata. Data la stretta relazione tra esposizione solare e attivazione della vitamina D, si è ipotizzato il ruolo di quest’ultima nella protezione da diversi tipi di cancro. Dati preclinici su colture cellulari e studi animali confermano l’azione antitumorale della vitamina D. I meccanismi biochimici attraverso i quali la vitamina D svolge questa azione sono diversi e coinvolgono sia il metabolismo delle cellule tumorali, che il differenziamento in cellule metastatiche, o l’emissione si segnali extracellulari che modificano il microambiante tumorale. Processi come la proliferazione, l’apoptosi, l’autofagia, la neo-angiogenesi e la transizione epiteliale-mesenchimale hanno tutti potenzialmente la possibilità di essere controllati dalla vitamina D attraverso i recettori VDR presenti su numerose cellule (tra le quali anche quelle tumorali). In seguito al legame con i recettori, vengono attivati una serie di pathway biochimici che regolano l’infiammazione e attivano contemporaneamente cellule immunitarie nell’identificazione delle cellule tumorali.
Le variazioni di espressione genica che caratteristiche delle cellule tumorali fanno sì che queste ultime sviluppino meccanismi per sfuggire al controllo degli effetti della vitamina D. Dati i numerosi effetti cellulari di questa vitamina, indentificare che tipo e in quale momento venga deregolato uno specifico processo biochimico è molto complicato. Inoltre, strategie terapeutiche mirate ad aumentare i livelli sistemici di vitamina D potrebbero risultare tossiche per l’organismo, data la modificazione dell’equilibrio del calcio che ne deriverebbe. Sarebbe infatti necessario separare l’attività anti tumorigenica della vitamina D da quella di regolazione della calcemia. Attualmente sono in corso studi pre-clinici e clinici per verificare l’efficacia dell’uso della vitamina D come agente anti cancro.


Vitamina D e depressione

Esistono studi che mettono in relazione i livelli bassi di vitamina D con l’insorgenza della depressione. Questo concetto si inserisce nel discoro più generale dell’influenza di fattori nutrizionali nell’insorgenza di patologie come la depressione. 
Il meccanismo molecolare alla base del legame tra vitamina D e depressione non è però ancora definito. Si suppone che i recettori della vitamina D, presenti anche a livello delle cellule cerebrali, possano presumere un ruolo di stimolazione nei processi di sviluppo e differenziazione neuronale, e possibilmente della regolazione della loro attività nell’adulto. Un’ipotesi è il ruolo antiossidante della vitamina D che potrebbe proteggere dai danni e dalla degenerazione delle cellule nervose, migliorandone le funzioni. Dati numerosi effetti sul metabolismo e i numerosi target cellulari della vitamina D, non è ancora possibile identificare il meccanismo specifico dell’azione di questo micronutriente che porti (o contribuisca) allo sviluppo della depressione. I trial clinici svolti non supportano per il momento l’utilizzo di vitamina D come integratore per il miglioramento dei sintomi della depressione.
 

Vitamina D e Covid-19

Immagine che rappresenta vitamine D e covid19Un esempio recente delle numerose implicazioni della vitamina D sulle patologie si è presentato con la pandemia di COVID-19: gli effetti stimolatori della vitamina D sulle cellule immunitarie, l’azione protettiva di vasi sanguini contro gli eventi trombotici, l’inibizione della sintesi di ACE2, il recettore attraverso il quale il virus entra nelle cellule e un possibile ruolo nella protezione da infezioni respiratorie hanno posto questa vitamina sotto i riflettori come un possibile strumento nella protezione dall’infezione da SARS-CoV-2, anche in assenza di evidenze sperimentali e cliniche.
Sebbene sia dimostrata l’azione della vitamina D a livello del sistema immunitario, con una azione stimolatoria sui macrofagi e sulle cellule epiteliali respiratorie alla produzione di peptidi con azione antimicrobica e antivirale, non ci sono al momento evidenze sufficienti per confermare l’azione protettiva di questa vitamina verso l’infezione specifica da SARS-CoV-2.
Dopo l’inizio della pandemia, numerosi studi osservazionali sono stati condotti in vari paesi per verificare l’associazione tra bassi livelli di vitamina, infezione da SARS-CoV-2 e in alcuni casi, severità dei sintomi e del decorso della malattia: molti di questi studi hanno dato esito positivo. Bisogna tuttavia sottolineare che non sempre si è tenuto conto di fattori confondenti nella raccolta di questi dati. Molti pazienti con bassi livelli di vitamina D soffrivano infatti di diverse comorbilità, che potrebbero aver favorito l’infezione. Inoltre, i bassi livelli misurati nei pazienti COVID-19 potrebbero essere una conseguenza dell’infezione in atto, e non una delle cause. Infine, la supplementazione con vitamina D negli anziani che è risultata avere effetti positivi anche sull’outcome del COVID-19, potrebbe non essere specifica per la malattia ma legata ad un miglioramento generale delle condizioni dell’anziano che riceve un supplemento di una vitamina che sarebbe già raccomandato per la sua situazione.
Sono in corso diversi studi clinici randomizzati per verificare l’efficacia della vitamina D come agente protettivo verso l’infezione da SARS-CoV-2. In attesa dei risultati, è buona norma seguire le raccomandazioni generali per il fabbisogno giornaliero e l’esposizione ai raggi solari.
 



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • http://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4491&area=Salutedonna&menu=patologie (accesso 20 Marzo 2021)
  • Sizar O, Khare S, Goyal A, Bansal P, Givler A. Vitamin D Deficiency. 2021 Jan 3. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2021 Jan.
  • De la Guía-Galipienso F, Martínez-Ferran M, Vallecillo N, Lavie CJ, Sanchis-Gomar F, Pareja-Galeano H. Vitamin D and cardiovascular health. Clin Nutr. 2020 Dec 29:S0261-5614(20)30700-7. 
  • https://www.who.int/elena/titles/vitamind_supp_pregnancy/en/ (accesso 20 Marzo 2021).
  • Haixia S, Bin W, Xingshun Xu. Antidepressant Effect of Vitamin D: A Literature Review. Neuropsychiatry, 2017.
  • Charoenngam N, Shirvani A, Holick MF. Vitamin D and Its Potential Benefit for the COVID-19 Pandemic [published online ahead of print, 2021 Mar 17]. Endocr Pract. 2021;S1530-891X(21)00087-2. 
  • Jeon, SM., Shin, EA. Exploring vitamin D metabolism and function in cancer. Exp Mol Med 50, 1–14 (2018).

Domande e risposte

A cosa serve la vitamina D?

La vitamina D ha la funzione di regolare i livelli di calcio e fosforo nel sangue, attraverso la stimolazione del loro assorbimento a livello intestinale e la deposizione o rilascio dei due elementi dal tessuto osseo. I livelli fisiologici di vitamina D variano tra i 30 e i 60 ng/ml. La forma biologicamente attiva della vitamina D viene sintetizzata in seguito all’esposizione alla luce. La sua produzione è massima quindi nei periodi estivi alle nostre latitudini.

Dove si trova la vitamina D?

La vitamina D, essendo una vitamina liposolubile, si trova contenuta negli alimenti con una percentuale di grasso. Si trova in buone quantità nell’olio di fegato di merluzzo, in pesci grassi come l’aringa, il salmone, lo sgombro, e nel tuorlo dell’uovo. Quantità di vitamina D si trovano anche nei funghi, nei fagioli, nel burro e nel latte. 

Assumere più vitamina D protegge dai tumori?

Ci sono evidenze pre-cliniche che buoni livelli di esposizione solare e vitamina D diminuiscano il rischio di insorgenza di alcuni tumori (colon, mammella, prostata). Sebbene la vitamina D intervenga in numerosi pathway biochimici di trasformazione tumorale, i suoi effetti positivi potrebbero essere dovuti alle buone condizioni generali dell’organismo quando essa venga mantenuta nei livelli consigliati, e non ad un effetto tipicamente terapeutico sulle cellule tumorali. Per prevenire l’insorgenza di tumori, è quindi raccomandabile mantenere uno stile di vita salutare e non aumentare i livelli di assunzione di vitamina D, una volta diagnosticata la presenza di un cancro.

La vitamina D protegge dal COVID-19?

Non sono disponibili studi definitivi che permettano di rispondere a questa domanda. Le evidenze cliniche indicano una associazione tra i livelli bassi di vitamina D e le infezioni di COVID-19, in alcuni casi quelle con un decorso più severo, ma non è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto né tantomeno affermare che livelli elevati di vitamina D possano proteggere dall’infezione da SARS-CoV-2. La supplementazione di vitamina D non deve essere quindi interpretata come un metodo di prevenzione e protezione dal COVID-19.

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